Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: CharlotteMcCartney    03/03/2013    3 recensioni
E tutto il trucco non poteva renderla bella, perché la vera bellezza deriva dall'amare te stessa, e questo è qualcosa che lei non farà mai.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.

 

Aveva appena finito di mangiare ciò che conteneva il vassoio da pranzo della scuola quando si alzò per dirigersi verso il bagno. Un gruppo di ragazzi seduti vicino al suo tavolo continuarono a parlare della partita che quella sera doveva essere trasmessa e uno dei cinque ragazzi, vedendola andar via, si girò con dolcezza e la seguì con lo sguardò finché ella non girò l’angolo.
Il ragazzo iniziò a pensare mentre i suoi amici lo guardarono con un’espressione un po’ preoccupata.
 
- Insomma, succede ogni giorno Justin, cosa aspetti?
- A fare cosa, Jacob? – rispose Justin.
- A dichiararti, idiota! Ogni volta che la guardi lei abbassa la testa e sorride, chiedile di uscire. Muoviti però, altrimenti lo faccio io.
- No, lei è mia.
- Allora non aspettare. – sbottò Jacob.
- Jacob ha ragione, datti una mossa. – disse David.
 
I ragazzi si alzarono per dirigersi poi verso l’aula di inglese per un’altra stupida e noiosissima lezione con una professoressa bisognosa di sesso.
L’ora passò in fretta e quando la campanella suonò, si alzarono e uscirono dalla scuola. Salirono sulle loro moto e partirono verso casa di Justin.
 
 
- Alison, stasera non fare tardi. C’è la partita in tv e verranno molti clienti, capito?
- Ma questa è la mia giornata libera.
- No, non lo è più.
- E le mie giornate libere che fine hanno fatto? Ne ho una ogni settimana e in questo mese sono dovuta venire sempre.
- Ho detto che devi venire, non ti è chiaro il devi per caso?
- Si ok.
 
Chiuse la chiamata e gettò il telefono per terra.
 
- Alison, cosa succede? – le chiese la mamma entrando nella sua stanza.
- Quel grassone di Franck vuole farmi lavorare anche stasera al suo locale di merda solo perché c’è la partita in tv. Ma a me cosa frega della partita? Oggi è il mio giorno libero, cazzo.
- Su, vedrai che non ti farà ritirare tardi.
- Cosa? Sai cosa significa quando c’è una partita? Rimanere lì fino alle quattro di mattina. Non ho avuto neanche un giorno libero questo mese, diamine.
- Perché non ti licenzi?
- Perché mi servono i soldi. – rispose.
- Per fare cosa, scusa?
- Ai miei sogni non posso fargli fare la muffa, eh. Ora mi preparo e vado.
- Va bene tesoro, sono di sotto se hai bisogno, ti voglio bene.
- Anche io te ne voglio.
 
 
Anne, non era la sua vera mamma. Era la mamma adottiva che, quando Alison aveva 3 anni, l’adottò portandola nella sua casa di città della North Carolina.
A quel tempo, Anne, viveva da sola con il suo gatto e, data la grande necessità di Alison di allontanarsi da suo padre, decise di prenderla con sé e donarle tutto il suo affetto.
Alison non era molto diversa dalle altre bambine; aveva solo molti problemi.
Diciamo che grazie ad Anne, Alison era cambiata, era diventata più forte e il giudizio della gente le scivolava addosso come quella sera che, mentre si dirigeva verso il locale dove lavorava, iniziò a piovere e tutta l’acqua le scivolò addosso.
Entrò nel locale dove trovò  già dei signori piuttosto anziani che andavano lì tutte le sere. Erano pervertiti a tal punto da iniziare a fischiare quando Alison entrò.
 
- Ci offri una sera di sesso sfrenato? – disse uno di loro.
- Vuoi vedere come ti offro un calcio in mezzo alle tue palle ammuffite dal tempo?
- Franck, devi far controllare i tuoi dipendenti, eh. – disse il vecchio.
- Alison, stai zitta e fai il tuo lavoro. – le urlò in faccia Franck.
 
Detto ciò, Alison si diresse verso il bagno e indossò la sua divisa.
In realtà non aveva una divisa ma purtroppo, ogni volta che c’era una partita, era costretta da Franck a indossare una divisa che mettesse in risalto il sedere, le cosce, e la sua terza di seno. Sua mamma non lo sapeva, ma ogni volta, qualcuno cercava di avere rapporti con lei ad ogni fine partita.
Serviva un po’ come ‘se hai voglia di sesso io sono qui’, ma non era così.
Doveva indossare dei tacchi alti, una minigonna e una maglia ad ampia scollatura.
‘Adesso sono diventata anche una puttana’ – pensò.
 
 
I ragazzi, che si trovavano ancora a casa di Justin, decisero di andare a vedere la partita in un locale della città.
 
- Dove vogliamo andare? – chiese Noah.
- Non so. – sbottò Austin.
- Cosa ne pensate di andare al Coffe Bar? Dicono che è carino e molto attrezzato. – aggiunse Jacob.
- Cosa intendi per attrezzato? – intervenne Justin.
- Attrezzato, ahahah. – scoppiarono tutti a ridere.
- D’accordo, andiamo prima che si faccia tardi.
 
 
Così, uscirono e con le loro moto arrivarono al Coffe Bar.
Quando vi entrarono, Justin sgranò gli occhi.
Non poteva crederci, non lei.
 
- Dicevi attrezzato in questo senso?
- Sì. Insomma, il padrone del locale le ha detto che quando ci sono le partite deve vestirsi così. Glielo ha imposto e lei non può dire di no. Così mi ha detto Franck.
- Quell’essere non è un vero uomo. – sbottò Justin.
 
Jacob gli poggiò la mano sulla spalla e insieme si andarono a sedere ad un tavolo.
Sapeva che Justin c’era rimasto male; insomma, nessuno vorrebbe vedere la ragazza che ama quasi nuda in un locale frequentato spesso da uomini anziani perché si, lui l’amava. 



 

Scrittrice:
Salve gente, è da un po' che mancavo qui, ma sono ritornata.
La storia precedente ha perso qualcosa che non riesco più a trovare,
ma non ho smesso di scrivere.
Premetto che ho iniziato a scrivere perché ne avevo bisogno ed è uscito questo.
Non è il massimo, ma un inizio decente.
Ditemi cosa ne pensate in una recensione, per favore. (?)
Ne sarei felicissima c: e se mi date qualche consiglio, meglio ancora u.u
Un bacio, Charlotte

  
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