Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: rosedodgson    05/03/2013    1 recensioni
Ma petite rose blanche.
Rebelle.
A’ la recherche de quelque chose ou quelqu'un.
Francis capì. Arretrò elegantemente di qualche passo e si inchinò davanti a lei.
“Mi trovo qui per una piccola faccenda lasciata in sospeso” disse con il tricorno appoggiato all’altezza del cuore “e credo sinceramente di poterti aiutare”.......“Tu che lo sai” iniziò Elizaveta “tu che, tra tutti noi, sei più vicina a Dio, promettimi che un giorno saremo liberi da tutto questo”...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Illic es haud Sancti Peccatorii'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quaerere


 

1810, Veneto, Chioggia
 

Probabilmente era impazzita.

Sì, lo era sicuramente.

Infilò una mano tremante sotto la mantella, sentendo la pelle nuda sotto le dita. Una volta tornata, una settimana di penitenza non gliela toglieva nessuno. Aveva lasciato il landau vicino al Ponte di San Giacomo ed aveva proceduto a piedi. L’aria salmastra della laguna le solleticava deliziosamente il naso mentre si faceva largo tra la folla. Una folla incredibile. Colorata, sgargiante, chiassosa. A breve avrebbe dato di matto.

Afferrò saldamente l’astina della maschera e pose sul viso quest’ultima. Si sentiva ridicola ma, almeno così, nessuno l’avrebbe riconosciuta. Non aveva la benché minima idea di dove andare, di dove cercare. Era sola. Ma doveva farlo, non avrebbe avuto altre possibilità come questa.

Continuò ad avanzare cercando di risultare il più naturale ed elegante possibile, nonostante le scarpe scomode, il vestito pesantissimo e un pugnale con tanto di fodero assicurato sotto il ginocchio destro. Probabilmente non c’era posto peggiore, ma non sapeva davvero dove nasconderlo. Erano decenni ormai, che non si mescolava con la gente “comune”: saltimbanchi, trampolieri e mangiatori di fuoco si trovavano ad ogni angolo intrattenendo il pubblico con giochi ed acrobazie. La folla rideva ed esultava. Ma chi era questa gente? Nobili? Borghesi? O poveracci che avevano rimediato un vestito nuovo e cercavano di raccattare qualche fiorino? Ma d’altronde questo era il Carnevale.

Fece più volte il giro dell’isola ma fu tutto inutile: era semplicemente impossibile trovare qualcuno in quella massa informe di colori, con tutti quegli schiamazzi irritanti. Si staccò dal resto della folla e si diresse verso uno dei tanti porticcioli. Si sentiva il cuore e le gambe a pezzi, gli occhi le bruciavano per la rabbia e lo sconforto. Si lasciò cadere su delle casse di legno abbandonate e scoppiò a piangere. Singhiozzi violenti e silenziosi, frutto di tutta la frustrazione accumulata negli ultimi… mesi? Anni? Non lo sapeva neppure lei, l’unica cosa di cui era ormai certa è che era stato un viaggio inutile e chissà quanto tempo sarebbe passato prima di poter…

“Un mouchoir à une pleurer fille…”. Una sussurro vicino l’orecchio sinistro la fece rabbrividire. Si voltò di scatto, la mano destra che risaliva la gamba in cerca del pugnale.

Un volto, nascosto quasi interamente da una bauta bianca, era a pochi centimetri dal suo. Le labbra scoperte, piegate in un ghigno. Ghigno.

“Francis! Qu'est-ce que tu fais ici? ” Esclamò la giovane paralizzata dallo stupore per essere stata scoperta.

“Shhhhh!” L’uomo, il cui ghigno era scomparso, le tappò la bocca con la mano e si guardò intorno “sei impazzita?”. Lei lo guardò truce scostando il volto dalla sua mano.

“Che ci fai qui?” ripetè nella loro lingua universale abbassando il tono.

“Che ci fai tu qui?!” rispose l’altro “da quand’è che frequenti le feste? Per di più all’aperto!” Il suo tono era un misto di eccitazione, perplessità, sarcasmo e sana curiosità.

“Sto guardando la laguna. Comunque… ti sembra il modo di iniziare una conversazione? Alitando sul collo delle persone?” Cercò disperatamente di prendere tempo.

“Alle donne piace…e non solo a loro” rispose lui divertito, scrutando, attraverso la maschera il viso rosso di lei. “Bonté divine, arrossisci per niente Cristiana. Insomma, alla tua età?”

La donna fece un lungo sospiro continuando ad osservare la laguna. Questo non l’aveva previsto. Ma come poteva poi..? Francia non doveva più trovarsi lì.
Che fare ora?

