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Autore: Lela_88    02/03/2013    3 recensioni
quanta sofferenza vale un amore?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dire che avevano litigato poteva definirsi riduttivo.
Avevano dato il loro meglio per rovinare quel rapporto messo già a dura prova dagli istinti difficili da controllare.
Era bastata una piccola goccia per far traboccare quel vaso e ora erano lì, occhi dentro occhi, che lanciavano scintille.
Non aveva molto senso quello che si erano detti, ma l’ombra di quello che era accaduto due settimane prima e che entrambi avevano deciso di conservare per loro, era tornato alla luce, non per essere chiarito, ma per ferire.
 
Forse è meglio fare un passo indietro per capire cosa accadde.
 
Avevano appena finito di girare una sequenza di scene, di quelle più impegnative, di quelle che mettevano a dura prova i nervi tante le volte, era ripetuta.
Era ormai sera quando, tutti, tornarono nelle loro vesti reali e decisero che, dopo cena, per stemperare la tensione, si sarebbero concessi qualche bicchierino.
Robert non era molto d’accordo, non gli andava di poter ricadere nelle vecchie abitudini ma, Guy e Jude, gli promisero che lo avrebbero tenuto d’occhio e poi, in fondo, avrebbero bevuto nel bar dell’albergo, quindi nessuno rischiava sanzioni.
Con queste premesse e promesse, Robert si lasciò convincere e poi, lui, sapeva reggere bene l’alcool.
 
Fecero un accordo, ognuno di loro avrebbe dovuto offrire un giro e decidere cosa far bere agli altri. Erano tanti, tra il cast e i produttori , ad un certo punto si era perso il conto di quanto avevano bevuto e soprattutto non distinguevano più quello che stavano bevendo.
A quello che, Robert , credeva il settimo giro, decise di congedarsi e tornare in camera, preservando quel minimo di lucidità che gli permetteva di raggiungere la destinazione senza aiuto.
Jude, anche lui con ancora un po’ di senno, decise di seguire l’americano, anche se era ubriaco, non aveva voglia di rimanere lì senza Robert, era lui l’anima della festa o, almeno, era questo che lui vedeva.
L’inglese, solitamente, preferiva tornare a casa sua, ma aveva comunque una camera, dove alloggiavano tutti, nel caso la mattina doveva trovarsi troppo presto sul set o, come in questo caso, perché era brillo.
 
La camera di Jude, beh camera, la suite era di fianco a quella di Robert, anzi le due suite erano comunicanti, c’era una stanza che condividevano, ma che nessuno usava. Si può dire, quindi, che condividevano un’immensa suite.
Salirono in ascensore insieme, ridendo di tanto in tanto per cose, che grazie all’alcool, sentivano solo nelle loro teste.
Nonostante avessero bevuto la stessa quantità di alcolici, Robert sembrava più lucido di Jude, che, infatti, una volta arrivati al piano, ebbe difficoltà a riconoscere la porta della sua camera e quando il moro ce lo portò d’avanti, il biondo si ricordò di non avere con se le chiavi. Sbuffo scocciato, dandosi dello stupido, ora sarebbe dovuto tornare alla reception e farsi dare una copia, non ne aveva proprio voglia, piuttosto avrebbe dormito a terra, sulla moquette.
Robert aveva assistito alla scena, divertito e, vedendolo in seria difficoltà e abbattuto, gli ricordò che dividevano una stanza e che sarebbe potuto entrare in camera sua da lì. Jude che, ovviamente, aveva dimenticato questo piccolo particolare, in un momento di euforia si gira e lo abbraccia. Per un attimo rimasero entrambi interdetti dal gesto, ma poi scoppiarono a ridere ed entrarono in camera.
 
