CHE IMPORTANZA HA?
La ragazza si alzò dal suo letto.
Tutto era grigio, intorno a lei.
Poi se lo ricordò: era la mattina della mietitura.
Nel distretto in cui viveva la parola Mietitura significa condanna a morte.
I tributi del suo distretto facevano ritorno solo raramente. Troppo raramente.
Non ricordava quale edizione degli Hunger Games fosse, ce ne erano state così tante...
Ed era sempre la stessa identica storia, che ogni anno riviveva con la stessa paura.
L’apprensione all’arrivo in piazza.
La tensione all’inizio del discorso.
Il terrore puro quando la capitolina immergeva la sua mano nella boccia dei tributi femmina.
E ogni anno, non era lei.
Quello era il suo ultimo anno, ma la paura non dava segni di voler attenuarsi.
Sul suo volto c’era lo stesso terrore di una ragazzina di appena dodici anni.
Arrivò in piazza, intorno a lei solo figure spente e impaurite in cui si riconosceva pienamente.
Le figure erano tutte pulite e profumate, indossavano abiti da festa, ma nessuna mostrava la felicità del suo aspetto fisico anche nell’espressione.
L’ago corse veloce sul suo dito, e una goccia vermiglia cadde sul foglio bianco del pacificatore.
Si diresse verso il gruppo dei diciottenni, e aspettò lì l’inizio della fine, immobile, l’espressione persa, in fervida preghiera silenziosa.
Ma, in fondo, cosa si doveva pregare?
Si doveva pregare di non essere scelti e di far andare al proprio posto un’altra ragazza come lei, che aveva lo stesso diritto di rimanere in vita?
La mietitura iniziò, silenziosa e letale come sempre, e la capitolina, l’unica ad essere raggiante di gioia in quel cimitero di anime, si avvicinò alla boccia dei nomi femminili.
Le sue dita smaltate cercarono a lungo il bigliettino prescelto, e ciò non faceva che far aumentare il suo muto terrore.
Il bigliettino ora era tra le sue mani.
Perché proprio quello, e non un altro? Perché la sua mano era andata a posarsi proprio su quello e non sul biglietto che gli stava affianco?
In ogni caso, eccolo là, fuori dalla boccia di vetro, tra le due dita di quell’essere multicolore, che, con il sorriso sulle labbra, lo aprì lentamente.
Il nome giunse veloce, tagliente come una lama invisibile.
La ragazza si mosse dal suo gruppo, le lacrime che le rigavano il viso, i pugni serrati attorno alla stoffa del suo vestito da cerimonia, e si avviò verso il palco.
Lei rimase lì, immobile, non riuscendo ad essere felice per essere riuscita a scampare agli Hunger Games, ma almeno era finita, finita per sempre, almeno per lei.
La ragazza la conosceva di vista, era una sempre allegra, che sorrideva abitualmente, davvero una delle peggiori perdite del suo distretto.
Ma, infondo, lei non era stata scelta, era il suo ultimo anno e l’aveva superato, perciò, che importanza aveva chi era lo sfortunato estratto dell’anno?
SPAZIO AUTRICE :D
Salve tributi!!! ;))
Rieccomi qui, con una nuova One shot nata dal nulla xD
Non so proprio come mi sia venuta questa idea in mente … Mentre leggevo una FF di una mietitura, ho pensato “si, tutte le FF parlano di ragazzi che vengono chiamati per i Giochi, ma mai nessuna parla dei mille e mille ragazzi non chiamati”.
Perciò eccomi qui!! ;D
Se vi va, lasciate un piccolo commento, per farmi sapere cosa ne pensate :))
Un bacio :**
#C