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Autore: blackmiranda    27/02/2013    7 recensioni
(Questa storia ha partecipato al contest "Sul Monte Olimpo - Contest dell'antichità" indetto da EndlessBlue sul forum di EFP, classificandosi al secondo posto).
Guardatemi, figli di Zeus: io sono la fanciulla dei morti, flebile luce nell'Oltremondo.
Piccolo tributo ad una delle figure più sfuggenti della mitologia greca: Persefone.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'abbraccio della Terra
Nome sul forum: blackmiranda
Nome sul sito: blackmiranda
Titolo della storia: Χθ́oνια – L'abbraccio della Terra
Personaggi utilizzati: Persefone
Generi: Introspettivo, Malinconico
Avvertimenti: //
Parole (titolo escluso): 661
Citazione usata: "Io la desidero la morte... Ma la temo." "Perché? A parte il tuo tormento, che hai da perdere?" (Dragonheart)
Eventuali note dell’autore: Il titolo si riferisce alla natura sotterranea di Persefone, inestricabilmente legata ai primigeni culti della terra.




Χθ́oνια - L'abbraccio della Terra




Un vento freddo soffia sulla terra, oggi.

Esso è foriero di notizie funeste per i mortali: preannuncia la stagione invernale, la morte delle piante, il lamento incessante di mia madre.

Non è ancora giunto il momento di ritirarmi da questo mondo, eppure già sento il gelido richiamo dei morti, già vedo di fronte a me aprirsi il baratro oscuro dell'Ade.

È necessario che io parta, come ogni anno, che io prenda il mio legittimo posto come regina dell'Oltretomba. I Fati lo comandano.

Nemmeno noi siamo liberi, dopotutto: le angosce dei mortali ci appartengono, nonostante la nostra natura.

Il vento continua a soffiare, cercando invano di strappare dal mio capo il sottile velo bianco che ancora porto, dopo tutto questo tempo: unico testimone di ciò che ero prima di diventare la sposa di Ade, quando ancora mi chiamavo Kore.

Era quella davvero un'età dell'oro! Ancora danzavo libera e serena, bagnata dai raggi di un sole mai oscurato da nubi.

Allora ero viva; cosa rimane adesso di ciò che ero, se non impalpabile cenere, umida terra smossa?

No, no: non sono più una fanciulla. I miei pensieri sono da troppo tempo avvelenati dall'amarezza, benché io non ne porti il segno esteriore.

Oh, io sembro ancora giovane e candida come quel giorno.

Quanto fulgida e splendente dovette essere la mia bellezza, per arrivare ad abbagliare il più oscuro dei luoghi, il più arido dei cuori?

Egli venne a prendermi, una gelida forza invisibile: a nulla valsero le mie suppliche.

Come una pianta sradicata, soffocavo e appassivo, lontana dal calore che dimora al di sopra della terra.   

Da allora, la mia natura è divisa, i contorni del mio animo sfocati e incerti.

Gli uomini dicono che noi non invecchiamo né moriamo, ma io sono invecchiata e muoio insieme all'estate, ogni anno.   

Trattenendo con la mano un lembo del pesante peplo che indosso, percorro senza meta lunghi sentieri non manifesti agli occhi dei mortali.

La sapienza della terra è la più veneranda, ma troppo spesso viene dimenticata.

Gli uomini sono troppo impegnati a volgere i loro sguardi al cielo, senza capire che gli Olimpi non si curano affatto di loro.

Come potrebbero? Essi sono troppo distanti dal loro mondo, dalle sue sofferenze.

Non è forse la madre ad allattare i figli? A generarli? Dov'è il padre, mentre la madre scaglia le sue grida strazianti al cielo, al momento del parto?

Dov'era Zeus mentre mia madre si affannava, nella vana speranza di ritrovarmi?

La terra abbraccia i morti sotto di sé e sopporta il peso dei vivi che la calpestano.

Essa offre nutrimento per i viventi e dolce riposo per coloro che non ci sono più.

Ad essa sono ancorata: unica certezza di un'esistenza cangiante, perennemente oscillante tra vita e morte.

Potessi almeno morire..! La vita che avevo l'ho persa per sempre; quella che ora possiedo per sei mesi all'anno ne è solo un pallido ricordo.

Eppure, non riesco a staccarmene, proprio come non sopporterei di sottrarmi all'abbraccio di mia madre.

Io la desidero la morte... ma la temo.

Perché? A parte il tuo tormento, che hai da perdere?, sembrano sospirare le ultime foglie strenuamente aggrappate ai rami degli alberi.

Come posso io conoscere la pace, essere in continuo divenire, intrappolato in un eterno ciclo di morte e rinascita?

Ciò che porto nel cuore non è né morte né vita; è un grido silenzioso, un pianto senza lacrime.

E quando, inesorabile, la mano fredda del mio sposo si poserà su di me, non potrò fare altro che seguirlo nel suo regno di ombre e lamenti.

Ancora e ancora, contemplerò la sua sfuggente figura, tentando invano di delinearne i contorni, le espressioni, di afferrarne l'essenza più profonda.

Questo è il mio destino: l'eternità porta con sé una condanna senza fine, senza speranza.

Guardatemi, figli di Zeus: io sono la fanciulla dei morti, flebile luce nell'Oltremondo.

Sono colei che presidia l'estremo orizzonte, colei attraverso cui la Terra respira; un debole, sordo battito che accompagna le vite di tutti gli uomini.


 

   
 
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