La prima cosa che, Jude, notò, fu che la suite di Robert era notevolmente più grande della sua, ma in fondo era normale, lui non viveva a Londra e per mesi, quell’anonima, suite, doveva sostituire la sua casa e poi, quando anche Susan era sul set, viveva anche lei lì e si sa, una donna ha sempre bisogno dei suoi spazi.
Forse era l’alcool, ma sentiva l’odore di Robert amplificato, come se ogni cosa lì dentro, ne fosse impregnata. Si ritrovò a chiudere gli occhi e inspirare forte.
Cosa diavolo gli era preso? È vero, Robert era bellissimo, quello sguardo caldo, gli occhi da cucciolo, quel movimento delle mani che ipnotizzava, quelle mani che non mancavano mai di toccarlo, che fosse un tocco leggero, un abbraccio o una semplice pacca sulla spalla e le espressioni del viso che lasciavano trasparire tutto quello che, l’americano, era e che avevano l’abilità di ammaliare, addolcire, divertire.
Blocco subito quei pensieri. Che cosa stava succedendo? Perché si ritrovava a pensare all’amico in quel modo? E che fine aveva fatto Robert?
Proprio mentre si faceva queste domante, si senti toccare e chiamare, Robert lo girò verso se stesso, Jude era rimasto in piedi, come un idiota, al centro della prima stanza mentre l’altro, convinto che era rimasto da solo era andato a cambiarsi e prepararsi per la notte. Richiamò Jude che era ancora ad occhi chiusi e gli chiese se stesse bene. Finalmente il biondo riaprì gli occhi piantandoli in quelli di Robert che non poté non rimanerne incantato.
Gli occhi di Jude avevano quest’effetto, catturavano e congelavano sul posto chiunque aveva la fortuna di poterli incrociare e poi era bellissimo l’effetto che facevano a contrasto con il colore dei suoi capelli, con quello della sua pelle, con quelle labbra così rosse e perfette… Robert spense il cervello, forse era l’alcool o, forse, solo semplice desiderio, ma lo baciò, baciò quell’insieme di perfezione e Jude, ancora in balia dei pensieri fatti in precedenza, non ci pensò due volte a rispondere a quel bacio.
 
Iniziarono subito a divorarsi, labbra, lingue, denti e con la stessa foga iniziarono a spogliarsi e passare le loro mani ovunque, quello che indossavano era diventato decisamente troppo. Robert lo alzò di peso e lo portò in camera da letto e, senza smettere di baciare  qualsiasi punto riuscisse a raggiungere, lo stese sul materasso, Jude subito se lo tirò addosso, per paura di perdere quel contatto.
Continuarono questa lotta, continuarono a spogliarsi incolpando l’alcool , pur sapendo che questa consapevolezza, li rendeva lucidi.
Quando entrambi furono liberi da ogni impedimento, si lasciarono andare ai primi ansiti, dovuti al contatto diretto, pelle su pelle, persero un attimo a contemplarsi, a perdersi uno nello splendore del corpo dell’altro.
Jude portò le sue gambe a circondare i fianchi di Robert e se lo spinse maggiormente contro, Robert capì che attendere ancora, non sarebbe servito a nulla e così, dopo averlo preparato e aver atteso il consenso da parte dell’altro, iniziò lentamente ad entrare in lui, prendendosi, contemporaneamente, cura del piacere dell’altro. Dopo i primi secondi passati per abituarsi a quell’intrusione, Jude, iniziò a muovere il bacino verso Robert che, con lo stesso ritmo con cui muoveva la mano su Jude, spingeva.
Solo ansiti, gemiti e nomi sussurrati, fino a che entrambi, primo Robert e poi Jude, raggiungono il massimo piacere.
Ripresero a baciarsi per quanto il fiato lo permetteva e, ancora stretti l’uno all’altro, senza aggiungere niente, si lasciarono avvolgere dal sonno.
 
