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Autore: Thilwen    22/09/2007    24 recensioni
“«Ron?», la voce di Hermione era sottile, come se si fosse piegata in una preghiera.
«Sì?»
«Potresti darmi la mano?»”
SPOILER HARRY POTTER and THE DEATHLY HALLOWS (momento mancante)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Holding Hands

SPOILER HARRY POTTER and THE DEATHLY HALLOWS

 

 

Disclaimer: I diritti di Harry Potter and co. appartengono a JKRowling e a chiunque altro li detiene. Io non scrivo a scopo lucro, mi limito a dare una mia libera e fantastica interpretazione di alcuni momenti non vissuti nella narrazione.

Beta Reader: mise_keith

Note: finalmente la Good Ship. Devo ammettere che nel corso del settimo libro la Rowling ci ha fatto soffrire un po’, ma ne è valsa la pena. Dovevo, dovevo scrivere qualcosa per celebrare l’evento.

Dovevo.

Questa fan fiction è diversa dal mio solito genere; credo che possa definire questa storia la più innocente che abbia mai scritto.

È un momento che la Rowling non ha né descritto, né chiaramente detto, ma l’ha lasciato ampiamente immaginare…

Ringrazio Chiara per la pazienza che presta sempre nel leggere i miei testi e nel darmi consigli utili.

Dediche:

A tutti coloro che hanno sempre saputo che non poteva essere altro che Ron/Hermione

*****************************

Fra le dita

 

 

***

Ron had had a fit of gallantry and insist that Hermione sleep on the cushions of the sofa, so that her silhouette was raised above his.

Her arm curved to the floor, her fingers inches from Ron’s.

Harry wondered whether they had fallen asleep holding hands.

(Harry Potter and the Deathly Hallows, cap. X, pag.146)

 

Ron aveva avuto un’ondata di galanteria e aveva insistito perché Hermione dormisse sui cuscini del divano, così che la sua figura era rialzata rispetto a quella di lui.

Il suo braccio era piegato verso il pavimento, le sue dita poco distanti da quelle di Ron.

Harry si domandò se mai si fossero addormentati tenendosi per mano.

***

 

 

Ron Weasley si sentiva stanco come se avesse vissuto una giornata di quarantotto ore.

Organizzare e vivere un matrimonio è di per sé un evento estremamente stressante: pulizie, commissioni, lavori da sguattero; così si sono erano svolte le sue ultime giornate. Nemmeno il tempo di poter parlare con i suoi migliori amici.

Di poter organizzare, beh… quello.

Si guardò attorno con gli occhi socchiusi. Il numero dodici di Grimmaud Place era immerso nel silenzio e nella semioscurità. Non fosse stato per i passi leggeri di Hermione nella stanza a fianco e per l’incedere di Harry sulle scale, non si sarebbe sentita volare una mosca.

Era seduto sul divano di casa Black. Fino a poche ore fa volteggiava nella pista da ballo con Hermione fra le braccia, durante il matrimonio del fratello.

Gli avvenimenti che poi ne erano seguiti c’entravano relativamente poco con feste e sposalizi.

Decisamente poco.

Sì, perché, certamente, organizzare e partecipare a un matrimonio è faticoso; scampare a un attacco di Death-Eaters, darsi alla fuga, essere pedinati e infine, dopo rocambolesche avventure, ritrovarsi nella buia e polverosa ex-sede dell’Ordine della Fenice (con tanto di incantesimo anti-Snape al seguito) è indiscutibilmente peggio.

A Ron quasi si chiudevano gli occhi. Sprofondò il viso fra le mani, provando a resettare i pensieri.

Qualche secondo dopo, sentì qualcuno entrare nella stanza, avvicinarsi cautamente a lui e sedersi al suo fianco. Un corpo leggero sul quale ancora aleggiava un vago sentore di profumo.

«Ti sei addormentato, Ron?»

La mano di Hermione si posò sulla sua spalla con un tocco gentile. Rimase ferma lì fino a quando lui non rispose, scostandosi come una delicata carezza lungo il braccio.

«Quasi» alzò il viso dai palmi delle mani, per guardarla. Sul suo volto leggermente pallido e provato si disegnava una strana espressione di dolcezza. I suoi occhi scuri erano lucidi di stanchezza, i capelli, sui quali aveva tanto lavorato per renderli ordinati, erano tutti scompigliati.

Gli sembrò piccola e sperduta.

Avrebbe potuto abbracciarla. Il suo manuale (che Merlino benedica gli autori!) diceva che una donna con una tale espressione in viso non si sarebbe mai sottratta a un suo abbraccio.

Hermione gli sorrise e, prima che potesse muove anche un solo muscolo, poggiò la testa riccioluta sul suo braccio, in un atto di abbandono.