“Un momento…” iniziò l’altro, venendole di fronte “tu non sei…”. Lei si coprì il viso con la maschera. Sperava che il buio serale l’aiutasse a nascondere gli occhi arrossati ma, a quanto pare quello non era il suo giorno fortunato.
“Credevo fosse uno dei tuoi soliti piagnistei per nulla ma…”

“ Infatti, è così! Uno dei miei soliti piagnistei per nulla” rispose lei scimmiottandolo ”ora lasciami in pace Francis, prima che inizi ad urlare che un francese sta violando la mia persona in pieno territorio ital…- austriaco!” .

Ed eccola lì, più di 2000 anni di età umana, a fare i capricci come una bambina, seduta su delle casse di legno che, probabilmente, avevano contenuto fino a poche ore prima, chissà quale pesce maleodorante. Francis Bonnefoy  non potè non sentire una piccola morsa al petto nel guardare quella pelle bianchissima, quasi diafana in forte contrasto con l’abito di broccato rosso sangue. La bambina abbronzata e vivace, di tanto tempo prima, era solo un ricordo. Quella che aveva davanti era una giovane donna stanca e sconfortata. Una rosa bianca dai petali sgualciti.

 Ma petite rose blanche.

Rebelle.

A’ la recherche de quelque chose ou quelqu'un.

Francis capì. Arretrò elegantemente di qualche passo e si inchinò davanti a lei.

“Mi trovo qui per una piccola faccenda lasciata in sospeso” disse con il tricorno appoggiato all’altezza del cuore “e credo sinceramente di poterti aiutare”.
A quelle parole, dette con un tono così solenne e sincero, Cristiana sussultò impercettibilmente e guardò gli occhi azzurri di Francis.

“Quindi” continuò lui “ descendre de ce “trône” s'il vous plaît”.

 

*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*


La porta si aprì di pochi centimetri, lo spazio sufficientemente necessario per far intravedere un atrio poco illuminato e metà viso di una fanciulla. L’occhio scuro scrutò silenziosamente i due individui che stavano aspettando, finché Francis non sollevò la maschera ammiccando in modo seducente “Bonsoir…”

“Oh, Siete voi mosiseur Pierre”

Cristiana strabuzzò gli occhi ma fortunatamente stava indossando la maschera.

“Ogni promessa è debito chèri…”

L’italiano di Francis era pressoché perfetto ma, per qualche oscura ragione, cercava in tutti i modi di rimarcare la sua nazionalità ogni volta che c’era qualcuno di interessante.

“Questa è mia sorella Yvonne” roteando gli occhi, Cristiana accennò un inchino, “siamo qui per chiedervi un minuscolo favore…”

“Certo, ditemi pure vostra grazia”

La donna aveva abbassato il tono della voce, rendendola più profonda. E stava sorridendo.

“Vorremmo salire nei vostri appartamenti per un po’, se non vi causa disturbo…”

“Oh” fece la donna aprendo ancora di più la porta ”nessun disturbo, in realtà vi stavo aspettando, ma, mi avete colto alla sprovvista e non sono vestita in modo adeguato”.

Era una donna veramente bella. Di quelle che ti mozzano il fiato e che raramente dimentichi facilmente. Occhi di fuoco, capelli corvini, corpo sinuoso messo sfacciatamente in mostra da un vestito molto,molto leggero. Francis aveva degli ottimi gusti, certo, ma quei colori innaturali sul viso*1 e il forte profumo che emanava mise Cristiana in guardia.

“Ricorderete la strada ma preferisco precedervi, prego”.

Fecero alcune rampe di scala, illuminati solo dalla lanterna ad olio che teneva la donna misteriosa. Francis ghignava sognante, libero di poterne ammirare la figura. Cristiana gli pizzicò leggermente la mano guantata.

“Dove mi stai portando?” sussurrò.

“Come?” chiese lui con la mente altrove.

“Mi stai portando in un bordello vero?” non aveva mai pronunciato quella parola, in modo così schietto, ma si sentiva così a disagio e preoccupata da dimenticare certe formalità ”Si può sapere come credi di aiutarmi portandomi in un posto del genere?”

“Ah, Yvonne…” disse lui continuando a ghignare beato “tu non sai assaporare i veri piaceri della vita.”

“Spero tu non abbia in mente strane idee Francis” disse lei in tono minaccioso “perché sono armata e non accetterei nemmeno sotto tortura di sottostare a certe tue perverse fantasie!”.

Francis, con gli occhi che brillavano, la guardò intensamente, mentre il sorriso si allungava.

