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Autore: b l a c kVelvet    05/03/2013    2 recensioni
Dimenticate per un attimo quei vampiri calmi, razionali. E troverete Edward e Bella, alle prese con qualcosa forse più forte del loro essere vampiro. Tra un divano, ed un camicia.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Molti forse ricordano Divani e Camicie, sono sempre io...ma ho ricreato l'account dopo essere stata via per un po' e dopo aver avuto qualche problema con la mia fanfiction Abstinence, ho deciso di cambiare nick. Chi mi conosceva, ero Gio_Cullen. 
Spero sia ancora gradito, questo piccolo pezzo di vita. 
Buona lettura, e per altro mi trovate anche qui: http://scrivere.blogfree.net/

A voi! 
baci
Gio



Divani e Camicie.
Bella&Edward One-Shot


Era il colmo. Persino per un vampiro ultracentenario. Cedere alle moine di una sciocca umana solo perché è stata così gentile da prestarti la sua penna biro perché accidentalmente la tua si è spezzata a causa di qualche pensiero poco casto su tua moglie vampira neonata pronta ad azzannare qualsiasi donna abbia in mente anche solo di parlarti per cinque nanosecondi.
Infantile. Mediocre.
E tutto perché io, accidentalmente e parlo sul serio, ho rovesciato addosso a un ragazzo del caffè bollente ed ho voluto offriglielo per farmi perdonare, mentre mio marito era a caccia con suo fratello e mentre sua sorella – e mia migliore amica – se la rideva tranquillamente seduta a cinquanta metri di distanza.
Il professore ci congedò dalla sua lezione, ed Alice mi saltellò di fianco tutta sorridente. “Ti va dello shopping?” chiede, convinta che io accetti.
Poi penso al fatto che nella mia macchina, LUI ha lasciato la carta di credito in bella mostra. La sua carta di credito.
Bene.
Alice sghignazza felice “Vedo che hai capito” aggiungendo “Ho preso tutto io, forza prima che capisca” e mi trascina verso la sua Porsche giallo canarino appostata davanti all’Università.
Giriamo tutto il centro commerciale senza mai fermarci: scarpe, sciarpe (accessori inutili, ma tanto devo spendere), pantaloni, magliette, vestiti, profumi, trucchi.
Quando poi, acquistando l’ultima borsa di Prada, l’aggeggio rifiuta la carta di credito causa mancato fondo, sorrido felice. Il commesso non bada alla mia reazione più di quanto non presti attenzione al mio seno e alla mia splendida voce angelica, ed è ancora attento a squadrarmi quando Alice gli allunga la sua carta di credito e paga al posto mio.
Mi sento realizzata, anche se ho fatto il piccolo sbaglio di comprargli una camicia blu scuro che ho visto in un negozio di Armani.
“Ehm” mormora Alice, mentre stiamo tornando a casa dalle compere selvagge “Non ti arrabbi se ti dico che Edward è rimasto in facoltà tutto il pomeriggio per un progetto, ha fatto compagnia all’umana e tornerà a casa solo tra mezz’ora…vero?”
Mi volto a fissarla, infuriata. “Non dire niente” mi ferma “Ho già i timpani trapanati per la visione della tua risposta. Si, lo so non è stato carino da parte sua”
“Alla faccia del carino” sussurro di rimando.
“Bella, sai che ti ama più di ogni altra cosa al mondo” inizia mia cognata, guardandomi, l’accenno di un sorriso sul volto “Voleva solo essere carino, così come ti sei comportata tu l’altra settimana”
Mi scoccia sentire questo discorso “Alice ma tu” chiedo, infastidita “da che parte stai?”
“Sono la svizzera” annuncia fiera.
Ecco. Mi ricorda il periodo in cui Edward non voleva lasciarmi andare a trovare Jacob e Jacob insisteva sul discorso “Vampiri-licantropi-nemici-mortali”.

