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Autore: DarkRose86    18/09/2007    11 recensioni
Lei somigliava a un petalo di rosa, candida e pura come il più bel fiore esistente sulla terra.
Lo era, prima che iniziasse la sua caduta; inevitabilmente.
Basta scrivere un nome su un quaderno, per sconvolgere la vita di una persona.

' Mentre seguo ricordi intermittenti in questo mondo immobile...
la realtà comincia a nascere dentro di me insieme alla tragedia.
Migliaia di tristezze, migliaia di bugie, migliaia di desideri, migliaia di...
Migliaia di amori, migliaia di occhi, migliaia di reali disperazioni. '
~ {Matt/Mello} {Matt/Sarah} {L/Sarah} ~
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, L, Matt, Mello, Near
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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INTRODUZIONE ( DA LEGGERE ):


a) Le tematiche trattate in questa fanfiction sono piuttosto pesanti, e in quanto tali consiglio la lettura solo a chi ritiene di non sentirsi offeso leggendo storie come questa.
b) Il rating non è rosso in quanto la storia non presenta descrizioni particolarmente dettagliate di un certo tipo di scene.
c) Mi sono permessa di inserire alcune citazioni al romanzo di Death Note, " Another Note ", ma non c'è nulla di veritiero in ciò che ho accennato, è frutto della mia fantasia. ^^

DISCLAIMERS: I personaggi di Death Note appartengono a Tsugumi Ohba e Takeshi Obata, non a me ( purtroppo ;_; ), e non traggo alcun beneficio in denaro dalla pubblicazione
di questa storia; mi sono in ogni caso permessa di inserire un personaggio ( la protagonista ) di mia invenzione. Spero che potrete amarla come la amo io ( in senso letterario, s'intende X°D ).

AVVERTIMENTO IMPORTANTE: alcuni personaggi, soprattutto L, saranno OOC, ma lo devono essere per esigenze di storia; spero comunque che nonostante ciò non risulteranno sgradevoli. Fatemi sapere! ^_^

Allora... parto col dire che AMO profondamente questa storia: non so neanche io perchè, e soprattutto non so dire cosa o chi me l'abbia ispirata... oddio, forse c'entra un pò la canzone "Forgotten Children" dei Tokio Hotel, certamente ha fatto il suo. X°D Comunque, vi avverto che siete di fronte a qualcosa di molto particolare... spero l'apprezzerete. Buona lettura!


Prologo


Mi chiamo Sarah, sono nata a Los Angeles e cresciuta in un orfanotrofio che si trova tutt'ora a Winchester, in Inghilterra; Sarah non è il mio vero nome. Perchè ho deciso di farmi chiamare così? Beh, è una storia lunga, meglio cominciare dall'inizio.

< Questa è la nuova arrivata, si chiama Evangeline. > asserì il distinto signore di nome Roger di fronte a coloro che già da tempo vivevano in quel luogo; io vi ero arrivata troppo tardi. Avevo già tredici anni, e gli altri mi vedevano come un'estranea, seppur fossimo praticamente tutti coetanei, essendoci pochissimi anni di differenza fra noi: chi aveva la mia età, chi aveva un anno in più e chi uno in meno. Qualsiasi fosse la nostra età, la situazione era la stessa per tutti: eravamo rimasti orfani.
C'era qualcuno lì, che non aveva mai conosciuto i propri genitori, e per questo si disperava, ogni santo giorno; io, per quanto mi riguarda, avrei preferito non avere mai saputo che razza di persone erano i miei. La cosa certa è che mi odiavano, e dire che mi hanno cresciuta fino all'età di tredici anni è proprio una bella battuta. Sì sì.
I miei compagni alla Wammy's House, l'orfanotrofio in cui ero stata portata dopo che loro erano stati barbaramente uccisi, spesso mi evitavano: evidentemente, il mio essere solitaria e il mio sguardo spesso e volentieri cupo e assente li spaventava; giravano addirittura voci secondo le quali ero stata io a far fuori i miei genitori, perchè mi maltrattavavo. No.
Sapevo che era stato un pluriomicida che si divertiva un mondo a "giocare" con i corpi delle sue vittime, ma non conoscevo nè il suo volto, nè il suo nome; e quando conobbi quattro persone speciali in quell'istituto, persone che mi volevano bene per quella che ero, mi capitò di pensare a lui come un salvatore, nonostante avesse contribuito a rovinare la mia vita con il suo folle gesto.
< Ciao, tu sei Evangeline, vero? Piacere di conoscerti. > disse un uomo molto giovane, ma di almeno dieci anni più grande di me, forse di più; era un tipo piuttosto, come dire... particolare. Sia per l'aspetto che per la sua mania per i dolciumi di ogni tipo; e, quando me lo dissero stentai giustamente a crederci, lui era il miglior detective al mondo: aveva persino risolto un caso incredibilmente difficile un mese prima che io arrivassi in quel luogo. Era stato a Los Angeles, e aveva smascherato l'assassino dei miei genitori, che mi sembra avesse detto che si chiamasse Beyond Birthday [*], o qualcosa del genere... non importava. Ciò che è era importante era colui che l'aveva catturato, la prima persona che mostrò interesse nei miei confronti: L. Già, proprio così si faceva chiamare, il più grande detective al momento in circolazione.
< Sono Evangeline Rose Carter, piacere mio. > risposi, calma e pacata, sforzandomi di sorridere.

