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Autore: Inheritance    28/02/2013    2 recensioni
“Come va?”
Chiese il moro, giusto per avere la certezza che Kurt si fosse riposato del tutto e che ora stesse veramente meglio.
Tuttavia, non si aspettava la risposta che arrivò.
“Mmh, così così, all’ospedale i dottori mi hanno un po’ preoccupato. Papà sta bene per ora, ma dicono che la situazione non lascia pensare a niente di buono. So che esagero e che in fondo è molto vecchio, penso soltanto di non essere ancora pronto a las-“
Fu interrotto dall’espressione accigliata sul volto di Blaine, e mutò la propria in una di domanda.
Il moro parve afferrare al volo perché subito si affrettò a dare spiegazioni.
“Me lo hai già detto, Kurt.”
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi prego, per favore, di leggere queste brevi note. Pleeease? *BlainePuppyEyes*
 
Okay, dunque, divido in punti per essere più chiara.
1-E’ un po’ banale, penso, come storia. Ma l’ho scritta più per sfogo che per altro ed è più che altro molto sentita, quindi spero non vi annoi, solo questo.
2- Ci tengo a chiarire che non ho nessun tipo di abilità o conoscenze in campo medico e me ne assumo la completa responsabilità per qualsiasi idiozia eventualmente contenuta nell’ultima parte della OS. Per quel che riguarda il resto vorrei invece dire che un avvenimento del genere, capirete quale, spero, è accaduto a mia madre che non ha più di cinquant’anni, quindi vi prego di non considerare esagerata la reazione di Blaine. Magari un po’ infantile, sì, perché è stata più o meno la mia, ma non esagerata o inverosimile.
3- Sono stata a lungo dibattuta sulla canzone da scegliere, se Teenage Dream o magari Come What May o, perché no, Perfect. Per quel che mi riguarda, potete anche immaginare il testo di un’altra canzone (?), ho solo pensato che la loro prima sarebbe stata anche il ricordo più caro.
 
Spero vi piaccia,
Her.
 
 
 
Memories.
 
 
“Kurt, amore, sono tornato.”
 
Blaine chiuse la porta del loro appartamento con un calcio leggero, sapendo bene che se avesse lasciato un’impronta sul legno lucido Kurt non gliel’avrebbe mai perdonato. 
Trent’anni di matrimonio e ancora  riusciva a far del male alle sue orecchie grazie a quella voce acuta che aveva.
Sapeva che c’era la possibilità di trovare Kurt ancora addormentato, nonostante fossero le sei del pomeriggio, poiché aveva passato la notte all’ospedale al fianco di suo padre ed era tornato a casa solo per ora di pranzo. Blaine dubitava perfino che avesse ingerito qualcosa tutto il giorno, se si escludevano i litri di caffeina.
 
“Sono qui, in camera.”
 
Le labbra del moro si aprirono in un sorriso spontaneo mentre si dirigeva a grandi passi lungo il corridoio principale della loro casa. 
Era troppo grande, lo diceva spesso, ma Kurt era rimasto estasiato dai ‘meravigliosi infissi’ e dal ‘delizioso parquet’ e non era riuscito ad allontanare il suo cuore da quella casa, dopo averla vista. Per quel che riguarda Blaine, lui non riusciva a tenere il suo cuore lontano da Kurt, perciò la scelta fu naturalmente semplice. Inoltre avevano avuto così tanto spazio da poter adibire una sala canto ed una musicale, anche se la prima era quasi sempre inutilizzata, poiché entrambi preferivano avere l’accompagnamento di uno strumento quando cantavano.
Senza contare che non avevano dovuto traslocare quando era nato Paul, il loro bambino, ed Elizabeth, dopo di lui. 
 
Continuando a camminare lungo il corridoio deserto, Blaine non poté impedirsi di pensare a quanto fosse vuota la loro abitazione, assieme alla loro vita, ora che entrambi i loro figli si erano trasferiti.
 
