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Autore: MimiRyuugu    06/03/2013    4 recensioni
"Nonostante fosse passato solo un mese, mi mancava già. Le mia visite al suo ufficio. Le ore passate a chiacchierare, tra compiti e pozioni. Solo a quel pensiero sorrisi."
Sono arrivate le vacanze estive, la nostra Giulia è tornata a casa, ma non riesce a smettere di pensare al suo pozionista preferito. Riuscirà a convincere il vecchio gufo ad incontrarsi prima dell'inizio della scuola?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonsalveee *-*
si, mi sono decisa ad aggiornare finalmente xD però è il penultimo capitolo ç_ç  *spernacchia nel fazzoletto* un ringraziamento spaziale a Giorgy89 e a Beckystark per le recensioni del capitolo precedente, ed ovviamente un grazie anche a chi continua a seguire la ff senza commentare *-* spero che l'aggiornamento sia di vostro gradimento e non vi deluda ><
In questo cap troviamo Green Finch and Linnet Bird, Pretty Women e No Place Like London dalla soudtrack di Sweeney Todd, You di Tara Maclean, Glad di Jennifer Lopez e When You're Gone di Avril Lavigne.

Avvertenze: occtudine (che lo dico a fare oramai xD), situazioni alquanto surreali (fidatevi, surrealissime)...il tutto condito da a little bit of Sweeney Todd e La Spada nella Roccia u_u è un pò lunghetto, quindi inforcatevi gli occhiali da vista xD

Beeene, ora vi lascio all'aggiornamento **
Buona lettura <3



Capitolo 4

Mi svegliai presto. Erano le otto quando aprii gli occhi.  Mi stiracchiai, come fosse stata una solita giornata di scuola. Solo con l’assenza di Hermione ed Anna a far baccano. Sbadigliai e aprii la finestra. Un uccellino azzurro passò davanti cinguettando. Sorrisi. Allungai un braccio. “Green finch, and linnet bird, nightingale, blackbird, how is it you sing?” cantai. L’uccellino si posò sulla mia mano e cinguettò. “How can you jubilate, sitting in cages never taking wing?” chiesi, pur sorridendo. Lui sbattè piano le alucce. “Outside the sky waits beckoning! Beckoning!” dissi ancora. L’uccellino mi rispose con un altro cinguettio, poi si librò in volo. “I feel you…Johanna! È pronta la colazione usignolo!” mi chiamò mia madre. Scesi di corsa le scale ed andai in cucina. Una fetta di torta al cioccolato mi aspettava per colazione. La mangiai veloce. Poi raggiunsi i miei biscotti. Sembravano buoni. Mia madre ne assaggiò uno. E sorrise. Sospirai e presi un fazzoletto viola dalla credenza. Ci misi i biscotti e lo chiusi con un nastrino nero. Appena finito corsi in camera a cambiarmi. La maglia nuova. Gonna a pieghe viola scuro. Guardai dubbiosa le mie Converse. Poi mi voltai verso le ballerine. E l’ombrello da sole, appoggiato al comodino. Mia madre comparve dalla porta. “Pretty women, fascinating...” iniziò a cantare. Sorrisi. “Sipping coffee, dancing...” continuai. Mi misi le ballerine e piroettai davanti allo specchio. “Pretty women, are a wonder. Pretty women!” disse lei, guardandomi soddisfatta. Presi l’ombrello e mi guardai. “Sitting in the window or standing on the stair, something in them cheers the air!” continuai. Mi voltai verso di lei insicura. Lei si avvicinò e mi cinse le spalle in un abbraccio. “Pretty women, silhouetted...stay within you, glancing...” sorrise. “Stay forever, breathing lightly...pretty women…” continuai. Ci guardammo. “Pretty women!” concludemmo, all’unisono. Poi scoppiammo a ridere. “Davvero sto bene mamma?” le chiesi. “Certo tesoro! Avanti, prepara la borsetta…manca poco!” esclamò, euforica. Annuii e andai in bagno. Misi apposto il fermaglio. E mi pettinai i capelli. Cento volte. Per portare fortuna. Oppure per essere come una principessa. Presi la borsetta del mio compleanno e ci misi i biscotti e qualche risparmio. Mancavano dieci minuti quando mia madre mi diede la mano per la Smaterializzazione congiunta. Nemmeno cinque minuti dopo, mi ritrovai in una viottola. Sul cartello, sostenuto solo da un misero chiodo, c’era scritto Spinner’s End. “Sicura che vuoi che ti lasci qui da sola?” mi chiese mia madre. Io annuii. “Vai pure…ci vediamo stasera…” sorrisi. Lei annuì e mi scoccò un bacio sulla fronte. Il sole batteva forte, così aprii l’ombrello. Mi sistemai alla misera ombra del cartello. Mi guardai in giro. Mi alzai sulle punte per sbirciare infondo alla via. Il centro della città era abbastanza lontano. L’orologio segnava le 08.54. Mancavano ancora sei minuti. Mi dondolai sui talloni. Forse sarei dovuta partire dopo. Sentii un rumore poco promettente e sobbalzai. Un gatto aveva fatto cadere un coperchio della spazzatura. Tirai un sospiro di sollievo. Notai che li intorno l’unica vita che c’era era proprio quel gatto. Frugai in borsa e mi chinai verso il micetto. Questo si avvicinò diffidente. Aveva il pelo arruffato e nero. “Ciao micio!” sorrisi. Lui mi guardò dubbioso. “Lo so che probabilmente non accetti cibo dagli estranei, però scommetto che questo ti piace…il mio gatto ne va pazzo…” proposi, allungandogli la mano con un dolcetto all’erba gatta. Il micio si avvicinò e annusò il dolce. Poi, pian piano, lo mangiò. Sorrisi e tornai ad appoggiarmi al palo del cartello. Sbuffai e guardai in direzione della via. Sarei anche potuta avanzare di qualche passo dopotutto. Così feci, ed il micetto mi seguì. Avanzai ancora e lui con me. “Hey, ti va di scortarmi? Devo andare a casa del professor Piton…dovrebbe essere infondo a questa via…” spiegai. Il gatto mi guardò, poi iniziò a correre davanti a me. Lo seguii lentamente, guardandomi in giro. Sembrava di essere nella vecchia via di Sweeney Todd. Risi. “There's a whole in the world like a great black pit and the vermin of the world inhabit it and its morals aren't worth what a pin can spit and it goes by the name of London…” canticchiai, sottovoce. Poco a poco il micio mi guidava verso la fine della strada. Una grossa ciminiera diventava sempre più grande. Il sole sembrava oscurarsi man mano che proseguivo. “At the top of the hole sit the previlaged few, making mock of the vermin in the lonely zoo, turning beauty to filth and greed...” continuai, piano. Il gatto zampettava tranquillo davanti a me. Mi aspettavo che a momenti apparisse Mrs Lovett, o addirittura, Sweeney in persona. Sorrisi al pensiero di una cantatina con il diabolico barbiere. “I too have sailed the world and seen its wonders, for the cruelty of men is as wonderous as Peru but there's no place like London!” conclusi, arrivando alla mia meta. Il micio mi aveva condotto ad una piccola casa all’ombra della