«Siamo tutti molto stanchi. È stata una giornata…»

Rimase in silenzio. Le vide chiudere gli occhi, come alla ricerca del termine giusto.

«Non ti vengono le parole nemmeno a te, vero?* » le chiese, continuando a stare fermo, godendo del peso del suo capo sul braccio, ma incapace stringerla a sua volta.

«Temo di no» sospirò, sempre ad occhi chiusi. «È successo tutto così velocemente, io, Ron… non… non me lo aspettavo. Non ero preparata».

Il ragazzo si stupì. «Ma se avevi tutto pronto?» la contraddisse con una mezza risata nella voce.

Lei scosse il capo, sfregando la tempia contro la sua maglietta.

«No, non intendevo in quel senso. Non mi sentivo pronta qui» si ticchettò con l’indice della mano destra la fronte.

Ron fece una cosa che non aveva letto sul suo manuale. Non si accorse nemmeno di farla fino a quando non si ritrovò con il suo braccio attorno alle spalle di Hermione e la sua bocca contro la sua fronte, a pochi centimetri da dove si era battuta con il dito poco prima.

Se ne meravigliò, ma sentì di non aver sbagliato. Il suo cuore batté più forte e il respiro sorpreso di lei gli solleticò il collo.

Si allontanò subito, facendo cadere la mano dalle sue spalle. La ragazza lo guardò senza parlare, con l’ombra di un sorriso ad incresparle le labbra.

Lui non le aveva mai dato un bacio. Né sulla fronte, né sul viso e -figuriamoci!- nemmeno sulle labbra. Qualche volte era stata Hermione a scoccargli dei baci veloci sulle guance, sempre motivati da qualche evento importante, per poi volatilizzarsi poco dopo averlo fatto.

«Non devi preoccuparti. Ce la faremo» borbottò infine, maledicendosi per la banalità delle parole. Alle quali non credeva nemmeno troppo.

«Grazie» disse lo stesso lei, con un filo di voce.

«Nemmeno io mi sento granché pronto», riprese poco dopo, guardando il soffitto. «Ma suppongo che non lo sarei mai stato. Nessuno, di noi forse. O magari solo Harry». Si guardò intorno. «Oh, a proposito. Dov’è?»

«In bagno, gli ho appena dato il dentifricio».

Vide Hermione mordersi le labbra guardandosi le mani intrecciate in grembo. Poi continuò.

«Credo che abbia avuto qualche altra visione prima, in bagno» cercò gli occhi di Ron «ho sentito degli strani rumori».

Ron, nonostante tutto, sorrise beffardo «Oddio, non è mica detto che fosse dovuto a quello lo strano rumore…» arrossì dietro le orecchie mentre lo diceva, ma, notando che Hermione non aveva afferrato, preferì non continuare e cambiare argomento. «È stato un bel matrimonio quello di mio fratello, vero? Cioè, intendo, a parte ciò che è successo alla fine…»

Hermione annuì enfaticamente. «Oh, sì, è stato così emozionante. Piacerebbe tanto anche a me avere un matrimonio così, un giorno» sul suo sorriso apparve un’ombra di triste timidezza.

Una Hermione in abito bianco al braccio di un aitante giovane uomo gli piombò davanti agli occhi tagliandogli il respiro. Concentrandosi sulla figura del ragazzo gli fece apparire una massa di capelli rossi e un viso pieno di lentiggini. Aveva anche un naso un po’ più lungo del dovuto. Le sue orecchie erano dello stesso colore dei capelli, per la felicità e l’imbarazzo.

«Sì, certo che sarà così anche il tuo» rispose, non senza imbarazzo per il pensiero che aveva preceduto l’affermazione. «Magari il tuo sposo sarà anche più bello di Bill».

Hermione rise. «Beh, forse non avrà mai avuto un incontro ravvicinato con un lupo mannaro».

«Potrebbe essere un altro Weasley» buttò lì Ron, con tono falsamente casule.

«Mi piacerebbe molto».

«Oramai ci sono fratelli più belli di Bill, in fondo» lui non la guardò in volto. Sarebbe stato difficile riuscire a sorreggere il suo sguardo. Quell’assenza di Harry stava diventando piuttosto pesante.

Erano abituati, ormai, a stare per lungo tempo da soli, ma il suo bacio precedente e l’inclinazione che stava prendendo il discorso stavano rendendo estremamente difficile l’autocontrollo di Ron.

"Mi piacerebbe molto", cosa significava, poi?

Hermione si appoggiò alla spalliera del divano «Di certo io però non sarei più bella di Fleur!»

«Eri molto bella oggi» commentò lui, sorridendole e fingendo di essere a suo agio. Sentì comunque un’ondata di calore salirgli alle guance di fronte alla sua espressione compiaciuta.

