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Autore: Macaron    01/03/2013    7 recensioni
“Buon compleanno Sherlock!”
“ Non è il mio compleanno!”
“ Lo so che non è il tuo compleanno…”
“ Non è il mio compleanno…”
“ Lo so che non è il tuo compleanno, ma se riesci a non interrompermi ti spiego. Ti ricordi l’altro giorno quando parlavamo di regali e…”
“ Non è il mio compleanno, sono nato a Gennaio…”
Di bambini con macchine da scrivere, respiri vicini durante la notte, regali di compleanno quando non è il tuo compleanno dal tuo coinquilino e api su un tetto.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sleeping with ghost'
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“Last night I dreamt 
That somebody loved me 
No hope, no harm 
Just another false alarm”

Last night I dreamt That somebody loved me, Smiths 

 

 

 

 

“Eh insomma poi in laboratorio è entrato questo bambino, Freddie, Freddie Lyon1. Chissà perché mi è rimasto impresso il nome…”

“Un bambino? Davvero, John? Quando mai ti sono sembrato interessato a fatti riguardanti bambini, a meno che non siano morti? E’ morto?”

John lo fissa perplesso. Dovrebbe essere abituato a Sherlock che si comporta da Sherlock ma ogni tanto ne rimane comunque sconvolto.

“ Non andava bene? ”

“ No Sherlock, direi che non andava molto bene. “ E poi non riesce a fare a meno di sorridergli perché Sherlock è genuinamente perplesso e ha appena alluso a bambini morti ma l’ha fatto con quella sorta d’innocenza che t’impedisce di arrabbiarti con lui per più di cinque secondi. Almeno fino alla volta successiva. “ Puoi cercare d’ignorare la terribile mancanza di bambini morti ed ascoltare? Comunque c’era questo bambino, la mamma l’aveva portato in ambulatorio perché pensava si fosse rotto il dito ma era solo una piccola contusione, ed era tutto esaltato perché aveva appena ricevuto una macchina da scrivere per il suo compleanno. Avrà avuto otto o nove anni e si è rifiutato di farsi visitare fino a che non abbiamo posizionato la macchina da scrivere sul lettino, in modo che potesse tenerla d’occhio. Farà lo scrittore, diceva e per tutto il tempo della visita non ha smesso di fissarla.”

Silenzio. John si sente improvvisamente imbecille.

“ E poi? Perché poi è arrivato qualcuno che ha rapito il bambino, vero? Perché non puoi seriamente pensare che questo racconto abbia in qualche modo senso se finisce qui.”

Correzione. John Watson si sente un completo imbecille. “ No in realtà la storia finisce qui. Di solito non faccio caso ai bambini ma questo mi ha fatto simpatia.”

“ Inizio a pensare che sia colpa mia, quando ti ho detto che potevi raccontarmi quello che ti succedeva allo studio avrei dovuto specificare che ti saresti dovuto limitare agli eventi vagamenti interessanti. Non necessariamente omicidi ma nemmeno aneddoti che piacerebbero alla signora Hudson. E’ la mia punizione per aver simulato il mio suicidio in tua presenza? A saperlo avrei cercato una soluzione migliore” Sherlock sbuffa e come al solito parla troppo.

John gli tira una gomitata. Non è ancora pronto a scherzarci, non è ancora pronto a permettere a Sherlock di scherzarci. O forse lo è, solo non vuole dargliela vinta anche in questo caso.

Per qualche minuto rimangono in silenzio. E’ mezzanotte passata e sono sdraiati sul divano, John avvolto in un pesante plaid a quadri regalo della loro padrona di casa che probabilmente l’ha preso per una vecchia zia, e Sherlock a piedi nudi, scoperto, come sempre. Un piede è incastrato tra le gambe di John e quando si sofferma su quel contatto il dottore avverte ancora qualche brivido.

“ Ora presumo che mi racconterai di quando da bambino hai ricevuto l’allegro chirurgo o uno stetoscopio giocattolo e hai deciso che avresti fatto il dottore? Perché tutto si riduce a questo vero? Al grande regalo che ti cambia un po’ la vita.” Le parole di Sherlock lo risvegliano da quel torpore in cui si stava crogiolando.