Lui mi affascinava.

Troppo.


Wicked Game


Capitolo I - Come i Petali di Rosa


Erano passati ormai tre mesi da quando ero arrivata all'orfanotrofio, e mi sentivo felice, nonostante la maggior parte dei miei compagni stesse a debita distanza da me a causa delle voci che giravano sul mio passato; ma c'erano quattro persone che rendevano la mia vita finalmente degna di essere chiamata tale. Queste persone riempivano le mie giornate di gioia, fra pagine di romanzi e corse in giardino, grazie a loro riuscivo a sentirmi l'essere umano che ero sempre stata, ma che non ero mai riuscita a trovare dentro di me, dentro quell'anima di bambina cresciuta troppo in fretta. Passavo le mie giornate a studiare in biblioteca e a giocare con i miei pochi ma ottimi amici, e questo mi faceva sentire realizzata; ogni loro piccolo gesto, intriso di un grande sentimento d'amicizia, mi risollevava il cuore straziato dalle sofferenze. Con loro potevo essere me stessa, parlare dei miei problemi, piangere e ridere: loro mi avrebbero accettata per quella che ero. Certo, conoscevo ben poco di loro, ma tanto mi bastava a considerarli persone speciali:
uno di loro era un ragazzino che si faceva chiamare Mello; ignoravo quale fosse il suo vero nome, ma non mi sarei mai permessa di ficcanasare nelle sue questioni personali, tanto mi bastava averlo accanto. Era un tipo alquanto singolare, ciò era confermato dalla sua smodata passione per il cioccolato; era anche abbastanza viziato, ma decisamente un ottimo amico, a parte la sua morbosa ossessione nei confronti di Near, un altro mio amico, un ragazzo solitario e silenzioso, che passava le sue giornate a scomporre e ricomporre senza sosta il suo adorato puzzle bianco; costui era considerato lo studente numero uno alla Wammy's House, e questo infastidiva moltissimo Mello, che amava primeggiare in tutto.
E poi c'era il mio migliore amico Matt: che dire di lui? Un ragazzo simpaticissimo che adorava alla follia i videogames che ogni tanto mi prestava; con lui parlavo veramente di tutto, e lui faceva lo stesso con me. Più volte, infatti, mi aveva parlato del fatto che gli dava fastidio che Mello fosse ossessionato a tal punto dal giovane Near; Mello era il suo migliore amico e, alla fin fine, il suo punto di riferimento.
Insomma, ognuno di noi aveva una propria passione; io avevo L.
Già, proprio lui; il grande detective, lo sguardo gentile che mi aveva colpita dritta al cuore. Io e i miei amici adoravamo le storie che ci raccontava quasi ogni sera, riusciva a farci sognare con lo splendido suono della sua voce e con la sua innata fantasia; era il nostro modello, era come saremmo voluti diventare da grandi. Near, Mello e Matt erano addirittura candidati a diventare suoi successori, anche se chi si impegnava davvero a diventarlo erano i primi due. Matt era semplicemente l'ombra di Mello; un giorno mi disse che l'avrebbe seguito sempre e dovunque. Ipotizzai che provasse qualcosa di più della semplice amicizia, e la cosa mi toccava il cuore ogni volta che ci pensavo; sarebbe stato meraviglioso: anche io avrei voluto che qualcuno avesse tanta considerazione di me.
Ma torniamo ad L... perdonatemi se non riesco a fare a meno di parlare di lui; non posso farci nulla. Quando lo conobbi meglio, mi capitava spesso di pensare che lui fosse il mio uomo ideale; una tredicenne non dovrebbe pensare a queste cose.
Non potevo fare a meno di osservarlo, sempre, soprattutto di guardarlo furtivamente dalla finestra della mia stanza quando camminava in giardino senza una meta precisa, con lo sguardo fisso davanti a sè, attento, i suoi capelli che ondeggiavano sotto il vento leggero di primavera, e la sua pelle chiara che pareva brillare, sotto il sole alto nel cielo. Lui mi piaceva; tanto.
Ma non avrei dovuto sentirmi così.
Una ragazzina come me avrebbe dovuto uscire in cortile con le sue compagne, ridere e scherzare, parlare di vestiti o di qualsiasi altra comune passione delle ragazze della mia età; io ero diversa. Ma non me ne sono mai pentita: come si può pentirsi di provare amore?
Nei giorni successivi, passai molte serate a parlare con lui, e mi resi conto che nonostante tutto, era una persona normalissima: con i suoi desideri, le sue paure, i suoi sorrisi e le sue preoccupazioni; era come me.