Giunse infine alla loro stanza, dove trovò un Kurt seduto sul letto, per metà sotto le coperte. Era intento a leggere dei fogli scarabocchiati ed indossava i suoi occhiali.
Non li indossava spesso, trovandoli, per sua esatta definizione, ‘un elemento utile, ma di puramente antiestetica decoratività, utile soltanto per creare il clichè base dell’intellettuale pacato e misterioso, uno stile che non mi si addice affatto.’ 
Tuttavia, all’età di cinquantatre anni, non poteva più negare a se stesso di aver bisogno di un qualche tipo di supporto per leggere almeno da vicino. E Blaine, dal canto suo, lo trovava sempre adorabile come la prima volta che ne aveva indossato un paio, una quindicina di anni prima.
 
“Ehi, come stai? Ti sei riposato?”
 
Kurt alzò il viso nella sua direzione e sorrise dolcemente. Annuì rilassato, facendo intendere a Blaine che sì, il suo sonno ristoratore aveva avuto l’effetto desiderato e ora stava decisamente meglio.
 Si passò le dita fra i capelli, striati da qualche ciocca grigiastra, ma ancora straordinariamente luminosi, poi le labbra formarono una smorfia più cupa e gli occhi chiari si indurirono appena.
 
“Sta bene, per ora. Ma la situazione non promette niente di buono. Non dovrei torturarmi così, è molto vecchio e prima o poi quel giorno arriverà, solo…non credo di essere ancora pronto. Non credo che lo sarò mai.”
 
Blaine non ebbe ovviamente bisogno di chiedere chi fosse il soggetto della frase. Anzi, espirò lentamente e sollevò la mano ad accarezzare delicatamente una guancia di suo marito, prevenendo le lacrime che sapeva sarebbero arrivate.
Quando queste giunsero lasciò che bagnassero le sue dita mentre le sfregava via dalla pallida pelle di Kurt.
 
“Non pensarci adesso. Sei stato sveglio tutta la notte, dovresti rilassarti. Allora, vuoi dirmi che cosa stai leggendo?”
 
Kurt lo fissò intensamente per alcuni istanti, poi gli rivolse un sorriso a metà fra il colpevole ed il grato, e infine girò il foglio nella sua direzione. Il viso di Blaine si incupì per alcuni attimi, ma subito il sorriso dolce e solare che vi era prima tornò a splendere e prese in mano il foglio rovinato.
 
“Ti fa sempre stare meglio, non è vero?”
 
Quando lui annuì, il moro lasciò scorrere gli occhi sulla superficie scritta per leggere quelle parole ormai stampate a fuoco nella sua mente e nel suo cuore. Guardò di sottecchi suo marito solo per trovarlo intento a mormorare ad occhi chiusi una melodia. Più lenta di come sarebbe dovuta essere in realtà, ma loro sapevano, Blaine sapeva. Ed, in effetti, cominciò a canticchiare, debolmente, a voce bassa.
 
“You think I’m pretty without any makeup on,
You think I’m funny when I tell the punch line wrong
I know you get me so I let my walls come down, down.”
 
Blaine ponderò per un attimo l’idea di continuare e di cantare l’intera canzone dedicandola, ancora una volta, solo ed unicamente al suo Kurt, ma decise di fermarsi quando vide uno sbadiglio formarsi sul sorriso di suo marito, che tentò immediatamente di reprimerlo.
 
“Tesoro, forse è il caso che tu ti riposi ancora un po’. Io andrò a farmi una doccia, poi preparerò qualcosa da mangiare e ti sveglierò per cenare insieme, okay?”
 
Kurt aveva già iniziato a chiudere gli occhi alla prima metà della frase, nel momento esatto in cui Blaine aveva allungato le braccia per alzare la coperta sulle sue spalle e per aiutarlo a distendersi meglio.
Il moro sorrise un’ultima volta dolcemente, prima di afferrare il suo pigiama dal cuscino poggiato accanto la testa di suo marito e dirigersi verso il bagno.
 