ciminiera. Era davvero maestosa. Ringraziai il gatto con un altro croccantino e mi diressi verso la casetta. Era fatta di mattoni. Da fuori a me pareva davvero carina. Nulla a che vedere con il quartiere e la ciminiera. Emanava qualcosa di confortante. L’orologio segnava le 08.58. Ancora due minuti. Mi avvicinai piano e bussai alla porta di legno. Nessuna risposta. Chiusi l’ombrello e bussai ancora. Poco dopo, mi accorsi che la porta era già aperta. La spinsi piano. “Permesso…” sussurrai, timidamente. Ero entrata nella stanza adibita a salotto. Mi guardai intorno curiosa. Le pareti coperte da scaffali pieni di libri. Quasi tutti rilegati in pelle nera o marrone. Mi avvicinai. Al centro della stanza c’erano un divano verde scuro, ed un tavolino. Era un salotto piccolo, in cui però mi sentivo già a mio agio. Sentii un rumore e sobbalzai. Vidi una parete aprirsi e dedussi che ci doveva essere una scala segreta. Subito comparì Piton. Il mio cuore si fermò per qualche minuto. Il professore alzò la testa e mi vide. Trasalì. Gli sorrisi. “Sbaglio o le avevo raccomandato di rimanere…” iniziò a dire. Non gli diedi nemmeno il tempo di finire la frase, che gli corsi incontro, lasciando l’ombrello sul pavimento. Lo abbracciai. Lui rimase immobile per qualche minuto. “Mi scusi se le ho disobbedito ma non ce la facevo più ad aspettare!” mi scusai. Severus mi scompigliò i capelli e sorrise. “Tipico signorina Wyspet…” commentò, divertito. Mi staccai e mi guardai ancora in giro. “È davvero una casa carinissima!” osservai, piroettando. Lui mi guardò scettico. “Molto spiritosa…” sbottò. Scossi la testa. “A me piace sul serio! È così…” iniziai a dire. “…squallida…” completò il professore. “…no…accogliente…” lo corressi. Piton mi guardò sbalordito. Poi mi ricordai. “Le ho portato una cosa! Per ringraziarla di aver accettato l’invito!” esordii, frugando nella borsetta. Trovai il sacchettino con i biscotti e glielo porsi. Il professore lo guardò dubbioso. “Avanti…lo apra…” lo incitai. Piton tirò il nastrino e il fazzoletto si aprì, rivelando i biscotti. Mi guardò stupito. “È la prima volta che li faccio…come cuoca non sono un granché…” mi scusai. Severus ne prese uno a serpente e lo mangiò. Lo guardai ansiosa. Piton ne mangiò un altro. “Le…le piacciono?” chiesi. Lui annuì. “Davvero buoni…lei si sottovaluta…” commentò. Sorrisi e saltai di gioia. Li mangiò tutti. “Colazione davvero ottima…” osservò, ancora. Ripresi l’ombrello. “Allora professore, dove andiamo di bello oggi?” chiesi, curiosa. Lui ghignò. “Un giro nel centro di Londra, pranzo, ancora giri…troveremo qualcosa da fare…” disse, vado. Battei le mani entusiasta. In effetti non portava il mantello. Aveva dei pantaloni neri eleganti e una camicia verde scuro. Sbottonati i primi due bottoni. “Non ha caldo?” gli chiesi. Il professore scosse la testa. Mi guidò fuori e chiuse la porta. Attraversammo la via. “Sa…questa mi ricorda un po’ la via di Sweeney Todd…” confessai. Piton mi guardò divertito. “Severus Piton, il diabolico pozionista di Spinner’s End!” scherzai. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. Risi. “Il centro di Londra è lontano…ci conviene Smaterializzarci…” spiegò. Annuii. “Avanti…si avvicini…” mi ordinò. Lo presi a braccetto e ci smaterializzammo. Mi strinsi a lui per tutto il tempo. Non mi ero ancora abituata a quella gelida sensazione. Arrivammo in una via poco visibile. Vedevo la gente sulla strada. Sapevo quanto Piton destasse stare in mezzo alla folla. Era davvero un uomo gentile. Aprii l’ombrello e ci immergemmo tra la gente. Camminammo vicini, commentando ciò che vedevamo. Non avevamo nemmeno finito la via, che venni attirata da dei rumori assordanti. Mi voltai e vidi una sala giochi in pieno stile americano. Mi si illuminarono gli occhi. Guardai supplichevole Severus. “Se vuole lei può entrare…” rispose, acido. Scossi la testa. “O ci entriamo tutti e due, o niente!” sbottai. Lui scosse la testa. “Detesto le orde di ragazzini che ci sono in quei posti…” rimbeccò. Lo guardai scettica. “Dica la verità…non sa giocare…” sorrisi. Lui tossì cercando di fare l’indifferente. Risi divertita. “Avanti! Meno si sa giocare e più ci si diverte!” lo incitai. Piton mi guardò poco convinto. Gli presi la mano e sorrisi. Sbuffò e si lasciò trascinare in mezzo al rumore. Lo guidai al banco, dove presi qualche gettone. “Allora, cosa vuole provare?” chiesi. Lui alzò le spalle. “Non mi intendo di queste diavolerie…” rispose, acido. Vidi il tavolo da hokey. Sorrisi e lo raggiunsi. Il professore mi seguì. Misi i due gettoni che occorrevano e mi posizionai su un lato. “Cosa dovrei fare?” chiese Piton, prendendo il pezzo per lanciare il dischetto. Quest’ultimo era sceso dalla mia parte. “Deve cercare di far entrare il dischetto nella fessura dell’avversario, cioè me…” spiegai. Lui annuì ed alzò le spalle. Tirai il dischetto, che scivolò dritto nella sua porta. Il contatore segnò uno a zero. Severus sbuffò. Stavolta il dischetto scese dalla sua parte. Piton lo posizionò, poi gli diede una spinta. Il dischetto iniziò ad andare da una parte all’altra del tavolo, finché finì nella mia porta. Sorrisi. Pian piano il professore ci prese gusto. Mi battè sette a tre. Poi andammo in un gioco di corsa. Anche li Piton mi battè. Infine, provai a giocare al simulatore di batteria. Con buoni risultati. Uscimmo tutti e due soddisfatti, e ci rituffammo nella folla. “Sa suonare la batteria per caso?” mi chiese. Scossi la testa. “Mi piacerebbe…” precisai. Continuammo a camminare. Vidi molti negozi interessanti, quasi tutti di pupazzi. Ad un certo punto lui si controllò l’orologio da polso. “È mezzogiorno…cerchiamo un posto dove pranzare?” propose. Annuii. “Lascio a lei la scelta…” precisò. Sorrisi. Passeggiamo fino a trovare un ristorante. Non era pieno, ma nemmeno deserto. Ci sedemmo in un tavolo infondo. Un cameriere non tardò ad arrivare e ci consegnò i menù. Guardai tutte le pietanze, mentre il mio stomaco protestava. “Ha visto professore? Pasticcio di carne!” lessi. Lui scosse la testa divertito. Il cameriere annotò le ordinazioni e si riprese i menù. Poi andò via. “Signorina Wyspet…ho accettato il suo invito…” iniziò a dire. “La ringrazio ancora…” sorrisi. Piton mi guardò. E scosse la testa. “Mi scusi se l’ho interrotta…continui…” mi scusai. Il cameriere tornò con le ordinazioni. “Nulla…nulla…ed ora, buon appetito…” si corresse Severus. Sorrisi e iniziai a mangiare il mio pasticcio. “Davvero ottimo!” esclamai. “Si…non c’è male…vedo