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Autore: Doralice    28/02/2013    3 recensioni
La vita è solo un'ombra che cammina. Un povero attorello sussiegoso che si dimena sopra un palcoscenico, per il tempo assegnato alla sua parte. E poi di lui nessuno udrà più nulla.
Bane/Blake; quasi sicuramente il rating muterà più avanti
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bane, John Blake aka Robin John Blake
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ballad of the Hound and the Robin'
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An Unconventional Drama

{improvise}




Atto I



Scena I


C'è un intero mondo nascosto sotto le fogne, un mondo che i mercenari di Bane non hanno fatto che rinfoltire. In questi primi giorni di ristabilito ordine, hai imparato presto a conoscerne gli abitanti, a parlare la loro lingua, a districarti con il loro aiuto nei meandri del sottosuolo di Gotham City.

A fare a meno delle due ditate di disinfettante sotto le narici per non dover subire la puzza, perché tanto quella ti si attacca ai vestiti e non va più via. O forse è una tua impressione, forse stai passando tanto di quel tempo là sotto che un po' è diventata casa tua, più di quanto non lo siano le strade là sopra, più di quanto non lo sia il tuo appartamento. Forse i volti lerci dei senzatetto ti sono diventati così familiari che ormai ti senti parte di quella comunità più di quanto ti sia mai sentito parte di qualsiasi altra cosa, per quanto patetico sia questo pensiero.

Hai un bel po' di tempo libero, ex agente Blake, adesso che il distintivo non grava più sulla tua giacca – e sulle tue scelte. La signora Carlyle dell'interno 4 lo sa, naturalmente, l'ha saputo il giorno stesso in cui hai rassegnato le dimissioni. Come faccia quella donna a venire a conoscenza degli affari degli altri, spesso ben prima dei diretti interessati, rimane un mistero, ma al momento la cosa non t'interessa. Ciò che t'interessa è che la pettegola signora Calryle ti ha offerto un posto nel suo pub all'angolo della strada e, no, non puoi permetterti di declinare. Ma di temporeggiare, sì. Sì, grazie a Dio. E grazie alla liquidazione da detective.

Il senso del dovere non ti abbandona certo da un giorno all'altro. Al massimo muta, si manifesta in diverso modo. Per te è andata così anche questa volta. Non potresti occuparti della tua vita finché non fossi sicuro che le cose a Gotham siano tornate alla normalità. Non potresti dormire sonni tranquilli, calcare le strade eternamente umide e affollate, fare la spesa, allenare i ragazzi dell'orfanotrofio nei pomeriggi pigri, avendo il dubbio che quei terroristi che hanno incrinato il volto della tua città possano essere ancora in circolazione. Non sarai in pace con te stesso fino al momento in cui i manifesti con l'orrido muso mascherato di Bane non spariranno dai lampioni e dai muri, scoloriti, strappati, rimossi dal tempo e dal vento, portando via con loro ogni traccia di ciò che è accaduto durante quell'eterno inverno.

Contribuirai con tutti i tuoi mezzi ad epurare quella piaga, a ricucire la cicatrice che ancora squarcia la città. Dovessero volerci settimane, mesi, stanerai quei bastardi. È un giorno fortunato quando riesci a scovarne più di uno e sarà un giorno memorabile quello in cui troverai Bane.

Non sai con esattezza quanti siano sopravvissuti, ma sai che ci sono. Tu non sei il solo vigilante dell'ultima ora che si addentra nelle fogne alla loro ricerca, sei solo meglio addestrato, meglio attrezzato e dotato della dialettica giusta per farti amici i senzatetto. A volte basta una bottiglia di Gin scadente, a volte una chiacchierata attorno ad un bidone acceso. Loro sanno dove indirizzarti e tu sei pronto a cogliere ogni opportunità.

La caccia notturna è silenziosa e quieta, ti permette d'indugiare in lati di te che non ti aspettavi. Lati di recente scoperta, sgrezzati dalla guerriglia dell'ultimo anno.