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Uscì dalla doccia calda massaggiandosi le spalle, contento che almeno una parte della stanchezza che aveva accumulato quel giorno fosse scivolata via nello scarico. Diede una veloce occhiata allo specchio dove sistemò con la punta delle dita i pochi capelli scuri che aveva in testa.
“Li perderai tutti, lo sai, vero? Non ho mai avuto un particolare interesse per gli uomini pelati.” diceva sempre suo marito.
E lui rideva, perché lo sapeva e perché sapeva anche che Kurt lo avrebbe amato anche da calvo.
 
Sorrise a quel pensiero e si rivestì con calma, dirigendosi poi verso la cucina per preparare qualcosa di caldo da far mangiare a quel distratto di suo marito. Se non ci fosse lui probabilmente dimenticherebbe persino di nutrirsi.
 
Dopo aver preparato un vassoio da portare in camera da letto raggiunse la porta della stanza, che aveva precedentemente socchiuso, e la spinse con un calcio leggero.
Tuttavia, il rumore doveva essere stato troppo forte perché Kurt aprì d’improvviso le palpebre, voltandosi verso la porta con uno scatto innaturale del busto. Storse le labbra per un attimo, probabilmente a causa del dolore provocatogli dal gesto, e poi focalizzò la sua attenzione su Blaine.
 
Prima che lui potesse parlare, gli sorrise dolcemente.
 
“ Ehi, sei tornato!”
 
Blaine sorrise, avvicinandosi al letto con cautela e adagiando il vassoio sul comodino accanto al letto, proprio affianco agli occhiali da lettura che aveva sfilato a Kurt prima di uscire dalla stanza.
 
“Come avevo promesso. E ti ho anche portato il cibo.”
 
Kurt aggrottò appena le sopracciglia e arricciò un poco le labbra, ma poi la sua espressione si distese e sorrise di nuovo.
Mentre Blaine sistemava davanti a lui il vassoio con le posate, Kurt rinfilò gli occhiali sul naso, desiderando ammirare appieno l’inestinguibile bellezza di suo marito, del suo Blaine.
 
“Come va?”
 
Chiese il moro, giusto per avere la certezza che Kurt si fosse riposato del tutto e che ora stesse veramente meglio. 
Tuttavia, non si aspettava la risposta che arrivò.
 
“Mmh, così così, all’ospedale i dottori mi hanno un po’ preoccupato. Papà sta bene per ora, ma dicono che la situazione non lascia pensare a niente di buono. So che esagero e che in fondo è molto vecchio, penso soltanto di non essere ancora pronto a las-“
 
Fu interrotto dall’espressione accigliata sul volto di Blaine, e mutò la propria in una di domanda.
Il moro parve afferrare al volo perché subito si affrettò a dare spiegazioni.
 
“Me lo hai già detto, Kurt.”
 
Lo disse con un sorrisino leggero, trovando buffo che Kurt si fosse dimenticato di avergliene parlato prima.
 
“E quando? Oggi non ci siamo parlati al telefono.”
 
Kurt aveva in volto un’espressione di pura ovvietà, mentre rispondeva con tono pacato a Blaine. Quello arcuò le sopracciglia e per un attimo si chiese se Kurt avesse avuto la bizzarra idea di fargli uno scherzo. 
Ma che razza di scherzo poteva essere quello? Soprattutto se includeva Burt, sul quale Kurt non scherzava neppure quando era in piena salute, figuriamoci nelle sue attuali condizioni.
 
“K-Kurt…Abbiamo parlato più o meno quaranta minuti fa.” Disse buttando una veloce occhiata alla sveglia posizionata sul comodino dal suo lato del letto. “Sono tornato a casa, abbiamo parlato per una decina di minuti e poi ti sei rimesso a dormire quando ti ho detto che sarei andato a fare una doccia e poi avrei preparato la cena.”
 
