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Autore: YouOnlyLiveOnce6    06/03/2013    4 recensioni
Diversi, che brutta parola vero? Perché diversi significa non amarsi. Ma è l'amore che ci rende tutti uguali no?!
Riusciranno due ragazzi ad amarsi per l'eternità, nonostante mille differenze e mille difficoltà? Beh, lo scopriremo solo leggendo :D
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                                               They don’t know about us. ∞
Cinquanta anni, e nonostante tutto io sono ancora qui. Perché non c’è mai stato niente al mondo capace di dividerci, niente, neanche un avversario così grande.

*Flashback*
14 Febbraio  2012
Il mio primo giorno nella nuova scuola fu abbastanza diverso da quelli nelle scuole precedenti che avevo frequentato. Mio padre lavorava come autista e da qualche anno aveva l’incarico di una ricca spocchiosa inglese, e ci avevano offerto di andare a vivere da loro e mio padre ovviamente aveva accettato. Erano diciotto anni ormai che sentivo ripetermi  "Dai Zayn non preoccuparti, vedrai che questa è l’ultima volta che ci spostiamo" E invece dopo qualche mese cambiavamo abitazione. Per questo motivo non avevo legami di nessun tipo e mi sentivo molto solo. Tutti questi cambiamenti nella mia vita mi avevano portato ad essere scontroso e arrabbiato con tutti, e quindi legare con altre persone era ancora più difficile, almeno fin quando arrivai in quella classe, e ogni cosa cambiò. Mio padre mi aveva chiesto se volevo  un passaggio, ma ovviamente feci tardi e quindi mi avviai da solo a piedi nelle vie di Bradford. Quando arrivai in quella scuola già ero in ritardo, e quindi i professori mi avrebbero già visto come il nuovo terrorista, dato anche le mie origini pakistane. Quando aprì la porta di quella classe, mi sarei aspettato una classe di soli ragazzi puzzolenti che si arrampicavano da ogni parte, e invece c’erano ragazze e ragazzi seduti ad ascoltare un’anziana signora dai ricci capelli. La quale mi fece entrare e mi presentò alla classe. Dopo una lunga ramanzina a due ragazze, molto carine, Catherine e Cecilie si chiamavano, mi fece accomodare vicino ad una di esse. Non sapevo dire chi delle due fosse, almeno fino all’intervallo, momento in cui provò a fare relazionarsi con me, ignorando la mia apparenza, scontrosa come sempre.
-Allora, io sono Cecilie, Hope per gli amici.-mi disse con uno strafottente sorriso.
-Il mio nome già lo sai. E a me di te non interessa granché, voglio solo copiare tutti i tuoi compiti.-le risposi scorbutico come sempre.
-Sai, quattro anni di scuola superiore e nessuno ha mai provato a chiedermelo, hai coraggio Zàyn!-sentenziò sbagliando la pronuncia del mio nome.-
-Sai, sono pakistano e ho bombe ovunque, posso ficcartene una in culo quando vuoi.- Provai ad intimidirla,senza successo.
-Sai, sono la ragazza più ricca di tutta la Gran Bretagna, ho una squadra della CIA a mia disposizione, non ci riuscirai mai.- affermò con un’aria snob. Una vicina di banco snob, cos’altro doveva accadermi?
Nell’ora di educazione fisica giocai a calcio con dei ragazzi, che scoprì si chiamarono Niall, Liam, Louis ed Harry, erano molto...gentili con me, non badavano alle mie origini e al mio comportamento. Con loro mi fermai anche a chiacchierare quando suonò l’ultima campanella e mi dimenticai completamente che mio padre era fuori ad aspettarmi, infatti per quando uscì non c’era più. Ricordare la strada di casa fu praticamente impossibile, ma grazie alle varie indicazioni di vecchietti gentili arrivai a casa. Ricordo ancora il suo sguardo confuso quando mi vide entrare dalla porta di quella che doveva essere casa sua. Era seduta all’immensa tavola imbandita, con mio padre, un signore ed un’altra signora, che poi scoprì erano il maggiordomo e la tata. Ebbene si, la mia vicina di banco, Cecilie Hope per gli amici, era la datrice di lavoro di mio padre!
