Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: Aria_Chantal    01/03/2013    1 recensioni
Alyssa Evans, una ragazza di 16 anni, si è appena trasferita con la sua famiglia in Inghilterra, il luogo in cui erano nate sia lei che la mamma. Dopo essere riuscita ad entrare a scuola scopre che la sua classe è composta per la maggior parte dai ragazzi, il suo incubo da quando era bambina nonostante avesse un fratello. Infatti fin d'allora aveva frequentato solo istituti femminili, dove tutte la lasciavano in disparte per il suo colore di capelli. Le uniche ragazze della classe diventano subito sue amiche, dato che viene costretta a stare con loro. Riuscirà Alyssa a superare la sua fobia per i ragazzi? (Sembra tanto una di quelle domande che fanno alla fine di Dragonball.) Spero di si (?)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Giorno 1.

Pioveva. Il vento soffiava come non mai, la finestra tremava ed entravano degli spifferi da ogni dove. Io ero seduta sulla mia sedia rossa, davanti alla scrivania del computer e scrivevo cose ormai senza senso per il mio cervello. Copia-incolla, copia-incolla. Copiavo e incollavo come se non ci fosse un domani. Le 2 del mattino. Fame. Brontolio dello stomaco.
Faceva troppo freddo per alzarsi dalla sedia ed andare a prendere qualcosa. Brontolio.
Tolsi le mani dalla tastiera e con l’alito cercai di riscaldarle. Misi bene la copertina sulle mie spalle e continuai a scrivere. Un lampo. Vidi un qualcosa di nero con un becco venire veloce verso di me. Splat. Era un corvo e si era spiaccicato sopra la mia finestra, sporcandola di sangue.
Sbuffai e continuai a scrivere, come se quella fosse la cosa più normale al mondo.

Le 4 del mattino. Lo stomaco ormai non aveva neanche più le forze di brontolare. Sentivo solo il dolore alla pancia, ma non potevo concentrarmi su quello, dovevo finire di scrivere.
Non ero neanche più stanca da quanto ero stanca. Un po’ contradditorio, ma era quella la sensazione che provavo. Sentii una porta aprirsi, la voce impastata di papà, che si era alzato per andare a lavoro e mamma dire “buona giornata, tesoro.” Sorrisi. Lo chiamava ancora tesoro, nonostante il giorno prima avessero litigato brutalmente, quasi mettendomi in mezzo. Continuai imperterrita a scrivere, anche se le mie dita, ormai due ghiaccioli, non volessero più continuare. I miei occhi erano a metà. Stavo per cedere. Scrollai la testa, mi strofinai gli occhi e capii quanto fossero ghiacciate le mie mani e continuai a scrivere. Ancora.
La porta della mia camera si aprì lentamente. Papà mi chiese a che punto ero, io gli risposi con un mugolio strano e lui se ne andò a lavoro. Mi aveva capita sicuramente, dato che ci era passato anche lui.

6 del mattino. Fuori aveva smesso di piovere e si intravedeva un filo di luce. Rividi quella macchia gigante di sangue e pensai scocciata che dovevo pulirlo. Il sole stava cominciando a sorgere ed io avevo quasi finito di scrivere. Riguardai il cielo e alcune nuvole nere si stavano riavvicinando al sole. Qualche minuto dopo aveva rincominciato a piovere violentemente. I passi di mio fratello si avvicinarono di fretta alla mia camera. Sentivo il suo respiro affannato da dietro la porta. Che cavolo aveva fatto non si sapeva, però sussurrai un “avanti” lo stesso. Mio fratello entrò in camera e mi guardò con compassione, poi mi chiese di non dire niente a mamma del suo ritorno a quell’ora del mattino e uscì. Aveva 18 anni, perché diavolo doveva nascondersi da mamma? Con questa domanda continuai a scrivere per un po’, poi realizzai la paura che faceva mamma quando si arrabbiava. Ridacchiai mezzo in me e mezzo no.