Aveva gli occhi spalancati, come se cercasse ancora di inquadrare la situazione, e Kurt lo fissava di rimando con gli occhi chiari completamente sbarrati e un’espressione sbigottita in volto. Le labbra leggermente dischiuse iniziarono ad aprirsi e chiudersi con sempre maggiore frequenza, fino a quando Blaine non lo vide letteralmente boccheggiare come alla ricerca di aria o forse alla ricerca di parole a cui aggrapparsi per rendere quell’intero momento meno surreale.
 
“No-non è vero. Io…io mi sono svegliato ora, non ti ho neppure sentito rientrare. Io-Io sono tornato a casa dall’ospedale, erano le due e quarantacinque e mi sono messo a dormire e poi- e poi mi sono svegliato. Adesso. Con te che mi portavi del cibo. Non prima. Non ti ho visto prima. E’ possibile che ti abbia visto e non me lo ricordi? Che abbiamo parlato e non me lo ricordi?!
 
Kurt ormai stava quasi delirando, allineando una dopo l’altra frasi sempre più disconnesse e con un tono di volta in volta più ansioso. Blaine cercò di fermarlo sussurrandogli di calmarsi e prendendo una sua mano fra le proprie, ma appena si accorse che quella tremava, scostò delicatamente il vassoio all’altro lato del letto e si sporse in avanti per circondare il corpo di suo marito con le braccia forti.
 
Aveva difficoltà a respirare, così come sembrava averne Kurt, ma non voleva mostrarglielo, altrimenti avrebbe solo aggravato lo stato d’animo dell’altro. 
 
Era davvero possibile che avesse dimenticato? 
In fondo, quando Blaine era tornato a casa, si era appena svegliato, magari era piuttosto intontito dal lungo periodo di riposo che ultimamente si concedeva piuttosto di rado. 
Ma avrebbe davvero potuto dimenticare quasi dieci minuti di conversazione? Diamine, avevano anche cantato! Kurt aveva mormorato piano le note iniziali di Teenage Dream e lui aveva cantato sopra di esse. Non era possibile, non era davvero possibile. Era uno scherzo?
 
“E’ uno scherzo?”
 
Il suo tono era uscito dalle sue labbra molto più terrorizzato che incredulo o semplicemente curioso, probabilmente già conoscendo l’inevitabile responso.
Kurt strinse ancora di più le braccia attorno alla vita di Blaine e sembrò agitarsi visibilmente sopra la sua spalla.
 
“Pensi davvero che scherzerei su una cosa simile Blaine? Su di te, sulla mia memoria, su mio padre?”
 
Blaine potè quasi sentire il suo intero corpo sussultare, forse per l’ira o forse per i singhiozzi continui che avevano ormai iniziato a fuoriuscire dalle labbra di Kurt, lo strinse ancora di più a sé, cercando di mostrargli con quel gesto che non dubitava di lui e che quella domanda era stata soltanto frutto dell’improvvisa scarica di paura che era scivolata lungo il suo corpo all’idea che Kurt avesse effettivamente dimenticato che qualcosa, qualcosa fra di loro per lo più, fosse accaduto.
 
Cosa poteva significare?
Non era giovane, Kurt, per soffrire di Alzheimer?
Quella sarebbe dovuta essere l’unica opzione da considerare? Avrebbero dovuto vedere un medico, no? Avrebbero dovuto capire, giusto? 
 
Non voleva pensare che Kurt avrebbe potuto dimenticare altro, non riusciva ad immaginare di doversi trovare un giorno a raccontare a Kurt qualcosa della loro vita insieme che lui non ricordava.
Gli scoppiava il cuore al solo pensiero che, in un modo o nell’altro, la sua vita, la sua luce, il suo angelo avrebbe potuto dimenticarlo.
 
Strinse la presa un po’ di più, senza neanche accorgersi di quanto quella di Kurt fosse diventata così ferrea attorno al suo corpo, a tal punto che si potevano quasi sentire le sue ossa scricchiolare.
Ma anche se fosse, non le avrebbe sentite comunque, nascoste dal suono dei propri pensieri, nascoste dal suono dei violenti singulti di Kurt.
 