“ Io non ho mai ricevuto uno stetoscopio! Non volevo fare il chirurgo!” E’ quasi scandalizzato e allo stesso tempo è divertito all’idea che il grande Sherlock Holmes abbia sbagliato una deduzione.

“ No? Nessuno stetoscopio? Non volevi diventare un dottore? ”

“ No, ho ricevuto un cacciavite sonico. Non volevo diventare un dottore, volevo diventare Il Dottore!2” Ride di gusto e gli da una piccola gomitata. Sherlock si finge scandalizzato, alza gli occhi al cielo e ride a sua volta. Sono due ragazzini, non sono mai cresciuti anche se ogni tanto provano a dimenticarselo.

“ E il tuo grande regalo cos’è stato? Una lente d’ingrandimento? Il piccolo chimico?”

“ No, nessun regalo”

“ Nessun regalo? Com’è possibile che tu non abbia ricevuto nessun regalo da bambino?” John Watson è una buona persona, ma non è la persona più acuta sulla faccia della terra e a volte non capisce quando è il caso di smettere di fare domande.

“ Nessun regalo significa nessun regalo John. Non era un usanza della famiglia Holmes quella di fare regali, o grandi feste. Non ci pensavano, nessuno ci ha mai dato importanza. Ma ho la certezza che mio padre abbia versato una cifra simbolica, su un qualche fondo a mio nome, un certo giorno di gennaio fino alla mia maggiore età. E con questo direi che l’argomento regali è chiuso.”

Gelo, silenzio. I sentimenti non sono il campo di Sherlock ma forse non sono nemmeno il suo.

Vorrebbe dirgli qualcosa di confortante, di brillante. Vorrebbe chiedergli se è stato invadente, ma si può essere ancora invadenti quando si vive con qualcuno?, se l’ha ferito, se l’ha irritato. Vorrebbe scusarsi ma non sa davvero come farlo, così gli prende semplicemente la mano e la stringe forte. Sherlock incrocia le dita con le sue e rimangono così, in silenzio ad ascoltare Londra.

 

Sherlock si è addormentato. Sembra impossibile crederci ma anche il grande Sherlock Holmes dorme. Non è un dormire placido e sereno, alterna momenti di totale immobilità ad altri in cui si agita, borbotta parole che non hanno senso e tira calci. John sorride, sembra davvero che Sherlock non sia capace di uscire da se stesso nemmeno durante il sonno, e a lui piace che sia così. Piace addormentarsi al fianco di quell’uomo e sapere di ritrovarselo accanto al risveglio, anche al prezzo di qualche livido o qualche calcio.

John lo guarda dormire, anzi lo ascolta dormire perché il rumore dei mugugni di Sherlock lo rilassa anche più dei rumori della sua Londra. John lo guarda dormire e si chiede come sono arrivati a quel punto, come sono diventati quello che sono diventati. Come sono passati da essere coinquilini a non vedersi per tre anni a dormire tutte le notti insieme sul divano? Com’è passato lui dal ripetere ossessivamente “Non sono gay” a tutte le persone che li scambiano per una coppia al cercare ogni volta un piccolo contatto fisico con il suo coinquilino? Com’è passato dall’essere terrorizzato all’idea di andare a dormire ed affrontare nuovi incubi al non veder l’ora di potersi sdraiare al fianco di Sherlock, sfiorandosi e non sfiorandosi, dormendosi semplicemente addosso? Non sa darsi una spiegazione, non sa definire cosa sono diventati, forse non è davvero cambiato nulla. Forse sono sempre stati lì, forse sono sempre stati così, dovevano solo scoprirlo.