Le 7. Ero arrivata alle ultime righe da scrivere, poi il buio. Si vedeva solo la luce di fuori. Mi bloccai davanti a quello schermo nero e senza accorgermene cominciai a piangere. Un pianto di rabbia. Sentii la mamma avvicinarsi alla camera, la porta si socchiuse e si sentì una fievole voce chiedere scusa. Aveva staccato la corrente. Mi alzai dalla sedia e urlai. Mi accasciai a terra e chiusi gli occhi, in cerca di un abbraccio da parte della moquette viola sotto di me. Non trovando conforto mi alzai ed andai a coricarmi. Imprecai sottovoce più e più volte e mi addormentai con il desiderio di vendetta.

Giorno 2.

Pioveva. Ancora.
Erano le 23:30 ed ero da più di 5 ore sul computer. Si, stavo riscrivendo tutto. Quella volta mi ero munita di cibo, infatti avevo di fianco a me 3 pacchi di merendine e due di succhi alla frutta di ogni genere. Sapevo che sarebbe stata una nottata lunga.

Mezzanotte. Il vento si era alzato e mi sembrava di essere in una battaglia di Harry Potter, solo che non stavo volando, ma stavo schiacciando tanto sulla tastiera, tutta presa dalle informazioni riposte dentro la mia mente, che si sprigionavano, facendomi diventare pazza.
Ero tipo un pianista, di quelli che sbattono sul piano le dita, facendo espressioni strane e scattando in piedi per far vedere la loro bellissima figura che suona quella dolce melodia. Mi bloccai e risi a quel pensiero: stavo veramente diventando pazza. Presi una merendina, l’aprii e cominciai a mangiare. Finita la merendina bevvi un succo e continuai a scrivere, più carica di prima.
In sottofondo misi anche la canzoncina di Harry Potter, dato che mi stavo annoiando a sentire il vento.

Il computer segnò le 3 del mattino. Era la 25esima volta che rimettevo quella canzoncina, non sapevo che altro mettere. Ero assonnata e con tutte le merendine che avevo mangiato avevo anche il mal di pancia.
Mi insultai pesantemente 4 volte, poi cominciai con i copia-incolla, stufa di dover scrivere.
Sbadigliai e il vento si fermò. Sorrisi, sfoggiando la mia abilità nel fermare i venti (?) e continuai a scrivere, stranamente felice.

6:30. Misi l’ultimo punto e sorrisi. Misi la mano sul mouse, spostai la freccetta sulla X e apparve il “Salvare le modifiche? Si – No – Annulla.” Andai tutta convinta sul no e cliccai. Mi bloccai e cominciai a piangere. Mi alzai e urlai “NOOO!”, poi mi accasciai a terra e piansi per mezz’oretta buona. Mi alzai e mi coricai nel mio lettino azzurro, imprecando più e più volte, desiderando la morte o di non essere mai nata. Mi addormentai in un sonno pieno di incubi.

Giorno 3.

Niente più merendine quel giorno. Solo frutta e una bottiglia da un litro di acqua.
Passai la nottata a scrivere, quella volta con l’intento di fare tutto bene e soprattutto di salvare.
Alle 7 del mattino finii di scrivere, salvai, feci un paio di copie e spensi tutto.
Andai a dormire, soddisfatta del mio lavoro, nonostante avessi un brutto presentimento.

15:30, accesi il computer. “C’è stato un errore nel server e tutti i dati sono stati cancellati.”
Mi bloccai davanti a quella scritta bianca con lo sfondo blu.
Urlai. Di nuovo.

Giorno 8.