“EDWARD!” dubito che la mia voce non si senta fino a La Push “COSA PENSAVI DI FARE?” l’ho lasciato tornare a casa, farsi una doccia tutta inutile anche se si sentiva benissimo che era per togliersi i mille odori umani che nascondeva l’Università e persino indossare la camicia blu scuro che gli avevo fatto trovare nell’armadio.
“Bella, di che diavolo parli?”
“Di cosa parlo?! DI COSA PARLO?! Ma ti sei visto? Per caso ti sei scordato che sei sposato da oltre dieci anni?”
Il suo sguardo si assottiglia “E tu, allora? Guarda che siamo in due a essere sposati…non è che la clausola vale solo per me!”
Ringhiai. Non riuscivo a mettere in fila un discorso coerente per far fronte a lui e al suo dannato sarcasmo inglese, pessimo sarcasmo sia chiaro. All’improvviso, la nostra camera di casa Cullen mi appare fin troppo minuscola.
Si avvicina, e mi afferra per i fianchi, in uno scomodo tentativo di abbraccio “Toglimi le mani di dosso, Edward Cullen” ringhio di nuovo. La risata di Emmett, in salotto steso sul divano a godersi lo spettacolo in stereo, arriva netta alle mie orecchie.
“Sei impossibile! Tu che hai fatto la settimana scorsa, eh? Hai aspettato che me ne andassi per fare quella sciocca sceneggiata con quel cucciolo di umano”
“Ryan! Ryan! Ti è così tanto difficile sapere un nome? E comunque non era una sciocca sceneggiata…davvero non l’ho fatto a posta”
Edward mi guarda e poi scoppia a ridere “Oh, andiamo Bella! Un vampiro che ACCIDENTALMENTE fa rovesciare addosso a un ragazzo il suo bricco di caffè marcato Starbucks?! Ma per favore!”
“Beh almeno lui non perdeva tempo a squadrarmi come invece faceva la tua amichetta!” ribatto, alterata. Sono furiosa, letteralmente furiosa. E tutto per un’umana. Adesso capisco Rosalie, eccome se la capisco.
“Amichetta?!? Ma siamo tornati al liceo, cara Isabella?” il mio nome completo, sulle sue labbra. Forse ho esagerato “Perché non vai a trovare il tuo Ryan? Così magari ti fai un’idea di com’era dieci anni fa per me” mormora sprezzante.
Fulmine a ciel sereno, in casa Cullen.
Spalanco l’armadio, tiro fuori tutti i suoi vestiti e con lentezza esagerata li distribuisco per tutto il corridoio del terzo piano. “Che stai facendo?”
“Sai che fai adesso, caro?” sorrido, arrabbiata “Te li porti in un’altra delle cinque stanze che ci sono qui in giro e ci resti anche! Addio!” e gli sbatto la porta in faccia senza troppi problemi chiudendola a chiave.
La serratura non lo ferma. La porta viene scardinata, e mio marito piomba infuriato dentro la stanza. “Ma stai scherzando? Mi cacci dalla MIA camera?”
“Eh no! Ti sto cacciando dalla NOSTRA camera!” ribatto, ringhiando. “Almeno finchè non la smetti di correre dietro alle umane”
“Santo cielo!” risponde spazientito “Non sto correndo dietro a nessuno! L’ho fatto per gentilezza, dannazione! Esattamente come l’hai fatto tu e come lo farebbe chiunque. Amo solo te, e lo sai benissimo. Ma se è questo che vuoi…bene, riprenditi il tuo regalo” e getta la camicia sul letto.
“Riprenditi la tua carta di credito, è esaurita”
Mi fissa. E se ne va, il fruscio della stoffa che raccoglie strada facendo come eco dei suoi passi.

