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Autore: jas_    27/02/2013    6 recensioni
Mi lecco istintivamente le labbra, ripensando a quel veloce bacio che ci siamo dati all'inaugurazione. Lo voleva anche lei, lo sapevo, anche lei aveva ceduto prima che le si riconnettessero le sinapsi e mi respingesse. Non mi è completamente indifferente, l'ho capito, è solo ferita e orgogliosa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Endless love'
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It was three a.m.    when you woke me up
then we jumped in the car and drove as far as we could go
just to get away

 
«Pronto?» bofonchiai, con ancora gli occhi chiusi e la voce gutturale.
La persona dall'altra parte tirò su col naso, «Pierre?»
Mi svegliai improvvisamente e mi misi seduto sul letto, «Lola tutto bene?»
Non ricevetti alcuna risposta, solo un altro singhiozzo inutilmente represso. «Cos'è successo?» domandai preoccupato, mentre mi allungavo sul comodino per accendere l'abat-jour.
«Andiamo via di qua, non ce la faccio più» mormorò lei.
Guardai l'ora, «sono le tre del mattino, dove vuoi andare?»
«Il più lontano possibil da qui, ti prego Pierre portami via» e riattaccò.
Mi passai entrambe le mani sul viso prima di balzare fuori dal letto e indossare i vestiti che avevo buttato sulla sedia della scrivania la sera precedente. Andai in bagno a lavarmi faccia e denti e presi le chiavi del mio gioiellino: una Ford che probabilmente esisteva già durante la Seconda Guerra Mondiale.
L'accesi cercando di fare meno rumore possibile, anche se la marmitta bucata che faceva un rombo simile a quello di una Lamborghini non mi aiutava nell'impresa. Guidai per alcuni minuti, nelle strade illuminate dai lampioni e deserte di Montreal fino a quando non scorsi in lontananza la figura di Lola che mi aspettava sul marciapiede. Lei salì in auto senza proferire parola, visibilmente scossa, il viso pallido ma leggermente più scuro intorno agli occhi, probabilmente per il trucco sbavato dalle lacrime. Rimasi in silenzio anch'io, non volevo costringerla a parlare, le presi la mano e la baciai dolcemente sulle labbra screpolate, accarezzandole poi una guancia.
«Ti amo» le sussurrai, senza rendermene davvero conto.
I suoi occhi azzurri e leggermente arrossati si strabuzzarono, e da quel gesto capii che era la prima volta che glielo dicevo. Mi era uscito così spontaneo che non ci avevo nemmeno fatto caso, le sorrisi sentendomi improvvisamente più tranquillo. Glielo avevo detto, finalmente non mi sarei più sentito in colpa per quando lei mi aveva detto di amarmi sul dondolo di casa sua e io, preso dal panico, le avevo chiesto cosa si rispondeva in certe situazioni.
Notando il suo silenzio, le domandai dove voleva che andassimo, «il più lontano possibile da questa casa, Pierre, non ce la faccio più.»
Le lasciai la mano giusto per inserire la marcia e mi diressi verso l'autostrada, senza sapere bene nemmeno io dove andare. Le chiesi se avesse con sé i documenti e poi scelsi a sud.
Dopo alcuni minuti, in cui una canzone datata faceva da sottofondo al rumore del motore da cambiare del mio gioiellino, la presa della mano di Lola sulla mia si fece sempre meno forte e poi sentii la sua testa appoggiarsi sulla mia spalla. Era tutta storta sul sedile del passeggero e non aveva nemmeno la cintura di sicurezza allacciata, ma la sua espressione era così rilassata che non me la sentii di svegliarla fino a quando arrivammo alla frontiera con gli Stati Uniti.
 

