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Autore: Anle    16/09/2007    7 recensioni
« Shikamaru? ».
« Mmh ».
« Dovresti smettere di fumare ».
Lui gli rivolse uno sguardo confuso. « È per Ino? ». La questione era maledettamente assurda.
Strinse i pugni sotto al tavolo. « Davvero, smettila e basta ».
[Shikamaru/Ino]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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EFP

 

Alla mia Gemella Cattiva, Suzako.

Ti dovevo una cartolina e, be’, ecco, prendilo come un risarcimento. XD

 

 

 

Avvertenze!

 

La fanFic presenta spoiler, una travolgente ShikaIno e, appena avete cliccato, avete firmato la vostra condanna di almeno cinque pagine di storia.

Fate voi.

 

Checkmate

 

[Ino => Shikamaru]

 

 

 

 

« Uno Yakitori ».

 

« Per me un Tonkatsu ».

 

« Io non ho fame ».

Tamburellò le dita sul tavolo, guardando con fare annoiato le venature del legno. Il braccio sinistro reggeva la testa, assieme ad un broncio disegnato tra le sue labbra ricurve.

Shikamaru alzò un sopracciglio. « Cos’hai? ».

« Niente. Non ho voglia di mangiare ». Il proprio stomaco brontolò risentito. Lei arrossì, toccandosi la pancia.

« Non si direbbe ».

« Fatti gli affari tuoi » ribatté, continuando ad ignorare la fame.

Lui sbuffò, incrociando le braccia. Che seccatura.

« Lasciala perdere, Shikamaru » si frappose Choji, cercando di evitare l’ennesima lite.

Ultimamente, c’era sempre una certa tensione durante l’ora di pranzo, e lui non voleva correre il rischio di rovinarsi l’appetito. Proprio no.

Si mise le braccia dietro la testa, brontolando un: ‘Sei la solita ragazzina’.

Ino allora si alzò in piedi, sbattendo una mano sul tavolo: i bicchieri sobbalzarono e le salse piroettarono lungo tutta la tovaglia.

« La tua presunzione è aumentata notevolmente, da quando indossi quella divisa ridicola » scattò lei, socchiudendo le palpebre.

Shikamaru ignorò il suo commento, sbadigliando. Eppure, Choji aveva riposto tutte le sue papille gustative in quei condimenti. Accidenti.

Lei digrignò i denti, offesa. « Non ti sopporto! ».

Lo stridere di una sedia accompagnò i passi frenetici della kunoichi, mentre gran parte della gente si era voltata verso di loro.

« Bel lavoro » commentò l’amico.

Shikamaru si stropicciò gli occhi assonnati. « Le passerà, vedrai ».

« Già, come tutte le volte del resto ».

Le ordinazioni vennero portate poco dopo dall’inserviente di prima: Choji fu il primo a staccare le proprie bacchette e farsi sotto.

L’odore della carne era davvero invitante, ma lui non la toccò nemmeno. Gli si era chiuso lo stomaco, inspiegabilmente.

« Che c’è, non la mangi? » chiese a bocca piena.

« Mpf. Che stupida » borbottò lui, di rimando.

Choji ingollò il proprio pranzo in altri tre bocconi. « Ma non eri tu a dire che ‘non c’era da preoccuparsi’? » disse, mimando il suo fare annoiato.

Shikamaru guardò il proprio piatto e lo scansò verso il compagno.

« Mangia, così tieni la bocca occupata ».

Il volto di lui s’imbronciò quasi subito. « Lo sai? Ino ha ragione: quel giacchetto ti sta male ».

Posò poi bruscamente le posate nel proprio piatto e fece per andare, lasciando alcuni spicci sul tavolo.

Sbuffò, pensando che oggi non era giornata. Prese una sigaretta dal taschino, ed accesala, inspirò profondamente. Alcune nuvolette di fumo circondarono la sua figura, mentre la cenere cominciava a farsi strada tra la cartuccia.

« Mi scusi » lo richiamò una voce alle sue spalle. Shikamaru si voltò, senza granché attrattiva.

Un cameriere dall’aria impettita lo guardava indispettito.

« Qui non si può fumare » disse, adocchiando contrariato la sigaretta, come se fosse un criminale in persona, e successivamente indicando un cartello nuovo di zecca alle sue spalle.