Dormono ancora sul divano. Dormono ancora sul divano anche se è scomodo, e troppo piccolo, e quando Sherlock si agita nel sonno John ha paura che finirà per farlo cadere e rompergli la testa e allora chissà che imbarazzo dover spiegare a un qualche collega dell’ambulatorio cos’è successo. Potrebbero semplicemente spostarsi nella camera da letto di Sherlock ma John non ha il coraggio di proporlo perché sarebbe come ammettere che è davvero cambiato qualcosa. Razionalmente sa benissimo quanto sia ridicolo tutto ciò perché insomma ci dorme con quell’uomo, ma gli sembra che fino a che dormono sul divano sia tutto molto provvisorio, quasi casuale. Fino a che non varca la porta della camera di Sherlock può ripetere ancora “Non sono gay” a se stesso e crederci un pochino. Nel momento in cui entrerà in quella stanza, in cui si sdraierà su quel letto prenderà una decisione, deciderà di passare dallo status di amici a quello di qualcosa di diverso e non è ancora pronto a compiere quella scelta, non è ancora sicuro di come arrivare a quel punto. E Sherlock sicuramente ha le idee ancora meno chiare di lui. Sono due bambini, sono due ragazzini che si sfiorano di notte al buio e rimangono minuti interi a perdersi guardandosi negli occhi e poi non sono capaci di andare avanti. Sono totalmente dipendenti l’uno dall’altro, si cercano, si parlano con gli occhi, finiscono le frasi l’uno dell’altro eppure non sono capaci di varcare la soglia di una camera da letto o di approfondire un bacio. Sono bloccati, è come se avessero sempre tredici anni, il batticuore e le mani un po’ sudate. Sono due ragazzini. Mentre riflette su questo Sherlock borbotta qualcosa riguardo a una bambina marocchina tenuta nascosta in un cottage 3 e si spinge più vicino a lui e John pensa che non è così male avere tredici anni, non è così male tutto questo.

 

Quasi mezzanotte. Le ventitre e ventiquattro minuti per essere precisi. Il turno di John è finito alle diciannove e il fatto che rientri a casa alle ventitre e ventiquattro è evidentemente sospetto. Non doveva uscire con Lestrade, non aveva impegni con nessuno dei suoi colleghi, Sherlock lo sa perché mentre si annoiava gli ha svogliatamente letto tutti gli sms, e dal suo rumore sulle scale è evidente che non si è fermato a fare la spesa sulla strada di casa. Inoltre mentre spalanca la porta del 221B è insolitamente allegro e un po’ circospetto, ed ha addosso un odore dolciastro che mal gli si addice, chiaro segno che gli sta nascondendo qualcosa e che quel qualcosa probabilmente è noioso e di sesso femminile.

“ Come si chiama?”

“ Sherlock!” John sussulta e quasi si lascia cadere la valigetta sul piede. “Pensavo dormissi, non c’era nemmeno una luce accesa. Come si chiama chi? Di chi stai parlando?”

Sherlock alza gli occhi al cielo mentre accende l’abat-jour. “ Come si chiama l’inutile ragazza con cui stai uscendo, John, ovvio. Quella che ti ha fatto rientrare alle ventitre e ventiquattro minuti e tutto scodinzolante come un cagnolino. ”

Sto uscendo con te, maledizione. Non c’è nessuna inutile ragazza, ci sei tu. John vorrebbe quasi urlarglielo ma non è sicuro di esserne capace. Non è sicuro che la sua voce sia in grado di sostenerlo e non lo abbandoni a metà frase. Non è nemmeno sicuro che stiano davvero uscendo insieme, non è sicuro che Sherlock sappia cosa significhi uscire con qualcuno e non è sicuro di che reazione potrebbe avere ad ascoltare quelle parole. John sa che sono vere, lo sanno entrambi, solo che non è ancora il momento di pronunciarle. Così si limita a scuotere le spalle e ridere perché anche se non c’è nessuna ragazza è insolitamente felice.

“Non c’è nessuna inutile ragazza. Torno subito, rimani lì e non ti muovere” e scompare verso la sua camera al piano di sopra.

“John sono sdraiato in vestaglia, dove dovrei andare nei prossimi cinque minuti?”

 

John rovescia il contenuto di una borsa di tela sul tavolo della cucina, o meglio sulla parte di tavolo della cucina ingombra da esperimenti e rifiuti radioattivi e gli fa cenno di avvicinarsi. Gli occhi blu gli brillano ed è euforico.