«Oggi» puntualizzò la ragazza.

Ron prese un respiro profondo. «Sì, oggi, ma anche gli altri giorni. Oggi di più però» farfugliò non sapendo come farle capire il concetto.

«Grazie».

Rimasero un altro po’ in silenzio.

«Non mi aspettavo di vedere Viktor», disse improvvisamente lei, con tono entusiasta.«Mi ha fatto davvero piacere. L’ho trovato bene».

«Mmmm» mugugnò Ron rabbuiandosi.

Hermione scoppiò a ridere. «Non fare il geloso!» lo rimbeccò con una voce tanto bassa e languida che il ragazzo dovette voltarsi per essere certo che fosse venuta da lei.

«No, io… non sono geloso!» replicò stizzito. «Di quello, poi!» scosse violentemente la testa per allontanare l’idea e l’immagine di Krum «Quel pizzetto gli sta orrendamente» concluse con una smorfia di disgusto. Poi, dopo pochi secondi, riprese parola, sempre più agitato «Si piglia troppa confidenza, pure. Chi si crede di essere?» si accigliò prendendo un espressione torva e seria «Zei sfupenda!» spianò il cipiglio per ribadire disgustato «Ma come si permette!»

Hermione lo guardava ridendo fino alle lacrime. «Oh, Ron…» non poté continuare perché fu presa da un nuovo attacco di risa «Perché non dovrebbe dirmi che sono stupenda?» singhiozzò infine.

Ron rimase qualche secondo con la bocca aperta, guardando la ragazza ridere senza ritegno. Se ne stupì: qualche anno prima Hermione, davanti a una simile uscita, si sarebbe arrabbiata e non poco. Invece adesso ne rideva, quasi deliziata dalle sue parole.

«Perché… perché… non è perché ha detto che sei stupenda, è per come l’ha detto, con quello sguardo da maniaco sessuale…»

Hermione rise più forte «Sguardo da maniaco sessuale… oh, Ron, quanto sei stupidino!»

Ma glielo disse con una tale dolcezza che non riuscì ad offenderlo.

Anzi, gli fece quasi piacere. Quasi.

«Non sono uno stupidino! Sono maschio e so come funzionano certe cose» borbottò.

La ragazza si ricompose, asciugandosi le lacrime dagli occhi.

«È per questo che mi hai invitato a ballare? Per tenermi lontana da Viktor?» domandò infine seria.

«Sì! Cioè…» si corresse davanti allo sguardo ferito di Hermione. «…no. Volevo ballare con te lo stesso. È stato bello. Ma in effetti volevo anche tenerti lontana da Krum. Cioè…»

Scosse la testa senza sapere aggiungere altro. Per la seconda volta riassaporò le immagini e le sensazioni di quella giornata, mentre abbracciava Hermione sulla pista da ballo. Come era leggera e piccola mentre volteggiava stretta lui. Come era dolce la sua risata all’orecchio e come lo inebriava il suo profumo. Non avrebbe voluto mai smettere di ballare, solo per poterla avere sempre fra le braccia. La sentiva sua, sua e di nessun altro.

Anche se non gli piaceva danzare non avrebbe mai smesso, per poter continuare ad averla così.

Tutto, fuori dal loro abbraccio, si era annullato. Gli altri che piroettavano intorno, le voci, i colori, la stessa musica che li faceva muovere.

Non c’era più nulla.

Ma come glielo poteva spiegare? Non avrebbe mai trovato le parole e, anche se le avesse avute, non ne avrebbe trovato il coraggio.

«Ho capito, Ron», cacciò via il discorso con un gesto della mano sorridendo.

Sentirono dei passi raggiungerli.

Harry fece capolino dalla porta, più pallido e stanco di loro, l’aria estremamente preoccupata.

Ron ed Hermione si scambiarono uno sguardo di sbieco.

Forse Hermione aveva ragione, forse era davvero entrato nuovamente in contatto con la mente di Voldemort. Istintivamente rabbrividì.

«Che avevate voi due da ridere tanto prima?» chiese debolmente l’altro, senza notare il turbamento dell’amico.

«Oh, nulla» tagliò corto Hermione. «Credo sia meglio mettersi a dormire. È stata una giornata così lunga…» guardò Ron, poi Harry, «Penso che la cosa più giusta sia far dormire Harry sul divano e noi a terra…»

«No!» sbottò Ron, in maniera così secca e irremovibile che la ragazza fece un balzo. «Sei tu la donna. Sei tu a dover dormire sul divano».

Hermione aprì la bocca per ribadire. Guardò Harry che alzò le spalle grugnendo un "Sono d’accordo con lui", e che, soffocando una sbadiglio con la mano, iniziò a sistemarsi una brandina poco lontano da loro.

«Ma Ron, non ce ne è davvero bisogno, ti assicuro!» protestò.