che la sua finezza a tavola è ricomparsa…” disse, sarcastico. Arrossii. Prendemmo anche il dolce ed andammo a pagare. Il ristorante fece scomparire metà dei miei risparmi. Tornammo in strada. Mi avvicinai piano e lo presi a braccetto. “Guardi professore!” esclamai, notando un piccolo cinema a lato della strada. Piton mi guardò curioso. “È uno di quelli che da vecchi film!” continuai, entusiasta. “Rinchiudersi per tutto il pomeriggio in una sala buia, a fissare uno schermo?” chiese, sarcastico. Annuii. Mi avvicinai al cartello con la programmazione e lui mi seguì. “Danno Lolita!” lessi. “Che ne dice?” chiesi. Piton mi guardò poco convinto. “Dicono che la versione di Kubrick sia migliore…” osservò. Sorrisi e scossi la testa. “Oppure c’è anche Edward Mani di Forbice…Anna mi ha detto che è triste, però è carino…” commentai. “Altra opzione?” chiese Severus. “L’ultimo film in programmazione è Orgoglio e Pregiudizio…” lessi ancora. Piton scrutò il programma. “Ci fidiamo di Anna?” chiesi. Severus alzò le spalle e si diresse banco biglietti. “Due per Edward Mani di Forbice, prossimo spettacolo…” disse. Il ragazzo dietro al bancone lo guardò stupito, poi guardò me. Ci diede due biglietti. “Mancano giusto dieci minuti…forse riesco a prendere anche i pop corn!” sorrisi. Piton mi guardò divertito. Comprai il contenitore medio e lo seguii in sala. Non c’era molta gente. Avevamo i posti nella fila di mezzo. “Siamo fortunati, la fila migliore!” osservai. Severus annuì. “Sicuro che non vuole fare qualcos’altro? Un giro per Londra…oppure…” gli chiesi. Lui scosse la testa. “Diciamo che è da anni che non vado al cinema babbano…è un piacevole diversivo per una giornata…” commentò. Sorrisi e misi i pop corn nel vano della poltrona. Il film iniziò. Iniziai anche a mangiare i chicchi salati. Qualche volta sorpresi anche Piton con la mano nel contenitore. Qualche volta facevamo commenti sul film. Questo durò circa due ore. “Non male…anche se gli effetti erano poveri…” osservò, imparziale, quando le luci si riaccesero. Poi mi guardò e ghignò. Io arrossii. “Signorina Wyspet…non mi dica che ha pianto!” esclamò. Scossi la testa. Lui sorrise. “Tenga…” disse, porgendomi un fazzoletto. Mi asciugai gli occhi. “Però non lo racconti ad anima viva!” sbottai. Uscimmo dal cinema che era pieno pomeriggio. Optammo per andare in un parco li vicino. Io piroettavo facendo girare l’ombrello, mentre Piton mi seguiva divertito. Poi ad un certo punto si fermò. “Signorina Wyspet…” iniziò a dire. Continuai a piroettare e a trotterellare felice. “Devo dirle la verità…ho accettato il suo invito perché devo riferirle una cosa di molta importanza…” confessò. Mi fermai. “Vede…nei prossimi mesi le risponderò con molta lentezza…” continuò. Annuii. “Ero intenzionato a non parlargliene, ma, dopo un’attenta valutazione, ho deciso di confidarle questa specie di segreto…” proseguii. Lo guardai dubbiosa. Sapevo che non era una cosa bella. Me lo sentivo. “Silente mi ha affidato un incarico…della massima importanza…e per compierlo sarò molto impegnato…” spiegò. “Ci…cioè?” chiesi, stupita. “Non posso parlargliene fino a quel punto…potrebbe essere pericoloso…” rispose lui. Scossi la testa. Lo sapevo. Silente gli aveva affidato qualche missione pericolosa. Lasciai senza accorgermene l’ombrello, che cadde in terra. Severus si avvicinò e lo raccolse. D’istinto lo abbracciai. “Non voglio…che lei corra pericoli…” sussurrai. Piton mi accarezzò la testa. “Non sono uno sprovveduto…so proteggermi benissimo da solo…al contrario di qualcuno…” commentò, sarcastico. “Non può…Silente non può mandarla nelle braccia dei Mangiamorte!” sbottai, preoccupata. Severus trasalì stupito. “A quanto pare lei è una ragazza sveglia signorina Wyspet…” osservò. Scossi la testa. “Non voglio che le succeda qualcosa…la prego…rifiuti…” lo pregai, con le lacrime agli occhi. Lui mi guardò. “Ho già accettato…e comunque non deve preoccuparsi…” disse poi. “Si che mi preoccupo! Voldemort è Voldemort! Mica il grande puffo!” sbottai. Severus rise. “Sa…qualcuno una volta mi disse che perfino l’Avada Kedavra può essere sconfitta…” esordì. “Non voglio che combatta…” dissi. “Da che pulpito…le ricordo che non sono io quello che ha compiuto un’azione suicida andando al Ministero ad affrontare un’orda di Mangiamorte armato con dei poveri incantesimi di basso livello…” rimbeccò. “Lo so…ho fatto una sciocchezza…” gli diedi ragione. Severus mi prese il mento con una mano e mi alzò la testa, in modo che potessi guardarlo negli occhi. Quei suoi occhi. Se non li avessi più potuti vedere. Sarei potuta morire. “Lo sa perché ho accettato la proposta di Silente?” mi chiese. Scossi la testa. “Per garantire un futuro al mondo magico. Ad Hogwarts…e a lei…” disse. Lo guardai triste. “Quando finirà tutto?” chiesi. “Non lo so…spero il più presto possibile…” sospirò Severus. Lo abbracciai forte. “La prego professore…stia attento…” lo pregai. Lui ricambiò la stretta. “Non mi succederà nulla…” mi rispose. “Me lo prometta!” rimbeccai. Severus alzò un sopracciglio. “Davvero una ragazza di poca fede…” commentò. Lo guardai supplichevole. “E va bene…glielo prometto…” sbuffò. Feci un piccolo sorriso. “Ci rivedremo il primo settembre…” dissi. Lui annuì. Mi porse l’ombrello e lo accettai. “È davvero una bella giornata…” dissi, alzando gli occhi al cielo limpido. Piton mi guardò scettico. Sorrisi. una farfalla mi volò davanti. “Oh no…ci risiamo…” sbottò subito Severus. Risi ed iniziai a seguire l’insetto. “Possibile che lei debba importunare ogni forma di vita che trova sulla sua strada?” commentò ancora il professore. Feci un salto per raggiungere la farfalla, ma questa si alzò ancora. Sbuffai. Severus rise. Trotterellai da lui. E mi sedetti sull’erba fresca. Gli feci segno di sedersi accanto a me ma lui scosse la testa. Allungai una mano e gli presi la manica della camicia. La tirai verso di me. Severus non si muoveva. Così tirai più forte. Dopo qualche minuto, Piton, esasperato si arrese e si sedette accanto a me. “Che bel posto…” osservai, guardandomi in giro. Vidi una palla rotolare verso di noi. Si fermò ai piedi di Severus. A seguirla, una bambina dai codini. Si avvicinò timida. Il professore le riservò uno sguardo e lei arretrò impaurita. Risi. “Charlotte sbrigati!” la chiamò una donna. Doveva essere la madre. La bambina era indecisa. Piton diede una spinta alla palla, che si avvicinò a lei. Ma questa non si muoveva. Sorrisi. “Ti chiami Charlotte? È davvero un bel nome! Io sono Giulia…e