Sono le due del mattino. Tutti sono impegnati in attività molto più proficue che stare a fissare un caminetto, le braccia strette attorno alle ginocchia, coperta solo dalla sua camicia blu.
Che stupida che sono. Una scenata di gelosia in piena regola, degna di Bella Swan ovviamente.
“Bella” è un sussurro il suo, impercettibile, ma quando mi volto lo trovo ai piedi delle scale intento a fissarmi.
“Che cosa vuoi?” chiedo. Il mio stupido orgoglio mi impedisce di buttarmi tra le sue braccia, e fa tornare il mio sguardo sui tizzoni ardenti che non sono per niente più interessanti del suo fisico scolpito e del fatto che indossi semplicemente i pantaloni della tuta. Nemmeno immaginato che nell’armadio Cullen fosse prevista la voce -Tute da ginnastica-
“Puoi girarti per favore?” mi risponde, cortesemente. Mi sforzo come non mai per non rispondergli per le rime, più che altro non voglio sembrare una bambina.
Quando mi giro lui è seduto di fianco a me, intento a catturare ogni minima espressione. “Grazie” e sorride.
“Dimmi cosa vuoi, Edward” insisto. Non posso cedere adesso.
“Bella, davvero pensi che io possa volere un’umana quando amo solo ed esclusivamente te?” chiede, provando ad avvicinarsi, cosa che gli risulta inutile visto che mi scanso appena.
“E’ così che sembrava, da fuori” sussurro in risposta.
“Amore mio, il resto del mondo non mi interessa se tu non sei con me…mi sembra di avertelo già detto” mi dice, dolce.
“Non è questo il punto, Edward! Sono gelosa, dannatamente gelosa di ciò che è mio…” ammetto “e vederti con quel sorriso cortese, e la sua faccia da pesce lesso” lo sento sbuffare appena per nascondere una risata “Mi ha fatto imbestialire!”
“Bella..” comincia
“Non mi dire che ami solo me, lo so…ma non voglio commettere un omicidio uccidendo la tua amica” dichiaro.
A questo punto tanto vale ammetterle tutte. “E non voglio nemmeno fare la carina con gli umani, io, nonostante il mio autocontrollo, perché mi basti tu. Che cosa ci posso fare se hai sposato l’unica persona sbadata che da vampira sarebbe rimasta tale?”
Ridacchia. “Ti amo. Amo te e le tue scenate di gelosia, il tuo sorriso, la luce nei tuoi occhi quando senti il mio nome o incroci il mio sguardo dopo una mattina passati lontani per via dei corsi, il tuo broncio quando ti arrabbi con Emmett perché ancora non la smette di prenderti in giro e quella smorfia adorabile che spunta sul tuo viso ogni volta che Alice pronuncia la parola shopping. Amo il modo in cui mi sfiori, il modo che hai così simile a quello di Rosalie di far capire che io sono tuo e che nessuno mi deve toccare. Non mi interessano gli umani, io già ce l’ho la mia piccola umana-ora vampira-sbadata…e mi basta, mi basta per sempre”
“Edward non mi sembra il caso di lasciarsi andare in certe dichiarazioni alle due del mattino, non sono d’effetto” replico, con una vena di ironia nella voce che gli fa capire che sto scherzando.
“Scusa per averti detto quelle cose, per averti rinfacciato il tuo scontro accidentale con Ryan”
“Scusa per averti urlato addosso, e per averti esaurito il credito della carta” rispondo.
Restiamo un altro po’ di tempo a scusarci, come degli adolescenti alle prime armi.
All’improvviso lo vedo sorridere e mi chiede “Posso fare una cosa? Però devi stare ferma un secondo”
Lo guardo e gli rispondo “Questa è facile” resto immobile e lo vedo avvicinarsi, passare una mano dietro al mio collo e baciarmi.
Il bacio delle scuse, il bacio che urla Ti amo, il bacio intriso d’amore. Il nostro.
Questa è normale amministrazione, quando si ha a che fare con un angelo caduto in Terra come marito.
Ma è pace dopo meno di un giorno, tra un divano e una camicia blu notte.

  
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