-Cecilie, ti presento mio figlio Zayn-si alzò mio padre e mi presentò alla riccona.-
-Abbiamo avuto già il piacere di conoscerci. Siamo vicini di banco a scuola.-rispose lei, falsa fino le punte dei lunghi capelli biondi.
-che bellissima coincidenza.-sentenziò mio padre prima di accomodarsi al tavolo.
Quando finimmo di mangiare, Alphred (il maggiordomo) mi condusse in quella che doveva essere la mia camera, e quando arrivai iniziai a rimodellarla a modo mio. Adoravo la musica, quindi posizionai i vari poster dei miei cantanti preferiti, poi i CD da tutte le parti ed il mio improvvisato studio di registrazione. D’un tratto la mia porta si aprì silenziosamente, rivelando una Cecilie Hope per gli amici imbarazzata.
-Dobbiamo parlare.-annunciò
-Ti ascolto.
-Ti prego, non dire a nessuno che vivi qui, e non raccontare a nessuno com’è fatta casa mia, la servitù e il resto! Ti prego Zàyn!-
mi implorò sbagliando ancora a pronunciare il mio nome.
-E perché sentiamo? E per la miseria, è Zayn, non Zàyn.
-Mi piace di più la mia pronuncia. Comunque in pratica, a scuola sanno che sto piena di soldi, ma non sanno della servitù, dell’autista, della reggia, della piscina, del centro commerciale e del cinema. Solo Catherine, Niall, Liam, Louis ed Harry ne sono a conoscenza. Sono i miei migliori amici.-
affermò molto imbarazzata- Cosa sei tu, un cantante?-mi chiese poi, osservando il mio improvvisato studio di registrazione.-
-No,mi piace solo cantare.-le risposi cercando di essere gentile.-
-Uh, voglio ascoltare qualcosa.- mi implorò quasi.-
-Non mi sembra il caso.-
-Canterò con te, dai!-

E così grazie alle note di Demi Lovato e Jason Derulo con TOGHETER iniziammo a conoscerci meglio.
 
21 Febbraio 2012
Era già passata una settimana da quando mi trovavo a Bradford, e a differenza delle precedenti città che mi ospitavano, qui mi ero trovato degli amici, degli amici speciali.  Avevo conosciuto le storie di ognuno di loro, ma soprattutto quello della mia coinquilina, che mi aveva lasciato basito ormai.
Cecilie, in realtà Cecilie Miley Catherine Hope Jackson, e che io chiamavo Cece, era una ragazza magnifica. Figlia del più potente degli imprenditori inglesi e di una delle stiliste più famose, era cresciuta in quella villa reale che ora mi ospitava. Non era mai riuscita a varcare la porta di casa, se non per andare a scuola o a danza. Era una ballerina, un’ottima ballerina, sognava di ballare alla Scala di Milano in Italia, e si allenava circa due ore al giorno. Ci andava, facendo credere ai genitori che andava a seguire lezioni di pianoforte. I suoi genitori non c’erano mai a casa, non avevano mai trascorso un Natale, capodanno, Pasqua o Compleanno con lei, troppo impegnati con il lavoro. E così conosceva più Alprhed e Gloria (la tata) che i suoi genitori. Però Cece non ne poteva più di quella vita, era una ragazza che reprimeva sempre i suoi istinti perché era stata insegnata, dal suo educatore, a essere una donna degna del suo ceto sociale, il che implicava la non esistenza dei suoi veri desideri. Ma Cece era una ragazza che urlava dentro: se fuori poteva apparir musica classica dentro era puro rock; se all’apparenza era bianca all’interno nera; se all’apparenza era tranquilla, all’interno si sentiva morire. Però da quando io ero entrato a far parte della sua vita si sentiva più libera, forse perché aveva un alleato, che la pensava in assoluto come lei. Assecondavo ogni suo desiderio, per il semplice fatto che secondo me la vita era un dono e non avevo alcuna intenzione di fargliela sprecare. Ricordo come fosse ieri il giorno in cui entrò in camera mia con un sorriso malizioso stampatole in faccia.