“Buon compleanno Sherlock!”

“ Non è il mio compleanno!”

“ Lo so che non è il tuo compleanno…”

“ Non è il mio compleanno…”

“ Lo so che non è il tuo compleanno, ma se riesci a non interrompermi ti spiego. Ti ricordi l’altro giorno quando parlavamo di regali e…”

“ Non è il mio compleanno, sono nato a Gennaio…”

“ Giuro che adesso tiro fuori la pistola, se non la smetti. E sono un buon tiratore. Riesci a zittirti per cinque secondi e farmi finire?”

Sherlock mette il broncio. Un bambino capriccioso. John sbuffa e ricomincia a parlare.

“ Ti ricordi l’altro giorno quando parlavamo di regali di compleanno da bambini? Ecco, tu mi hai detto di non aver mai ricevuto dei regali e… insomma… mi è dispiaciuto” maledizione, quando ha iniziato a imbarazzarsi in questo modo? Quando hanno iniziato a morirgli in bocca le parole? “Così ho pensato che si poteva rimediare, che potevi riavere i tuoi compleanni e ho cercato d’improvvisare qualcosa.”

Sherlock rimane in silenzio. Ha zittito Sherlock Holmes? Senza aver bisogno di una pistola?

“ Adesso non aspettarti chissà cosa, ho improvvisato e non sei propriamente la persona più semplice a cui far regali eh. Ho cercato di fare un compromesso tra regali azzeccati alle varie età e regali che non avresti odiato. O che non avresti odiato troppo ”

Sherlock apre il primo pacchetto su cui è attaccato malamente, John Watson sarà sicuramente tante cose ma non è molto abile nell’impacchettare i regali, un numero 1.

“ Una coperta? Perché?”

“ Perché di solito è il primo regalo che si fa a un bambino. E’ un regalo un po’ da nonna, forse. Mi ricordo ancora la coperta che avevo da bambino, quando ancora mi piaceva andare a dormire. Negli anni si è consumata ma mia madre ne ha conservato un quadretto, l’ho trovato tra le sue cose quando è mancata. E comunque non è una coperta normale, c’è uno teschio disegnato. Un teschio di un pirata ma pur sempre un teschio, è in onore del tuo primo amico! Anche se tu non hai amici in realtà…”

“ Pensavo che solo gli elefanti non dimenticassero mai nulla, invece a quanto pare lo fanno anche i medici militari.” Si sorridono. Stanno imparando anche a fare questo, a scherzare sulle cose che gli hanno fatto male.

Il pacchetto successivo è un libro. The history of the most notorious pirates di Daniel Defoe.

“ Così non dovrò più scervellarmi nell’inventare delle storie sui pirati”

“ Un libro del genere per un bambino di quattro anni?” Chiede Sherlock indicando il numerone scritto sul pacchetto.

“ Non per un bambino di quattro anni, per te a quattro anni. Non sei sempre stato un piccolo genio? Pensavo che a quell’età sapessi già leggere anche in russo”

“Touchè”

 

Tra i vari regali Sherlock trova anche dei biglietti. Sono tutti estremamente colorati, volutamente infantili. Non sono mai firmati, quasi come se non dovessero essere davvero da parte di John ma dei suoi genitori, che invece glieli hanno sempre fatti mancare. Sherlock prova a immaginare Violet Holmes scrivere con la sua elegante calligrafia “ Siamo così orgogliosi del nostro piccolo genio e lo saremo sempre. Continua ad essere fantastico e illuminare il mondo”, ma non ci riesce. Sherlock non è mai stato fantastico per la sua famiglia, nessuno è mai stato orgoglioso di lui. Si sono preoccupati per lui, sono stati in ansia per lui, si sono infastiditi per le sue scelte sbagliate ma non sono mai stati orgogliosi di lui. Nessuna deduzione ha mai meritato qualche “Fantastico”, erano tutte troppo ovvie, era il minimo che ci arrivasse. Tutto prima di John.