«Invece sì! Noi possiamo dormire a terra. A te tocca il divano» replicò ostinato.

«Possiamo fare a turno…» Hermione si era leggermente imporporata sulle guance, riuscendo a stento a trattenere un sorriso quasi compiaciuto.

Ron scosse il capo fermamente «Non voglio sentire ragioni».

«Buonanotte!» Videro Harry stendersi a terra e coprirsi fin sopra la testa con le coperte, volgendo loro le spalle e lasciandoli a discutere da soli. Il ragazzo la guardò risoluto; infine lei cedette scrollando il capo.

In silenzio, alla sola luce delle bacchette, sistemarono lenzuola e coperte, Hermione sul divano, Ron proprio sotto di lei.

Si sdraiarono, sussurrando «Nox» e piombando nell’oscurità.

«Buonanotte, Hermione».

«Buonanotte».

Ron chiuse gli occhi e provò a prendere sonno.

Si rigirò più volte nelle coperte, tentò diverse posizioni senza trovarne mai una abbastanza comoda.

Una miriade di pensieri gli sfrecciava in testa.

Adesso, nel silenzioso buio di casa Black, nel cuore della notte, la sua mente stava ripresentando tutti gli avvenimenti delle ultime ore.

Degli ultimi giorni.

Degli ultimi anni.

Una morsa stretta gli serrò lo stomaco, mozzandogli il respiro. Era la paura.

Cosa avrebbero fatto loro, tre maghi appena maggiorenni, contro il più potente mago oscuro di tutti i tempi e la sua schiera di combattenti scelti?

Come avrebbero potuto portare al termine la missione che Dumbledore aveva lasciato loro, se non avevano uno straccio di indizio dal quale partire?

Avevano, in fondo, una possibilità di restare vivi davanti a questa missione?

E se lui fosse rimasto vivo ed invece Hermione fosse morta nella battaglia?

Le gocce di sudore che avevano iniziato a bagnargli la fronte, si congelarono sulla sua pelle.

Lui in vita ed Hermione morta. Non riusciva a immaginare nulla di più brutto.

Cosa poteva farsene della vita senza Hermione?

Molto meglio se fosse morto lui, allora.

Eppure fare certi pensieri in quel momento non era una buona idea. Potevano portare solo sfiga, in primo luogo, e non sarebbe riuscito a chiudere occhio tuta la notte.

Merlino solo sapeva quanto bisogno aveva di dormire.

Si costrinse a pensare ad altro. Qualcosa di estremamente piacevole. Hermione che gli sorrideva maliziosamente, magari, avvicinandosi e accarezzandogli piano una guancia.

E poi…

«Ron?» sussurrò la prima protagonista dei suoi pensieri. OK, dei suoi pensieri impuri.

«Mmm?» mugugnò in risposta.

«Non dormi nemmeno tu, vero?» gli sussurrò.

«No, non ci riesco».

Si volse supino, indirizzando il volto verso di lei. Al buio poteva solo immaginare il suo viso e la sagoma del suo corpo.

«È così scomodo dormire a terra?» chiese preoccupata.

«No, non è per questo».

Rimasero in silenzio qualche minuto. Ron pensò che si fosse addormentata.

«Anche io sono angosciata» riuscì a captare una nota di pianto nelle sue parole «Ho tanta paura che sento il cuore farsi piccolo piccolo».

«Questa casa è così lugubre» aggiunse lui, non sapendo cosa dire.

Il respiro della ragazza era pensate. La sentì rigirarsi faticosamente fra le coperte. Pensò che lacrime silenziose le stessero rotolando giù dalle ciglia lungo le guance.

«Ron?», la voce di Hermione era sottile, come se si fosse piegata in una preghiera.

«Sì?»

«Potresti darmi la mano?»

Ron non le rispose, ma spostò la sua mano alla ricerca di quella della ragazza. La trovò subito, calda, piccola. Intrecciò le sue dita con quelle di lei; erano così sottili che, a stringere troppo, temeva potessero rompersi.

Improvvisamente una senso di pace e serenità si diffuse dalla stretta della sua mano fino al suo cuore. I brutti pensieri sfumarono perdendo consistenza, la paura si affievolì, fino a essere soppiantata da una forza antica, viva, pulsante, che sentiva nascergli nel profondo del suo animo.

Forse era la speranza, ritrovata in un gesto di abbandono così banale eppure intimo.

«Sono felice che tu ti preoccupi per me, Ron» lo raggiunse da lontano la voce assonnata di Hermione, prima che i loro respiri divenissero leggere e regolari.

 

 

 

*Il pleonasmo è voluto. Sia per l’informalità del linguaggio di Ron, sia per il senso di esclusività che vuole dare a Hermione.

  
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