Per esempio, c'è quel lato che è venuto fuori giusto in questi giorni. Quello che, senza il minimo rimorso di coscienza, ti fa testare i giocattoli di Wayne sui terroristi che ti ritrovi per le mani. Insomma, non c'è niente di mortale tra quegli aggeggi e in qualche modo dovrai pur imparare come funzionano, no? Wayne ti ha lasciato tutto quel ben di Dio, ma nessun libretto d'istruzioni. Grazie tante.

John Blake è allo sbaraglio. Euforia e senso d'inadeguatezza lottano dentro di te per la supremazia, a tratti si mescolano lasciandoti annichilito. Perché tu, perché ora. Domande che ti sorprendono in un tunnel qualsiasi della rete fognaria, con il continuo sgocciolio che ti fa venire voglia di pisciare ogni cinque minuti e la luce della torcia che danza davanti.

È durante uno di questi momenti che lo senti.

Nelle fogne ci sono tanti rumori, alcuni ovvi altri quasi spettrali. Col tempo ci si fa l'orecchio, s'impara che quel raspare improvviso sono solo le zampette di un ratto che ha avuto la sfortuna di trovarsi sulla tua strada e che quell'ululato incostante è l'aria che s'incunea dalla metropolitana trasformandosi in vento afoso.

Ma questo... questo sibilo... è una cosa che non hai mai sentito.

Alzare la torcia e togliere la sicura alla pistola sono un unico movimento istintivo.

Due passi silenziosi, il rombo del sangue nelle orecchie. Svolti l'angolo e lo vedi.

Ti ci vuole un po' per realizzare esattamente cosa – chi – hai davanti. Un lunghissimo attimo di smarrimento davanti alla figura accasciata contro la parete sudicia al di là del tunnel.

La tua mano si stringe forte attorno al calcio della pistola, la luce della torcia è ferma. Da quella distanza potresti mandare a segno un colpo dritto alla tempia. Blam. Il cervello che si sparge a raggiera sui mattoni, la testa che ciondola giù. Mettere per sempre fine al sibilo che esce da quella specie museruola.

Dilati le narici, muovi nervoso il dito sul grilletto. La luce continua a non tremare, sei tu che tremi.

Quando abbassi le mani, rilasci un sospiro nell'aria fetida e ti sembra di non aver mai respirato in vita tua. La sagoma di Bane, non più rischiarata dalla torcia, è adesso inghiottita dalle ombre, ma ti aleggia ancora davanti, impressa nella retina.

Cinque giorni di ricerche: è stato più veloce del previsto. Prima ancora che la domanda abbia avuto il tempo di prendere forma concreta nella tua testa: cosa hai intenzione di fare una volta che lo trovi, mh?

Cerchi sostegno nella parete alle tue spalle e ti lasci scivolare giù. Il tremore non cenna a smettere, ogni respiro è una stilettata alla gola.

Cosa hai intenzione di fare, adesso?

Respira. È solo un attacco di panico. Non mi dirai che non ricordi come si gestiscono?

Respira. Concentrati su un dettaglio neutro e respira. Lo scorrere del rivolo d'acqua ai tuoi piedi, i suoi riflessi alla luce della torcia. Respira. Così, bravo.

Gradualmente il tuo respiro torna quasi normale, il tremore scema. Gradualmente i tuoi occhi si abituano all'oscurità. Resti tu, la pistola ancora senza sicura e le vestigia del mostro che ha gettato Gotham in un incubo quotidiano per mesi.

Il grande, terrificante Bane. L'uomo che ha tenuto in scacco un'intera nazione, ha quasi raso al suolo una città e ha ucciso Batman. Gli occhi saettano increduli sulla sagoma inerme e qualcosa di simile alla frustrazione inizia a serpeggiare nel tuo stomaco. E quel sibilo spezzato non fa che rimarcare la pateticità della scena.

