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Autore: Falsa dea molto adorata    03/03/2013    4 recensioni
Sasuke sapeva che era il nulla lacerarlo dallo stomaco, non avrebbe mai immaginato che potesse sentirsi peggio, non sentiva più grida, non vedeva più dolore, era solo.
Hinata provava dolore, lo avvertiva profondamente scolpito nelle ossa e la vaga reminiscenza che non doveva essere stato sempre così aggiungeva soltanto la nausea alle lacrime.
"Una goccia scarlatta sorge inattesa dai miei occhi e si sospende un attimo tra le ciglia prima di precipitare sulle pagine malconce che reggo sulle ginocchia, schiantandosi silenziosa sui nomi Hinata e Sasuke e scambiandone i tratti netti in una macchia indistinta"
Testo metalinguistico, di cui sono estremamente orgogliosa.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Meglio non lasciare senza presentazione... Allora, questo è un esperimento poichè è un testo metanarrativo che ho scritto sotto effetto di dieci ore di semibuio e silenzio in cui ero l'unica sveglia su un aereo quindi capitemi... La coppia io la AMO anche se è crack quindi aspettatevi altri trip in proposito. Ah, fatemi assolutamente sapere cosa pensate della fine e le vostre teorie, sono la cosa più interessante! Un'ultima cosa... era prevista una trama (lunghetta) una volta, che faccio, continuo?
La vita è un lungo viaggio ma con questo non voglio dire che duri molto, anzi, a volte pare sfuggirci tra le dita in un attimo: forse farei meglio a dire che è un viaggio lungo e, sì, c’è differenza. Quando siete su un pullman, un aereo, un treno, per molte ore che si sovrappongano fino a sembrare anni e non avete orologi o cellulari che scandiscono gli istanti, così che tutto appaia un lunghissimo secondo, nel quale dormite, leggete, scrivete- sì, io sto scrivendo in viaggio-, la vita si allontana: gli obiettivi e i rimpianti, il passato e il futuro, diventano null’altro che ombre sfocate su un rullino vergine; se ci riflettete un secondo, se riuscite a raggiungere questa condizione, vi accorgerete che non sto soltanto giocando a creare un’armonia tra le parole.
Scavate, o meglio: smettete di cercare, abbassate i finestrini, soffondete le luci, guardate gli altri avventori del viaggio come pure immagini cerebrali, mettete su una musica senza parole comprensibili... vi accorgerete di essere vuoti, sentirete il nulla, sempre soffocato da obiettivi e speranze, che invece vi accarezza dolcemente l’anima, vi apre gli occhi e vi costringe le braccia.
Noi viviamo di suggestioni, ecco, ora non sarete d’accordo ma io vi assicuro che è così: le storie, le vite di altri, scavano tracce che noi non avremmo mai percorso da soli e, se voi siete di quelli concentrati esclusivamente su loro stessi e state negando, ora, sappiate che non c’è gente più intrappolata di quella accecata dal quadro della propria vita; mettete un segnalibro alle azioni e volate avanti con l’anima per centinaia di pagine, per infiniti libri.
Se siete d’accordo, tanto lo farò comunque, ignorerò gli sguardi attoniti e quasi rancorosi dei miei compagni di viaggio, che mi vedono tracciare linee che interferiranno per sempre nella vita che si avvolge e svolge nel mio quaderno, che temono di essere catturati in un’attività insolita e di una profanità quasi sacrale, e vi narrerò a proposito di suggestioni che si ripiegano su loro stesse, di viaggi a cuore aperto- non ho sbagliato lessico-, gente, di personaggi con cui voi traccerete nuovi solchi sul vostro cuore, catturati dai loro abissi e trascinati contro natura nel caotico, colorato grigiore dell’universo al di là del finestrino.
Come le cinque ore che separano me dal prima e le tre che fanno lo stesso col poi, così il lungo viaggio da Konoha a noi si dilaterà in attimi e contrarrà in secondi per Hinata, che giungerà con un bagaglio di un viaggio mai affrontato, se non nella nostra mente.

Ho bisogno di vivere, non posso evitarlo, voglio volere.
Lo pensa lei quel giorno e lo pensa la metà di noi, la metà che non agisce e non si illude, gli “altri” per tutti, nessuno, per noi stessi. Bene, ha deciso per l’ennesima volta di avere bisogno di impulsi e questa volta  -è un esigenza di copione, non mi guardate così- riuscirà a vincere; ma a quale prezzo?