Sherlock legge i biglietti e non dice nulla, si limita a fissarlo con i suoi occhi quasi trasparenti che questa volta non sono di ghiaccio ma trasmettono calore. John vorrebbe dire qualcosa, vorrebbe fare una battuta, vorrebbe spiegargli scherzosamente che quei biglietti sono volutamente infantili perché dovrebbero essere degli auguri per un bambino o un ragazzino da parte dei suoi genitori e non del suo migliore amico trentasettenne. Vorrebbe dirglielo ma Sherlock lo fissa e a lui mancano le parole e gli sembra che il suo cuore si sia fermato e abbia contemporaneamente iniziato a battere così velocemente da schizzargli via dal petto.

 

“Questo è per vincere la noia” gli dice porgendogli uno scatolone.

“ Droga? Sigarette?”

“ Sherlock pensi che potrei seriamente regalarti una scatola di cocaina? Di queste dimensioni poi? Avremmo tutti i cani dell’antidroga nell’appartamento tempo cinque minuti!”

“ La versione di Cluedo ispirata ad Auguste Dupin?4 E’ uno scherzo, John?” Sherlock è così scandalizzato che lui vorrebbe abbracciarlo.

“ Un pochino sì. Ma di quelli molto divertenti”

 

Un bollitore elettrico, “Così almeno ci sono meno possibilità che tu faccia esplodere la casa quando te lo dimentichi”, le mince pie della Signor Hudson, un paio di scarpe da bambino, “Davvero John? Delle scarpe da bambino?” “Ma sono di un bambino che è stato rapito, e liberato, e il caso è ancora irrisolto! E se le porti a Lestrade lui ti darà tutta la documentazione”, un buono per avere libero accesso ai cadaveri del Barts per mezza giornata, diversi bigliettini. Sherlock spacchetta tutto, non ringrazia mai ma sorride e non smette di fissarlo e John ogni tanto è tentato di controllare il termostato perché ha seriamente paura che il 221B possa prendere fuoco.

 

“ Finito, sono tutti.”

“ Non sono tutti, mettiti il cappotto” John è già scattato in piedi e gli lancia il cappotto mentre si avvia alla porta.

“ Il cappotto? Usciamo?” All’una e quarantacinque del mattino?

“ Non è da te constatare l’ovvio. Certo che usciamo, non ho mica intenzione di farti mettere il cappotto solo per farti sembrare più affascinante”

“ Quindi mi trovi affascinante?”

“ Di nuovo non è da te constatare l’ovvio. Lo sai che ti trovo affascinante. Ora sbrigati” Sarà l’euforia. Sarà che di quest’ultimo regalo John è proprio soddisfatto ma si sente incredibilmente coraggioso e riesce a pronunciare questa frase arrossendo solo un pochino.

Lo prende per mano e lo trascina in strada, come un bambino la mattina di Natale. Pochi metri, si fermano in un palazzo lì vicino, John tira fuori una chiave e lo trascina per le scale.

“ Su un tetto? Per quale diavolo di motivo siamo su un tetto?”

“ Non è proprio un tetto, è più un balcone. Un grande balcone.”

“ E’ un tetto”

“ Non è un tetto”

“ John è palesemente un tetto, è fatto come un tetto.”

“ Ok è un tetto e se tu ti avvicini al parapetto, se tu ti azzardi a stare a meno di cinque metri dal parapetto di questo diavolo di tetto vengo lì e ti prendo a calci in culo, chiaro?”

“ Chiarissimo, soldato” Ride. Non pensava che sarebbero riusciti a scherzare anche sul tetto. Forse non lo sono davvero, forse non sono davvero pronti ma è quello che fanno sempre, arrivare al limite di ogni cosa e andare oltre. Insieme.

In quel momento John si rende conto che si stanno ancora tenendo la mano e la molla all’istante, come se scottasse. Sherlock alza gli occhi al cielo e sbuffa.