We talked  about our lives until the sun came up
and now I'm thinking about how I wish I could go  back
just for one more day, one more day with you

 
«Tra tutti i posti del mondo dovevi scegliere Plattsburgh?» domandò Lola, scendendo dalla macchina parcheggiata in mezzo al nulla.
Presi dal baule una coperta che avevo lasciato lì dal nostro ultimo pic-nic e l'appoggiai sull'erba umida coperta da un sottile strato di rugiada prima di rispondere.
«Volevi un posto lontano, cosa c'è di più lontano di un altro Stato?» spiegai, stranamente fiero della mia teoria.
Lola scosse la testa divertita, lasciando che quella lunga cascata di boccoli dorati si muovessero sulla sua schiena lasciata nuda dal vestito verde che indossava.
«Come mai così elegante?» le chiesi, sapendo bene che Lola non era la tipa da vestitini graziosi.
Lei si rabbuiò un istante, avevo involontariamente tirato in ballo l'argomento che entrambi sapevamo prima o poi avremmo dovuto affrontare.
«Ieri sera sono uscita a cena coi miei» cominciò lei, sdraiandosi quasi completamente per terra ma tenendo la schiena alzata, appoggiandosi ai gomiti.
«Mia mamma mi ha preparato questo vestito in camera, nuovo, mai visto in vita mia, e già da lì la cosa ha iniziato a puzzarmi» continuò, «però ho fatto finta di niente, così come ho fatto finta di niente per tutti i mesi passati, tutti i litigi sempre più frequenti tra i miei.»
Lola si interruppe un attimo, come per riordinare le idee, ed io rimasi in silenzio a guardarla, e non riuscii a fare a meno di pensare a quanto fosse bella anche da triste, nonostante un senso di colpa mi attanagliasse lo stomaco. La mia ragazza soffriva e io pensavo alla sua bellezza.
Lola si voltò di scatto nella mia direzione, scrutandomi con i suoi occhi blu coperti da un velo di lacrime che stava cercando con tutta sé stessa di trattenere. Sussultai sentendomi colto in fallo, come se mi avesse letto nel pensiero e mi stesse rimproverando silenziosamente, invece lei parlò.
«Stanno divorziando, Pierre. E io me l'aspettavo, tutti se l'aspettavano, allora perché sto male?»
Rimasi in silenzio senza saper bene cosa risponderle, non ero un bravo psicologo e non riuscivo ad esprimere i miei pensieri in generale, così molte volte piuttosto che dire cose che potevano essere fraintese preferivo rimanere in silenzio.
«Se ne va questo weekend, a quanto pare ha un'altra donna. Non so da quanto vada avanti questa storia e non lo voglio sapere ma mi sembra stia accadendo tutto troppo in fretta. La mia famiglia si sta sgretolando e sento di stare rimanendo sola, sento il mondo crollarmi addosso» mormorò lei prima di scoppiare in un pianto irrefrenabile.
La strinsi a me e le accarezzai lentamente i capelli, sapevo che la faceva rilassare quel gesto.
«Tu non sei sola, ci sono io con te» la rassicurai, e per una volta sapevo di aver detto la cosa giusta. La vidi annuire lievemente, con la testa appoggiata contro il mio petto, sentivo il suo respiro affannato per il pianto solleticarmi la pelle e le sue dita affusolate aggrapparsi alla mia maglietta, come se fosse un'ancora di salvezza.
Quando i singhiozzi si fecero meno frequenti e forti e il respiro si rilassò, decisi di parlare.
«Ti va di vedere l'alba insieme a me?» le proposi.
Lei si staccò da me e cercò la mia mano con la sua, facendo intrecciare le nostre dita, prima di volgere lo sguardo verso il lago di Champlain che si estendeva davanti a noi.
«È bellissimo» mormorò, appoggiando la testa sulla mia spalla, mentre il lago diventava uno specchio che rifletteva le luci calde del sole che sorgeva sotto i nostri occhi.
 