Questa non è soltanto la storia di Hinata, è anche la storia di Sasuke, che il viaggio lo compirà al contrario -adesso non protestate ancor più ferocemente, fino ad ora nemmeno io sapevo che fossero esattamente loro i prescelti per essere catapultati in questa violenta e abbagliante delicatezza-.
Focalizziamoci invece sulla ragazza, che rimbalza da un angolo all’altro della propria stanza in preda all’ansia per qualcosa mai fatto prima, un’ansia che cela una certa noncuranza e un certo astio per l’obbligo che si è posta, aiutata dalla sua insistente migliore amica per un viaggio in un nuovo mondo fluorescente, animato da musica pulsante e sconvolto da battiti impetuosi, dove i pensieri vengono compromessi e le illusioni amplificate. Per questo viaggio nel fondo dell’anima di ognuno fino a perdere e ritrovare la propria in altre vesti, Hinata pensa di dover creare un’immagine di se stessa altrettanto pulsante, sconvolta, impetuosa e amplificata; forse non riflette davvero, più che altro agisce seguendo l’istinto risorto da secoli di seduzione.
Sapete com’è, no? La confusione nasconde già un proposito certo e delineato dall’inchiostro scarlatto del destino ma noi non ne siamo consapevoli- peccato, eh?- quindi dovrete credermi senza prove, stavolta.
Bè, lei pensa di aver deciso di rinunciare, di non uscire per mancanza di decisione e abbigliamento, ma il suo spirito neonato ha già optato per un abitino che mai ha osato toccare in precedenza e che crede di aver scelto in un attimo di assoluta follia. Il tubino rosso le copre a malapena le cosce pallide e lascia scoperto gran parte del prosperoso seno, le decolleté laccate le slanciano le gambe e i capelli scuri sono trattenuti da una bandana usata come fascia.
Intrigante, nevvero? Non sto facendo fan-service, voglio solo palesarvi come l’abisso tra l’interiorità e l’esteriorità si manifesti apertamente, al di là della maschera che fondiamo sulla nostra carne. Il problema sopraggiunge se tentiamo di toglierla, perché siamo costretti a strappare via anche la pelle del nostro volto e ciò che rimane sono solo sangue e ossa: proprio su queste io voglio spargere sale, prima che siate costretti a indossare un volto artefatto nuovo fiammante per sopravvivere.
Hinata sta cercando, quasi inconsciamente, di colmare questa differenza: per ogni centimetro della sua anima insicuro e tremante, un centimetro del suo corpo è agghindato e provocante; si guarda allo specchio, agghiacciata da se stessa ma allo stesso tempo affascinata dal non riconoscersi nella ragazza semplice, meglio dire banale, e naturale, meglio dire sciupata, che ogni giorno risponde con un cenno al suo saluto verso la lastra argentea.
Si trucca e si siede sul divano, pensa a quando la madre gli ha detto che se farà innamorare un uomo di lei, sarà felice- attenzione, forse ci sarà un finale carino e fantasioso su questo punto, ma fingete di non saperlo- e si risponde che era davvero felice quando era innamorata, che l’amore è equivocato, ed essere amata non le sarebbe di nessun aiuto; -perciò non si deve fare ritardo: guardate come si imparanoiano le ragazze in attesa- pensa ciò, aspettando che Ten-Ten venga a scollarla da lì a calci, si promette che se l’amica non salirà fino a casa lei non scenderà assolutamente, si ripete che è ridicolo scegliere di iniziare a vivere in un luogo tanto inappropriato come un night club, soprattutto se si è sempre state ragazze morigerate; si risponde che lei non vuole essere una brava ragazza, non quella sera, lei vuole solo essere felice.
Il suono del citofono è la sua ancora di salvezza contro l’indecisione che la spinge a compiere due scelte opposte nello stesso momento e lei ci si aggrappa prima di rischiare una crisi di panico.

Ten-Ten, superdeterminata e superallegra, bussa insistentemente contro il solido uscio di ciliegio finché non le viene aperto; non ha sciolto i capelli ma ha piastrato la frangia e ha steso un velo di fard sul volto pieno, Hinata si sente una prostituta al confronto dell’amica, finché quest’ultima non  le svela il suo abbigliamento al di sotto del lungo spolverino. Prende anche lei un soprabito scuro, sarebbe sconveniente seminare maldicenze e bisbigli sul loro percorso come grani per sporchi piccioni famelici. Avete presente quelle donnine di mezza età con tantissimo tempo libero e che decidono di dedicarlo a infangare le vostre reputazioni? Ecco, ci sono anche nella città di cui abbiamo deciso di parlare.