Fuori splendeva il sole, mi sentivo benissimo. Il giorno prima avevo finito tutto senza alcun problema.
Mi lavai, mi vestii ed andai a scuola.
Uscii dall’edificio un’ora dopo, con un sorriso gigante stampato in faccia. Gli esami per la nuova scuola erano stati fatti ed ero andata benissimo. Esultai con un “Ce l’ho fatta!!” e corsi a casa.
Alyssa Evans, 16 anni, alta 1.70, capelli rossi naturali, occhi verdi e piena zeppa di lentiggini, aveva superato l’esame per entrare nella scuola della città in cui si era appena trasferita.
Mamma cominciò ad urlare di felicità, mio padre, mezzo addormentato, non capì cosa stesse succedendo e mio fratello mi diede le congratulazioni stringendomi la mano e piangendo come una fontana.
A “Perché diavolo piangi?”
Ray alzò lo sguardo, si avvicinò a me e mi sussurrò all’orecchio che non potevo più dire di averlo visto rientrare a mezzanotte. Sussurrai “idiota..”, poi corsi nella mia camera e guardai il computer riducendo gli occhi a due sbarre. Nella mia mente viaggiavano mille modi per vendicarsi di Mr. Computer, ma mi diressi verso la libreria e presi un libro a caso. Mi sedetti sul letto e cominciai a leggere.

Una settimana dopo ~

Mi svegliai e mi buttai giù dal letto. Mamma mi chiese cos’era stato quel tonfo ed io andai senza voglia in bagno. Mi lavai, mi preparai ed andai a scuola.
Autunno.
Le foglie degli alberi cadevano dolcemente nel viale che portava a scuola. Qualcosa di meraviglioso, che mi rilassava, facendomi sognare ad occhi aperti e soprattutto senza farmi vedere dove andavo.
Tump. Sbattei su una ragazzina dai capelli biondi raccolti in due codette.
Mi scusai e lei rimase imbambolata nel vedermi. Sussurrò qualcosa come “costellazioni..”, poi corse via.
Entrai a scuola e chiesi ad un’insegnante di dirmi dov’era la mia classe.
Salii le scale e mi fermai davanti alla 3°-C. Entrai un po’ titubante e alcuni ragazzi si girarono verso di me. La maggior parte della classe era composta da maschi. Quattro ragazze (le uniche) si avvicinarono e mi presero da parte.
Si presentarono di fretta: Bella, Chloe e Dalia.
Bella aveva capelli castani, lisci , lunghi fino alle spalle e dei grandi occhi azzurri; Chloe aveva i capelli biondi a caschetto e gli occhi castani e Dalia aveva i capelli neri ricci, sempre corti e gli occhi grigi.
B “Noi siamo le uniche ragazze in quella classe. Anche se non ci conosciamo.. restiamo unite!”
Un po’ impaurita accettai, così mi riportarono in classe.
Ci sedemmo. Io alla penultima fila, vicino alla finestra, poi entrò la professoressa. Una ragazza sui 30 anni, dai capelli biondi legati in una coda e le tette enormi.
Alzai la mano.
Prof. “Si.. Evans?”
A “Come fa ad avere le tette così grandi?”
Prof “Ma che domande sono? Anche tu le hai grandi.”
Finite le lezioni tornai a casa saltellando. Incontrai un tizio, che mi chiese dov’era la strada principale.
A “Eheh, mi dispiace, non lo so, mi sono appena trasferita..”
Tizio “Il mio problema è che vivo da queste parti da quando avevo 1 anno.. e mi perdo ancora..”
Se ne andò via borbottando qualcosa.
Entrai in casa e mi fiondai in camera. Mi cambiai e cominciai a leggere.

Le 18:10. Finito il libro. Mi alzai, battei le mani sulla gonna per metterla apposto, passai il braccio davanti agli occhi e scesi a mangiare.
I capelli rossi di mio fratello in cucina attirarono la mia curiosità.
Mi avvicinai furtivamente e cercai di vedere che faceva. La mia domanda lo fece sobbalzare e girare. “Ti stai drogando?”
R “Non sto facendo nulla del genere.”
A “Che fai?”
Nascose le mani dietro alla schiena, dicendomi di andarmene.
A “Sei cattivo.”
Risalii su ed andai nella stanza dei giochi. Mi avvicinai al piano e mi sedetti sullo sgabello.
Toccai un tasto e trattenni il fiato, spaventata. Toccai quello affianco e sorrisi, sempre tesa. Avevo promesso che se riuscivo a superare bene il primo giorno di scuola avrei ricominciato a suonare. Feci un profondo respiro e cominciai a toccare velocemente i tasti, in modo da formare una melodia piacevole.
Presi un altro profondo respiro e cominciai ad intonare la canzone collegata alla melodia. Sentii la porta schiudersi e mi fermai. Un leggero applauso. Mamma. Mi girai. I suoi lunghi capelli rossi erano legati in una coda con un fiocco blu gigante. Mi sorrise e i suoi occhi celesti si illuminarono.
Mamma “Sei bravissima, come sempre.”
A “Ehe, grazie..”
Uscì dalla stanza saltellando. Era felice. Sorrisi.