Che noia. Shikamaru alzò le mani in segno di resa e spense la sigaretta su un posacenere che aveva passato tempi migliori.

« Grazie » lo salutò così l’inserviente, ricordando nella voce più seccatura, che gratitudine.

Appoggiò la schiena alla sedia, osservando il cielo troppo limpido fuori dalla finestra.

Decisamente, oggi non era proprio giornata.

 

 

***

 

« Be’, allora? ».

Shikamaru alzò un sopracciglio. « Allora, cosa? ».

Lei incrociò le braccia, impaziente. « Datti una mossa, insomma! ».

Lui sbadigliò. « Guarda che sei tu ad essere rimasta indietro » disse, indicando le pedine di fronte a sé.

Ino squadrò la scacchiera con fare assorto.

« Hai barato » sentenziò subito dopo, rivolgendogli uno sguardo scettico.

« Non sai perdere » ribatté, portando alla luce il nocciolo amaro.

Shikamaru si stiracchiò. « Quella pedina non era lì, ci scommetto! » ringhiò lei, in risposta.

« E neanche giocare, vedo » la punzecchiò, scrutando l’alfiere che additava, « Quello non è tuo. Tu sei i neri, Ino; io, i bianchi ».

Lei fece per riaprire bocca, ma notando l’errore ritirò l’ascia di guerra. Doveva farsi dare delle lezioni da Asuma: era davvero una frana nei giochi di logica. Sospirò rassegnata.

« Con te non c’è gusto a giocare » si lamentò lui, « Temari almeno non si lascia battere così facilmente ».

Lo disse senza pensare. Brutt’affare.

« Sai che ti dico? Gioca con Codini Improbabili, allora ». Ahia.  Attimi di panico.

Ma…

Non sbraitò. Non urlò. Non fece scenate. Semplicemente, alzò i tacchi e lasciò Shikamaru a rimuginare su quanto le donne fossero davvero strane, a volte. Ma, molto probabilmente, era lui a non capire.

Gran bello scaccomatto, Ragazzo Svogliato.

 

 

***

 

 

Il cibo fumava nelle ciotole calde: l’aria, ora, era satura di odori speziati e pungenti. Gli occhi di ogni commensale erano colmi di commozione nell’assaggiare qualcosa di caldo e diverso dai soliti pranzi al sacco.

C’era un silenzio davvero irre-

Uno stomaco brontolò prepotentemente. Ino tamburellava le dita sul tavolo, sbuffando.

« Choji, stiamo qui solo da cinque minuti e già ti lamenti » fece esasperata, senza avere davvero gran voglia di sgridarlo.

« Sono stufo di aspettare. Shikamaru è sempre in ritardo » si difese lui, cercando di sviare il senso opprimente di fame.

Come se non lo sapesse: mai una volta che arrivasse in orario, quello stupido. Sospirò.

Le missioni occupavano gran parte del suo tempo e era sempre più difficile vederlo in giro. Se poi ci si metteva anche una certa kunoichi…

« Ma perché diavolo tarda? » sbraitò d’improvviso, alzandosi bruscamente.

Choji sussultò. Proprio non capiva perché se la prendesse tanto. O meglio, l’aveva già intuito da tempo, ma non gli andava d’immischiarsi in queste faccende. Decisamente, preferiva evitare.

Il fumo dalla propria ciotola tornò a catturare nuovamente la sua attenzione.

« Mangiamo » disse d’un tratto, perentoria. L’amico l’osservò prendere la ciotola ed ingollare gli spaghetti con gesti rapidi di bacchette. Deglutì: non l’aveva mai vista divorare del cibo. Fece spallucce: comunque, pensò, di certo quella non era fame.

Lui seguì subito dopo il suo esempio, evitando di fare domande e di ricordarle che, fino a poco fa, era proprio lei a battersi per le buone maniere e la pazienza. E be’, se qualche volta si faceva ritardo non era poi un crimine, no?

La testa di Shikamaru fece capolino qualche secondo prima che Choji ordinasse una seconda porzione di carne. Peccato, aveva ancora un certo appetito.

Ino stava ormai a braccia conserte da più di dieci minuti, non notò quasi l’arrivo del chuunin.

« Finalmente, amico. Certo che ce ne hai messo di tempo… » fece Choji, un po’ imbronciato.