La nostra creatura non sa bene dove stiano andando e non sa cosa provare in proposito, una volta si sarebbe vergognata delle sua mise e questo sentimento non si è del tutto placato, ma a quel tempo era invasa dalle emozioni, dall’amore. Pensa a questa parola con una punta di disprezzo che sa di nostalgia ma anche con rimpianto, c’è qualcosa di speciale nel sentirsi pieni di vita, disposti ad andare oltre ogni limite per qualcun altro, elevati allo status di divinità risplendenti di luce perpetua; ora non ne è più capace, è stata ignorata, umiliata dall’indifferenza e dalla mancanza di rispetto di un’unica parola mai detta, è sorta alla vita per lui e a lui l’ha consacrata, una luce l’ha guidata a casa ma la dimora degli angeli l’ha trovata spoglia e gelida; si è svegliata, levata in un torpore che non le permette di tornare nelle tenebre oniriche, di vivere nell’illusione che l’ha cullata per anni, ma nemmeno di cominciare a esplorare la realtà e di accettare i suoi schiaffi.

Accompagnata da questo mesto pensiero che non aggiunge nulla alla propria interiorità e da una brezza leggera che raffredda il suo più intimo lembo di pelle, continua a camminare, finché l’oscurità incipiente è lacerata da luci insieme cupe e penetranti, di un rosso che ricorda sangue scorso in silenzio; Hinata si chiede quanto debba essere inquietante un luogo che faccia sentire a proprio agio la parte più nascosta delle persone ed io giro a voi la domanda: perché la dannazione che trasuda nella graffiante e profonda musica, nelle luci basse e nel luccichio di bicchieri dorati d’ambrosia terrestre, ci è più congeniale di luci sbiadite e diurne, cibi sani e tiepidi e morbidi abiti accollati?
Hinata varca tremante la soglia, si volta sconvolta verso Ten-Ten, il locale ha quasi l’aria di essere un circo ma è allo stesso tempo l’ambiente più affascinante in cui abbia mai messo piede: una spirale di colori confonde i limiti e gli spazi, annegati in un bagno di sangue e sollevati da ossature dorate, avvolti da veli di regni lontani e illuminati da figure adamantine che lusingano le sbarre della loro erotica prigionia con tocchi superbi e lascivi. L’amica sussurra qualcosa riguardo a un appuntamento e sparisce nella folla eclettica ed eterogenea, lei non sa cosa fare, rimane bloccata a lungo tra i movimenti frenetici di gente dal cuore pulsante e dalla mente vagante, i suoi occhi chiari riflettono gli animi che s’intrecciano dentro e fuori la pista, decide che la cosa più normale da fare è dirigersi al piano bar per rompere l’imbarazzo. Non ha notato la vicinanza di questo a uno dei palchi, finché non si è trovata troppo vicina a un ragazzo lucido d’olio e completamente fuori posto dietro le sbarre argentee, che ha come unico capo d’abbigliamento un tanga bianco e oro e il cui volto troppo giovane è oscurato da una cascata di capelli biondi attraverso cui può scorgere un occhio azzurrissimo completamente assente; ha gli stessi colori del suo grande amore, ammette, ma non possono essere riuniti in modo più diverso, pensa, osservando il giovane, che gioca con le spire evanescenti che lo separano da donne incantate e sconvolte, e la sua profonda cicatrice sul pettorale sinistro, trasformata in una grottesca bocca.