Come tutti noi.



< Ragazzi, domani L partirà; ha deciso di mobilitarsi per cercare di risolvere il caso di Kira. > affermò Roger, dopo aver convocato me, Mello, Matt e Near nel suo ufficio.

Kira.

Avevamo sentito parlare di lui; quel pazzo omicida che uccideva i criminali, non sapevamo ancora in che modo. Kira, che alcuni già vedevano come un Dio, come il salvatore del mondo.
Santo cielo, quanto possono essere stupidi gli esseri umani; ma io non posso parlare.

Quella sera, fra le urla di Mello che non voleva che L se ne andasse, i tentativi di Matt di calmarlo, e l'abituale compostezza dell'imperturbabile Near, mi sentiì un'estranea; di nuovo. Tanto che decisi di uscire in giardino, cosa che raramente mi capitava di fare; passeggiai un pò, per poi sedermi sull'erbetta fresca ad osservare il cielo, ad ammirare la lucentezza delle stelle che lo ornavano d'oro. Poi spostai lo sguardo, e mi soffermai sulla pianta di rose accanto a me; quelle che tanto mi piacevano. Erano davvero belle e profumate; mi avvicinai per carpire ogni sfumatura di quell'aroma rilassante, quando all'improvviso sentiì una mano sulla mia spalla. Era fredda, nonostante fuori facesse abbastanza caldo; mi voltai e vidi il suo volto, mi sorrise, e poi si sedette accanto a me, cogliendo uno di quegli splendidi fiori, per poi posarlo fra i miei biondi capelli. L.
< Che ci fai qui da sola? > mi chiese, accarezzandomi una guancia.
< Io... sono triste. > risposi, nascondendo il volto tra le mani, per nascondere l'imbarazzo e anche la prima lacrima che lenta, iniziò a scendere dai miei occhi azzurri, e rigò la mia guancia di bambina, arrossata per quell'inaspettato contatto.
< Devi stare tranquilla, io tornerò. Quando avrò catturato Kira, tornerò qui. > cercò di tranquillizzarmi, poi alzò gli occhi al cielo.
< Evangeline Rose... > sussurrò, voltandosi poi verso quella bellissima pianta, < ...il tuo secondo nome è Rosa... il nome di questi fiori che tanto mi piacciono... > asserì, < ...è curioso, non trovi? > chiese, mentre io cercavo invano di trattenere i singhiozzi. Inutile.
< Ehi, ma... tu stai piangendo! Che ti succede? > chiese preoccupato, posando le sue mani sulle mie spalle.
E in quel momento, istintivamente, lo strinsi forte a me, piangendo senza preoccuparmi di fare brutta figura; non dovevo temere queste cose di fronte a lui.

In fondo, ero ancora una bambina.

