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Autore: Fireflie    21/09/2007    7 recensioni
Nei giorni di viaggio verso Camp Toccoa aveva creduto che tutto fosse andato perso, che la vita verso cui stava muovendo non fosse più la sua, ma con sua enorme sorpresa non era stato proprio così, perché quel mondo e quella conoscenza se li era portati dietro, chiusi dentro di sé.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Personaggi tratti dalla serie tv, copyright dei legittimi proprietari, nessun riferimento a persone o fatti reali.

Note: Non so se l’interesse di Webster per l'oceano sia iniziato davvero nell’infanzia o nella sua adolescenza, le mie sono solo supposizioni. A dire il vero non so nemmeno se questo interesse andasse oltre gli squali, sui quali scrisse un libro che venne anche pubblicato. Però mi piace immaginarlo come una persona che l'ha amato molto, il mare, proprio la sua anima, il pensiero del mare in sè, e con esso tutte le specie che lo popolano.

Ho usato il nome Kenyon in questa storia, benché il suo primo nome in realtà fosse David. Nelle lettere che sono pervenute, quelle scritte da lui in tempo di guerra e indirizzate alla madre, lui si firmava come Kenyon, così ho deciso di adottare quel secondo nome che lui sembrava preferire, che era parte della sua vita quotidiana, per il quale era conosciuto.

Questa breve fic è stata scritta per il compleanno di Skyearth85, ed è quindi a lei dedicata.

Ringrazio IoSonoSara per avermela betata.


Meduse



Prima di prendere il treno che lo avrebbe scaricato ad un destino non suo, in mano a Sobel e alle esercitazioni più dure, Kenyon aveva passato il tempo libero fra una lezione e l’altra a sfogliare libri sulla fauna marina, sulla sua flora, perfino sulle correnti.
Sua madre, di questa passione che durava sin dall’infanzia, era felice; gli ripeteva sempre che con gli occhi di quel colore non avrebbe potuto essere diversamente, “o il cielo o il mare, figlio mio”. E, alla fine, era stato tutte e due le cose.
Lei gli regalava sempre libri sull’argomento, libri pesanti e finemente rilegati che spediva direttamente al campus, accuratamente imballati in scatole di cartone duro di un color ocra intenso.
Ed era stato proprio in uno di quei libri che aveva visto uno dei più bei spettacoli della natura: una migrazione di meduse. La foto in bianco e nero riportava tanti piccoli mezzi cerchi trasparenti, simili a lune appena nate, pallide e luminose come stelle, che fluttuavano nell’acqua. Nel movimento, la loro consistenza gelatinosa tremava, creando onde perfette sui bordi della corolla e sui tentacoli.
Dopo la chiamata, però, era stato obbligato a lasciare quel mondo sottomarino e ovattato, insieme ad Harvard e ai suoi libri.
Nei giorni di viaggio verso Camp Toccoa aveva creduto che tutto fosse andato perso, che la vita verso cui stava muovendo non fosse più la sua, ma con sua enorme sorpresa non era stato proprio così, perché quel mondo e quella conoscenza se li era portati dietro, chiusi dentro di sé. E ad ogni esercitazione, ad ogni lancio, quei paracadute che cadevano lenti dal cielo sembravano sempre di più tante piccole meduse che migravano in massa verso il fondo dell’oceano; meduse con un tentacolo solo, queste, e più pericolose, ma il vento gonfiava la stoffa e tendeva la resistente tela in quella mezza luna tanto amata, mentre depositava a terra i soldati – il tentacolo letale – incolumi, pronti ad attaccare.



   
 
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