Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Patta97    04/03/2013    3 recensioni
Dopo un mese a stretto contatto, Molly poteva dire di conoscere Sherlock a memoria.
Avrebbe potuto disegnare il contorno della sua figura ad occhi chiusi, dire il colore delle sue labbra al mattino, nel pomeriggio, alla sera; avrebbe potuto azzardare il numero di riccioli sulla sua testa, distinguendo quelli che facevano un giro completo su se stessi e quelli che si limitavano a rimanere morbide onde. Nonostante questo, si sorprendeva ancora ad osservarlo e ad arrossire di fronte alle sue grandi e curate mani dalle dita affusolate o alla vista del labbro inferiore morsicato da un incisivo.

Sherlock non sa dove andare dopo la sua finta morte; Molly si offre di ospitarlo finché non si sentirà pronto a partire.
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Molly Hooper era una ragazza di trentatré anni.

Era nata a Bath, terza figlia di due infermieri.

A scuola non si era mai distinta per gli sport, per la popolarità o per qualche particolare dote o eccellenza.
 
Se non si teneva conto della biologia: studiare ogni piccola parte della composizione umana le aveva sempre inferto una sensazione di gioia. 

*

Nella fase dell'adolescenza aveva iniziato a sviluppare una certa - inquietante, a sentire il parere di tutti - affezione per i cadaveri.
 
Nulla di grave, la sola idea di uccidere qualcuno le dava la nausea, ma con un corpo contuso a morte da altro che non fosse lei stessa... Tutto okay. 

Prelevava animaletti morti dal giardino della sua casa a Bath e poi li esaminava in camera sua, armeggiando con coltelli da cucina e con le forbici da manicure di sua sorella.

Diciamo che, quando si era venuto a sapere in giro, le sue dissezioni clandestine non avevano esattamente contribuito alla sua già scarsa popolarità.

*

Quando uscì dalla Facoltà di Medicina con il massimo dei voti e iniziò a lavorare come anatomopatologa all'obitorio del St. Bartholomew's Hospital, nessuno si stupì.

Dopo trentatré anni di vita, chiunque chiedesse a un suo conoscente qualcosa sul suo conto si sentiva rispondere: Molly Hooper è una ragazza dolce, introversa, timida, carina, intelligente. Un po' svitata. Forse è meglio starle alla larga.

*

Quella sera Molly stava seduta sulla sua poltrona preferita, quella comoda ma ruvida al tatto.

Uno dei suoi tre gatti le stava acciambellato in grembo, gli artigli infilati possessivi fra la maglia fitta dei suoi pantaloni da tuta.

Era leggermente sconvolta per quello che era successo in quei giorni e quindi stava facendo quello che sempre faceva quando era sconvolta: guardava Love Actually mangiando della cioccolata.

Stava giusto osservando quanto la voce di Alan Rickman fosse sublime quando il campanello trillò.
 
Non aspettava nessuno e il dover mettere in pausa il film, alzarsi e guardare dallo spioncino la infastidì molto.

Appena intuì solo vagamente chi ci fosse dietro la porta, però, la aprì di scatto.

- Entra, sei morto! – esclamò con la voce rotta.
 
La sua non era una minaccia, ma una constatazione: tutti sapevano che Sherlock Holmes era morto due giorni prima.
 
Tranne lei e Mycroft Holmes.

Sherlock entrò nell'appartamento con fare circospetto.
 
Aveva il cappotto pieno di rugiada e i capelli coperti da una patina lucida, come se fosse stato all'aperto così tanto da fare la condensa.(1)

Sherlock rifiutò implicitamente la sedia che Molly gli offrì, restando all'in piedi.

Il più minuto dei gatti della donna gli si strusciò fra le gambe, intrepido.
 
Molly sibilò solamente per mandarlo via, perché pronunciare il nome del felino davanti a Sherlock sarebbe stato parecchio imbarazzante. 

- Cos'è successo? - chiese Molly, riaccomodandosi sulla propria poltrona con la schiena ritta.
 
Spense la televisione con un gesto del telecomando che voleva essere casuale, ma che risultò frettoloso.
 
Per fortuna le doti deduttive di Sherlock che la mettevano sempre tanto in imbarazzo sembravano inibite.

- Sherlock - chiamò piano e sembrò avesse dato una scossa al consulente investigativo. - Cosa è...? -

Lui la guardò sconvolto e le parlò di sopra. - Lo sapevi? - chiese flebilmente, lasciandosi cadere sulla sedia, perché le gambe gli tremavano, adesso. 

- Sapere co... - ritentò Molly, ma Sherlock la interruppe nuovamente e lei decise di rimanere in silenzio.