Ti viene da ridere. Sinceramente, hai una gran voglia di ridere. Abbassi il capo tra le mani e il metallo della pistola cozza freddo sulla fronte. Soffochi un singulto amaro in fondo alla gola.

Quel sibilo, quel fottuto sibilo... non puoi fare altro che restare lì e ascoltarlo. Lo assimili lentamente, lo riduci a parte dell'ambiente. Come fosse uno dei tanti rumori che fanno da sottofondo alle fogne, come fosse parte di esse.

È questo che è sempre stato, no? Bane, il mostro venuto fuori dalle fogne per dominare Gotham City nel terrore, sconfitto e infine tornato a rifugiarsi nel suo ambiente naturale. Bane, la bestia ferita tornata a morire lì, nel buio della propria sudicia tana.

Il pensiero ti trafigge da parte a parte, facendoti scricchiolare le ossa.

Cosa. Cazzo. Devo. Fare.

Okay. – soffi via l'aria.

Il cuore non ha smesso di martellarti nella cassa toracica, pompando altro sangue alla testa.

Okay... – ripeti – Okay. –

Sei un ex detective, sei addestrato per essere in grado di pensare razionalmente in ogni situazione. Anche in questa, sì.

Che opzioni hai? Le elenchi in bella mostra nella tua testa.

Chiamare la polizia perché se lo vengano a prendere e restare qui a scongiurare una sua eventuale fuga fino a che non arrivano, come hai fatto per gli altri mercenari che hai scovato. Ucciderlo, qui e subito, e andartene via senza voltarti indietro. Lasciarlo a morire.

Dammi un buon motivo per cui non dovrei ammazzarti. –

Ti risponde il silenzio. Il silenzio di quella fogna, tutto sgocciolii e ululati. E non avrai altra risposta. Ma il solo fatto di pronunciare ad alta voce quell'intenzione – quella succulenta, allettante intenzione – è sufficiente a ridimensionarla. Il tremore torna prepotente e il tuo pollice si muove da solo sulla pistola, veloce, inserisce la sicura.

Click. Un suono nuovo tra quelle mura.

Non è pietà. Non è nemmeno codardia. Non lo sai cos'è che te l'ha fatto fare, è difficile anche per te metterlo a fuoco, ma somiglia tanto alla frustrazione che ancora ti attanaglia i visceri. Somiglia ad un vaso mai terminato, ad una casa diroccata, ad un albero spezzato solo a metà. È un'eco lontana, troppo lontana, che non sei ancora pronto ad affrontare. E l'unica cosa che ti viene in mente è di temporeggiare.

Temporeggia, John. Quell'eco, in un modo o nell'altro, si risolverà. Può spegnersi da sola, oppure qualcuno può decidere che è il momento di prestarvi ascolto. Ma non è che deve risolversi adesso, sai?

E allora temporeggia.

So che me ne pentirò. – borbotti tra te nel momento stesso in cui lo pensi.

E metti in atto quel folle proposito prima che il buonsenso ti faccia cambiare idea.


~


Scena II


Cristo, ma quanto pesi?! –

Non che imprecare ti aiuti in qualche modo a trascinare quella quintalata di muscoli, eh. Appunto mentale: la prossima volta che vai a caccia di supercriminali nelle fogne di Gotham, ricordarti di parcheggiare vicino.

Ancora poco. I muscoli bruciano di acido lattico. Ancora solo qualche metro e...

E forse imprecare non serve a un cazzo, ma quando inciampi trascinandoti addosso tutto il peso di Bane, ti viene più che spontaneo tirare giù i santi dal Paradiso.

Con un grugnito spingi via l'uomo e ti lasci andare a terra, senza fiato. Che spettacolo pietoso che siete.

Wayne la faceva sembrare più facile... – mormori alla Luna, pallida e silenziosa, che illumina la strada.