Dovremmo tutti mutare le nostre cicatrici in tatuaggi, spingere il nostro io all’esterno fino a renderlo una maschera, cosicché abbia effetto sul mondo e non più sulla nostra anima, dovremmo staccare i nostri occhi dall’incanto della scoperta di qualcosa di dimenticato e seguire quelli di Hinata, sbarrati e quasi impauriti dalla perfezione e dalla maestria del secondo spogliarellista, vestito soltanto dei capelli tinti d’argento e tenuti dal gel. Nonostante la ragazza non sia un’habitué di  night club scommetterebbe sulla maggiore esperienza dell’uomo che, incurante delle regole e della sicurezza, concede di essere consumato in ogni sua parte dalle dita roventi di donne folli, che ammalia col suo sguardo tanto profondo da sembrare violetto- la ragazza rabbrividisce- ed esibisce con noncuranza e piacere profondi graffi infiammati e ancora sanguinanti. Come se quel luogo fosse stregato, ogni persona su cui posa gli occhi le pare cedere un pezzo di sé alla sua anima: il terzo spogliarellista, con gli occhi glaciali contornati di kohl e i capelli tanto rossi che la fanno dubitare siano la fonte della luce folle di quel luogo, le coppie che simulano l’amplesso che poi consumeranno nei privè e nel parcheggio, i veterani del luogo con i loro abiti passati di moda da un trentennio che distribuiscono neve credendo di passare inosservati, i ragazzi che tentano di rendere una serata tanto costosa meritevole di qualche ricordo obnubilato dall’alcool, circondandola di sguardi vogliosi e avvolgenti che le facevano venire voglia di seppellirsi all’istante. Fugge verso il palco dedicato alla lap-dance per uomini, sperando di bere indisturbata al piano-bar vicino e nutrendo gli occhi nella sua traversata.

Vi è mai capitato di pensare che l’importante non sia ciò che fate ma ciò che vedete? Parlare è inutile, è lo scremarsi reciproco di personalità che lottano per rimanere nascoste, agire è seguire una serie di convenzioni prestabilite che si ripetono in un’illusione senza tempo, osservando si coglie l’essenza del vero, quello che rimane quando cadono tutte le barriere che la nostra mente pone a sua salvaguardia e Hinata fissa i suoi occhioni puri sulla vita e sulla morte di quel luogo, poi il suo sguardo cade su un ombra, sarebbe azzardato definirlo un ragazzo, che siede al banco con una mano tra i disordinati capelli scuri e l’altra impegnata con un bicchiere e una sigaretta. Mi è bastato un tratto di penna per unire i loro cammini, per percorrere un passo che ognuno di noi impiegherebbe secoli di lacrime e ombre per attraversare.
La ragazza si avvicina, ipnotizzata dallo sguardo fuggente che le è stato lanciato appena si è inserita nel campo visivo del suo nuovo obiettivo, deve soltanto chiedere un bicchiere pieno di qualsiasi cosa al di sotto dei dieci gradi, ordina , invece, una caipiroska e aspira a pieni polmoni l’aria satura di un profumo nuovo che le pare conoscere da sempre.
Vedete un ragazzo seduto al bar di un night, e -perdonatemi l’ironia, spero sottile, che cogliete nelle mie parole -chiaramente è il tipico tipo tenebroso che beve e fuma erba perché il suo animo puro e nobile è stato intaccato da eventi che l’hanno scosso troppo profondamente e, ragazze ingenue e dolci, venite catturate dal suo fascino oscuro per poi tirare fuori il meglio da lui.
Aspiranti Marysue, cambiate libro adesso, se ognuno diventa ciò di cui si nutre, Sasuke è vissuto di pane, odio e rancore e ha abortito dalla sua vita tutte le emozioni che non può scorgere nel caldo avvolgimento di una cicca o nel freddo fondo di una bottiglia di scotch e non posso cambiare adesso la sua anima soltanto perché non rientra nei vostri sogni; mi piacerebbe potergli parlare e fare in modo che le mie parole scavino in lui tanto quanto spero stiano facendo in voi, ma non posso, una profonda armatura di ghiaccio difende i suoi occhi arrossati e il suo cuore avvizzito, posso guidare le sue mani ma non il suo spirito.
Sasuke osserva la nuova arrivata, avvolta da una sensualità non disgiunta dalla goffaggine che tenta di nascondere, lei emana quella tranquillità tipica delle emozioni pacate che a lui mancano da così tanto tempo ed è incontrollabile e subitaneo il rapace istinto di appropriarsene, di cedere un po’ della violenza che lo corrode in cambio di uno spazio vuoto.
Non so se sia capitato anche a voi di sentirvi tanto pieni di emozioni da pensare che non ci sia più spazio in voi e, mentre quelle marciscono e vi trascinano in fondo, cercando di uscire dal vostro petto con un ringhio, voi vi trovate esuli al di fuori di un’interiorità ormai negata, condannati a sentire sempre le stesse voci, fino a fare qualsiasi cosa per farle tacere anche un solo istante... lui vive perenne in questo limbo da quando suo fratello maggiore, il suo grande amore mai sbocciato, la sua via e la sua vita, ha deciso di abbandonarlo per sempre e si è egoisticamente rifugiato nel mondo dei morti.