Mi accarezzò a lungo la schiena e poi i capelli, per tranquillizzarmi, mentre io mi beavo del suo profumo e del suo magico tocco; non dovevo, ma stava succedendo. Al diavolo i pregiudizi e le mie paure, al diavolo tutto. Per me, in quel momento, c'era solo lui.
< Sai, tempo fa, mi capitò di dare un nome a questa pianta di rose. > disse, continuando ad abbracciarmi.
< Davvero? E quale? > chiesi, e mi sfuggì una sincera risata; era curioso, ciò che aveva appena detto.
< Sarah... >
< E perchè proprio Sarah? >
< Non so... mi è sempre piaciuto questo nome... >
< Mh... è bello. > annuiì, sorridendo ancora.
< Che ne dici se, da ora in poi, ti chiamiamo Sarah? >
< Ok ma... perchè? >
< Ho come la sensazione che il tuo nome non ti piaccia... >

Centrato.

Fu da allora, che anche io iniziai ad usare uno pseudonimo, proprio come L e gli altri; e in futuro, mi sarebbe servito, non potete nemmeno immaginare quanto.

< Ti amo... > sussurrai piano, sperando che L non sentisse.
< Mh? Cos'hai detto? > chiese, guardandomi intensamente.
< Eh? No... no, niente. >
< Forse... ti amo anche io. >

Forse.

Ho sempre odiato essere considerata una bambina, nonostante fosse la stessa identica cosa che anche io pensavo di me stessa; ma nonostante quel forse, quelle parole mi colpirono dritta al cuore, e le lacrime scesero di nuovo. Stavolta, erano di gioia.
< Però non staresti mai con me, vero? Io sono troppo piccola... >
Non finiì la frase, perchè lui si appropriò velocemente delle mie labbra con un dolcissimo bacio; il mio primo bacio.
< Perdonami, io ti amo davvero... tu aspettami, io tornerò presto, te lo prometto... >
< Sicuro? >
< Ti sembro un tipo che non sa mantenere le promesse? >
< No... >

Non lo so...

< L... come fai a dire che mi ami? Io... sono così giovane e inesperta... mentre tu sei un adulto, e poi ci conosciamo a malapena, e... >
Mi posò un dito sulle labbra, delicatamente, per farci cenno di stare zitta.
< Sei proprio ingenua... da questo si capisce che sei molto giovane... >
< Lo so... > affermai abbassando lo sguardo; anche lui mi considerava una bambina.
< ...ma dentro di te, in fondo, sei un'adulta; molto di più delle tue coetanee. Ed è anche per questo che mi piaci. > continuò. E in quel momento, dentro di me, provai una gioia inspiegabile, un'emozione che mi travolse come un'alta marea.
< Anche per questo? >
< Sei così bella... > disse poi, abbracciandomi di nuovo, teneramente.
< Dimmi... sei sempre così dolce, quando ti piace qualcuno? > chiesi, poggiando la testa sulla sua spalla, beandomi del suo calore.
< Ti dirò... è la prima volta che mi sento così. >
Passammo la serata a parlare di noi, anche se in verità fui io a parlare, e lui mi ascoltava rapito; non sapevo praticamente nulla di lui, tranne il suo vero nome. Mai avrei immaginato che me l'avrebbe detto: " L Lawliet... " sussurrò piano al mio orecchio.

Il giorno dopo, lui se ne andò di prima mattina, mentre piangevo silenziosamente tenendo il mio amico Mello tra le braccia, anche lui triste come me; non potevo sapere cosa sarebbe successo in futuro, e sinceramente, mai l'avrei immaginato. Basta scrivere un nome su un quaderno, per sconvolgere la vita di una persona.




< Tornerò, te lo prometto. >
< Ti amo, L. >
< Anche io, Sarah... >


Come petali di rosa trasportati dal vento, il mio amore volò via da me, promettendomi di tornare presto; l'avrei aspettato, per tutta la vita, se necessario.


Fine Capitolo Uno

[*] Beyond Birthday è il killer che compare nel romanzo di Death Note, "Another Note". Il fatto che abbia ucciso i genitori della mia protagonista è puramente di fantasia.


Ed eccoci alla fine della prima parte...che dire? Spero di cuore che l'abbiate apprezzata. Commentate please. T_T ( ovviamente sono ben accetti anche commenti negativi, in quanto stimoli a migliorare! )
  
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