questo gufo invece si chiama Severus…” scherzai. “Gufo?!” sbottò lui. La bambina si avvicinò e prese la palla. “G…grazie…signore…” disse piano, a Piton. Lui la guardò alzando un sopracciglio, e lei scappò verso la madre. “Come vede signorina Wyspet, io non faccio un bell’effetto ai bambini…” commentò, seccato. Scossi la testa. “Tutti i bambini sono diffidenti delle persone che non conoscono…” precisai. Lui mi guardò scettico. “Dobbiamo portare qui Eveline… a fare un pic nic magari…” proposi. Severus annuì. “Però io l’avverto…non gioco a palla…” rimbeccò. Risi. “Ha mai notato che Silente assomiglia a mago Merlino della Spada nella Roccia?” osservai. Lui mi guardò divertito. “Non c’è logica spiegazione, ad una tal disturbazione…niente ti scompisciola, ti scombuzza di più!” canticchiai. Severus rise. Poi tirai un sospiro. Ed alzai gli occhi al cielo. “I never felt alone, I was happy on my own and who would ever know, there was something missing…” iniziai a cantare. Severus mi guardò. “I guess I didn't see the possibility, it was waiting all the time…” continuai. Mi sdraiai sull’erba. Con le braccia conserte sulla pancia. E guardava Severus. La cosa più bella che ci fosse in quel momento. Lui mi sorrise. “But it never crossed my mind, 'til you opened up my eyes, now all I think about is...” sospirai. Chiusi gli occhi e stesi le braccia vicino ai fianchi. “You, in my life, in my dreams, in my heart…I know it's true, that I belong with you…” sorrisi. Allungai una mano verso il professore. Sull’erba. “Because of you, in my world, in my arms, I have everything…” dissi. La mia mano non rimase da sola a lungo. Qualcosa le si poggiò sopra. Aprii gli occhi e vidi la mano di Severus. Lui arrossì e distolse lo sguardo. Sorrisi. “…and now, I can't imagine what I'd do…without you…” sussurrai. Strinsi la sua mano e incrociai le sue dita con le mie. Dopotutto eravamo fuori dalle mura di Hogwarts. Io ero Giulia. E lui era Severus. “Non le fa nessun effetto vedere un suo professore durante l’estate? Sarebbe l’incubo di ogni studente…” sbottò lui. Scossi la testa. Con l’altra mano gli tirai ancora la manica della camicia. Piton mi guardò alzando un sopracciglio. Sorrisi. E tirai ancora. Lui scosse la testa. Mi avvicinai e cercai di farlo sdraiare vicino a me. “Lei è di un’ostinatezza incredibile…” sbuffò. Poi, però, mi accontentò. Appoggiai la testa tra il collo e la spalla. A mi rannicchiai vicino a lui. Quel profumo che mi mancava tanto. Quella bella sensazione di calore. Portai le nostre mani incrociate alla mia guancia. Sospirai. “Professore…mi è mancato…davvero…tanto…” dissi, rossa in viso. Severus sorrise divertito. “È passato solo un mese…” osservò. “A me è sembrato di più…” sbottai. Lui rise. “Spero tanto che questo sia un anno migliore…” sospirai. Piton mi accarezzò la testa con la mano libera. Avevo ancora i segni delle punizioni della Umbridge. “Lo sarà…ora si deve soltanto impegnare per i M.A.G.O….” commentò. Scossi la testa. “Ho appena finito i G.U.F.O.!” esclamai. “Ci deve essere impegno costante!” esordì Piton. Risi. “Il bracciale di Eveline è al sicuro in un cassetto del mio comodino…” dissi. Lui mi guardò. “Lo sa che ha un insetto che le pascola allegramente sulla testa?” esclamò. Trasalii. “Co…cosa?! Lo tolga! Per favore!!” lo pregai, alzandomi a sedere di scatto. Severus scoppiò a ridere. “Per favore!!!” continuai, in panico. Lui allungò una mano. Poco dopo la riaprì. Un bruchetto mi guardava stranito. “Che carino che sei! Io sono Giulia, piacere!” sorrisi. Piton mi guardò poco convinto. “Qualche minuto fa sbraitava come una pazza, ed ora si presenta? Io davvero non la capisco signorina Wyspet…” sospirò. Stavolta fui io a ridere. Misi un dito vicino al bruchetto e questo ci salì pian piano. Ridacchiai. “Fa il solletico!!” esclamai. Severus scosse la testa esasperato. “Ti chiamerò…Anacleto!” dissi. “Penso che quel povero essere ora avrà un motivo per buttarsi nel vuoto…” commentò acido Piton. “Guardi!! Gli piace come nome!” dissi. Il bruchetto aveva iniziato a fare un cerchio sul palmo della mano. “Ah si…Flower la saluta…” risi. Piton evitò di rispondere. “Non preoccuparti Anacleto…papà Severus è sempre così…però infondo ti vuole bene! Sia a te, che a tuo fratello Flower!” gli dissi. L’animaletto strisciò piano verso Piton. Questo lo guardò gelido. Coprii gli occhi del bruchetto e posai a mano a terra. “Ora vai…però mi raccomando Anacleto, torna per cena! Stasera, pasticcio di prete!” sorrisi. “Non ne ha al poeta o qualcosa di simile?” chiese divertito Severus. Scossi la testa. “No…vede, il problema con i poeti, è che non si sa se sono già deceduti…” spiegai. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. Mi avvicinai. E ghignai furba. “Non ci provi nemmeno!” sbottò lui. “A fare cosa?” chiesi, innocente. “Quello che vuole fare!” rimbeccò. Sorrisi. “Oh Mrs Todd, I’m so happy!” iniziai, dandogli un bacetto sulla guancia. Piton sbuffò. “I could, eat you up, I really could!” continuai. Ancora un bacetto. Il professore mi guardò seccato. Mi fermai. “Ora è soddisfatta?” mi chiese, esasperato. Annuii sorridendo. Una strana musichetta attirò la mia attenzione. “Professore…la sente anche lei?” chiesi. Lui mi guardò dubbioso. La musica si avvicinò sempre di più. Poi venne interrotta. “Signori e signore, stasera, ultima serata di apertura del Luna Park dei fratelli Bennet! Bambini, fate i capricci! Signorine, convincete i vostri fidanzati! Ultima serata in città!” urlò l’altoparlante. “Lu…Luna Park?” chiesi, stupita. Mi voltai verso Severus. “Ha sedici anni… direi che è un po’ troppo cresciuta per andare in poti del genere…” osservò. Lo guardai delusa. “In effetti…però ci sono stata solo una volta quando ero piccola…avevo quattro o cinque anni…ma non mi ricordo quasi nulla…” sospirai triste. Passarono dei minuti. “Professore…mi scusi…la sto trascinando in ogni posto in cui voglio andare…prima la sala giochi…poi il cinema…” mi scusai, in colpa. Lui sbuffò. “Non dica sciocchezze! Alla fin fine mi sono divertito…e poi è lei che ha proposto quest’uscita…ha tutto il diritto di decidere cosa fare e dove andare…” mi rimproverò. Lo guardai stupita. “Dopo cena andremo al Luna Park…in cambio però le pagherò la cena e sceglierò il posto dove mangiare…” disse, deciso. “Non…non posso permetterle di offrirmi la cena!” mi opposi. “Non si discute signorina Wyspet! Altrimenti le tolgo venti punti!” sbottò. Lo guardai divertita. “Da cosa? Non c’è la gara della case…” osservai. “Dai