Da allora lui non ama, ha frequentato qualche ragazzo, ancor meno fanciulle, ma non ha mai pensato che ci fosse qualcosa per lui in loro, ora invece vuole cedere parte del suo fardello a colei che cerca emozioni e sensazioni opposte, vuole ferire i suoi ricordi e farli sanguinare in una persona lontana dal suo cuore.
Forse è sbagliato nei confronti del personaggio a cui vi stavo facendo affezionare, ma nella mia mano loro due hanno uguale peso, la piuma non penderà da nessuno dei due lati, non c’è giusto e sbagliato al di fuori del modo in cui io decido di farvi vedere le cose, -ora non iniziate a parlare di concetti assoluti perché queste cose le lasciamo agli stolti e ai religiosi, altrimenti sto sprecando un magnifico viaggio, un panorama superbo e delle poltrone abbastanza comode per parlare al vento- se io ritengo che Sasuke abbia diritto alla sua parte di comprensione, per un equilibrio formale che vi faciliti l’apprendimento, così sarà, nonostante la sua insanabile natura umana.
Il ragazzo, spero che non sia più soltanto il vostro beniamino, schiude le labbra pallide e si appresta a fare conversazione, cosa a lui sconosciuta, ispirato da desideri a lui alieni e incompresi.
Esala una considerazione vana sulla situazione sospesa, battendo leggermente il bicchiere sul piano di vetro e il barista si affretta a posare qualcosa sul tavolo e a fare le presentazioni; Hinata pigola il suo nome e il barman procede a nominare il ragazzo “Sasuke”, una “MaryJane o Maria” e se stesso.
La mora si guarda attorno alla ricerca di un’altra ragazza e poi fissa in viso i suoi due interlocutori, stupita.
Il nuovo compagno di bevute della ragazza ferma l’altro con la mano e spiega, quasi ghignando dalla sorpresa, che stanno parlando di marijuana e la invita bruscamente ad accettare.
Hinata non ne è molto stupita, visto l’ambiente, ma ha faticato a concentrarsi sull’erba, seppur accolta gentilmente dal suo profumo che lei ha sempre identificato come aria fresca, -davvero, vi dico, è uguale- si chiede quanto fumino i suoi vicini di casa e fa capire di non saper rollare, ma non rifiuta l’offerta. Non ha mai fumato prima, ma questa sera è speciale, inoltre le pare che gli unici effetti siano gli occhi rossi e la tendenza a incantarsi spesso a vivisezionare la realtà, cosa che a lei succede praticamente sempre.
Sasuke, preso dal suo strano umore, le serve da fumare, insegnandole come non espirare; la ragazza esegue, ancora priva di emozioni ma colta da una strana febbre che la invoglia a continuare. Dopo alcuni tentativi che si risolvono in sbuffi contrariati e strali di fumo grigio, riesce a ingollare tutto con un colpo di tosse, la gola brucia come se stesse bevendo acido e gli occhi lacrimano ma non sente altri effetti immediati.
Il ragazzo la vede chiudere lentamente gli occhi e immobilizzarsi, tremando e impallidendo, fino ad accasciarsi sul sedile; gli occhi saettano sotto le palpebre abbassate e un’espressione di sofferenza le si dipinge sul volto, stringe le palpebre e si graffia le mani. Sta riunendo tutti i frammenti di dolore della sua vita e allo stesso tempo è vivamente consapevole della vergogna che la assale per la sua debolezza in quell’istante, spalanca gli occhi, balbetta velocissimamente scuse incoerenti e afferma di star bene, poi ripiomba in stato catatonico, il tutto svariate volte, mentre l’altro le porge da bere, paziente nell’angosciata indifferenza. Hinata ride mitemente, pensando a come è caduta definitivamente la sua maschera adesso che si è distinta per inettitudine, ma la cosa le sembra molto meno grave ora, le sembra di vedere tutto attraverso un microscopio e solo i dettagli acquistano importanza, i dettagli come lo sguardo scintillante di Sasuke che sembra interessato a lei, nonostante tutto, come le sue mani bianche che la sorreggono per le spalle e le labbra pallide che si avvicinano sempre di più alle sue, socchiudendosi ed esalando fumo agrodolce. Il momento in cui siete perfettamente consapevoli che qualcuno sta per baciarvi e dovreste chiudere gli occhi e avvicinarvi, spesso pensate alle tante alternative che avete e alle loro conseguenze, fissate le espressioni dell’altro e quello che vi si nasconde dietro e soltanto dopo stabilite di poter accettare il compromesso e iniziate la danza di labbra e lingue, concentrandovi sulla tecnica e sul risultato.