-Voglio fare tutto quello che non ho mai fatto prima d’ora.-annunciò quando gli chiesi cosa voleva.-
-Oh bene allora sarò il tuo autista per fare cazzate!-ghignai.
22 Febbraio 2012 MOTO.
La maratona del “fai quello che non hai mai fatto prima” era appena iniziata e noi la inaugurammo con le moto. Affittammo una moto professionale da corsa ottocento cavalli. Io sapevo guidarle bene perché dove abitavo prima avevo degli amici che facevano corse illegali e mi avevano insegnate. Lei non era mai stata in bicicletta, figuratevi un po’! Il suo sorriso albergava costantemente sul suo splendido volto d’angelo con le fossette che tanto adoravo. I suoi occhi azzurro cielo brillavano di luce propria. Era eccitata all’idea di trasgredire, stava dando vita al suo spirito libero. La presi in braccio per farla sedere dietro di me. Appena diedi gas alla moto, sentì la sua stretta forte sui miei fianchi e mi fece andare subito su di giri. Man mano che rincorrevamo il tramonto acceleravo e la sua stretta aumentava. Mi girai per veder se stava bene e mi sorpresi quando la vidi con gli occhi serrati e il viso più pallido del solito. Era però pur sempre una visione celestiale. Dopo una decina chilometri percorsi accelerando di continuo mi fermai per farla riprendere, e quando tornò in se cominciai a prenderla in giro facendole il solletico che tanto soffriva. Fu in quell’attimo che i nostri occhi finalmente si incontrarono, quelle iridi celesti si fusero con le mie nocciola, e non ci fu nessuna forza fisica in grado di distruggere quello sguardo. Le nostre labbra si attirarono come due calamite e in un batter d’occhio mi ritrovai incollato a quelle labbra rosee e sottili, morbide ed inesperte, irresistibili ed impossibili da non baciare. Quello che provai nel baciare Cece non lo provai con nessuna ragazza prima e di esperienza io ne avevo. Le farfalle nello stomaco che svolazzavano libere, la pelle d’oca su ogni parte del mio corpo, le campane in festa, gli angeli...Io sentì tutto ciò, forse proprio perché stavo baciando il mio angelo. Quando ci staccammo e con noi i nostri sguardi, non ci fu imbarazzo, ma solo felicità, una felicità immensa.
-Ho voglia di imparare a portare quest’affare.-mi disse seria.-
-Cece, ma se hai paura solo di star dietro di me.- le feci notare.-
-E’ solo perché non mi fido di te.-mi prese in giro.-
-E ti fidi di me come insegnante?-le chiesi.-
-Magari con la teoria sei meglio che con la pratica.-ghignò.-
-Sei bellissima quando sorridi, sembri un angelo, il mio angelo.-le dissi prima di scendere dalla moto e posizionarmi dietro di lei. Avete idea di quando insegnate ad una nonna ad andare su internet? Ecco, era molto più facile che insegnare Cece a guidare una moto. Solo per farle capire come si accendeva perdemmo esattamente un’ora, ma fu l’ora più bella della mia vita. Le ore passate con lei furono davvero le più belle di un’intera vita. Andammo a restituire la moto che fu sera ormai, e prima di rientrare nella nostra abitazione ci baciammo di nuovo, fino allo sfinimento. Le nostre labbra erano così desiderose le une delle altre, i nostri occhi così vogliosi di perdersi l’uno nello sguardo dell’altra, il nostro amore così bisognoso di uscire allo scoperto. Quella notte pioveva a più non posso, e non riuscì a chiudere occhio. Decisi, allora, di prendere il mio quaderno delle canzoni e la mia matita e cominciar a buttare fuori tutto ciò che la mia mente e il mio cuore sentivano. La mia musa ispiratrice, si catapultò d’un tratto nella mia stanza, con il suo pigiama e tremando come una foglia.