« Non è colpa mia » si difese lui, svogliatamente. « Quella donna è davvero terribile ». Ora sedeva di fianco al compagno, guardando intorno a sé con fare distratto.

Un sopracciglio di Ino prese una pericolosa curva all’insù. Con ‘donna’, molto probabilmente, Shikamaru si riferiva a Tsunade, anche se poi non ne era così sicura. C’era davvero da chiedersi con chi passasse più tempo…

« Non prendi nulla? » chiese inaspettatamente la ragazza, sentendo un sentore di fumo invadere con prepotenza l’aria.

Lui espirò alcune fastidiose nuvolette. « Ho già mangiato ». Il sopracciglio sinistro seguì l’esempio dell’altro.

« Ma davvero? ». Choji pensò che, dalla sua espressione, una fuga immediata sarebbe stata una prospettiva niente male.

« Sì » continuò a rispondere l’amico, mordicchiando un po’ la cartuccia, « me l’ha offerto Temari, il pranzo ».

Pazzo! Decisamente, non sapeva fino a che potesse arrivare la collera di Ino. L’Akimichi gli augurò mentalmente ‘buona fortuna’, ma che sapeva tanto di un ‘conoscerti, non è stato poi così male’.

Silenzio.

 

Spiragli di fumo.

 

Silenzio.

 

Piccoli cerchi regolari, grigiastri.

 

Un brontolio sofferto.

 

Silenzio.

 

Della cenere calda cade, morbidamente.

 

Delle dita si torcono con nervosismo.

 

E poi…

 

Finalmente, un battito di ciglia.

 

Cioè… Cosa?!

 

Si alzò, in maniera lenta, cadenzata. Forse, non era ancora finita. « Vado. Mia madre mi ha chiesto di darle una mano con il negozio ».

Un ultimo sbuffo, e non è altro che un mozzicone.

Uno sguardo che dire incredulo, no, non gli farebbe onore.

« Ci vediamo ». E sparì dietro la tendina viola della porta d’ingresso.

Choji guardava atono la propria ciotola, con una strana stretta allo stomaco. La fame?

« Shikamaru? ».

« Mmh ».

« Dovresti smettere di fumare ».

Lui gli rivolse uno sguardo confuso. « È per Ino? ». La questione era maledettamente assurda.

Strinse i pugni sotto al tavolo. « Davvero, smettila e basta ».

Chissà perché, aveva come l’impressione che non si stesse parlando di sigarette.

Spense il suo ultimo alito di vita, abbandonandola nel posacenere. « Choji? ».

L’amico gli rivolse lo sguardo. Magari, aveva capito.

« Tu non hai fame? ». Troppo bello perché fosse vero. Ma sorrise lo stesso.

« Un po’, sì ».

Dopo poco, altri due piatti troneggiavano fumanti sul bancone.

 

 

 

Stessa scena. Stesso orologio che segnava quei, dannatamente sempre gli stessi, minuti di ritardo.

Tre sedie, di cui una ovviamente vuota.

« Non verrà, vero? »,

« No, non più ». Lo sguardo di lei s’incupì. Ma perché diavolo non le mentiva? Una bugia sarebbe stata di gran lunga più rassicurante.

« Lo sai, com’è fatto » disse, cercando di sorridere. Evidentemente, non ci riuscì: Ino non accennava a risponderle.

Neanche i suoi sospiri si sentivano più. Lo fece lui per lei, spingendo in sua direzione una pacchetto di patatine.

Scosse la testa. « Mi rovinerei l’appetito ». Come se non lo fosse già da tempo.

La gamba accavallata riprese la sua posizione iniziale, rimanendo in piedi assieme all’altra.

« La linea » disse, prima che Choji replicasse in qualche modo. « Ieri ho mangiato un po’ troppo, non vorrei che la mia dieta ne risentisse ». Si mordicchiò le labbra, guardandolo incerta. Negli occhi, la verità non si nascondeva poi così bene. Lui l’aveva notato, questo.

Forse, Ino voleva essere fermata. Voleva avere la speranza di sbagliarsi. Di continuare a tentare.

Ma l’amico non poteva dargliela. No, di certo, lui non ne aveva il coraggio.

« Oh. Ok » ribatté, amaro. Poi, di lei, solo il passo in lontananza.

Quei pranzi, cominciavano a dargli la nausea. Assolutamente.