“Kurt, amore… Tesoro mio, calmati. Calmati.” Si distaccò da lui, forzandolo ad allentare la stretta, e portò una mano al suo mento per costringerlo a guardarlo negli occhi. “Non è niente, non è niente. Può succedere, non è detto che sia per forza qualcosa di brutto, né qualcosa di definitivo. E se anche fosse, non sarebbe un problema. Ce ne occuperemo insieme, io e te, come sempre. Insieme, okay?”
 
Kurt annuì piano, il mento ancora intrappolato nella mano di Blaine, che si allungò per posare un delicato bacio sulle sue labbra. Poi il moro lo strinse di nuovo a sé, iniziando involontariamente a cullarlo fra le sue braccia, come non faceva più da anni.
 
Come non c’era stato più bisogno di fare da anni per far addormentare Kurt.
 
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Blaine rientrò a casa, dopo essere uscito a comprare alcune cose. Generalmente Liz portava loro la spesa, essendosi trasferita vicino a loro per aiutarli ora che erano così invecchiati, ma quel giorno era impegnata e non aveva potuto passare, così lui era uscito per procurarsi il minimo necessario.
 
“Kurt!"
 
L’uomo alzò la testa lentamente e stancamente, ma una volta che i suoi occhi chiari e vitrei si furono posati sulla figura davanti a lui sorrise apertamente.
Blaine si avvicinò a lui. Portò una mano a carezzargli la guancia solcata sempre da qualche nuova ruga, ma ancora terribilmente morbida, come se fosse destinata a non avvizzire mai.
 
“Ciao, amore. Come stai?”
 
Kurt lo guardò da sotto le palpebre calate e sorrise appena.
 
“Bene, bene. E tu?”
 
Blaine sorrise dolcemente di rimando.
 
“Io sto bene, grazie.”
 
Kurt, dalla propria postazione nel letto, alzò il viso per sfregare appena le labbra contro quelle di suo marito, che sorrise nuovamente contro la sua bocca.
Poi si distaccò quel tanto che bastava a chiedere, con voce flebile:
 
“E lui? Sta bene, lui?”
 
Blaine sospirò pesantemente. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento. Arrivava sempre e ogni volta era sempre peggio. Temeva di star perdendo la forza per continuare a farlo.
 
“Kurt…Tesoro...Tuo padre è morto. Cinque anni fa. Lo hai dimenticato, ti succede ogni tanto, per via della malattia. Ma non devi preoccuparti, è morto molto anziano e molto, molto felice, sapendoti accanto a lui. Ti ha detto che ti voleva bene, che te ne ha sempre voluto e che continuerà a volertene ovunque si trovi, e… e mi ha chiesto di ricordartelo ogni singolo giorno nel caso avessi avuto la sfortuna di dimenticarlo.”
 
A quel punto, quasi in maniera automatica le sue braccia si alzarono e le sue dita ruvide andarono ad asciugare le lacrime che, ancora una volta, sapeva sarebbero sgorgate.
 
Una volta asciugato il suo viso, gli arti di Blaine si spostarono a stringere l’esile figura sul letto, mentre le sue labbra posavano dolci e delicati baci sulla sua nuca. Strofinò più volte il viso contro i capelli di suo marito, ancora una volta non riuscendo a fare a meno di pensare a quando sarebbe arrivato il momento in cui Kurt avrebbe dimenticato il suo viso.
Il momento in cui Kurt, alzando lo sguardo, non avrebbe più sorriso, ma avrebbe corrugato le sopracciglia e chiesto con quella sua flebile, sottile voce: “Tu chi sei?”
 
E allora, solo allora, come sempre, si permise di piangere. Silenziosamente, delicatamente, Blaine pianse.
 
E le sue labbra, quella volta come tutte le volte, si trovarono ancora a sussurrare nell’orecchio del suo dolce Kurt parole che non si addicevano a quel contesto, parole che avrebbero potuto trovarsi in tutta un’altra situazione e ci sarebbero di certo state meglio, parole che però avevano ancora un così grande significato.
 
“Let’s go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die
You and I
We’ll be young forever”
  
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