-Cece, cosa ci fai qui?-le chiesi alquanto perplesso.-
-Ho paura del temporale...Posso dormire con te?-mi chiese titubante.-
-
Certo piccola mia.-le risposi prima di andarmi a sdraiare accanto a lei.-
-
Cosa scrivevi?-mi chiese giocando con i miei capelli..-
-E’ una sorpresa.-
le risposi.-
-Sai, ti conosco da una settimana e poco più, ma sei diventato più  importante di tutte le persone che ho conosciuto in sedici anni di vita. A te non importano i miei soldi, i miei beni...A te importano i miei occhi.-
-A me importi tu.-
le risposi prima di cullarla tra le mie braccia.
23 Febbraio 2012.AUTO.
Come secondo giorno della nostra folle maratona dovevo impararle a guidare. Noleggiammo un auto e le strade di Bradford furono nostre. Stavamo facendo festa a scuola e non ci importava delle conseguenze volevamo vivere, vivere mentre eravamo giovani. L’impresa di imparare Cece a guidare un auto fu difficile, difficilissima, ma sempre più facile di insegnarle a guidare una moto. La mattina passò rapidissima alla guida della nostra auto rossa fuoco e purtroppo fummo costretti a farci trovare da mio padre fuori scuola. Quel pomeriggio aveva danza ed io l’accompagnai e andai a prendere con mio padre. Fingevo di voler fare il suo mestiere, solo per farmi portare dov’era lei. Mio padre era convinto che un giorno avrei intrapreso la sua strada, mio padre pensava che fare il cantante era un sogno irraggiungibile, come credeva impossibile l’amore tra me e una come Cece. Quando mi vide in macchina fece un sorriso smagliante che fece insospettire mio padre. Infatti appena fummo arrivati a casa mi fece un serio discorso sul non illudermi, che prima o poi sarebbe finito tutto perché lei era fatta per persone del suo rango, e non poteva stare con uno straccione come me. Diceva che ero troppo giovane per capire cos’era il per sempre,ma lui non sapeva di cosa stava parlando, lui non sapeva di noi. Quella sera stavo andando a bussare alla sua porta per chiederle di diventare la mia ragazza, quando udì due voci provenire dalla sua stanza. Cece e Gloria stavano parlando di me.
-Gloria, ci credi se ti dico che mi sono innamorata?-disse entusiasta Cece.
-Davvero? E sentiamo chi è il fortunato.
-Zàyn.-
annunciò sbagliando come d’abitudine la pronuncia del mio nome.
-Ma chi, il figlio dell’autista?- chiese rammaricata Gloria.
-Si, il ragazzo dagli occhi nocciola e il sorriso da angelo.-rispose sognante la ragazza che amavo.
-Amore, non sai quanto mi dispiace dirti ciò, ma lo sai che il vostro amore è impossibile.
- annunciò Gloria con un filo di tristezza nella sua voce.
-Ma io lo amo, cosa importa del patrimonio che ho io o lui, cosa importa della marca dei suoi vestiti, cosa importa del lavoro di suo padre, cosa importa delle sue origini, cosa importa del suo ceto sociale. Io lo amo e l’amore non ha distinzione.-Esclamò Cece tra un singhiozzo e l’altro.
-Hai solo diciassette anni, cosa ne puoi sapere del per sempre?
-Non sai di cosa stai parlando, non sai nulla di noi.

Quando Gloria uscì dalla sua stanza mi guardò dispiaciuta, ed io entrai nella stanza di quella che sarebbe stata la mia futura ragazza. La strinsi forte tra le mie braccia e lasciai che le sue lacrime bagnassero la mia camicia. La cullai tra le mie braccia, intonandole qualche mia canzone. Sentì il suo respiro tornare regolare e quel sorriso che tanto amavo ritornare sul suo adorabile viso d’angelo.
-Sei un ottimo cantante, dovresti provare ad x-factor.-
-Mio padre non vorrebbe mai.