Arrivò il giorno e Jude si risvegliò, da solo, nel letto di Robert, ricordava tutto, pensieri, gesti, sguardi, tutto quello che era accaduto.
Aveva solo un leggero mal di testa, ma niente di preoccupante, l’unica cosa che lo preoccupò in quel momento, era l’assenza di Robert. Indossò le prime cose che trovò sottomano, non ricordava di avere suoi abiti lì, ma sicuramente glieli aveva preparati Robert, iniziò a provare una leggera inquietudine che si trasformò in rabbia, se non lo avesse trovato subito non sapeva cosa avrebbe combinato, sicuramente, non appena gli sarebbe capitata l’occasione gli avrebbe sbattuto in faccia tutta la sua rabbie e la frustrazione, per essersi svegliato da solo, come se fosse stato una puttana e gli avrebbe ricordato che non era il solo in quel letto, che entrambi avevano goduto e, per quanto riguardava Jude, raggiunto uno degli orgasmi più appaganti dell’ultimo periodo.
Con questi pensieri e il mal di testa raddoppiato aprì la porta della camera da letto come una furia, ma ciò che si ritrovò d’avanti ebbe la capacità di tranquillizzarlo e fargli passare il dolore alla testa. Robert, vestito di tutto punto, seduto sul divano, d’avanti la colazione per entrambi, era lì, non se n’era andato, aveva aspettato che si svegliasse e non aveva disturbato io suo sonno. Ovviamente entrambi sapevano che un chiarimento era d’obbligo, avevano vite separate, una moglie, una compagna, figli e per di più avrebbero lavorato insieme ancora per molto tempo, erano diventati molto amici, instaurando un feeling invidiabile, non potevano semplicemente ignorarsi.
Andò a sedersi di fronte a Robert e iniziò a servirsi di thè e una fetta di torta, anche l’altro, sorridendo, iniziò a mangiare, prendendo, però, del caffe.
Quando pensarono che i loro stomaci fossero abbastanza pieni per affrontare un discoro ragionevole, si guardarono negli occhi, fu Robert a rompere il silenzio. “Non mi pento di niente, ricordo tutto, ogni cosa e se tu vuoi dimenticare, mi sta bene, ma io non mi pento e né tantomeno do la colpa ad uno solo di noi, certe cose si fanno insieme e insieme si rimedia. Siamo due persone adulte, abbiamo avuto le nostre esperienze, siamo usciti da situazioni peggiori e siamo amici. Ti prego, non roviniamo tutto”.
Jude lo aveva ascoltato senza battere ciglio e senza respirare, si aspettava di tutto, tranne una dichiarazione così lucida e ponderata, ma si riscoprì felice. “Anch’io ricordo tutto e, come te, non mi pento di niente. Abbiamo ceduto agli istinti, non c’è niente di cui vergognarsi, certo, forse è meglio se ciò non accada più, ma resta il fatto che è successo e, sempre come hai detto tu, siamo adulti, ma soprattutto, siamo amici e io non voglio rovinare niente”.
Continuarono a sorridersi, nessuno era fuggito e nessuno aveva rinnegato.
Non sapevano che da lì a poco, avrebbero dovuto mantener fede a quelle promesse.
 
I primi giorni passarono nella più completa naturalezza, continuavano come avevano sempre fatto, come si erano promessi.
Poi tornarono Sienna e Susan, entrambe non sarebbero rimaste a lungo, ma dal loro arrivo, le cose cambiarono. Nessuno se ne rese conto, forse perché non c’era niente di strano in pubblico, era in privato che i loro atteggiamenti erano diversi, ma, come deciso, non ne parlarono, non doveva cambiare niente. Eppure entrambi, con un muto accordo, decisero di limitare i loro contatti, come se solo a vederli qualcuno avrebbe scoperto qualcosa.
Era più difficile del previsto. Jude non riusciva a vedere Robert tra le braccia di Susan e non esserne geloso, sentirsi sporco, un oggetto. Si convinse che era perché lui non aveva lo stesso rapporto con Sienna, è vero stavano insieme, ma era diventata più un’abitudine che altro. Non l’avrebbe lasciata, non ora, non poteva rimanere solo mentre Robert non lo era. Allora fingeva, sia quando erano da soli, sia davanti agli altri, soprattutto se c’erano Susan e Robert. Volevi ferirlo e, inconsapevolmente, ci stavi riuscendo. Non immaginavi neanche lontanamente che Robert potesse sentirsi come te.
 