Bè, tutto ciò non è produttivo e a questo punto vi consiglio di smettere, di cercare qualcuno che vi faccia rabbrividire, non di disgusto come capita spesso, che vi costringa a stringere le gambe e a trattenere gemiti strozzati.
Hinata ha assaggiato poche volte la bocca di qualcun altro e ancora meno volte è andata oltre ma la confusione dell’alcool e del fumo le fa pizzicare piacevolmente le labbra e il calore delle mani grandi e curate di Sasuke le scioglie le membra contratte dall’imbarazzo; il ragazzo, dal canto suo, annega l’indecisione nella sicurezza che il machismo gli impone e simula un’esperienza che non ha mai acquisito.
Mentre io vi annuncio il mio temporaneo oscuramento, i due protagonisti si rendono conto che le luci che abbagliano i loro occhi e il caotico stridore che infrange i loro pensieri non sono soltanto un parto della loro mente annebbiata e votata alla ricerca di qualcosa di nuovo ma parte di un ambiente reale che li circonda e che hanno rammentato soltanto pochi istanti fa.
Non c’è niente che li lega davvero, all’infuori di questa anomala serata persa tra abissi di razionalità e distese di volontà, e il timore di infrangere questa vana speranza, che entrambi sanno morirà prima dell’alba, li frena dal muovere la loro bocca per pronunciare versi distinti da singulti soffocati e gemiti aspirati, perciò i loro passi si inseguono in silenzio verso un luogo più appartatato che entrambi non vorrebbero raggiungere se non fossero spinti dalle loro anime in cerca di rispettivo assorbimento e liberazione.
Si spostano di pochi metri, tenendosi disperatamente per i vestiti, e si appoggiano dietro una delle casse stereo, le vibrazioni scuotono e amplificano il loro desiderio sorgente e i bagliori rosso cupo dei lucernari li privano di una dimensione spaziale e mentale ben definita, le braccia vengono guidate in una danza estatica da una litania inascoltata e ardono i lembi di pelle sui cui fanno scorrere flussi di pensieri condensati in tocchi leggeri, i capelli corvini di lei si intrecciano e si frappongono ai loro languidi baci, macchiandosi del trucco disciolto che cancella tutto ciò che è o è stato di Hinata Hyuga fino a quest’attimo. Non chiudono gli occhi arrossati, non hanno nulla da sognare e da anteporre al momento che li unisce; una necessità, più impellente dell’erezione di Sasuke stretta in jeans alla moda e della pressione che si concentra ed esplode continuamente nel ventre di Hinata, li spinge a mantenere il contatto visivo mentre garantiscono una vicinanza altrettanto bruciante alla loro pelle vogliosa, a fondere ed equilibrare le loro anime mentre esplorano i reciproci sessi con dita fragili e insicure, a bloccarsi immobili e a ridere per scaricare la tensione, senza però smettere di accarezzarsi.
Non sarà una dei migliori amplessi della loro vita, non farà perdere la loro mente nel piacere, non li farà gridare fino a perdere la voce, ma sarà qualcosa che rimarrà inciso in loro fino all’ultimo respiro, il respiro che ora si scambiano e che alla fine ritornerà all’aria satura di pensieri soppressi e sudore vaporizzato. Sasuke si scosta per eliminare tutto ciò che separa il pulsante e umido fiore della ragazza dal suo desiderio, ha gli occhi arsi e le pupille saettanti, l’alcool e la dopamina festeggiano nella sua testa inibendo a randellate la ragione e scacciando da lui la consapevolezza di dover prendere precauzioni o qualsiasi altra idea lucida e compatta; penetra la ragazza con le dita senza indugio, registrando e cancellando subito dopo il lamento addolorato di Hinata, con l’altra mano che le chiude la bocca con mestizia, e lei, che si destreggia con una mano nei boxer del ragazzo, impedita dalla stoffa fradicia e dal dolore che s’irradia lungo il proprio avambraccio, fa in modo di aderire perfettamente col suo corpo al ragazzo.