suoi punti simpatia…ecco da cosa! Ed ora la smetta di protestare!” mi ordinò. Sorrisi. “Si professor Piton!” accettai. Mi sembrava un sogno. O una fiaba. No. Era realtà. Perché i sogni prima o poi sono destinati a svanire. Ed io non volevo che quella giornata svanisse. Rimanemmo a crogiolarci sotto al sole ancora per un po’. Parlammo del tempo. Di cosa avevamo fatto in quel mese. Gli raccontai delle scappatelle di Anna. Delle lotte con la madre. E di quello che mi avevano raccontato i miei sulla giovane Hogwarts. Poi, ci alzammo. E passeggiammo fino a trovare un ristorante. Elegante. Ma non troppo. Ci sedemmo in un tavolo all’angolo. Oramai quello era un posto fisso. Ordinai una bistecca con patatine fritte. E dell’acqua. Severus ordinò lo stesso, solo che al posto delle patatine prese un’insalata. E del vino rosso. Richiamai tutta la mia finezza femminile e cercai di mangiare come una vera signorina. Intanto però dondolavo le gambe sotto al tavolo. Mangiammo con calma. Piton volle che prendessi anche il dolce. Dei profitteroles. Mentre lui prese un caffè. “Il secondo dolce di oggi…lei mi vuole far ingrassare…” scherzai. Severus sorrise. “Però mi vizia così…” sbottai. “Come se le dispiacesse signorina Wyspet…” precisò lui. Sorrisi imbarazzata. Finimmo, poi andò a pagare. Uscimmo e ci dirigemmo verso una via buia. Lo presi a braccetto. Non mi andava di perdermi in certi posti. Ci fermammo e ci smaterializzammo. Comparimmo all’ombra di alcuni cespugli vicino all’entrata del Luna Park. Era pieno di gente. Varcammo il cartello con le luci al neon che segnava l’entrata. Strinsi la presa al braccio di Severus. “Vorrei farle notare che non mi affluisce più sangue al braccio…” precisò acido lui. Arrossii. “Per favore…non mi lasci…ho paura di perdermi…” spiegai, imbarazzata. Lui sorrise. Mi tese una mano. Stavo per accettarla, quando venni spinta in la da qualcuno. Mi avvicinai ma altre persone si frapposero tra me e lui. “Professore!” chiamai. Quando la scia di folla davanti a me si diradò, Severus non c’era più. Dovevo essere stata trascinata via. Mi guardai in giro. Stringendo l’ombrello in una mano. Vidi due ragazze. Una Gothic Lolita e una ShiroLoli. Entrambe si voltarono e guardarono prima me, poi l’ombrello. Arrossii ma mi sforzai di sorridere. Da una giostra lontana sentii le note di Rise Up. Sentii una mano poggiarsi sulla spalla. “Ah…che paura professore…pensavo di averla persa…” sorrisi. Quando mi girai però non c’era Piton. Al suo posto, tre ragazzi. Dovevano essere più grandi di me. Almeno di due anni. “Hey ciao fiorellino…” sorrise quello con la mano sulla mia spalla. Alzai un sopracciglio. “Fiorellino?” ripetei. Poi gli diedi un pizzicotto su quella zampaccia. “A me sembra di più un’ape…” osservò il secondo ragazzo. “Bhe…non importa cosa sembra! Senti piccola…ti va di venire a fare un giro con noi?” mi chiese il primo. Scossi la testa. “Avanti!” insistette il terzo, poggiandomi una mano sul braccio. Gli presi il polso e gli girai il braccio. Lui iniziò a lamentarsi, così lo lasciai. “Peperino eh? Eddai, solo un giro! Nel tunnel dell’amore…” mi propose ancora il primo. Sbuffai esasperata. “Sentite, non è il momento giusto…devo cercare il mio accompagnatore…” sbottai, guardandomi in giro. “Non dirmi che hai già il ragazzo! Uffa!” disse deluso il secondo. Annuii convinta. Però arrossii. “Ti aiutiamo noi a cercarlo! Magari è andato verso quella zona buia…” ipotizzò il terzo. Lo guardai scettica. E il secondo ragazzo gli diede una gomitata. “Non so che intenzioni abbiate, ma in ogni caso, avete sbagliato ragazza a cui far certe proposte…” rimbeccai, infastidita. I tre si guardarono. “Solo un minutino…” mi chiese il terzo. Aveva un che di Codaliscia. Rabbrividii. “Avanti, non fare la schizzinosa…” cercò di convincermi l’altro. “Scusate…” disse una voce. “Che vuoi?! Non vedi che siamo occupati! Cercati un’altra ragazza da farti!” rimbeccò il primo ragazzo. Quando si voltò, trasalì. Severus tossicchiò. “Devo forse dedurre che state cercando…come dite voi quindi…di ‘farvi’ questa ragazza?” chiese, alzando un sopracciglio. Il terzo ragazzo si fece piccolo piccolo vicino ai due amici. “S…si! Perché, qualche problema?” rispose ancora il primo. Piton incrociò le braccia al petto. “No, nessuno…a parte il fatto che lei sia la mia…ragazza…” disse, sussultando a quest’ultima parola. Era anche arrossito. Sorrisi. Il ragazzo deglutì ed arretrò. “Non…non lo sapevamo…ci scusi!!!” esclamò subito il terzo ragazzo. Fece un passo indietro, poi scappò con al seguito il secondo. Il primo, rimasto da solo, ci guardò. “Faresti meglio a trovarti qualcuno che non stia per schiattare da un momento all’altro bellezza!” commentò, poi, tagliò la corda seguendo i suoi amici. Lo guardai torva. Poi però mi fiondai tra le braccia del mio salvatore. “Menomale che è arrivato!” sospirai, abbracciandolo. Lui però non ricambiò. “Qualcosa non va professore?” chiesi, dubbiosa. “Non le reca nemmeno un po’ di vergogna ad andare in giro con un uomo così vecchio per lei?” mi chiese a sua volta. Sorrisi e scossi la testa. Mi alzai in punta di piedi e presi il suo viso tra le mani. “Preferisco di gran lunga un gentiluomo come lei che un ragazzino senza neuroni come quelli…” risposi. Severus sorrise. “Ed ora, andiamo sulle giostre!” esclamai, entusiasta. Gli presi la mano. E lui arrossì ancora.  Passammo davanti agli autoscontri. “Anna una volta mi disse che questa è la sua giostra preferita…dopo…la Nave dei Pirati…” raccontai. Piton mi guardò dubbioso. Indicai l’imponente nave a poca distanza da noi. “Cosa ci sarebbe di speciale?” chiese lui. “Ora le faccio vedere!” sorrisi, trascinandolo alla giostra. “Tenersi stretti ragazzi, si parte!!!” esclamò il giostraio. La nave iniziò ad oscillare. Sempre più veloce. Fino a che si sollevò in verticale. “Visto?” chiesi. Severus guardava la giostra poco convinto. “Non capisco perché voi giovani dovete sempre divertirvi con cose così spericolate…” commentò. Risi. “Voi giovani? Non sono mica una bambina!” rimbeccai. Lui tossicchiò. “Inoltre penso che lei non potrebbe salire su questa giostra…in caso ci fosse una misura di altezza media…” disse ancora, perfido. Sbuffai. “Dica la verità…lei ha paura…” lo stuzzicai. Piton alzò un sopracciglio. “No signorina Wyspet, ho solo buon senso…” mi corresse. Poi mi guardò. “Lei ci salirebbe?” mi chiese. Mi voltai e vidi l’altezza a cui arrivava la nave. Un brivido di terrore mi percorse la schiena. “Come volevasi