“Potrebbe essere un’idea allettante, non ci aveva ancora pensato. Ma dimmi, come fai a conoscere certe pratiche?”

Cristiana divenne rossa come uno dei pomodori di Spagna.

“Ah” fece Francis terminando una rampa di scala “un giorno scoprirò quali libri leggi di notte. Sul comodino la Bibbia in bella mostra e sotto il cuscino un erot…”

“Vi state burlando di me messere?” disse voltandosi la donna “Non capivo cosa stavate dicendo…Messere?!”.

Cristiana lasciò immediatamente l’orecchio del francese che se lo tastò dolorante.

“Pardon madame”  si scusò lui con un sorriso “scaramucce tra fratelli.”

“Oh capisco…” fece la donna “Siamo arrivati!”

Ciò che si trovò davanti non era esattamente ciò che Cristiana si aspettava. Un semplice salone, mobili borghesi adagiati su pregiati tappeti persiani, candele e lampade ad olio che davano un tocco quasi malinconico all’insieme. Non era un bordello. Era una semplice stanza. Con tanto di balcone. Cristiana si avvicinò.

“Cosa ti avevo detto sorellina?” affermò con tono entusiasta Francis “Da qui si può godere di una vista divina…”

“Non discutete in francese con vostra sorella? ” chiese la donna con un leggero cipiglio.

“Oh ehm… Vedete” balbettò il ragazzo, preso in contropiede, per poi continuare con maggiore sicurezza “Yvonne desidera così ardentemente imparare la vostra lingua che cerco di darle lezioni in qualunque momento propizio.” Cristiana, che si era tolta la maschera (più per educazione che per volontà) fulminò le soffici tende in sangallo.

 

 “Quante volte devo ripetertelo?! Il mio nome va pronunciato con la c morbida, come una s….. non come fai tu!” *2


“Piuttosto” iniziò Francis con sguardo seducente, prendendo la mano della donna “perché non lasciamo la mia sorellina a gustarsi il panorama mentre noi non andiamo a fare une agréable  conversation ?”

Cristiana era già sul balcone quando le giunsero delle risatine eccitate dall’interno.

Si strinse nella mantella. La temperatura  si era ulteriormente abbassata e la brezza marina iniziava ad essere pungente. Perse lo sguardo nel buio della laguna che si perdeva nel cielo notturno. Non c’era la luna, solo stelle. Era magnifico: due mondi separati, l’uno oscuro, misterioso e freddo, l’altro luminoso, colorato e vivo. Terribilmente vivo.

Rimase parecchi minuti a scrutare la folla sotto di sé: era abituata a guardare le persone dall’alto, separata dal contesto sociale, come se il mondo reale non le appartenesse. Ma quella sera era tutto diverso. Sfiorò gentilmente la ciocca ribelle che per secoli aveva tenuto ben nascosta sotto il velo o intrecciata insieme ai capelli, tirandola così tanto da sentire dolore.

Dopo aver visto e rivisto cappelli ed acconciature di tutti i tipi passarle sotto gli occhi iniziò a perdere per la seconda volta la speranza. Ma non avrebbe pianto. Sarebbe semplicemente rientrata nella sala, avrebbe aspettato pazientemente il ritorno di Francis, lo avrebbe ringraziato e poi sarebbe tornata a Roma. E avrebbe tirato la ciocca ancora più forte.
Nient’altro.

Un gruppo di violinisti aveva iniziato a suonare vicino al canale alla sua destra. Era una motivo allegro e molti presenti, che si erano fermati ad ascoltare, iniziarono a battere le mani seguendo il ritmo. Era veramente contagioso. Una donna con un luminoso abito arancio iniziò a muovere anche i fianchi. E’ incredibilmente ridicola, pensò Cristiana, ma ha dei capelli davvero magnifici. Castani  probabilmente, mossi e parzialmente raccolti. Fermati da dei fiori. Rimase ipnotizzata da quel colore così sgargiante fino a quando la donna non si voltò sorridente per parlare con un uomo. Poi quest’ultimo si allontanò e lei alzò gli occhi. Occhi verdi come una foglia di alloro. Era impossibile distinguere le iridi della ragazza ma Cristiana lo sapeva.

Il gelo cadde sul volto suo e dell’altra che non muoveva un muscolo.

Il cuore e il cervello dello Stato Pontificio raddoppiarono la naturale attività. Doveva scappare. Se fosse rimasta in quella casa, Francis sarebbe stato scoperto e non poteva, non voleva che ciò accadesse. Ma dove poteva andare? Se fosse rientrata e fosse passata per le scale interne la avrebbe trovata davanti al portone ad aspettarla. Era in trappola. Cristiana era la lepre e lei la volpe. L’unica via d’uscita era il balconcino. Saltare, atterrare e scappare. Ma come?  Era fuori allenamento, indossava un abito ingombrante e inoltre, avrebbe attirato pericolosamente l’attenzione. Ma non poteva fare altrimenti.
Sempre immobile, lo sguardo allacciato con quello della donna, iniziò a pregare.