 

 

 

Tirava un vento caldo per la strada principale di Konoha. O magari era solo la stanchezza.

Un’altra missione come quella, e si sarebbe dato alla macchia. Poteva scommetterci quella pazza dell’Hokage.

Sbuffò. Temari, di fianco a lui, sembrava assolutamente a suo agio. Instancabile, come sempre.

« Ma non hai noia di tutto questo lavoro? » le chiese, mentre si massaggiava il collo dolorante.

L’espressione di lei s’imbronciò un poco. « Siamo ninja. È nostro compito, dopotutto ». In fondo, non era così difficile da capire.

Lui però non rispose. Non gli andava di scatenare l’ennesima discussione. Sia mai.

Camminando lungo la via, l’odore dei cibi pronti aleggiava invitante, nell’aria. Un chioschetto, proprio alla loro sinistra, attirò l’attenzione di Shikamaru.

Di spalle, due figure familiari sedevano al bancone. Sembravano parlare. E poi, d’improvviso, ridere.

Corrucciò la fronte: Ino ridacchiava assolutamente a suo agio. E in compagnia di Choji.

« Vogliamo fermarci a mangiare qualcosa? » chiese Temari, vedendolo particolarmente interessato ad uno stand lì vicino.

Un insolito fastidio gli colorò il volto. Arricciò il naso. « Ora ho da fare. Magari un’altra volta » fece sbrigativo.

« Va bene, allora » replicò confusa, mentre lui già le si allontanava.

Non capiva proprio perché facesse così, ogni volta che l’invitava a pranzo. Eppure, sarebbe stata disposta a pagare la propria parte, senza problemi. Fece spallucce, incamminandosi poi per il villaggio.

 

 

 

Con le bacchette, afferrò un pezzo di carne dal piatto di Choji. No, non era l’ultimo e, no, non protestò.

Almeno, sapeva che avrebbe messo qualcosa sotto i denti, quel giorno.

Era diventata ancora più magra, ultimamente. E all’Akimichi non andava giù per niente. Tutta colpa di quell’idiota.

Guardò Ino osservare quel boccone con svogliata sincerità. Lei Sembrò rabbuiarsi, quasi.

« Cos’ha lei più di me? » sussurrò piano d’un tratto, come se parlasse fra sé e sé.

Lui si rattristò. Era davvero penoso vederla in quello stato.

« È solo un pezzo di carne, Ino » le rispose senza preavviso, tanto da farla sussultare. « E tu sei tu, e lei è lei ». Parole già sentite, già dette. Ma così vere.

Di sicuro, ora, il manzo era entrato in secondo piano nel discorso. Eccome, se lo era.

Il volto di Choji aveva assunto un piglio severo. Come direbbe lui, sul cibo non si scherza. No, affatto, non stava giocando.

Le labbra di lei, allora, si curvarono, un po’ incredule. Poi, la sentì ridere.

Tutto si aspettava, fuorché di farla ridere a crepapelle. Be’, si disse, era pur sempre un risultato.

« Choji » fece, mentre si asciugava gli occhi per il riso, « grazie ».

Ma non gli lasciò il tempo di ribattere, perché la sua voce fu sommersa dalle grida di Ino.

« Uno Yakitori! ». Sì, ora andava decisamente meglio.

Da dietro, qualcuno particolarmente annoiato entrò, deciso ad ordinare più cose possibili: chissà che quel senso opprimente allo stomaco non fosse la fame.

 

 

 

C’era tensione nell’aria.

Gli sguardi di ognuno si scrutavano attenti. Entrambi studiavano i movimenti dell’avversario, attentamente.

Erano decisi a vincere, a dimostrare la loro supremazia sull’altro. Una battaglia all’ultimo sangue, insomma.

« Yaahwn ».

Shikamaru portò una mano avanti per coprire uno sbadiglio. Sì, be’, non proprio all’ultimo sangue, ecco.

Ino si asciugò una gocciolina, che le scivolava fastidiosamente giù sotto al mento. Ecco, c’era quasi.

Un movimento rapido. Fulmineo. L’ultimo. Proprio quello conclusivo.

Un sorriso compiaciuto le delineò le labbra.

« A-ha! » esclamò esultante, indicando la scacchiera.

Lui quasi cadde indietro, all’urlo di lei: ‘cidenti, si stava ben bene per appisolare!