Arrivò il giorno che Sienna partì, lasciandoti solo, Susan sarebbe partita il giorno dopo, li evitasti tutta la giornata, non volevi vedere nessuno, tantomeno Robert e ritornasti a sentirti sporco, arrivasti a pensare che lui volesse stare con te solo quando sua moglie non c’era, non ti fermasti neanche un secondo a pensare che entrambi avevate preso questa decisione. Ti sentivi solo.
 
Anche Susan andò via, esattamente dopo due settimane che tu e Robert avevate superato il limite. Ora anche lui era solo, ma non avevi nessuna intenzione di dargliela vinta, non avevi voglia di parlare con lui di quello che vi stava succedendo.
 
Quella stessa sera, Jude organizzò una cena con tutti gli attori principali e il regista, Robert rimase sorpreso da questa decisione, sperava di poter parlare un po’ da solo con lui, chiedere perché, entrambi, in quei giorni avevano fatto di tutto per stare lontani, non lo capiva e aveva bisogno di sapere se anche Jude aveva pensato lo stesso o per lui era stato tutto uno scherzo quello che si erano detti quella mattina.
Ovviamente accettò l’invito, gli avrebbe parlato, in un modo o in un altro. Arrivò a casa di Jude quando ormai tutti erano già lì, non voleva pressarlo o fargli sentire la sua urgenza, andò da solo, con la propia auto, era intenzionato a portare a termine il suo piano.
La cena si rivelò essere più piacevole del previsto, a parte il vino non c’erano altri alcolici, ma Robert non bevve niente e vide Jude fare lo stesso, ma non voleva neanche immaginare che fosse spaventato da lui, il solo pensiero lo faceva star male.
Iniziò anche a pensare che avesse solo immaginato l’ostilità di Jude nei giorni precedenti, in fondo, avevano preso entrambi la decisione di dimenticare, senza però rinnegare, allora perché Robert non poté fare a meno di sentirsi geloso di Sienna?
Odiava non riuscire a darsi una risposta, ma finalmente tra poco avrebbe parlato con Jude.
 