Pregò di non inciampare. Pregò che le giunture e le articolazioni non cedessero. Pregò che gli odiosi stivaletti fossero adatti alla corsa. Pregò di essere
veloce. Molto veloce.

Dopo aver dato una rapida occhiata alla sua sinistra, prese coraggio e saltò dal balconcino. Aveva fatto uno scatto talmente scoordinato che strisciò letteralmente con il braccio sinistro lungo tutto il muro dell’abitazione. Atterrò con dolore, si sbilanciò in avanti e cadde su quattro zampe, fortunatamente senza uccidere nessuno. Poi, senza guardare dietro di sé, si mise in piedi ed iniziò a correre. Alla cieca girò a ponente allontanandosi il più possibile dalla laguna. I polmoni iniziarono dopo poco a bruciare, ed entrambe le braccia erano occupate a tenere gonne e sottogonne sollevate. Le suole col tacco degli stivaletti  slittavano ogni volta che cambiava direzione e le cinghie del pugnale si stavano allentando.

Quasi subito uscì dalla folla e si ritrovò in una zona abitata buia. Si nascose dietro ad una casa e stette ad ascoltare. Oltre al suo respiro accelerato non udiva altro, tranne i rumori lontani del Carnevale. Probabilmente la stessa folla l’aveva fermata. Era riuscita a scappare. Ora non doveva far altro che raggiungere il Ponte di San Giacomo e prendere il landau. Sfiorò delicatamente il braccio sinistro che bruciava terribilmente e sentì umido. Si era strappata quasi tutta la manica e stava sanguinando. Avrebbe dovuto fare due chiacchiere con quel dannato sarto, appena tornata.  Si scostò i capelli appiccicati alla fronte e al collo sudati e ricominciò a correre. Oh sì, quella ragazza era dannatamente forte ma di certo, non era più veloc….
Non ebbe neanche il tempo di urlare. Riuscì solamente a parare in parte la caduta con gli avambracci.  Atterrò come un sacco di patate o peggio: qualcuno le aveva afferrato con forza la vita e l’aveva spinta con tutto il peso del suo corpo. Mentre se ne stava lì a terra, sentì due pesi ad entrambi i fianchi e una mano che le afferrava un braccio per farla girare. Non riuscì ad opporsi. In un attimo si trovò faccia a faccia con Elizaveta che la guardava con gli occhi spalancati.

“Come..anf.. come fai a correre..anf.. così.. anf.. con il cor.. anf.. corsetto?” Aveva il fiatone.

“Non.. lo porto” rispose dolorante Cristiana.

“Ah” fece Ungheria “neanch’io.. anf.. lo porto”. Sembrava stessero parlando del tempo.

Per un attimo continuarono a scrutare l’uno il viso dell’altra nella penombra riprendendo fiato. Poi, senza tante scuse, l’amica d’infanzia la prese per le spalle e la scrollò.

“Ma non ti vergogni?!”

“Ma se anche tu hai ammesso di non portarlo!” rispose l’altra con una smorfia di dolore. L’altra inconsapevolmente strinse il braccio malandato ancora più forte.

“Non per quello!” prese fiato ed avvicinò il viso a quello di Cristiana “Non ti vergogni di spiaretuo fratello in modo così sibillino?”

La bionda sgranò gli occhi. Lui c’era.

Si mise seduta così velocemente che Elizaveta si sbilanciò e si sedette sulle gambe di Cristiana.

“Dov’è? ”

“Come dov’è?”

“Dov’è? Dov’è Feliciano? E’ qui a Chioggia vero?”

Lo sguardo di Eliza vagò sul viso dello Stato Pontificio. Gli sbarrati occhi dorati, seppur oscurati, parlavano per lei : era tesa, spaventata, eccitata, preoccupata, sollevata.

“Non l’hai visto?”

“No, no non l’ho visto. L’ho cercato per tutta la sera ma è stato inutile. Dov’è? Come sta? ”

Elizaveta fece un profondo respiro. Si alzò ed allungò una mano verso l’altra per aiutarla a fare lo stesso.  Quando la tirò su, quasi di peso, si ritrovò tra le braccia di Ungheria. Da quanto tempo non poteva godere di un contatto umano? Da quanto tempo non compiva quel semplice gesto? Per la seconda volta, nell’arco di poche ore, calde lacrime scesero lungo le sue guance.