“ Seriamente, John? Viviamo insieme, dormiamo insieme, hai più contatto fisico con me che con qualsiasi altra ragazza tu abbia incontrato negli ultimi mesi, mi hai appena fatto dei regali di compleanno per un compleanno che non c’era e riesci a farti prendere da un attacco di panico perché mi stai tenendo per mano? Seriamente? Dobbiamo fare uno squillo ad Ella o pensi di riuscire a superare questa crisi di sessualità tutto da solo?”

“ Ehm… Dicevamo. Lì c’è l’ultimo regalo. Siamo su un tetto perché a quanto pare a Londra non è semplicissimo allevare delle api e l’unico posto per mettere un’arnia è un giardino o un tetto/balcone.”

Sherlock sgrana gli occhi mentre John continua a parlare. “ Per tua fortuna la nostra padrona di casa ha sempre adeguatamente rifocillato i vicini di casa con diversi cesti di muffin e ci hanno permesso di usare questo tetto/balcone e insomma lì c’è la tua arnia e ci sono le tue api. Una volta mi hai detto che una volta smesso di esercitare la tua professione ti sarebbe piaciuto allevare api, ma insomma lo sappiamo benissimo che non smetterai mai di fare il consulente investigativo perché non riusciresti mai a non avere l’ultima parola in qualsiasi cosa e quindi ho pensato che avrei dovuto far venire le api da te. Ma giuro che se ti rifiuti di mettere la tuta protettiva e ritorni ricoperto di pustole non ci rimango in piedi fino al mattino a medicarti”

“ Mi hai comprato delle api.”

“ Ti ho comprato delle api. Buon compleanno?”

“ Ecco spiegato il motivo dell’odore fastidiosamente dolce, nessuna nuova inutile ragazza ma del miele. “

“ L’apicoltore che me le ha vendute continuava a insistere per farmi assaggiare questo miele spettacolare, e spero vivamente che tu in futuro possa diventare un apicoltore migliore perché era una cattiveria.”

“ Mi hai comprato delle api.”

Rimangono su quel tetto per un tempo che a John sembra infinito e in cui si perde a guardare Sherlock che studia a distanza le sue api. Non si accorgono nemmeno del fatto che sta iniziando a piovigginare, perché del resto è pur sempre Londra e a Londra piove sempre.

 “ Ehi apicoltore non so se te ne sei accorto, perso nel tuo Mind palace o in chissà quale altro luogo, ma sta piovendo e visto che i regali sono finiti, torniamo all’appartamento?”

Sherlock si risveglia da quella sorta di trance in cui era entrato, tutto concentrato a studiare la disposizione delle celle nell’arnia. Si gira e lo guarda e pensa che John sia straordinariamente bello. L’ha sempre saputo in realtà. Lo si capisce dal fatto che difficilmente passa più di qualche settimana senza avere intorno un’insulsa ragazza e dal fatto che ha gli occhi blu e i capelli biondi e canonicamente gli occhi blu e i capelli biondi sono una caratteristica positiva. Solo non ci ha mai fatto davvero caso perché rientra tra quei pensieri su cui Sherlock Holmes non si sofferma. Però adesso appoggiato a una porta su un tetto di un’inutile palazzo, con i capelli appena umidi per la pioggia e quella sua ridicola giacca troppo leggera e gli occhi che brillano ancora per l’euforia John Watson gli sembra la cosa più bella che abbia mai visto. Più bella di un rapimento,  più bella di un rebus, più bella di un triplo omicidio. Non ha intenzione di dirglielo, ovviamente, ma è già inaspettato anche solo sentirlo.

“ Mi hai comprato delle api”

“ Sherlock ho seriamente paura che nelle mince pie della nostra padrona di casa ci fosse davvero della droga, continui a ripetere la stessa frase e non mi hai ancora apostrofato con qualche osservazione sprezzante.”

“ Quel giubbotto non si può guardare John. Mi hai comprato delle api”

“ Ti ho comprato delle api perché parlavi di api. E perché te l’ho già detto su quella maledetta tomba, prima di te ero solo e mi hai dato tanto e ho pensato che potevo restituirti qualcosa. Potevo darti dei ricordi. Non li hai avuti da bambino, posso costruirteli io adesso. Non l’hanno fatto loro, stupidi Holmes!, lo faccio io. E così ti ho comprato delle api.” Lo dice tutto d’un fiato, senza guardarlo negli occhi e sperando di non arrossire in maniera vergognosa. Si parlava di essere tornati ad essere tredicenni e insomma difficilmente potrebbe sentirsi più ragazzino di così.