La cena volse a termine e quando tutti iniziarono a prepararsi per andarsene, Robert si rifugiò in bagno, sperando di guadagnare tempo. Ci riuscì, torno da Jude quando tutti ormai erano andati via, fingendo un’aria stupita, come se il biondo non avesse già capito le sue intenzioni, fraintendendole, però.
“Oh, sono già andati via tutti?” esordì Robert, Jude si limitò ad annuire. Avvertendo il gelo, il moro riprese “bene, allora credo che andrò anch’io…” Ma Jude non lo lasciò terminare “che cosa hai da dirmi Rob?!? Cosa c’è, ti senti di nuovo solo ora che tua moglie non c’è? Sono tornato ad esistere?” Robert rimase interdetto, non sapeva cosa rispondere, non si aspettava una reazione del genere, neanche Jude sapeva cosa avrebbe detto, ma in quel momento aveva voglia di scaricare tutta la frustrazione accumulata in quei giorni e Robert era il bersaglio migliore, era lui che aveva dati inizio a tutto.
“Credi di poter tornare a parlarmi e a sperare in qualcosa in più ora che Susan e Sienna non ci sono? Beh, credi male, non sono un oggetto e non sono tuo.”
Terminò questo monologo, aveva alzato la voce e Robert davvero non capiva, era dispiaciuto, era ferito, non voleva credere di aver dato quest’impressione. Non aveva mai pensato ad una cosa del genere, sapeva come ci si sentiva a venire usati e non avrebbe inflitto questa pena a nessuno, soprattutto a Jude.
“Ho capito sei arrabbiato, non ne capisco, davvero, il perché, non mi sembra di aver detto o fatto qualcosa di così fraintendibile, non ho fatto niente di diverso da quello che hai fatto anche tu. Credi che per me siano stati facili questi giorni? Credi che abbia fatto tutto di proposito? Credevo avessimo chiarito che quella notte non c’ero solo io in quel letto”. Robert stava iniziando ad arrabbiarsi, Jude non lo guardava e non rispondeva, lo faceva sentire un maiale che aveva approfittato di lui e solo il pensiero gli dava la nausea. “Cazzo Jude, guardami! Guardami e dimmi che non hai davvero pensato che io potessi usarti come un oggetto per il mio piacere, mi conosci, sai cosa ho passato e che non lo potrei mai fare.”
Jude iniziò a sentirsi uno stupido, ma era orgoglioso, non lo avrebbe  mai ammesso e poi ancora non era riuscito a convincersi del tutto della buona fede dell’altro. “Per piacere, esci da casa mia” usò un tono calmo ma Robert non aveva intenzione di cedere, non voleva crederci fece per avvicinarsi “Jude, ti prego, guardami e dimmi che non lo pensi veramente”, anche lui aveva smesso di urlare, ma prima che potesse avvicinarsi e toccarlo Jude alzò lo sguardo su di lui e disse deciso “fuori di qui!”.
Robert rimase impietrito, non prese nemmeno la giacca, recuperò solo il cellulare e le chiavi dell’auto e uscì sbattendosi la porta alle spalle.
Salì in macchina e iniziò a correre come un pazzo, era arrabbiato, era deluso, non con Jude, ma con se stesso, per non essere riuscito a farsi ascoltare per essersi reso ancora una volta ridicolo. Tornò in albergo, ma non aveva sonno, non sarebbe mai riuscito a dormire. Non sapeva cosa fare, doveva trovare qualcosa per scaricare la tensione, ancora non riusciva a credere come si era conclusa quella giornata. Non sapeva come passare il resto della serata per stancarsi, quando gli venne in mente che l’albergo metteva a disposizione dei clienti una piscina coperta, fare qualche vasca lo avrebbe aiutato sicuramente. A quell’ora la piscina era chiusa e sapeva che avrebbe dovuto fare ricorso a tutto il suo charme per ottenere le chiavi, ma questo non era mai stato un problema. Indossò una tuta, prese le chiavi della camera e il cellulare, non sapeva bene perché, non aspettava nessuna chiamata né tantomeno, lui, avrebbe chiamato qualcuno, ma ormai era un’abitudine portarlo con se tolse la suoneria e uscì dalla camera.
Come previsto non ci mise molto ad ottenere le chiavi per accedere alla piscina, passò dagli spogliatoi recuperò un paio di asciugamani, un costume e si spogliò. Portò gli asciugamani a bordo piscina, poggiò cellulare e chiavi su di esse e si tuffò.
La piscina era di quelle olimpioniche, lunghissima, si sarebbe distrutto, era quello che voleva.
 
Nel frattempo Jude era ancora nel salone di casa sua, seduto a terra a fissare la porta da dove Robert era uscito. Come aveva potuto pensare e poi dire quelle cose? Sentiva la sua mancanza e l’unica cosa che era riuscito a fare, era allontanarlo ancora di più. Lo aveva portato fino alla rabbia, peggio, lo aveva ferito, deluso, non meritava quelle parole, non Robert ed ora Jude non meritava il suo perdono. Si alzò in piedi, indeciso sul da farsi, avrebbe voluto chiamarlo, ma per dirgli cosa? Lo aveva cacciato dopo avergli detto le cose peggiori da dire a chi è già ferito.
La prima cosa che avrebbe fatto il giorno dopo sarebbe stata andare da Robert e chiarire, non poteva neanche lontanamente pensare di non parlargli più, sapeva che non poteva sperare in un perdono totale, ma gli sarebbe bastato che Robert non lo odiasse, anche se la vedeva difficile, lui si sarebbe odiato a morte.
Si preparò per andare a dormire, anche se aveva una strana inquietudine, mille pensieri che vorticavano nel cervello. Dio, come avrebbe fatto a prendere mai sonno?
Continuava a pensarlo, sperava che almeno lui dormisse, ma non ci credeva più di tanto, lo conosceva.
Basta, doveva chiamarlo, sapere come stava, magari si sarebbe guadagnato un “fuck you” ma almeno avrebbe sentito la sua voce, ne aveva bisogno. Sempre se avesse risposto.
 