“Perdonami…” mugulò contro la sua spalla “ sto diventando davvero patetica…”

“Non ci vede nessuno Cristiana, siamo solo io e te.”

“No. Il mio comportamento è ingiustificabile”. Con quelle parole si staccò delicatamente da quell’abbraccio e guardò Elizaveta.

“Come state?”

“Come sempre. Cerchiamo di andare avanti.”

“Mi dispiace per… Sacro Romano Impero. Io non avrei mai pensato che…”

“Lascia stare ti prego.” Ora era Ungheria a contrarre il viso per non piangere “Ora come ora, dobbiamo solo continuare a fare il nostro dovere di nazioni, compiere il nostro destino”.

“Lo so bene. Perdona la mia mancanza di tatto.”

Si abbracciarono di nuovo. Questa volta fu lo Stato Pontificio a sostenere l’Ungheria.

No. In quel momento erano solamente due donne pervase dal dolore.

“Tu che lo sai” iniziò Elizaveta “tu che, tra tutti noi, sei più vicina a Dio, promettimi che un giorno  saremo liberi da tutto questo”.

Cristiana la strinse ancora di più. Le sue labbra rimasero sigillate mentre il petto si incendiava. Se solo Eliza avesse saputo quante volte aveva pregato che ciò accadesse e quante volte aveva ricevuto solo silenzi.

“Gli esseri umani” disse, cercando di ritornare nei suoi panni “ possono influenzare i nostri corpi, le nostre scelte, le nostre azioni, ma mai riusciranno a dominare il nostro cuore. E questo momento mi permette di sperare ancora di più in un futuro migliore.”

 

*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*
 

Cristiana corse. Corse come se avesse avuto il Diavolo alle calcagna. Corse dimenticandosi il dolore al braccio sinistro, coperto alla meglio con la cascata di capelli biondi che Elizaveta le aveva liberato dall’acconciatura ormai rovinata. Raggiunse il ponte di Vigo e lo attraversò. Notò il giustacuore azzurro, illuminato  da una torcia  vicina. Da come l’aveva descritto Ungheria doveva essere lui, sì, se lo sentiva, era lui. Le dava la schiena e parlava con due graziose fanciulle sorridenti.

Dio mio, pensò Cristiana, è così cresciuto.

Aspettò qualche minuto, scrutando la schiena ormai così diversa, così adulta. Ormai era un giovane uomo. Il ciuffo sulla sinistra dondolava capriccioso ed evidentemente eccitato. Lei si toccò il suo pensando all’altro suo fratellino.

 

Molto presto saremo di nuovo insieme. Ve lo prometto.


Le due fanciulle si allontanarono, tenendo il ventaglio davanti al viso sorridente. Lui fece un breve inchino. Cristiana prese coraggio.

“Feliciano!”

Il cuore esplose. Gli sguardi si incontrarono. Lei sorrise. Lui era incredulo. Le gambe tremarono al primo passo. Si incontrarono a metà strada. Lei si mise una mano davanti alla bocca, le iridi tremanti. Lui la cinse con le braccia.

“S- sorella..”

“Sì sono io Feli, sono io…”


                                                                                                                 


 

*1 Il trucco all’epoca lo usavano o le nobildonne (ma ad inizio ‘800 era ritenuto molto volgare) o le prostitute
*2 E’ un ricordo d’infanzia… se siete interessati andate a leggere “Somnia” nella mia pagina


Initium http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1514809&i=1

Somnia http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1518675&i=1

 Your green eyes, her golden eyes...Tus ojos verdes, sus ojos dorados...  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1614517&i=1
 
_Angolo dell’Autrice_
Waaa chiedo perdono per il ritardo, davvero!
Echissenefrega! Mica t’aspettavamo!
Allora… avevo in mente questo pezzo già da un po’ ma ho dovuto documentarmi sul Chioggia e varie parole.. e per di più l’Università non mi da pace quindi scrivo o in treno o di notte… Spero che vi piaccia (altri due molto più brevi in cantiere…).
Insomma… si inizia a delineare il carattere di questa Cristiana Vargas… lo so lo so.. non è molto amabile ma, poveraccia ne ha fatte di cotte e di crude ma ha anche una vita molto difficile….
Stai spoilerando!!!
Pardon! Spero vi piaccia anche il disegno, ne farò e caricherò uno per (spero) ogni “capitolo/parte”…
Se volete saperne di più andate pure sulla mia pagina (oppure cliccate sui link)!
A presto!!!!
P.s. Se recensite in modo positivo ricevete un biscotto!

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: rosedodgson