-Secondo me la vita è un dono e non ho intenzione di sprecarla.-
citò il mio motto.
24 Febbraio 2013 LONDRA IN METRO.
Quel giorno in programma c’era visitare Londra, raggiungendola in metropolitana. Far salire Cece in quel treno puzzolente e sudicio fu una vera impresa, ma fortunatamente me la cavai in una mezz’oretta. Quando arrivammo il suo volto era estasiato. Era felicissima, non dimenticherò mai l’espressione beata che aveva in volto. Una bambina con lo zucchero filato, ecco cosa sembrava. Infatti appena arrivammo si fece comprare lo zucchero filato. Girammo tra le bancarelle londinesi. Senza farmene accorgere le acquistai un braccialetto con dei ciondoli. C’era un auto rossa, una moto, una metro, il London eye, il Big Bang e il simbolo dell’infinito. Si comprò un cappellino alla francese, degli occhiali da sole e ci facemmo fare un ritratto. Acquistammo un lucchetto, incidemmo sopra di esso “THEY DON’T KNOW ABOUT US. Z+C FOREVER”  e buttammo la chiave nel Tamigi, segno del per sempre. La portai sul London eye e tremava come una foglia, nonostante strinsi la sua mano per tutto il tempo. Andammo al Big Bang ed è lì che divenni il diciottenne più felice del mondo. Mi inginocchiai ai suoi piedi, le porsi la scatoletta contenente il braccialetto che avevo acquistato.
-“Cecilie Catherine Miley Hope Jackson, spero di averli ricordati tutti. Ecco vedi, sono un diciottenne di origini pakistane. Mia madre è morta durante il parto, mio padre è il tuo autista. Non sono ricco, neanche benestante. Non ho possedimenti mondiali, non posso regalarti diamanti o zaffiri, ma ciò che possiedo e posso donarti è il mio cuore con tutto il mio amore. Ecco vedi, quel che posso permettermi è un bracciale di bigiotteria, che per me vale più di tutte le pietre esistenti su questo mondo. Ci sono i simboli di quel che abbiamo condiviso finora, aggiungendoci l’infinito, come simbolo di tutto quel che potremmo fare, perché il nostro amore sarò infinito come il tempo che passeremo insieme. Perché, amore mio, a differenza di quel che dicono gli altri il per sempre esiste e appartiene a noi. Ti amo Cece, sono disposto a offrirti tutto ciò che possiedo e a cercar con le mie mani tutto quel che vorrai, diventa la mia ragazza. Ora il mio cuore ce l’hai tu, puoi scegliere tu cosa farne, tenerlo come la gemma più preziosa che esista, oppure buttarlo come un bracciale di scarsa qualità. Sappi che io saprò custodire il tuo cuore come ciò che di più importante possiedo.”- le dissi tutto d’un fiato, tremando come una foglia. Vidi il suo viso inumidirsi leggermente, per poi prendere il bracciale dalla scatola e metterselo al braccio sinistro. Dopo un periodo di tempo che mi sembrò illimitato iniziò a parlare.-
-“Sai...tutti mi dicono che il nostro è un amore impossibile perché noi siamo...siamo troppo diversi. Però sai, se c’è una parola che ho sempre odiato è proprio diversi! Che brutta parola non credi? Perché diversi significa non amarsi, ma non è l’amore che ci rende tutti uguali? Io così la penso, ed è per questo Zàyn che mi sento la persona più ricca del mondo accanto a te. Perché sei una di quelle persone che incontri quando la vita decide di farti un regalo, e tutto il mio patrimonio non basterebbe per comparare l’amore che provo per te. Ti amo Zàyn e divenire la tua ragazza sarebbe l’onore più grande che potessi avere, perché non importano le difficoltà che incontreremo, non importa ciò che la gente dice perché loro non sanno nulla di noi, non sanno delle nostri notti passate insieme, non sanno dei nostri ti amo, non sanno che il nostro amore è talmente grande che supererà tutte le differenze che possiamo avere.”- rispose con le lacrime agli occhi e un sorriso smagliante. Era felice, e se ne sarebbero accorte anche le pietre perché  aveva quella luce negli occhi che non aveva prima. Come ero felice anche io, come non lo ero stato mai. L’amore ci rendeva felici, ma per davvero, l’amore ti riempie il cuore e te lo fa diventare enorme, come mai l’hai posseduto in una vita intera.
