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Autore: Misanthropy    27/02/2013    8 recensioni
E' possibile nutrire svariati sentimenti collegati all'oggetto che si ha nelle mani. Lo sguardo cade, anche involontariamente; e pluf. Non tutti danno lo stesso peso o significato ad ogni oggetto, sicché la prospettiva cambia inevitabilmente per ognuno.
Storia di un uomo che si trova a fare i conti con il ghigno insopportabile di un oggetto dall'identità segreta, anche ai suoi occhi.. almeno finché non decide di tastarne la consistenza con i propri denti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dolcetto



Concentrava lo sguardo sul piccolo ritaglio di luce rettangolare e leggermente deformato fornito dal piccolo pannello di vetro oscurato dalla polvere, sovrastante la porta. La fioca luce pomeridiana si rifletteva sul pavimento polveroso dello scuro legno d’olmo. I suoni che giungevano dall’esterno dell’angusta capannina buia e divorata dalla muffa erano piacevoli; si poteva infatti udire in lontananza il gorgogliare sonnolento della piccola riviera che scorreva per buona parte del bosco, ed il cinguettare ovattato delle diverse specie di volatili che sorvolavano il bosco o che lo abitavano.
Il resto, sebbene silenzioso, non sembrava esserlo del tutto alle orecchie dell’uomo: come se anche l’aria potesse provocare un dolce sottofondo musicale che riusciva ad armonizzare tutti i suoni della natura nella loro semplicità.
A Paul sembra di star ascoltando un disco di brani zen ritraenti appunto i sottofondi musicali utilizzando i suoni provocati dagli elementi della natura. Se ne compiacque perché poteva godere di quella melodia rilassante entrandoci dentro, e non nell’immaginazione; senza alcun bisogno di uno stereo o di un cd.
Era proprio con quell’atmosfera che desiderava passare gli ultimi momenti di quiete che gli si presentavano davanti, sempre più fievoli e sfuggenti. Quindi lasciò la testa cadere lascivamente all’indietro nell’ascolto del bosco, del suo bosco; e abbandonò l’intero corpo sulla seggiola malferma che era riuscita a resistere al peso del suo corpo suo malgrado; tutto, pur di non pensare all’oggetto che teneva in mano. Si perse talmente tanto nell’immersione del suo ascolto che per un breve momento la sua mente riuscì a staccarsi delicatamente dai pensieri che derivavano da quella cosa  ed il tatto si faceva sempre più lieve su di essa, come sei nervi del senso si addormentassero dimenticandosi dell’oggetto che tenevano ben saldo in pugno, e del peso che provocavano.. non solo fisicamente. Purtroppo ci riuscì solo per poco.
Non poteva dimenticare. Non con un oggetto simile in grembo.
Avrebbe voluto potersene dimenticare prima che fosse troppo tardi, e ci aveva provato. Ma neanche con una forza di volontà pari a quella di cui era disposto era stato possibile.
Meglio prevenire che curare, gli avrebbe detto qualcuno.
Anche se, in quel caso, dubitava fortemente che una cura fosse possibile ciò che si apprestava a fare.
Avrebbe dimenticato, se fosse stato possibile, ma la tentazione era pesante come un macigno di ferro e la vista di quell’oggetto aveva soltanto peggiorato le cose. Era inutile tentare quando l’esito era già preimpostato.
Aveva saputo organizzarsi, Paul.
Aveva saputo organizzarsi per la fine.
Conosceva fin troppo bene quella capannina dimenticata dal mondo e da Dio forse,ma lui non l’aveva mai fatto.
Perché aveva sempre saputo che il momento sarebbe arrivato, inevitabilmente.. E quando era successo, lui non aveva mancato di essere colto del tutto preparato. Nessuno conosceva il suo piccolo angolo di rifugio segreto, appartato nei recessi più bui e umidi del bosco,  e forse ancora nessuno aveva neanche preso coscienza della pericolosità della cosa che aveva portato con sé.
Eppure, quando quella cosa si era per ironia della sorte trovata con ripugnabile naturalezza sotto il suo naso, tutto era apparso più vivido e chiaro che mai. Senza soffermarsi sugli interrogativi che avrebbero fatto sorgere in lui il dubbio di sapere  perché quell’oggetto si fosse trovato lì in quel preciso momento erano stati completamente cancellati dalla mente di Paul, che aveva afferrato l’oggetto e l’aveva nascosto con furtiva abilità dietro la giacca nera che indossava proprio quel giorno- grazie a Dio. Una spaventosa consapevolezza era sorta nella sua mente, mentre sdolcinate parole di scuse stavano già sorgendo nella sue idee, sperando in una miracolosa telepatia che non sarebbe mai avvenuta tra lui, sua moglie e i suoi due figli.