Sherlock abbandona le api e gli si avvicina annullando progressivamente la distanza che c’è tra loro. Sono così vicini che possono respirarsi addosso. Si parlava di non potersi sentire più ragazzini? Forse John dovrebbe aspettare a parlare, a porsi dei limiti.

“ Mi dispiace di non essere tornato prima” la voce di Sherlock è così poco sua. E’ quasi un sussurro. E’ dolce e calda e John non si ricordava che delle parole, che il suono di delle parole pronunciato da qualcuno potesse riuscire a farlo sentire così in pace e così terrorizzato al tempo stesso. E’ come il momento in cui ti tuffi in piscina e oltre alla paura c’è quella sensazione di benessere, quel calore nello scoprire che l’acqua ti sostiene.

L’acqua li sostiene mentre Sherlock lo sfiora, e quello che nasce è un bacio vero. Impacciato, da ragazzini ma un bacio che ha senso. Prima è un solo sfiorarsi di labbra, poi Sherlock lo tira piano a sé, stringe le mani sul suo giubbotto che non si può guardare e il bacio diventa più profondo, le lingue si cercano e John pensa che il palazzo stia per esplodere. Poi pensa anche che non importi, che in quel momento potrebbe anche esplodere tutta Londra e lui non se ne accorgerebbe. Perché tutta Londra è in quel contatto. Si separano e continuano a respirarsi addosso.

“ Mi dispiace di non essere arrivato prima”.

 

“ Cosa ne pensa allora, dottor Watson?C'e' un'altra stanza di sopra, in caso aveste bisogno di due stanze.”

“Certo che avremo bisogno di due stanze.”

 

“ Torniamo a casa?”

“ Torniamo a casa”

 

 

 

 

 

 

Solito pippone:

 

L’idea di questa storia viene da una puntata, la 3x08 se non mi sono rimbambita del tutto, di Parenthood dove Amber riceve tutti i biglietti d’auguri arretrati da parte del padre assente. E’ una scena di una dolcezza disarmante e visto che ho sempre immaginato l’infanzia di Sherlock come non proprio idilliaca ho pensato che si potesse un pochino adattare a loro. Ora è ovviamente molto più semplice recuperare tutti i bigliettini d’auguri di tua figlia 18enne e un po’ meno farlo con il tuo migliore amico trenta-e–passa-enne, lo so perché io l’ho fatto con la mia dolce metà -_-, quindi ho un po’ riadattato la cosa ma insomma spero non sia venuta fuori troppo a cazzo di cane ._. Solita dose di diabete, lo so, sopportiamo.

Nella mia testa è la terza parte di Sleeping with ghost, forse per l’ambientazione notturna e il dormire insieme, ma non è fondamentale aver letto le altre.

 

Note:

 

1 Freddie Lyon, personaggio di The Hour che la BBC non ha rinnovato per la terza stagione e che non perdonerò mai per questo. E’ una serie che amo moltissimo e Freddie, che non a caso è un giornalista, è un personaggio a cui non si può non voler bene. E non solo perché lo interpreta Ben Wishaw.

2 Doctor who, ovviamente.

3 L’avventura della faccia gialla, una delle poche in cui Sherlock non ne azzecca letteralmente una. Mi fa sempre ridacchiare.

4 Nel Canone Watson paragona Holmes e a Dupin e si becca un pippone assurdo sulla loro poca somiglianza. Ci tenevo un sacco a far regalare Cluedo a Sherlock, ma nessuna versione tra quelle esistenti mi sembrava azzeccata [a parte ovviamente quella ispirata a Sherlock e John ma era un po’ infattibile] quindi ho pensato di crearne una ispirata a questo personaggio di Poe.

 

 

  
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