Mi giro nel letto alcune volte prima di aprire gli occhi di scatto, è l'ennesimo sogno che faccio, sempre su di lei.
Sapendo già come va a finire, rinuncio a cercare di addormentarmi e mi metto seduto sul letto, guardando fuori dalla finestra la città che pian piano prende vita. Neanche a farlo apposta: il tramonto.
Sorriso malinconico e ripenso ancora una volta a quella notte che ho anche appena finito di sognare, incredibile come i ricordi siano vividi nella mia mente. So quasi a memoria ogni nostra parola, ogni nostro gesto, sguardo, bacio. Sospiro e mi ributto sul letto a pancia in su, le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi rivolti al soffitto dove una volta era appeso un poster di Billie Joe, che tolsi quando partii per Los Angeles, la mia rovina.
Mi ero chiesto più volte cosa sarebbe successo se avessi frequentato l'università di Montreal, se non me ne fossi mai andato, se avessi scelto un'altra facoltà.
Probabilmente mi sarei laureato, avrei trovato un altro lavoro e non sarei finito per aprire un negozio di dischi col mio migliore amico. Sono soddisfatto di come stanno andando gli affari,  non fraintendete, nonostante non abbiamo aperto da nemmeno una settimana non c'è nemmeno un attimo di pausa, i clienti continuano ad andare e venire alla velocità della luce. Chi entra per curiosità, chi invece per comprare qualcosa, e io amo discutere di musica e consigliare regali per la propria ragazza, madre, padre, amico, o amica. Lei però non si è più fatta viva dall'inaugurazione. Se non fossi andato a Los Angeles forse non ci saremmo mai lasciati, saremmo finiti per vivere in una catapecchia che avremmo messo a posto pian piano, il nido del nostro amore.
Mi vergogno da solo per quello che penso, sto diventando schifosamente sdolcinato, penso, eppure quando l'ho rivista, dopo dieci lunghi anni, non ho fatto altro che pensare a quanto la amo e a quanto desidero tornare indietro e trascorrere con lei un'altra giornata come quella a Platsburgh.
 

When the car broke up we just kept walking along
'til we hit this town, there was nothing there at all
but that was all okay

 
 «Il tuo gioiellino» mi prese in giro Lola, seduta comodamente sul sedile della mia auto mentre io avevo la testa ficcata nel motore, per cercare di capire cosa c'era che non andasse e perché ci aveva abbandonati nel bel mezzo del nulla.
«È inutile che cerchi di metterla a posto, è un catorcio questo coso!» continuò lei, tirando un colpo sul cruscotto e facendo così aprire il cassettino sopra le sue gambe.
«Cazzo» la sentii borbottare, mentre cercava di mettere a posto i numerosi cd che le erano caduti addosso.
«Credo che sia l'iniettore» conclusi dopo alcuni minuti, «non posso metterlo a posto io.»
Lola prese la borsa e scese dalla macchina, «quindi?»
«Quindi dobbiamo trovare un meccanico, forza» la spronai, mentre iniziavo a camminare sul ciglio della strada.
«Aspetta!» mi gridò dietro lei, «io ho su le ballerine!»
Mi voltai a guardarla, avvolta ancora nel suo vestito ormai stropicciato e con ai piedi delle scarpe dall'aria scomoda.
«Dovrebbe esserci una cittadina tra un miglio, non riesci a resistere?» le chiesi.
Lei non rispose, si limito a guardarmi inarcando lievemente le sopracciglia, sapevo cosa voleva dire.
«Allora che ne dici se io vado a cercare un meccanico e tu rimani qua? Torno, promesso.»
«Ma stai scherzando?» strillò lei, «io non ci rimango qua, piuttosto cammino a piedi nudi!»
E così fece, si tolse le scarpe e mi raggiunse di corsa.
«Pensavi davvero di scaricarmi così?» mi accusò, tirandomi un pugno sulla spalla.
Risi, era vestita come una bambolina e camminava scalza sul ciglio di una superstrada.
«Volevo solo aiutarti, potevi almeno prenderti la briga di cambiarti le scarpe stanotte!»
«Scusa tante ma pensavo che il tuo gioiellino facesse il suo dovere! Sono più i soldi che hai speso per metterla a posto che il suo valore reale» osservò, sprezzante.
«Ha un valore affettivo» mi difesi.
«Ah sì? E per chi? Per quel vecchio che si è sbarazzato di un catorcio guadagnandoci pure?»
«Devo ricordarti tutte le cose che abbiamo fatto su quella macchina?» sussurrai, ammiccante.
Lola strabuzzò gli occhi e socchiuse la bocca incredula, poi prese un respiro come se stesse per dire qualcosa di importante ma infine rimase in silenzio.
Le cinsi le spalle con un braccio e l'attirai a me posandole un bacio tra i capelli, «dai stavo scherzando! Cioè, forse non troppo però...»
«Sì sì okay ho capito, però fossi in te farei meno storie per quel catorcio, insomma, non le hai dato nemmeno un nome! Questo significa che non ci tieni poi così tanto come invece vuoi dare a vedere» osservò acida.
Mi sentii ferito nell'orgoglio, come poteva fare certe insinuazioni sul mio gioiellino?
«Non è vero!» mi difesi, «e poi ce l'ha un nome!»
Lola si mise a braccia conserte guardandomi con aria di sfida, «e quale sarebbe? Sentiamo...»
Ci pensai su un attimo, «Gioiellino» dissi infine, non troppo convinto della mia scelta.
«Ma quello non è un nome! È come se io chiamassi il mio cane... Tesoruccio!»
Sbuffai, perché doveva sempre bocciare le mie idee?
«Allora se non ti va bene sceglilo te un nome!» sbuffai.
Lola ci penso su un attimo, «Catorcio ti piace?»
«È come se chiamassi il tuo cane handicappato» le feci il verso.
Lola sbuffò alzando gli occhi al cielo, poi quando riprese a guardare davanti a sé si arrestò.
«Che c'è?» domandai preoccupato.
«Una forma di vita!» esclamò lei, prendendo a saltare come una bambina felice. «Siamo arrivati al paesino!»
Dovetti assottigliare lo sguardo per riuscire a vedere in lontananza il cartello che indicava l'inizio di un paese.
«Te l'avevo detto io!» dissi fiero.
Lola mi prese per mano cominciando a correre, «forza andiamo! Magari ti aggiustano il catorcio!»
 