Come noi, anche lei percepisce che il contatto fisico è la vera comunicazione, calore, è vivere attraverso la pelle dell’altro, mentre puoi sentire il sangue scorrere via, portando il tuo tocco verso il cuore, è la forma più eccelsa d’amore, ma la sua timidezza paralizzante e la sua pudicizia le hanno sempre impedito di godere tanto profondamente di quest’aspetto della vita.
Hinata cerca di vincere l’inesperienza e il timore di sbagliare, stringendo con l’altra mano i capelli del ragazzo e premendogli la testa sul seno florido coperto dal vestito stropicciato e alzato; sognava di fare l’amore in un nido segreto quando era innamorata del suo Naruto e ricordava quanto allora desiderasse considerarsi solo sua per sempre, esibire con amore il marchio che attestasse la loro assoluta ed eterna appartenenza.

Ora è in un luogo pubblico, drogata e ubriaca, le ricorda la coscienza, facendosi scopare -sanno che non è fare l’amore- in un angolo da un passante, infierisce ancora questa, ma sicuramente il segno che quest’amante - il termine era errato, è “un fratello d’anima” e il loro è un fondersi per fare una vita- le lascerà addosso sarà molto più evidente della sua deflorazione, sarà scritto nel suo sangue.
Lui vuole morderla, sente la carne diafana premere invitante contro la sua bocca aperta in cerca d’aria intossicata, ma è restio a incidere un corpo che non gli apparterrà mai più, vuole intrappolarne l’anima con il proprio dolore e le proprie emozioni ma farlo anche in modo visibile gli sembra blasfemo, insano. Intreccia le braccia con la ragazza e le porta in alto, spezzando una barriera che continua a dividerli, solo le labbra possono giocare e rincorrersi lungo scie infuocate e arrossate, disegnate di arabeschi scarlatti dalla luce e sfinite dalle vibrazioni incessanti che li fanno sobbalzare e scontrare continuamente, come piccoli pesi ai due capi di una molla.
Sasuke sente il vuoto spaccare la sua anima e le emozioni, gli amori eternizzati, le violenze subite, gli scacchi incassati, scorrere via; si dispiace un attimo appena del fardello che sta imponendo a Hinata attraverso una strisciante e reciproca seduzione ma subito si rinchiude nel suo limbo di neonata pace e torna a sottomettere la mente alle mani; si libera da solo della biancheria quel tanto che basta per avvicinare il suo membro all’apertura dell’altra, indugia come un dannato che sa di dover varcare i cancelli dell’inferno ma cerca ancora un appiglio per tirarsi via e vivere ancora, prima di iniziare a strofinarvisi contro audacemente; dalla morsa che ha intrappolato i polmoni dell’altra deduce facilmente che sta per strappare un sigillo intatto e che, volente o nolente, la inciderà più di quanto desideri fare.  La ragazza si forza a inspirare prima di accasciarsi, trema, cerca di tornare alla noncurante forza oscura che la invadeva fino a un attimo fa ma non riesce a controllarsi e sente quel po’ di desiderio che avvertiva scivolare via; respira profondamente e non mostra alcun cambiamento, non vuole che quell’attimo crolli anche per Sasuke, dopo che lei l’ha perso, miserevole e patetica; si compiange per questo ma uno scatto inatteso la porta a sentire una fitta di piacere sorprendente che dal clitoride la invade per buona parte del corpo come un’onda, un’onda di cui avverte l’umidore anche sul suo viso, lacrime leggere di pace che mal si abbinano all’espressione contratta di colui che le ha versate.
Non ha tempo di pensare e si aggrappa alle spalle tese di Sasuke mentre lui la solleva, aiutato dalla mobile e vibrante parete che li accoglie, e la penetra con uno scatto deciso; Hinata vede solo rosso attorno a sé, in sé, trattiene un urlo addolorato, affondando i denti nel labbro soffice che stilla una goccia scarlatta...
Una goccia scarlatta sorge inattesa dai miei occhi e si sospende un attimo tra le ciglia prima di precipitare sulle pagine malconce che reggo sulle ginocchia, schiantandosi silenziosa sui nomi Hinata e Sasuke e scambiandone i tratti netti in una macchia indistinta. Segno la Fine del mio intervento e chiudo il quaderno.
“Itachi-san, siamo arrivati, è ora di prendere un altro volo”.

Salotto delle torture: Mano a mano che sentirò critiche e o dubbi scriverò qualcosa qui XD

   
 
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