dimostrare…” disse, soddisfatto. “Però…se…se lei sale con me ci andrei!” specificai. Severus rise. “Se aspetta che io salga su quella trappola infernale allora aspetti e speri…” rimbeccò lui. “Io…io non ho paura!” sbottai. Piton mi guardò scettico. “Questa è davvero bella…un grazioso aneddoto da poter raccontare in classe…” soffiò. Sbarrai gli occhi. “Cattivo!” sbuffai, dandogli un leggero pugno sul braccio. La nave intanto aveva perso velocità. “Avanti! E vediamo chi è che ha paura!” dissi, tirandolo verso la biglietteria. Severus si oppose. “Non crederà davvero che io mi presti ad una simile sciocchezza!” sbottò. Sorrisi. “Ha paura…” tossicchiai. “Lei è davvero insistente signorina Wyspet…le farò vedere io chi ha paura…” rispose. Aveva sfoderato il suo ghigno alla Serpeverde. E ciò non prometteva nulla di buono. “Due biglietti!” esclamò, al giostraio. Questo lo guardò stupito. “Dunque?” sbottò Severus. Il ragazzo gli diede due biglietti. Lascia l’ombrello nella cabina insieme alle borsette della altre ragazze di quel giro. Appena la nave fu ferma, un altro ragazzo ci fece salire. Andammo a sederci sulla punta, vicino alle gabbie. Il cuore mi batteva a mille. Stringevo la sbarra di ferro davanti a me convulsamente. Piton lo notò. “Qualcosa non va?” chiese, malefico. Scossi la testa. “È solo che…sa…Britney Spears in sottofondo mi mette inquietudine…porta male…” mi giustificai. Gimme More non era il massimo come canzone in effetti. Severus rise. “Pronti? Si parte!” annunciò il giostraio. Presi un profondo respiro. La giostra iniziò ad oscillare. Severus se ne stava tranquillo a guardarsi in giro. Sembrava quasi…annoiato. “Non è così male dopotutto…” sorrisi. Pian piano la nave prese velocità. Andando sempre più in alto. Mi avvicinai a Piton. “Siamo in alto…” osservò, perfido. Chiusi gli occhi, ma l’effetto era peggiore. Eravamo davvero in alto. Quando sentii l’ennesima discesa mi abbandonai al terrore. Mi scappò un urlo, che si unì a quello delle altre ragazze, e mi strinsi a Severus. La nave continuò ad ondeggiare fino ad arrivare all’apice. Sembrava che stesse per fare l’intero giro! Sentii Piton ridere. Non in modo perfido. Qualcosa mi circondò le spalle. E mi tirò a lui. Pian piano la nave calò di velocità, fino a fermarsi. Scesi barcollando. Piton andò a recuperare il mio ombrello, poi mi raggiunse. “In effetti è stato divertente…non trova?” mi chiese. Lo guardai truce. “Mai sfidare Severus Piton…” sorrise, soddisfatto. Tremavo ancora. Lui mi guardò divertito e mi accarezzò la testa. “Ora, decida dove proseguire la serata…oppure vuole fare un altro giro?” chiese. Scossi subito la testa. Piton rise. Lo presi per mano. Passeggiammo tranquilli finché non passammo davanti alla giostra con i cavalli. Mi fermai di botto. “Se pensa che io salirò su una cosa come questa se lo scorda…non sono la professoressa Umbridge…” sbottò. Risi. “Se ci faccio un giro, lei mi aspetta?” proposi. Lui annuì. Mi accompagnò a comprare il biglietto. Mi misi in coda. Davanti a me notai che c’erano le due Lolita che avevo visto prima. Importunate da dei ragazzi altrettanto famigliari. “Eddai bamboline…un giro nel tunnel dell’orrore…” propose uno. Mi sgranchii le mani. Qui ci voleva un intervento alla Wyspet. “Ti abbiamo già detto di no! Lasciateci stare!” rimbeccò la Gothic Lolita. La ShiroLoli, vestita in bianco, con un enorme orso di peluche in braccio, si nascondeva dietro all’amica. Sembrava più piccola. Un ragazzo allungò una mano verso di lei. “Non così in fretta…” dissi, bloccandolo. Lui mi vide e trasalì. “Ancora voi?! Che volete?!” sbottò il primo ragazzo. “Lasciatele stare…” ordinai. Severus mi guardava curioso e divertito. “Altrimenti? Ci fai picchiare dal tuo uomo?” mi provocò uno. Tossii e mi sgranchii il collo. Passai l’ombrello a Severus, che lo accettò complice. Mollai un pugno nello stomaco ad uno, mentre ad un altro feci lo sgambetto. Il terzo, mi guardò e scappò via. Gli amici lo seguirono subito. “Ecco fatto…disinfestazione compiuta…” sorrisi, verso le due ragazze. La Gothic Lolita mi fece un inchino alla giapponese. “Grazie mille…” mi ringraziò. “Di nulla…certi vermi bisognerebbe rinchiuderli…” sbuffai. Lei rise. Mi avvicinai alla ShiroLoli. “Avanti! Non fare la maleducata! Ringrazia!” la rimproverò l’altra. Questa mi fece un inchino, insieme all’enorme orsacchiotto. Sorrisi. “È davvero bello questo orso…come si chiama?” le chiesi. Lei mi guardò timida. “Devi scusarla…è la prima volta che viene al Luna Park ed è un po’ sperduta…comunque io sono Emily, mentre lei è mia sorella Allegra…” si presentò. Annuii. “Piacere, io sono Giulia…lui invece è Severus…” ricambiai, dando la mano all’orso. Allegra sorrise. “Ti avevamo già vista prima…a mia sorella piace molto il tuo ombrello…” spiegò la più grande. “Davvero? in effetti è particolare…” concordai. “L’hai comprato ad Hogsmeade vero?” mi chiese ancora Emily. Trasalii. Allora anche loro erano streghe! “Voi…non vi ho mai viste in giro per Hogwarts…” osservai. Anche Piton le stava scrutando. “Infatti andiamo a Beauxbatons…io sono al sesto anno, mentre Allegra deve iniziare quest’anno…” spiegò. Annuii. “Però i nostri genitori sono originari di Londra…ci siamo trasferiti in Francia quando nacqui io…comunque veniamo in Inghilterra ogni estate…” raccontò ancora Emily. “Quindi hai…sedici anni?” le chiesi. Lei annuì. “Stavo accompagnando Allegra a prendere il biglietto, solo che non vuole salire da sola…” spiegò Emily. “Se vuoi la posso accompagnare io…tanto devo già salirci…” mi proposi. “Se Allegra è d’accordo…” alzò le spalle la sorella grande. La minore annuì timidamente. Prendemmo i biglietti e lasciai l’ombrello a Severus. Mi andai a sedere su un cavallo, mentre la ShiroLoli si sedette su uno vicino a me. La giostra partì, iniziando a girare. Quello che ci voleva per scaricare l’adrenalina accumulata. Tranquillità. Musichetta rilassante. Dondolavo le gambe, tutte e due dalla stessa parte. “Anacleto…” disse piano Allegra. La guardai curiosa. “L’orso…ha detto che…si chiama Anacleto…e che…gli sei simpatica…” mi sorrise. Feci una carezza al peluche. “Sono contenta che io ti piaccia…secondo me Anacleto è un bel nome…” osservai. Lei annuì timida. Mi ricordava un po’ la visione di Eveline nello specchio. Così tenera. Timida. Vidi Emily e Severus avvicinarsi. Iniziai a salutare. “Avanti Allegra, Anacleto! Salutate Emily!” risi. La bambina mi ubbidì, levando in alto la zampa del peluche. Emily scosse la testa divertita, come anche Piton. Il