We spent all our money on stupid things
but if I look back now I'd probably give it all away
just for one more day, one more day with you

 
 «Mi dispiace ma non possiamo fare niente» disse il meccanico, chiudendo il cofano dell'auto e guardandomi con aria affranta. «È un modello troppo vecchio, non abbiamo i pezzi di ricambio.»
«E non potevi dirmelo prima di farmi pagare il carro attrezzi per portare qua la macchina?» sbottai.
«Pierre!» mi riprese Lola, dandomi un colpo sul braccio.
Il meccanico ignorò le mie lamentele, «in compenso possiamo demolirtela gratis, se vuoi.»
Rimasi in silenzio, dovevo rifletterci bene ma Lola mi anticipò.
«Sarebbe perfetto!» esclamò entusiasta, con il sorriso che le attraversava il viso, «dove bisogna firmare?»
 
«Il treno è tra due ore, cosa facciamo nel frattempo?» domandò Lola, uscendo dalla stazione e sedendosi sulla panchina accanto a me.
Mi strinsi nelle spalle, ancora triste per aver dovuto dire addio a Gioiellino-Catorcio.
«Perché odiavi così tanto quella macchina? È dove ti ho detto ti amo per la prima volta» bofonchiai, scalciando un sasso con un piede.
Lola mi accarezzò una guancia, «ha poca importanza dove l'hai detto, l'importante è che lo pensi» mormorò, dandomi un leggero bacio sulle labbra. Si staccò lievemente da me appoggiando la fronte sulla mia e facendo sfiorare i nostri nasi, «ti amo» le sussurrai poi, quelle parole che avevo fatto fatica a tirare fuori alla fine erano quasi magiche. Mi piaceva dirle e facevano sentire meglio, completo. Io, Pierre Bouvier, amo qualcuno. Io amo Lola, suonava bene.
«Cosa bisogna dire in certe situazioni?» rispose lei, ricordandomi l'imbarazzante episodio di quando era stata lei, a dirmi che mi amava.
«Dai, hai rovinato il momento!» la ripresi, staccandomi bruscamente e alzandomi dalla panchina
Lola scoppiò a ridere, «scusa ma non sono riuscita a trattenermi!»
Io continuai a camminare deciso.
«Dai Pierre!» mi chiamò lei, «non fare il permaloso» piagnucolò, prendendomi per mano.
Mi voltai a guardarla serio, poi improvvisamente mi aprii in un sorriso, «okay, però andiamo a giocare a biliardo. Ho visto che c'è una sala giochi dietro l'angolo.»
Lola annuì poco convinta, sapevo che odiava giocare a biliardo ma apprezzai lo sforzo.
Camminammo fianco a fianco verso la fine della strada, «Pierre?» mi chiamò lei, mi voltai a guardarla pronto a sentire cos'avesse da dire.
«Ti amo.»
 