Il giorno dopo ~

Come arrivai a scuola dei ragazzi più grandi mi accerchiarono e cominciarono a prendermi in giro per i miei capelli rossi. Sbuffai. A me piacevano, mi ricordavano i Weasley, quindi ne andavo fiera, ma a quanto pareva molta gente non li gradiva.
A “Ma che vi frega di come ho i capelli?”
Un ragazzo più robusto degli altri tuonò “CI STAI FORSE SFIDANDO?”
La mia risposta fu veloce e secca. “No. Levatevi dai piedi.”
Il ragazzo cominciò a diventare rosso in viso, le vene gli si pomparono (AHAHAHA) e sferrò un pungo, che però schivai, gli andai dietro la schiena, mi appoggiai a lui (con la schiena), lo presi dalle braccia e lo sbattei (eheh) a terra.
Gli altri si avvicinarono e cercarono di colpirmi, ma presi tutti a pugni in faccia, fin quando non vennero a fermarmi. Avevo qualche ferita in faccia, così una ragazza mi mise dei cerotti, poi un professore mi prese e mi portò in sala insegnanti.
Prof. “Anche lei è stata coinvolta in una rissa.”
Il preside mi guardò accigliato, poi chiese se era la stessa del ragazzo seduto davanti a lui. Il professore negò e mi lasciò.
A “Che ingiustizia, mi stavo solo difendendo.”
Il preside sorrise e mi invitò a sedermi sulla sedia davanti alla sua scrivania, di fianco a quel tizio. Mi sedetti.
A “Vuole fare conversazione?”
Lui annuì, sorridendo un’altra volta.
Preside “Tu sei.. Evans.. Alyssa, giusto?”
Annuii.
Preside “Tua madre ha fatto un bel lavoro.. è da molto che non la vedo, potresti salutarla da parte mia?”
A “Conosce mia mamma?”
Preside “Ero il suo professore alle superiori. Era uguale a te, solo che era timida e non pestava chi la importunava.”
A “Quello l’ho preso da mio padre.”
Cominciammo a chiacchierare come se ci conoscessimo da una vita e fossimo buoni amici.
Il ragazzo di fianco a me cominciò a dormire e la campanella suonò, ma noi continuavamo.
Alla ricreazione si alzò in piedi, mi strinse la mano ricordandomi che dovevo salutare mia mamma e ci lasciò andare.
Mi accorsi che quello era il ragazzo che si era perso il giorno prima, ma me ne fregai ed andai in classe.
Da stolta capii solo in quel momento che eravamo anche nella stessa classe.
Bella mi fermò e mi chiese cosa dovevo fare quel pomeriggio e se poteva venire a casa mia insieme alle altre. Accettai.
Così rientrai a casa con loro.
A “Màà! Sono a casaaa! Ci sono anche delle amiche!”
Mamma “Amiche? Davvero? Vi preparo della cioccolata!”
Salimmo in camera mia e le feci accomodare su delle sedie. Chiesi che volevano fare, si alzarono e cominciarono a frugare.
D “Hai un sacco di libri! Me ne presti?”
A “Scegli quello che vuoi.”
B “Che strumento scegli per le lezioni di musica?”
A “Perché?”
B “Così siamo in classe insieme.”
A “Sei una stalker?”
Sorrise e negò, poi tornò a frugare tra le mie cose.
A “Tastiera.”
D “Io chitarra.”
B/C “Anche io.”
A “Immaginavo..”

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Aria_Chantal