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Autore: Aya_Brea    27/02/2013    1 recensioni
Dopo lo scontro con i Kyoshin Poseidon, il morale del leader degli Zokugaku Chameleons, Rui Habashira, è ridotto ad un cumulo di macerie.
La sconfitta è una ferita ancora fresca e pulsante.
Egli decide, così, di far ritorno al luogo dove tutto è cominciato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rui Habashira, Zokugaku Chameleons
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un Sogno non potrà mai Tramontare

 



 
Quella giornata stava finalmente per concludersi: a testimoniarlo, un meraviglioso tramonto che ricopriva tutta Tokyo. 
Il cielo era aranciato e fra due densi nuvoloni dai colori scuri svettava un disco incandescente, rosso, colmo di screziature giallognole: quella sfera calda e palpitante, riversava la sua ultima luce in un mondo stanco e dilaniato. 
Rui Habashira percorse silenziosamente i viottoli della città, deciso più che mai a lasciarsi alle spalle il frastuono ed il trambusto della vita quotidiana. Guardandosi alle spalle poteva osservare chiaramente il paesaggio oramai distante: blocchi imponenti di calcestruzzo e marmo si levavano al cielo, incuranti di qualsiasi limite. I maestosi "grattacieli", pensò, dovevano chiamarsi così per la loro capacità di sfiorare quel manto rosso cremisi, di oltrepassarlo, di spingersi oltre l'inimmaginabile. E fu allora, che il leader degli Zokugaku Chameleons si guardò dall'esterno, come un imparziale e forse, spietato, osservatore. I Deimon Devil Bats erano come quelle costruzioni dall'aria così forte e robusta: mattone dopo mattone, trave dopo trave, quei ragazzi avevano costruito il loro splendido grattacielo, così alto e prominente da bucare il cielo. E sollevando il capo, Rui Habashira, non riuscì ad intravederne la fine. 
Socchiuse gli occhi e lasciò che quell'immagine alle sue spalle si perdesse per qualche istante: dal lato opposto, vi era una grande distesa di verde, che correva giù fino al fiume. Si soffermò a guardare per l'ennesima volta il grande stradone che fiancheggiava fedelmente quel corso d'acqua e i ricordi gli si affollarono nella mente, si accavallarono gli uni sugli altri come tanti piccoli tasselli di un puzzle, la cui figura non era ancora ben chiara. Lui e la sua squadra avevano lavorato sodo durante l'estate, avevano corso fino allo stremo delle forze, ogni giorno, ogni ora. E aveva rivisto albe e tramonti più e più volte, stringendo i denti, lottando strenuamente contro i muscoli indolenziti, contro il sudore che gli bruciava negli occhi, contro la vista che gli si annebbiava per la mancanza di ossigeno. Eppure aveva continuato a lottare contro i propri limiti. A volte era stato in compagnia, a volte era stato da solo, solo con le proprie ansie ed i propri timori. Solo, con le proprie paure. 
C'era sempre stato, lì. Ad inseguire il proprio sogno con gambe agili e scattanti.
Ma in quel momento, in fondo a quella lingua di terra, egli non intravide più nulla. Era come se tutte le speranze fossero improvvisamente svanite in una nuvola di fumo. Il sudore, gli allenamenti intensi, le ore buttate ad esercitarsi nei passaggi, negli scatti, nei cut ... non erano serviti a niente. 
Rui aveva ancora indosso la propria divisa, che fra le altre cose cominciava quasi a dargli fastidio, così maledettamente aderente e ancora imbottita della spugna intrisa dalle proprie fatiche. Si portò una mano al petto, all'altezza del cuore e ne strinse vigorosamente il tessuto, quasi volesse strapparsi di dosso quel sogno che lo faceva stare così fottutamente male. 
Si avvicinò alla riva del fiume e si sedette sull'erba fresca: i suoi occhi correvano sulla superficie dell'acqua, balzando in più punti. Era tutto così calmo e tranquillo che poteva persino sentire il suo stesso respiro. Afferrò un sassolino al suo fianco e poi lo osservò rotolare nel palmo della sua mano, fin quando le dita non lo avvolsero in una morsa decisa. Con uno scatto lo lanciò proprio di fronte a sé, osservandolo mentre compiva la classica traiettoria parabolica: e quel sassolino si trasformò ai suoi occhi, nella palla ovale che lo aveva da sempre affascinato, fin da quando era stato un piccolo marmocchio smanioso di poter crescere. In quell'oggetto egli aveva riversato tutti i suoi desideri, tutti i suoi sforzi e le sue fragilità. Il Football Americano era la sua vita. 
Una sottile brezza si levò dal fiume, infiltrandosi fra i suoi capelli scuri e accarezzandogli il volto ancora accaldato per la corsa che gli aveva permesso di raggiungere quel suo luogo di pace. Ma dopo alcuni minuti di silenzio, Rui sentì chiaramente un calpestio fra l'erba: non fece in tempo a voltarsi che un'altra figura si sedette al suo fianco, vicina. Riconobbe immediatamente il volto fiero di Megu Tsuyumine, la Manager della loro squadra. I capelli biondi ondeggiavano ritmicamente accompagnati dal vento, anche i ciuffi sulla sua fronte si muovevano sbarazzini. Increspò le labbra in una specie di sorriso, ma continuò a guardare oltre il fiume senza proferire parola. 
Fu Rui a parlare per primo, ottenendo come risultato, una voce inizialmente bassa e roca. "Come diavolo facevi a sapere che mi trovavo qui?" 
Megu storse il naso e si stirò con le mani le pieghette sulla sua gonna lunga. "Ti conosco meglio di quanto tu non creda."
Habashira la osservò per qualche istante, dopodiché strappò alcuni ciuffi di erba con un gesto pieno di stizza. "Abbiamo perso come degli idioti, oggi."
"Credo che la vittoria dei Kyoshin sia stata più che meritata. Non potevamo competere contro quei colossi che sfiorano entrambi i due metri. Mizumachi e Kakei. Sono giocatori davvero in gamba. Ma credo che il Deimon darà loro filo da torcere."
Habashira sospirò ed assunse un'espressione sarcastica. "Non capisco cosa abbiano di speciale quei bastardi." Ma non appena ebbe pronunciato quelle parole, il suo volto si acquietò, marcandosi indelebilmente di un'intensa malinconia, come se di colpo un peso gli avesse attanagliato il cuore. Il suo capo crollò giù, assieme al suo sguardo contrito. "Siamo soltanto dei buoni a nulla, non è vero? Una squadra di teppisti, e una squadra di perdenti." Strinse i pugni spingendo le nocche contro l'erba fredda. 
Non ricevette alcuna risposta, Megu era immobile ed imperscrutabile. Sembrava che volesse comprendere i pensieri di Habashira, ma invece si girò di scatto e gli sferrò uno schiaffo violento sulla guancia destra. "Habashira, sei uno stupido!" Gridò con tutte le proprie forze e la sua voce riecheggiò in quella landa desolata che diveniva via via sempre più scura. 
Rui si portò al volto le dita fredde ed affusolate, ma più che il calore dell'offesa, sentì i suoi occhi cominciare a bruciare. Si stavano riempiendo di lacrime, come quando aveva afferrato la divisa di Yoichi Hiruma e gli aveva chiesto in cosa consistesse la differenza fra loro due.
"Finché pensarai alla tua squadra come ad una massa di incapaci continueremo ad accumulare soltanto sconfitte su sconfitte, lo vuoi capire o no? Anche se non lo dà a vedere, Hiruma si fida ciecamente della propria squadra e ha trasmesso a tutti i suoi membri l'amore per il Football, infonde loro coraggio. In un certo senso, li sfrutta per realizzare il suo sogno. Anche se può sembrare egoistico. Ed inoltre dobbiamo imparare l'onestà. Non abbiamo ancora capito in cosa consista la vera essenza dello sport. Guarda Shin, o Eyeshield." Megu parve concitata, ma alla fine del discorso la sua enfasi iniziale andò scemando, finché il suo tono non divenne quasi dolce. "Rui, devi lasciare che quel nostro sogno diventi anche quello degli Zokugaku. Non possiamo lottare da soli, siamo un team." 
Habashira si strofinò gli occhi con una mano, portando via le lacrime che non erano ancora scese sulle guance. Serrò le labbra e lasciò che il suo capo si appoggiasse delicatamente sul braccio di Megu. A quel contatto così inaspettato ed insolito, la sentì quasi sussultare.  
Rimasero così a lungo, osservando entrambi come il sole stesse calando piano, morendo oltre la linea sfumata dell'orizzonte. 
"Sarò sempre al tuo fianco, Rui." Sussurrò Megu mentre volgeva piano il capo verso il proprio compagno. Si accorse soltanto più tardi che il Camaleonte era sprofondato fra le braccia di Morfeo. Istintivamente, un ampio sorriso le illuminò il volto. Decise di non svegliarlo. Gli avvolse un braccio intorno alla vita e lasciò che la sua testa poggiasse contro quella di Habashira. Sognarono entrambi. 
I Deimon Devil Bats e gli Zokugaku Chameleons cozzavano le loro armature le une contro le altre, ossa contro ossa, tendini contro tendini; sopra di loro, l'accecante cielo azzurro, l'unico limite a dividerli veramente. 