giro durò poco. “Grazie mille per il giro…” mi ringraziò la sorella. “Di nulla…e mi raccomando Allegra, tieniti stretto Anacleto! È un bravo orsotto….” suggerii, facendole una carezza sulla testa. La bambina annuì e mi avvicinò l’orso alla guancia. “Ti ha dato un bacio…” disse poi. Sorrisi intenerita. “Grazie Anacleto…sono onorata…però stai attento…che Severus si ingelosisce…” risi. Emily prese per mano Allegra e si allontanarono. Le salutai con la mano da lontano. E sospirai. Piton mi guardava. Arrossii. “Lei è davvero una ragazza gentile…” osservò. Divenni ancora più rossa. “Non ho fatto…nulla di speciale…” dissi. “Ha aiutato delle ragazze che non conosceva…si è anche presentata ed ha accompagnato la bambina sulla giostra…” elencò Piton. Scossi la testa. “Ci stavo andando anche io…ho approfittato…e poi Allegra è così carina…” sorrisi. Lo guardai negli occhi. “Mi ricorda un po’ Eveline…” confessai. Piton mi passò l’ombrello e lo presi a braccetto. Ci dirigemmo verso la bancarella di frittelle e zucchero filato. “Dunque Eveline assomiglia a quella bambina…” disse Severus. Annuii. “Stessa altezza…pressappoco…capelli così lunghi…solo con il mio ciuffo in mezzo agli occhi…ed i capelli neri…” descrissi. Piton annuì. Ci fermammo alla bancarella. “Uno zucchero filato, grazie…” chiesi. La ragazza dietro al bancone mi chiese il colore. Vidi che c’era anche lilla, così lo chiesi di quel colore. Poco dopo mi stavo gustando il mio dolce spumoso. “Ne vuole un pezzo?” chiesi, a Severus. Lui scosse la testa. Ci fermammo a osservare il Tunnel dell’Orrore. Mangiai piano il mio zucchero. “Io li non ci entro…” specificai, subito. Severus rise. “Che sarà mai…penso che lei ne abbia viste di peggio per spaventarsi per qualche fantasma finto e degli scheletri di cartone…” osservò. Scossi la testa. “Categoricamente no!” sbuffai, finendo lo zucchero e buttando via lo stecchino. Qualche minuto dopo, mi ritrovavo seduta vicino a Piton. Nel trenino in partenza per quella giostra infernale. Mi strinsi a Severus. “Le ricordo la circolazione del mio braccio…” commentò, subito. “Mi ha voluto far salire? Ora ne paga le conseguenze!” sbuffai. Alla fin fine però mi divertivo. Mi sembrava di essere in un vero appuntamento. Arrossii a questo pensiero. Vidi qualcosa di bianco e svolazzante passarci davanti. Severus alzò un sopracciglio. “Ecco il primo stereotipo di fantasma…” commentò. Una sottospecie di lenzuolo ci passò sulla testa. “Se Pix li vedesse si rivolterebbe nella tomba!” scherzai. Severus sorrise. Da una tomba poggiata alla parete uscì quello che doveva essere un vampiro. “Voglio tuo sangueee!!” sbraitò. Risi. “Sembra Anna appena alzata!” dissi. Piton scosse la testa divertito. Poco dopo comparve una specie di zombie mal riuscito. “Ti mangio cervello!!” esclamò. Lo guardai truce. “Ma un po’ di grammatica, a questi mostri…” sbuffai. Stavolta Severus rise. Sorrisi a mia volta. Adoravo vederlo ridere. O anche solo sorridere. Un ragno di peluche sbucò dal soffitto. “Se lo prendo dice che posso tenerlo?” chiesi, alzandomi di poco per riuscire ad arrivarci. Piton mi fece sedere. Il giro finì con l’eclatante apparizione di un lupo mannaro. “Se solo l’avesse visto Lupin!! Poveri noi che mondo…” sospirai, delusa. Proseguimmo il nostro giro, imbattendoci in una bancarella piena di peluche. Vidi subito il mio tanto bramato serpente gigante. Severus sbuffò. “Non crederà che si vinca davvero?” sbottò. Iniziai a scambiare sguardi d’intesa con il peluche. “E così sia…facciamo quest’ultima fatica…” esclamò esasperato Piton. Chiese al giostraio di giocare un turno. Si dovevano colpire tutti i barattoli con il massimo di tre palle da tennis. Severus prese la mira e ne buttò giù tre con la prima. Sembrava concentrato. Ne mancavano ancora sei. Il professore prese la seconda palla e tirò prendendo in pieno altri due. Ora mancavano quelli della fila finale. Prese ancora la mira, e tirò. Stavolta fece cadere solo i primi due. “Vede? Questo gioco è puramente un imbroglio…” sbuffò. Anche se mi guardava con una velo di dispiacere. Il giostraio si avvicinò. “Ecco qua bella signorina…” disse, porgendomi un peluche. Lo accettai. Era un serpentello corto e un po’ grassoccio. Però aveva un musetto simpatico. Verde e viola. Severus lo guardò riluttante. “Davvero un bel premio…” commentò, sarcastico. Sorrisi. “Non dica così…è bello anche questo! Guardi che bel musino!” esclamai, avvicinando il peluche al professore. Lui lo guardò ancora più schifato. “Un serpente obeso…davvero bello…” disse ancora. abbracciai stretto il peluche. “Non dica così! Altrimenti poi si fa mille paranoie e non mangia più e diventa anoressico!” sbottai. Piton inarcò un sopracciglio. “I pupazzi non mangiano…” osservò. Scossi la testa. “Quando noi siamo svegli no…però mentre noi dormiamo si rimpinzano di dolci!” spiegai. A severus scappò un sorrisetto. Mi accarezzò la testa. “Certe volte penso davvero che lei abbia dieci anni…” osservò. Misi il broncio, finta offesa. “Oppure è avere per amica la signorina Lovegood che fa male…” aggiunse. Sorrisi. “Ora però dovremmo dare il nome al serpentone…” esordii. Iniziammo a camminare. Severus mi guardò dubbioso. “Nostro…?” ripeté. Annuii. “Quel coso è tutto suo…se lo può tenere…l’ho vinto per lei! Oppure è così brutto che non piace nemmeno a lei?” mi chiese. Scossi la testa decisa. “Questo serpente è bellissimo! È adorabile!” risposi, stingendolo a me. “Appunto, allora lo tenga a debita distanza da me…” disse Piton. Accarezzai il serpente sulla testa. “Non ascoltarlo…ti trova carino anche lui, ma non lo vuole ammettere…” gli dissi. Severus si portò una mano alla testa esasperato. Risi. “Dunque…siccome l’ha vinto lei, potrei anche chiamarlo…” iniziai a dire. “Non si azzardi!” sbottò Piton. “…Severus…” continuai. Il professore sbuffò contrariato. “...però, siccome poi ci sarebbe un chiasso tremendo se dovessi chiamarvi, forse sarebbe meglio una cosa tipo…Snake…” continuai. Severus rise. “La sua solita fantasia…” commentò. Ci pensai su. “…Snakey…oppure…Snappy…” proposi. Lui scosse la testa. “Menomale che abbiamo già deciso il nome per Eveline…altrimenti chissà come sarebbe stata capace di chiamarla…” sbottò poi. Sorrisi. “Allora è deciso! Snakey!” conclusi. Piton alzò le spalle indifferente. Strinsi a me il peluche. “Benvenuto in famiglia Snakey!” esclamai. Severus mi guardò divertito. Sentii ancora Rise Up suonare nelle vicinanze. Mi voltai, e la vidi. “Professore guardi!! La Ruota Panoramica!” dissi, indicandola. Piton