Per fortuna non erano stati loro a trovare la cosa prima di lui.
Ora che si ritrovava a percorrere con passo affrettato i sentieri che marcavano il passaggio dall’inizio della fine, ripensava proprio ai suoi figli; che l’avevano sempre amato e stimato, che non l’avrebbero forse mai perdonato. E sua moglie, allora. Sua moglie che aveva amato tanto, la cui amorevole passione si era andata prosciugando nel cammino della vita coniugale, via via i giorni ed i mesi e gli anni scorrevano; sua moglie che sapeva perfettamente dell’esistenza di quell’oggetto e della pericolosità del gesto che aveva compiuto suo marito ritrovandosi faccia a faccia con l’orribile destino che ne stava segnando la fine di tutti i suoi tormenti.
Chissà se l’avrebbero trovato in tempo.
Chissà se avrebbero mai capito.
Adesso due rivoletti di lacrime gli stavano scivolando sulle guance, su una faccia marcata dalle intemperie del tempo e delle emozioni troppo fioche e spente che avevano percorso anima e cuore dell’uomo.
Per troppo tempo.
Era ora di prendere coscienza di sé. Della sua vita. Di ciò che lo aspettava dopo.
Avvicinò il ghigno maligno dell’oggetto alla curvatura storta che avevano assunto le sue labbra.
La consistenza della cosa che teneva, dei suoni e delle immagini che lo circondavano lo stavano abbandonando, sostituite dai fantasmi dei ricordi e dei momenti, tristi e allegri che fossero, e delle persone che aveva amato, e odiato; e delle cotte che aveva conservato gelosamente in petto nell’adolescenza, cotte mai rivelate; e dell’odio represso che aveva provato verso i suoi genitori e i professori quando sembravano far di tutto per fermare l’impeto di idee affioranti ed innovative e al contempo impossibili di cui era dotato il giovane, e del mondo degli adulti che l’aveva travolto facendolo sentire così impreparato. Aveva passato la vita sentendosi ripetere infinite  volte che doveva godersi quella cosa astratta quanto preziosa che era la vita, senza farlo veramente. Non esisteva il concetto di una vita perfetta, come quest’ultima non poteva esistere. La si desiderava, ma non la si raggiungeva mai: in qualsiasi caso.
Tutto questo adesso non aveva importanza. Ma era lì. Attorno a lui. Ad osservarlo con sguardo di rimprovero e di insopportabile amichevolezza contemporaneamente, in attesa della sua prossima mossa.
Anche la cosa lo osservava con tono di sfida. Ma questa volta lui era pronto.
Pronto per la prima volta in vita sua.
La presa si fece sempre più tremante sull’oggetto che si stava adesso inesorabilmente avvicinando alla sua bocca. Schiuse leggermente le labbra e ci vollero più tentativi per riuscire ad indirizzare l’oggetto nella O screpolata dell’apertura delle sue labbra. L’umidità della lingua e delle gengive accolsero con momentanea ripugnanza l’oggetto estraneo al loro interno. Ormai Paul si trovava con la fronte imperlata di grandi gocce di sudore, gli occhi chiusi a contemplare la solitudine del buio, il mondo che gli vorticava ad una velocità anormale attorno.
Adesso buona parte della cosa era arrivata ad una buona altezza della sua lingua, che lo accoglieva di mal auspicio, e Paul dovette fronteggiarsi con la decisione che aveva preso, che  gli aveva oppresso petto e mente per tutto il cammino dall’uscio di casa fino alla capannina, che lo minacciava di farlo stare ancora peggio se non si fosse affrettato a fare quel che gli spettava fare;  fino al momento in cui, in un impeto di isterica euforia, la mandibola fece forza sull’oggetto e

(premette il grilletto e morì dissanguato)

morse il delizioso dolcetto al cioccolato che aveva sfortunatamente trovato accatastato in cima alla invitante pila disposta sul tavolo. Il sapore dolce del cioccolato gli riempì il palato e la consistenza del boccone che aveva preso quasi si scioglieva solo sulla lingua. La sua mente andò in un’estasi che lo mandò alle stelle facendolo dimenticare di tutti i pensieri opprimenti che aveva formulato poco prima, e durante il cammino, e durante tutta la vita.
Sua moglie e i suoi figli se la sarebbero presi, ma questo non lo turbava più ormai.
Nulla importava, adesso. Aveva il suo dolcetto.


FINE



NOTE: Questo è il primo "lavoro" che pubblico, e non mi aspetto di avere successo. Se questa storiella raggiunge una o due letture, e magari qualche commento, ne sarei felice. In ogni caso se avete letto vi prego di lasciare un commento o una critica; che non possono far altro che aiutarmi a crescere. Grazie a tutti. 
  
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