- Sono stato sepolto da due giorni - disse Sherlock. - Lestrade è venuto due volte a parlare sulla mia tomba e non credo lo farà più. La signora Hudson due volte pure, ritornerà per ogni festa. John è andato tre volte a dire stupide cose a quella stupida lapide - 

Molly, non capendo, stava per chiedergli se avesse voluto che anche lei fosse andata in visita al cimitero, nonostante sapesse che la lapide era vuota e che il suo cuore era pulsante di vita e che la sua testa non era stata sfracellata da un marciapiede.
 
Ma si sbagliava.

- Come ho potuto non rendermene conto? - proruppe Sherlock, rabbioso e frustrato. - Io disprezzo l'amore. Ma è ovunque. Ne sono affetto pure io - si premette le mani sugli occhi.

Molly rimase ancora in silenzio, incerta.

- Non ce la faccio... Sono stanco. Dopo tre giorni non ce la faccio già più. Mi ero così abituato alla mia vita... Non sono pronto alla caccia che mi aspetta. Ma dovrò farlo per i prossimi due, forse tre, anni - lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e scivolò più giù sulla sedia. - Avrei bisogno di tempo, per pensare e riprendere fiato… Solo un po’ di tempo  - ma fu Molly ad interrompere il suo monologo, stavolta.

- Ne hai - sorrise timidamente. - Puoi fermare il tempo per un po'. Solo quello che ti serve e poi potrai andare a fare quello che devi -

- Non voglio stare da mio fratello - commentò Sherlock con una smorfia.

- Potresti stare qui - osò l'altra, mordendosi subito il labbro inferiore.

Il detective si guardò intorno.
 
Dedusse tutta la misera e monotona vita della "strana" Molly Hooper dai suoi gatti, dalla sua poltrona, dalla sua televisione, dalla sua tazza di tè dimenticata in cucina, dal suo rubinetto che perdeva.
 
Soppesò la situazione fino al minimo dettaglio, poi annuì.

Molly fece un risolino nervoso. - Che vuol dire? -

- Vuol dire che accetto la tua proposta. Mi stai salvando per la seconda volta nella stessa settimana - ammise schietto.
 
Era una constatazione, non un ringraziamento o un commento ammirato, così lei non disse "prego" o roba simile. 

- Ne sono felice - disse invece.

*

Mycroft Holmes non fu particolarmente felice della decisione del fratello, ma dopo averlo venduto a Moriarty in fondo gli doveva qualcosa.

La vita per Molly fu praticamente la stessa di prima, se non si consideravano dei particolari. 

L'uomo di cui era pateticamente innamorata da anni che dormiva nella sua stanza degli ospiti, per esempio.
 
Oppure le teste e altre parti di cadaveri portati alla chetichella nell'appartamento camuffati da vasi di fiori (non era molto orgogliosa di quella sua idea e non le andava di parlarne).
 
Oppure se non si tenevano in conto le domande della portinaia pettegola che le chiedeva come mai avesse deciso di dedicarsi allo studio del violino alle più improbabili ore della notte...

*

Dopo una settimana Molly sentì dei miglioramenti in se stessa.
 
La mattina una strana forza la aiutava ad alzarsi dal letto, ad andare in cucina per trovare Sherlock chino su un esperimento.
 
Poter sentire sempre i suoi strani commenti e perfino contemplarlo di nascosto nei suoi lunghi istanti di greve silenzio era una nuova e gioiosa delizia.

Era più gentile con lei, ora. Non faceva più il "cattivo" - se si escludono dei rari momenti - e lei gli era grata per questo. 

Si innamorava ogni giorno di più e si sentiva in colpa.
 
Adesso che lui la considerava un'amica, qualcuno su cui poter contare, lei rischiava di mandare tutto a monte per qualcosa che Sherlock riteneva impensabile.

Il fatto era che Sherlock Holmes era un uomo meraviglioso.
 
Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa con il suo cervello brillante e le sue deduzioni perfette, eppure aveva deciso di inventare un lavoro che lo metteva a disposizione di tutti, per aiutare.
 
Metteva passione non solo nel suo lavoro, ma in tutto quello che faceva.
 
Tranne che nell’amore. Lui, tenera ed insopportabile creatura asessuata, era entrato con prepotenza nel cuore timido e insolito di Molly, impossibilitata ad amarlo per non rompere quell’amicizia instabile.
 
Non avevano parlato più del discorso che il detective aveva fatto la sera in cui era arrivato e nessuno dei due sembrava intenzionato a farlo.
 
*

Dopo un mese a stretto contatto, Molly poteva dire di conoscere Sherlock a memoria.
 