Spendemmo tutti i soldi che avevo in quella sala giochi, quando arrivò l'ora di tornare a casa eravamo senza nemmeno uno spicciolo per pagare il biglietto del treno. Fummo costretti a fare avanti e indietro per i vagoni per tutto il tempo del viaggio per far sì che non ci chiedessero i biglietti.
«Pierre?»
La voce di Chuck i risveglia dai miei pensieri, «che c'è?» rispondo, un po' disorientato.
Lui mi guarda confuso ma poi fa finta di niente, «la signora ha bisogno di un cd, l'aiuti tu? Io devo uscire un secondo per una commissione.»
Annuisco e mi alzo dallo sgabello sul quale sono stato seduto per i precedenti tre quarti d'ora.
Chuck mi passa accanto mentre si avvicina alla porta, «ricordati che stasera c'è la cena» mi sussurra in un orecchio.
Mugugno qualcosa di incomprensibile e poi mi dedico alla cliente, «cosa cercava, signora?» chiedo gentilmente, mentre intanto penso che quei soldi li avrei spesi di nuovo per avere un altro giorno così da trascorrere con Lola.
 

And now I'm  sitting here like we used to do
I think about my life and how there's nothing I won't do
just for one more day, one more day with you

 
Mi giro tra le mani il bicchiere di gin quasi vuoto mentre sono seduto su uno sgabello di quel locale che andava di moda alla fine degli anni Novanta e all'inizio del Duemila.
Osservo distratto i volti dei miei amici, chiacchierano allegri tra di loro, ricordando aneddoti divertenti delle superiori oppure raccontando com'è cambiata la loro vita nel corso degli anni.
Mi rendo conto di sapere poco o niente di tutti loro quando durante il liceo sapevamo anche quante volte al giorno andavamo in bagno. Senza volerlo ho perso i contatti con tutti, tranne che con Chuck.
Gli lancio un'occhiata veloce e lo vedo intento a parlare con Alice, la sua vecchia migliore amica nonché cotta adolescenziale. Ora ha il pancione, è al settimo mese di gravidanza e pare contenta da fare invidia.
Io non faccio altro che chiedermi dove sia Lola, se abbia intenzione di venire oppure se ha cambiato idea, forse per colpa mia.
Mi lecco istintivamente le labbra, ripensando a quel veloce bacio che ci siamo dati all'inaugurazione. Lo voleva anche lei, lo sapevo, anche lei aveva ceduto prima che le si riconnettessero le sinapsi e mi respingesse. Non mi è completamente indifferente, l'ho capito, è solo ferita e orgogliosa. La conosco da quando ha quindici anni, credo di conoscere meglio lei di me, quasi, e nonostante il tempo che è passato infondo è sempre a stessa. Non può perdonarmi senza farmi soffrire almeno un pochino.
Finisco in un sorso il gin che mi è rimasto nel bicchiere prima di ordinare un altro drink, e mi ritornano in mente i sogni e i flashback che faccio ultimamente.
Episodi significativi della nostra relazione, o anche normalissime giornate passate insieme senza fare niente di particolare. Sono sempre più frequenti, e così nitidi e chiari che a volte mi mettono paura. Faccio fatica a ricordare il compleanno dei miei ma ricordo alla perfezione ogni momento della mia relazione con Lola.
Sorrido malinconicamente ripensando a quei bei tempi, quando l'unico problema era il compito in classe per il quale non avevi neanche aperto libro, quando passavi interi pomeriggi con la ragazza che amo, piuttosto che al lavoro.
Mi rendo conto che non c'è niente che non farei, per tornare indietro di dieci anni nella mia vita, e magari, cambiare le cose. 



 

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Buongiorno!
Sto cominciando ad intasare il fandom dei Simple Plan, lo so, ma non posso farne a meno! HAHAHAH
Questa One Shot è una sorta di Missing Moment della long che ho in corso, True Colors, ma credo che abbia senso anche se non si sta seguendo la storia. Andrebbe collocata tra il settimo capitolo e l'ottavo, ma ripeto, non è che ci siano tutti sti riferimenti a cose dette nella fan fiction quindi non dovete per forza seguirla per capire le cose uù
Mi è venuta in mente ascoltando Everytime (ma va?) e per gli avvenimenti mi sono ovviamente ispirata alla strofe della canzone.
Parla un po' di Lola e Pierre da adolescenti ma con dei riferimenti anche al presente. Spero che si capisca dove ci sono i flash back, non ho messo il font in corsivo ma ho giocato sui tempi verbali, a me sembrava abbastanza chiaro, se non si capisce ditemelo pure che vedrò di rimediare! :)
Che altro aggiungere? Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere che ne pensate!
Jas



 

   
 
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