Sbuffò. « Cosa? » chiese apatico, scrutandola di sbieco.

« Mpf. Guarda e impara » replicò, con una sfumatura di soddisfazione e sicurezza nella voce.

Shikamaru rivolse un’occhiata alle pedine: le pupille di lui si dilatarono. Non aveva davvero-?

« Scaccomatto, bello mio! » esultò lei, trionfante.

Lui la guardò saltare entusiasta, e gli sfuggì un sorriso. « Brava, ce l’hai fatta finalmente » la stuzzicò di rimando.

Lei, in tutta risposta, gli fece una sonora linguaccia. Ma Shikamaru non ribatté.

Anzi, non le disse mai che quella pedina fosse, in realtà, una regina. Dopotutto, aveva vinto lo stesso.

 

 

 

 

 

                                                                                                                                                         Fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

 

 

Avendo fatto un’indigestione di ShikaTema, ho deciso di dire la mia: come sempre, del resto.

È una fanFic senza grandi ambizioni, certo, ma non per questo non ci ho creduto.

Insomma, ogni scrittrice che si rispetti confida in ciò che scrive, no?  E io, da accanita fan, ne sono la conferma. XD

Comunque, come ogni volta, vi lascio delle piccole note. Sì, lo so, ne fareste a meno, ma servono anche le cose fastidiose.

Prendete fiato per bene. Pronti? Via:

 

1) Allora, ‘Yakitori e Tonkatsu’ sono dei piatti tipici giapponesi a base di carne. Volevo rendere la cosa più realistica, quindi mi sono documentata, ed eccovi serviti.

2) Mi rendo conto che i personaggi risultano un po’ [troppo?] OOC, ma questo, mea culpa, non sono riuscito ad evitarlo. Se potete, chiudete un occhio.

Invece, se la cosa è davvero evidente, ditemelo e provvederò ad inserirlo negli avvertimenti. Thanks.

3) Non credo proprio che lo scacchi sia diffuso in Giappone, ma, non conoscendo precisamente gli altri passatempi e giochi da tavolo dei nostri beniamini, ho preferito buttarmi sul classico. Sì, ora dovreste chiudere l’altro occhio. Pardon.

4) Ovviamente, ‘scaccomatto’ non si riferisce solo al gioco: è una metafora. Ho, per l’appunto, giocato con questo termine, cercando di farlo interagire con i personaggi.

Bene? Male? Questo sta a voi dirlo.

5) La parte di testo selezionata in corsivo indica un tempo passato, quando ancora Asuma era in vita.

Gli spoiler sono pochi, ma, se non ne eravate a conoscenza, potevano rovinarvi la storia.

6) La disposizione dei nomi, InoShika, non è messa caso, poiché la storia ha come punto di vista quello di Ino, ed in minor parte quello del Ragazzo Svogliato.

7) Vi sarei immensamente grata se non veniste a dirmi che la coppia non è canon, love-love, o che non ha alcuna speranza di esistere. Sinceramente? Ma quando? Sì, quando ve l’ho chiesto?

Ognuno scrive ciò che vuole [sempre nei limiti, s’intende] e soprattutto su chi vuole. Scusate, se ora me la prendo con voi, che magari non siete i tipi, ma troppe volte ho letto frasi, del tipo:

Uffa, ma insisti? Non capisci che non si metteranno mai insieme Tizio e Caio? Caio deve stare con Sempronio!!’.

E io rispondo che se voglio parlare di come Neji s’innamorò di Tsunade e della loro travolgente storia, non devo giustificarmi con nessuno, né limitare la mia fantasia ed immaginazione perché la coppia non è ‘fattibile’ [ma chi lo dice, poi?] o poco ‘cool’.

Spiacente per l’acidità. Ma, sinceramente, ne ho le tasche piene.

 

Ok, finis.

 

Mmh, mi sa che ho esagerato, eh? XD

E pensare che questa shot doveva essere una flash-fic! °__°

Ah, un’ultima cosa [giurin giurello!], fanwriters delle ShikaIno, se ci siete, scrivete scrivete scrivete.

Davvero, ho bisogno di voi, o la mia coscienza ne risentirà enormemente.

Sappiate, fan, che vi adoro. *__*

 

E con questa confessione, vi lascio. I verbi greci mi attendono.

 

Anle

  
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