Il sibilo accanto s'interrompe, gratta, si trasforma in uno stridio metallico. Bane sta ridendo.

E tu non sai come ma sei già balzato in piedi, la pistola in pugno puntata contro di lui, che si contorce ai tuoi piedi.

Tu... – sputi tra i denti.

E non aggiungi altro, contrai la mascella a rimangiare ogni sorta di maledizione, mentre la sua risata metallica riempie la strada, spezzata da colpi di tosse.

In piedi. – gli ordini con un movimento secco della canna – Cammina. –

Un braccio piegato contro il ventre, il gigante si fa leva con una mano per alzare il busto. È assurdo e patetico, stai perdendo la pazienza.

La vita è solo un'ombra... che cammina. – altro colpo di tosse – Un povero attorello sussiegoso che si dimena... sopra un palcoscenico, per il tempo assegnato alla sua parte... – i suoi piedi slittano inutilmente sul selciato e lui ride di nuovo e tu sospiri via l'ultimo brandello di pazienza – E poi di lui nessuno udrà più nulla. –

Bene, bravo. – sfili dalla cintura il grimaldello elettrico e premi il tasto on, gli giri attorno – Ti risparmio il bis. –

Una sola scossa, potenza media. Il tonfo di Bane che ricade a terra esanime e il conseguente ritorno del silenzio.

Oh, Dio. – sospiri reclinando la testa all'indietro – Sarà una lunga notte. –


~


Scena III


Fattene una ragione: non guarirà miracolosamente da sé solo perché l'hai portato nell'infermeria della Batcave. Quindi ti conviene smetterla di fissarlo e iniziare a fare qualcosa, non credi?

All'accademia vi hanno fatto studiare anche primo soccorso e tu hai preso il massimo dei voti al test, ti ricordi? Non è ferito gravemente: se così fosse, sarebbe morto nelle fogne prima che lo trovassi. Insomma, qualsiasi cosa abbia, la puoi anche gestire da solo.

Inizia dalle cose palesi. Tipo il braccio. Osi avvicinarti e tastare tutto l'arto: non c'è sangue, le ossa sembrano integre. Ma è gonfio e immobile. Quando tenti di muoverlo, dalla maschera di Bane esce un sordo suono di protesta e tu scatti indietro.

È lussato. ti dici. Proprio com'era successo a te anni fa, durante una rissa. Cristo, che dolore! Quello ce l'hai ben presente, come anche il tutore che hai dovuto portare per due settimane che palle! ma proprio non riesci a ricordare come ti hanno sistemato il braccio. Ora che ci pensi, qualche tempo fa è successo anche ad uno di ragazzi: durante una partita al Saint Swithin ti sei girato due secondi e Jason Todd ha fatto in tempo a lussarsi una spalla. L'hai accompagnato al pronto soccorso e l'hai tenuto fermo mentre il medico lo riaggiustava. Te le ricorderai per sempre le sue urla, ti hanno fatto venire l'emicrania. Dopo gli hai preso un gelato. No, non credi che sarà altrettanto facile con Bane.

Respiri a fondo, cerchi di riportare alla memoria il modo in cui il medico ha riallocato la spalla di Jason. Non sembrava così difficile, no? Praticamente ha solo afferrato saldamente il braccio e ha tirato verso l'esterno, esattamente con questa angolatura e...

Clang

Ok, almeno Bane non ha urlato. Ha solo scardinato la testiera della branda per afferrarti alla gola e trascinarti sul pavimento e adesso sta tentando di strangolarti.

Riconosci che non è stato un buon risveglio, ma in questo momento non sei nelle corde giuste per provare empatia nei suoi confronti. Senti il tuo stesso battito cardiaco che pompa furioso sotto la pressione della sua mano. Ti ci aggrappi, la graffi, scalci, tiri pugni a caso. È inutile. Cazzo, dubiti che quella specie di carro armato umano senta un qualsiasi tipo di dolore, ormai. Ha gli occhi iniettati di sangue fissi nei tuoi e cola sudore su di te, il sibilo metallico è ormai diventato un raspare veloce e agghiacciante attraverso la museruola.