Prese il cellulare e compose il numero di Robert, lo conosceva a memoria. Uno squillo, due squilli, tre, quattro, niente, non rispondeva. Riprova ancora, niente. Ora iniziava a sentire il panico, che fine aveva fatto? Se non voleva rispondere bastava staccare la chiamata e spegnere il telefonino, se non lo faceva o non lo aveva con se o non poteva farlo. Dov’era?
Riprova ancora, anche mentre si veste, ha deciso di andare in albergo, deve assicurarsi che sia lì. Continua a chiamare.
 
Robert aveva fatto quasi dieci vasche, era stanco, non riusciva quasi a sentire i muscoli, ma non voleva fermarsi, riusciva ancora a pensare, non andava bene. Nel frattempo il telefonino sugli asciugamani continuava a vibrare, ma lui non poteva sentirlo. Dieci, venti, trenta chiamate, tutte di Jude. Continua a nuotare.
 
Jude arrivò in albergo, non voleva controllare se c’era la macchina di Robert, se non l'avesse trovata, sarebbe potuto morire lì in quel garage mentre, magari, Robert l’aveva lasciata, semplicemente, fuori. Voleva sperare che era in camera, che dormisse e che era solo per quello che non rispondeva al telefono.
Arrivò alla reception, si fece consegnare la chiave della sua camera, la ragazza lo guardò stranita, era un orario un po’ insolito, le due del mattino, ma l’unico a cui doveva delle spiegazioni, ora, era Robert. Nessun altro.
Salì in ascensore, arrivato al piano iniziò a sentire il cuore galoppare, si avviò alla porta della sua camera come se stesse andando al patibolo, aveva paura di non trovarlo, non sapeva come avrebbe reagito.
Aprì la porta di camera sua e, dopo aver preso un profondo respiro, aprì anche la porta che divideva la sua suite da quella di Robert. Lo cercò, provò a chiamare il suo nome, si sentiva uno stupido, ma ci sperava che potesse rispondergli. Riprese il cellulare e riprovò a cercarlo al telefono, ma come prima non rispose. Iniziò a piangere, non riuscì controllarsi, provò a mandargli un messaggio con la speranza che lo leggesse "rispondimi, perfavore". Lasciò cadere il cellulare sulla moquette ai suoi piedi, raggiungendolo poco dopo, continuando a piangere e a chiamare il nome di Robert.
 
Finalmente distrutto, Robert uscì dalla piscina, prese un asciugamano e iniziò ad asciugarsi, prese l’altro e se lo avvolse attorno alla vita lasciandosi cadere a bordo piscina ansimante. Si rese conto, per miracolo, che per prendere gli asciugamani aveva quasi fatto cadere il cellulare e le chiavi in piscina, li recuperò e notò che la spia delle chiamate lampeggiava. Lo sblocca e trovò 43 chiamate perse, tutte di Jude e un messaggio, sempre di Jude "rispondimi per favore".
Sarebbe dovuto essere arrabbiato, ferito, deluso, ma in quelle poche parole lesse il dolore di Jude, non riuscì a rimanere indifferente.
Recuperò le forze in un secondo e mentre si avvivava agli spogliatoi per cambiarsi fece partire la chiamata per Jude.
 
È ancora steso a terra scosso da singhiozzi, quando improvvisamente lo schermo del suo cellulare si illuminò e vibrò, una chiamata, era Robert. Afferra il cellulare e risponde, ma non riesce ad emettere nessun suono.
 
Robert, sentì rispondere, ma sentì solo respirare e fu di nuovo lui a dover prendere la parola. “Jude? Jude dove sei? Ti prego dì qualcosa”.
 