Avrebbe potuto disegnare il contorno della sua figura ad occhi chiusi, dire il colore delle sue labbra al mattino, nel pomeriggio, alla sera; avrebbe potuto azzardare il numero di riccioli sulla sua testa, distinguendo quelli che facevano un giro completo su se stessi e quelli che si limitavano a rimanere morbide onde.

Nonostante questo, si sorprendeva ancora ad osservarlo e ad arrossire di fronte alle sue grandi e curate mani dalle dita affusolate o alla vista del labbro inferiore morsicato da un incisivo.

Una sera in particolare Molly si sentì quasi mancare.
 
Era rientrata in casa da lavoro prima del previsto.
 
Di solito Sherlock si accorgeva della sua presenza non appena Molly metteva piede sul pianerottolo, ma quel giorno non andò così.
 
Lo trovò alla finestra, le luci spente e le tende tirate.
 
Ovviamente non poteva suonare il violino mentre lei non era in casa, ma si stava accontentando.
 
Aveva il braccio sinistro piegato e sollevato a reggere uno strumento invisibile e quello destro che si muoveva al ritmo di una musica inesistente, vibrante nel silenzio.
 
La testa era ripiegata sulla spalla sinistra, immaginariamente poggiata sul legno del violino, e il collo scoperto era illuminato dai raggi lunari, filtrati dalle nuvole temporalesche del cielo Londinese e dalle tende spesse.
 
Molly aguzzò la vista e trattenne il respiro, perché uno Sherlock assorto nella musica era uno spettacolo raro e affascinante, come un leone assopito all’ombra.
 
Gli occhi di lei si puntarono come magneti sul collo di chiaro metallo del detective.
 
Avrebbe voluto depositare una miriade di minuscoli baci su quella pelle sensibile, uno per ogni cellula dell'epidermide, e magari anche un leggero morso dove la piega del collo formava un piccolo e invitante rigonfiamento di carne.
 
Uno - no due - discreti nei marrone chiaro, un muscolo teso sotto la pelle diafana e la vena pulsante della giugulare, intuibile da quell'ideale visuale a tre quarti; la bocca perfetta era contratta per la concentrazione di ricordare esattamente gli accordi e gli zigomi gettavano un'ombra invitante sulla guancia; i movimenti del braccio si velocizzarono mentre la canzone - sicuramente triste da spezzare il cuore - volgeva al termine.
 
Sull'ultima nota la testa di Sherlock fece uno scatto liberatorio e un paio di riccioli neri rimbalzarono sulla fronte.
 
Poi Sherlock si accorse della presenza di Molly e aprì gli occhi. Si girò a guardarla, indagatore e silenzioso, sottoponendola a un esame accurato e... curioso.
 
Era come se la stesse valutando, soppesando; Molly si chiese il perché di quell'occhiata inquietante e anche cosa quella musica silenziosa avesse fatto affiorare alla memoria di Sherlock.
 
Per un attimo pensò che l'avrebbe baciata, ma poi lui abbassò lo sguardo e si chiuse nella stanza degli ospiti che ormai era la sua. 

Molly si rese conto solo in quel momento di stare respirando in modo affannoso, eccitata.

*

Dopo cinque mesi e trenta giorni, Molly tornò a casa e non vi trovò nessuno se non i suoi tre gatti.
 
Sherlock sapeva che il primo posto dove l'anatomopatologa si sarebbe andata a rifugiare dopo essersi accorta della sua assenza sarebbe stata la poltrona, quella ruvida e confortevole, e lì infatti il detective aveva lasciato un biglietto.

Era un pezzetto di carta coi bordi arricciati da quello che sembrava acido.
 
Sopra Sherlock aveva scritto solamente quattro parole con la sua scrittura snella, spigolosa e affettata: A presto, Molly Hooper.
 
 
___________________________________________________
(1) In pratica, l’apparizione di Sherlock a casa di Molly sarebbe subito dopo aver osservato John che parla alla sua tomba, alla fine della 2x3

Okay, se non sapevate quanto fossi malata di mente, adesso ne siete a conoscenza.
Meglio non approfondire sul fatto che io mi senta ogni giorno una piccola ed insignificante Molly Hooper (o John Watson a volte, ma in questo frangente facciamo finta che sia etero per farlo felice) accanto a un bello ed intelligente Sherlock Holmes, inevitabilmente disinteressato, inevitabilmente amico, inevitabilmente ottuso.
La fine è un po' una "non-fine", ne sono consapevole e me ne scuso. ^^''
E, dato che di quel di sopra non vi interessa niente (e a ragione)... Spero siate arrivati fin qui senza aver chiuso prima la pagina. In questo caso grazie :')
Chiara
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Patta97