Annaspi. Preghi divinità indistinte. La sua stretta sulla tua carotide è d'acciaio e tu inizi a sentire un ronzio sempre più prepotente che ti sciama in testa. Graffi il pavimento.

La tua mano incontra oggetti indefiniti. Ne afferri uno a caso un frammento della testiera e colpisci alla cieca. Colpisci con tutta la tua forza e Bane guaisce e allenta appena la presa. Inghiotti una sorsata d'aria che ti ferisce la gola. Colpisci ancora lo stesso punto... due, tre volte. Con un rantolo doloroso Bane cede di lato e infine crolla. Naturalmente addosso a te. È la seconda volta e il suo peso non è esattamente piacevole.

Riesci comunque a scostarlo e ti trascini fino alla parete, ti ci appoggi ansante. Ogni respiro è un stilettata e la testa continua a girare.

Quando lo vedi muoversi ancora, tentando di rialzarsi, non ci pensi due volte. Getti via l'arma improvvisata e afferri la siringa di morfina che avevi preparato per sedarlo prima di andartene di lì. Senza tante cerimonie gliela pianti nella spalla, somministrandogli tutto il farmaco.

Bane si muove, rantola ancora un po', ma quando cerca di sollevarsi ricade inerte a terra. Guardi costernato la siringa vuota e poi guardi ancora Bane. Cristo, magari era una dose letale.


~


Scena IV


Non era una dose letale. Non per lui, almeno. Il bestione respirava ancora e ha continuato a respirare per tutto il tempo che sei rimasto lì.

Con non poche difficoltà sei riusco a rimetterlo sulla branda e sei sicuro di averci guadagnato almeno un paio di ernie 'fanculo. Hai finito di controllare il suo stato, senza poter fare molto altro per quella sera avevi già dato abbastanza, grazie e poi ti sei trascinato fino al tuo appartamento.

Adesso infili le chiavi nella toppa e le giri la serratura. Dopo il silenzio delle strade immerse nel sonno, quel rumore di ferro ti esplode nel cranio e ti rendi conto di avere mal di testa. Entri e ti chiudi la porta alle spalle, accendi la luce.

Merda! ti schermi gli occhi con una mano e la spegni immediatamente.

Abbandoni le chiavi sulla console e ti sfili il giubbotto sentendo tutta l'adrenalina crollare all'improvviso, lasciandoti solo un sacco di stanchezza addosso. Il divano è a un passo e ti ci getti a peso morto.

Vuoi dormire. Vuoi solo dormire per il resto della tua vita.

Ma devi alzarti e mangiare qualcosa e devi farlo adesso. Adesso, John.

Così ti fai violenza per alzarti da lì e andare a controllare cos'è rimasto nel frigo. È semivuoto. E quel poco che c'è non ha un'aria esattamente commestibile. Splendido. Devi accettare al più presto quel lavoro che ti ha offerto la signora Carlyle, rifletti mentre apri l'ultima confezione di noodles e la infili nel forno a microonde.

Fissi con sguardo assente la ciotola che gira lenta su sé stessa e ti chiedi cosa mangerà Bane. Gli hai lasciato delle barrette proteiche, le mangerà? E come? Come fa a mangiare con quella roba in faccia? Magari non può mangiare solidi, magari non ha i denti o che che cazzo ne sai, magari può solo nutrirsi di pappette come i neonati... magari morirà di fame e stenti su quella branda perché sono giorni che non mangia e di sicuro quella dose di anestetico che gli hai dato non gli ha fatto bene... magari...

Plim

Ti viene un colpo. È solo il forno a microonde che ti avverte che i noodles sono pronti, John.

Recuperi le bacchette e stappi una birra e te ne torni in soggiorno. Accendi la tv solo per cercare di spegnerti il cervello.