La sua voce, finalmente, credeva non l’avrebbe più risentita “Rob” dice ancora tra i singhiozzi “ ti prego perdonami…”
Robert lo interrompe “dimmi dove sei che ti raggiungo”
Jude piange più forte “io?!? Io dove sono? Tu dove sei?!, sono venuto a cercati in albergo e non ti ho trovato, ho rischiato di morire!” singhiozza. “Sei in camera mia?”
 “Si”
 “Arrivo” e attaccò
 
È ancora bagnato mentre indossa la tuta, non importava, chiuse tutto e iniziò a correre, correre veloce. Al risveglio i muscoli avrebbero fatto un male atroce, ma non importava le lacrime di Jude avevano fatto più male. Lasciò, rapidamente, le chiavi della piscina alla reception e si fiondò nel primo ascensore disponibile. Preme il 4° piano. Dio quanto era lenta. Finalmente le porte si aprono e lui corse in camera sua. Spalancò la porta e lo chiamò “Jude!” Lo sentì singhiozzare, non ne poteva più, lo raggiunse e lo vide seduto a terra che si teneva le ginocchia nascondendoci il viso, lo chiamò ancora, con tono più dolce. Jude lo guardò, aveva gli occhi gonfi per le lacrime e tremava.
Nonostante tutto non potè non pensare che era bellissimo.
Andò a sedersi al suo fianco, gli avvolse le spalle con un braccio e se lo tirò contro, stringendolo a se.
Jude si lasciò prendere, lo avvolse a sua volta con le braccia e andò a nascondere il viso nell’incavo tra collo e spalla di Robert. Ritornò a piangere. Robert portò l’altra mano ad accarezzargli il viso, provò a chiamarlo per farlo uscire dal suo nascondiglio, ma Jude non volle, si sentiva uno stupido. “Lo so che non lo merito, ma ti prego, perdonami”.
Robert capì qual era il punto e sorrise “piccolo ascoltami, l’ho già fatto, ti ho perdonato non appena mi sono chiuso la tua porta alle spalle”.
Non appena sentì quelle parole e come lo aveva chiamato l’altro, finalmente trovò il coraggio di guardarlo, poggiò la fronte a quella di Robert e sorrise debolmente. Portò le braccia dietro al suo collo infilando le mani nei suoi capelli ancora umidi.
“Sei tutto bagnato, dov’eri?”
“In piscina”.
“Piscina!?”
“Si quella dell’hotel, avevo bisogno di stancarmi un po’ e scaricare la tensione”
Si sentì colpevole, Jude, lo guardò, voleva rimediare, ma non sapeva come fare. “Va ad asciugarti, l’ultima cosa che voglio e che tu ti ammali” Robert sorrise, “ora vado, ma prima tu, come ti senti?” continuavano a tenersi stretti e a guardarsi negli occhi.
“Molto meglio, come potrebbe essere il contrario visto dove mi trovo? Ma credo di avere  un problema.”
Ora è Robert a preoccuparsi  “che succede? Cos’hai?”
Jude provò ad allontanarsi, ma Robert lo trattenne. “Credo… credo di essermi innamorato di te” e distolse lo sguardo.
Robert si tranquillizzò “allora credo che i problemi sono due, Io non credo di essermi innamorato di te…”
Jude riportò lo sguardo sull’altro con un sorriso amaro e provò di nuovo ad allontanarsi, questa volta con più forza, Robert riuscì a trattenerlo ancora una volta ma Jude non si arrense “Lasciami, ti prego, mi sono reso già abbastanza ridicolo”
Ma Robert non ci pensava proprio a lasciarlo “no, non posso lasciarti andare, perché è vero, io non credo di essermi innamorato di te, Jude... ne sono sicuro”.
Jude smise immediatamente di lottare e si bloccò, portò lo sguardo stupito su Robert, lo guardò come non lo aveva mai guardato fino ad ora e si mosse, portandosi cavalcioni su di lui. Gli prense il viso tra le mani “ripetilo” Robert continuò a sorridere, anche per quella reazione “Ti amo Jude” e lo baciò, come se fosse la prima volta. Dopo un tempo considerevole, si separano e ancora sulle sue labbra Jude rispose “anche io ti amo”.
Quella notte fecero l’amore, per la prima volta.
   
 
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