 
Ed il Christmas Bowl era finalmente ad un soffio dalle loro dita.







Salve a tutti, miei cari lettori :) 
E' la prima volta che scrivo qualcosa sul fandom di Eyeshield 21. Ed è alquanto bizzarra come cosa, dato che è il mio manga preferito. Ebbene si. Non ho mai letto qualcosa di più entusiastamente come Eyeshield 21. E' splendido, meraviglioso, fantastico ... e ce ne sarebbero di aggettivi per poterlo descrivere! Ma bando alla ciance.. Ho voluto scrivere questa One Shot e dedicarla a Rui Habashira, uno dei personaggi secondari che mi ha colpito di più! Inevitabile ricordare appunto, la loro sconfitta contro i Kyoshin Poseidon e le lacrime di dolore che il nostro povero Camaleonte riversa urlando a pieni polmoni contro Hiruma, quasi volendogli sputare in faccia tutta la sua "sana" invidia... E ho pensato che un momento così, romantico, potesse stare bene in un contesto simile. D'altronde anche nel manga si vede Megu piangere per lui e per la squadra.. insomma, si nota eccome il loro coinvolgimento emotivo ed il loro amore per questo magnifico Sport. Detto ciò, spero che vi sia piaciuto questo piccolo schizzo letterario. Dovevo farlo, ahimé!!! Ahahaha :)
Un bacio forte.. sarei contenta se commentaste, anche per farmi sapere semplicemente cosa ne pensate.
A presto, YA-HA!!!

Aya_Brea

  
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