Pubblicità. Football. Altra pubblicità. Soffi sul boccone di noodles e continui a cambiare canale. C'è il David Letterman Show, ma non hai voglia di ridere. C'è Jersey Shore, ma non hai voglia di piangere. Altra pubblicità. Telegiornale. Ancora pubblicità.

Torni indietro, al telegiornale. Gotham festeggia il centocinquantesimo anniversario della sua fondazione, bandierine rosse e bianche e blu ovunque, cortei con majorette e la banda municiapale e corpi di polizia con la divisa buona.

Tu mandi più un boccone insapore e togli il sonoro, zittisci la voce entusiasta del cronista, il rombo della folla, il concerto della banda. Tanto non c'è modo di spegnerti il cervello, ormai.

Hai rapito un uomo, John Blake. L'hai rinchiuso in una cella in fondo ad una grotta, sedato e immobilizzato, prigioniero in un luogo sconosciuto a tutti eccetto te. Se per qualche sfigatissima ragione tu morissi ora, nessuno saprebbe che Bane è lì e con ogni probabilità sarebbe condannato ad una lenta e patetica morte. Che non saranno quelle quattro barrette energetiche a farlo sopravvivere.

Hai voglia ad atteggiarti a vendicatore della notte, a scimmiottare il tuo idolo. Wayne era un riccone anarchico e tu non hai neppure l'omicidio dei tuoi genitori a fare da motore propulsivo per il tuo bisogno di giustizia.

La tua rabbia, John, è sempre stata sorda e strisciante. Te la tieni stretta nei pugni contratti e sorridi a chi ti chiede come stai. Padre Reilly è il solo che forse col tempo ha imparato a vedere cosa c'è dietro le tue sottili maschere, ma ha anche imparato che non può andarvi oltre.

È in qualche modo peggio della maschera nera di Batman. Wayne tornava a casa e poteva togliersela, poteva tornare Bruce Wayne e riconoscersi allo specchio. Tu non hai modo di toglierti il sorriso dalla faccia e vedere chi sei realmente. Te ne sei dimenticato. John Blake è sepolto sotto questo bel personaggio che ti sei costruito negli anni, fatto di lealtà e gratitudine, di pistola con la sicura e distintivo lucido.

Hai avuto la forza di portarlo avanti per trent'anni. E sono tanti trent'anni. Gettare tutto nel cesso perché il tuo eroe di sempre è morto ingiustamente e pensare di potertela cavare egregiamente è stato davvero presuntuoso da parte tua, non ti pare? Eh sì, adesso te ne rendi conto.

È il motivo per cui sei solo e non riesci ad ammettere che ti senti solo, perché è passato il tempo in cui ti faceva comodo. È il motivo per cui il venerdì sera vai a caccia di terroristi e hai rapito il ricercato numero uno della nazione invece che consegnarlo alle autorità.

È il motivo per cui, invece di finire la tua birra e andartene a dormire come meriterebbe una persona onesta, te ne stai lì a pensare a quanto durerà il sedativo, se si sveglierà, se le costole fratturate gli faranno male, se il braccio gliel'hai rimesso davvero a posto o hai fatto solo ulteriori danni, se avrà fame, se avrà sete, se avrà freddo. Se non ti sei bevuto il cervello a preoccuparti per un fottuto terrorista assassino.

Se non avresti fatto meglio ad ammazzarlo subito e lasciarlo a decomporsi nelle fogne come meritava. Se non avresti fatto meglio a prenderti un gatto su cui frustrare il tuo affetto represso, come volevi fare da ragazzino, quando fantasticavi della tua vita fuori dall'orfanotrofio.

Se, se, se...

Finisci la birra, getta nella spazzatura i noodles raffreddati e vattene a dormire, John Blake. Ma prima lavati i denti, da bravo. Senza guardarti allo specchio, però.

   
 
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