esultò sarcasticamente. “Ci andiamo?” chiesi. lui osservò la ruota. In effetti c’erano solo coppiette romanticamente abbracciate. Arrossii. “Per favore…” lo pregai. Lui sospirò. Poi si diresse verso la cabina dei biglietti. Ne prese due per la prossima corsa. Sorrisi e aspettai accanto a lui che quel giro finisse. Appena la ruota si fermò, anche la musica cambiò. Qualcosa di più melodico. Le cabine erano parzialmente scoperte. Non avevano il tettuccio. Però c’era lo schienale dei posti a sedere e tutt’intorno alto. Salimmo su quella verde. Piton da un lato, io di fronte a lui. Snakey vicino a me. Il giro partì. Intanto io avevo preso a dondolare la testa a ritmo della canzone. “Baby when I think about, the day that we first met…” iniziai a cantare. Severus accavallò le gambe e mi guardò. Arrossii. “Wasn't looking for what I found, but I found you and I'm bound to find happiness in bein' around you…” continuai. Una brezza serale mi accarezzò il viso. Incontrai i suoi occhi. “I'm glad when I'm makin' love to you, I'm glad for the way you make me feel, I love it 'cause you seem to blow my mind, everytime…” sorrisi. Il professore distolse lo sguardo. Le guance rosse. Chiusi gli occhi. e portai una mano al ciondolo. Lo strinsi. “I'm glad when we walk you hold my hand, I'm happy that you know how to be a man, I'm glad that you came into my life…” proseguii. Riaprii gli occhi. E vidi che anche Severus teneva stretto il ciondolo. “…I'm so glad” conclusi. La ruota si fermò, facendo traballare le cabine. Guardai verso terra. “Siamo davvero in alto!” osservai. Piton annuì. “Guarda Snakey, che piccole sembrano le persone!” esclamai, facendo sporgere anche lui. “Se lo lascia cadere fa un favore a tutto il mondo…” disse acido il professore. Scossi la testa dispiaciuta. Guardai Severus. Mi alzai piano e la cabina traballò. Gli caddi addosso. “Si è fatta male?” mi chiese, cercando di nascondere una risata. Sbuffai e scossi la testa. Poi però mi sedetti accanto a lui. “È davvero una bella serata!” dissi. Una nuova folata di vento mi fece rabbrividire. “Ha freddo?” chiese Severus. Scossi la testa. Mi avvicinai. “Quante stelle…e che bella luna!” sorrisi. Lui annuì. “Come quella sera in cui siamo rimasti svegli a vedere l’alba! si ricorda?” gli chiesi. “Non è successo anni fa…certo che me lo ricordo!” sbottò. Risi. Pian piano la ruota riprese a girare. Appoggiai la testa sulla sua spalla. E chiusi gli occhi. Poco dopo la cabina si fermò. Il giro era finito. Severus mi aiutò a scendere. Poi, guardò l’ora. Io feci lo stesso. “È tardi...forse sarebbe il caso che la riaccompagnassi a casa…” commentò. Era mezzanotte passata. Lo guardai supplichevole. “Non mi guardi così…non possiamo rimanere qui in eterno…” rispose, acido. Magari saremmo potuti rimanere in quel Luna Park. Se fossimo andati via in quel momento, saremmo dovuti anche tornare alla realtà di tutti i giorni. Quella in cui io ero a casa dai miei. E Severus rischiava la vita. Mi venne un tuffo al cuore. Lo guardai ancora e lo abbracciai. “Cosa…cosa le prende ora?!” sbottò il professore. Mi staccai e scossi la testa. Avevo gli occhi lucidi, ma cercai di non darlo a vedere. Severus mi accarezzò la testa. “Avanti…ora andiamo…” disse. Annuii. Iniziammo a camminare fianco a fianco. Poi, pian piano ci avvicinammo, diminuendo sempre di più la distanza. Fino a quando, timidamente, le nostre mani si unirono. Dita intrecciate. Dopotutto Severus era un abile Legilimens. Doveva aver intuito la mia preoccupazione. Attraversammo il Luna Park e uscimmo. Andammo tra i cespugli e ci Smaterializzammo, ritrovandoci poco dopo davanti la porta di casa mia. In quanto professore e membro dell’Ordine, sapeva dove abitavo. I always needed time on my own. L’ennesima folata di vento mi fece stringere al mio Snakey. Non avevo il coraggio di alzare gli occhi verso quelli di Piton. I never thought I'd need you there when I cry and the days feel like years when I'm alone. Sapevo che i brutti pensieri di poco prima sarebbero riaffiorati. E mi avrebbero portata alle lacrime. E io non volevo che succedesse. And the bed where you lie is made up on your side. Però alla fine lo feci. Severus mi guardò. Salii su un gradino. “Così ora mi può guardare negli occhi…” sorrisi. Piton ghignò. “Per riuscire a guardarla negli occhi le servirebbero ancora molti scalini…” disse, perfido. When you walk away I count the steps that you take, do you see how much I need you right now. Sbuffai. Ci guardammo ancora. Non volevo lasciarlo andare. I miei occhi erano fissi sui suoi. Così profondi. Così. Dannatamente belli. E se non li avessi più visti? Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Severus lo notò. Si avvicinò. Piano. Elegante. Cercai di mantenere lo sguardo fermo, ma la vista mi tramava. Ed ecco la prima lacrima. Il professore la asciugò con un dito. E mi accarezzò lo guancia. Allungai una mano verso di lui. Volevo abbracciarlo. Averlo vicino. Per non lasciarlo più andare via. Fu in quel momento, che Severus mi prese il viso tra le mani. Delicatamente. Come per paura di farmi male. Piano lo portò vicino al suo. Fronte contro fronte. Poi mi baciò. When you're gone the pieces of my heart are missing you. Gli presi un lembo della camicia. E lo strinsi forte. Mentre le nostre labbra si incontravano. Piano. Dolcemente. Sapevo di essere rossa in viso. Sapevo di aver lasciato cadere il peluche e l’ombrello. Sapevo che non avremmo dovuto. When you're gone he face I came to know is missing too. Ci staccammo lentamente. Poco dopo riaprii gli occhi. “Mi prometta che mi scriverà ancora…” lo pregai. “Lo prometto…” rispose lui. Cercai di trattenere le lacrime. Non volevo che stesse male come mi stavo sentendo io. “Mi prometta che starà attento…” chiesi ancora. “Lo prometto…” ripeté Severus. Lo guardai. Sentivo che mi si stavano di nuovo riempiendo gli occhi di lacrime. When you're gone the words I need to hear to always get me through the day and make it ok. “Promettimi che non mi abbandonerai…Severus…” dissi, infine. Lui sorrise. “Te lo prometto…mia piccola Giulia…” sussurrò, arrossendo. Si sporse e mi diede un bacio sulla fronte. Mi guardò ancora. strinsi forte il lembo della sua camicia. Il professore si allontanò. Non volevo mollare la presa. Mi sorrise. E sciolse piano la mia mano. Il braccio mi ricadde pesante lungo il fianco. Poi, con quell’ultimo sorriso, Severus si smaterializzò. I miss you.

  
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