Non avremmo mai voluto rientrare a casa, ma dovemmo farlo. A casa fu un inferno, sia per me che per lei. La mattina avevano chiamato da scuola per avvisare che da tre giorni non entravamo. Avevano chiamato mio padre e Gloria che ci ripresero di brutto. Cece scappò di sopra dopo aver cercato di difendere il nostro amore con le unghie, mentre io rimasi giù a parlare con mio padre.
-Zayn, sai anche io alla tua età ero follemente innamorato di una ragazza impossibile per me e quella ragazza era proprio la madre di Cece. Anche mio padre, ossia tuo nonno, era l’autista di questa famiglia, e in specifico della madre di Cece. Ci innamorammo subito, lei era identica a Cece, ingenua e perfetta. Io ero come te, ingenuo, innamorato e folle. Le feci fare tutte le prime esperienze, anche se i suoi genitori non facevano altro che metterci le ruote tra le gambe, ma noi eravamo convinti che un giorno saremmo scappati e ci saremmo sposati. Poi fu in un attimo che i genitori le combinarono il matrimonio con il suo attuale marito ed eccoci qui. Soffrii come un cane, e fu difficilissimo ricominciare dato che ci vedevamo ogni giorno, finché io decisi di trasferirmi completamente in Pakistan dove poi incontrai tua madre. Per questo ti dico di non innamorarti.- mi raccontò mio padre.-
-Papà, se voi non avete avuto il coraggio  di continuare il vostro amore, non puoi pensare che non l’avremo neanche noi. Papà il nostro amore è diverso, il nostro amore è grande e tu parli così solo perché avresti voluto avere la forza e il coraggio che oggi ho io per continuare la mia storia con Cece.-lo risposi.
-Figlio mio, mi piacerebbe davvero che il vostro amore trionfi, ma queste persone sono diverse da noi. Per loro contano solo i soldi.- sbottò mio padre.-
-Non parlare del nostro amore, lo stai solo sporcando.- sentenziai prima di dirigermi in camera mia, dove ritrovai Cece nel mio caldo letto. Mi sdraiai al suo fianco e ci assopimmo insieme, come facevamo sempre nelle ultime notti. Quel pomeriggio lei aveva danza ed io un incontro con i ragazzi, quindi stemmo per parecchio tempo senza sentirci. La sera a cena finalmente ci rivedemmo anche se Alphred e Gloria ci tenevano a chilometri di distanza. D’un tratto Alphred si alzò per comunicarci che la sera successiva ci sarebbe stata una serata di gala nella casa di Cece, dov’erano invitati i più illustri cittadini di Londra. Ovviamente mi dissero che dovevo stare il più lontano possibile da Cece perché se solo i suoi genitori avessero saputo di noi, mio padre avrebbe perso il lavoro ed io forse la vita. Pensai che avesse esagerato, almeno finché quando ci ritrovammo io e Cece in camera mia e mi confermò ciò che aveva detto in precedenza Alphred. Come al solito ci addormentammo stretti nel calore delle nostre braccia, con la consapevolezza che il giorno dopo avremmo dovuto rinunciare alla nostra mattinata dedicata allo shopping perché la mattina dovevamo andare a scuola e il pomeriggio sarebbero arrivati i genitori di Cece.
25. Febbraio 2012 Neve.
-Zàyn la neve!!Zàyn c’è la neveee!! Dai svegliati Zàààynnnn!!- delle braccia mi scuotevano forte dai miei sogni. Era Cece che mi obbligò a svegliarmi per scendere con lei a giocare con la neve. Quel giorno quindi saremmo dovuti stare a casa, perché quando nevicava le scuole chiudevano. Il destino ci amava.
Quella, fu una delle mattine più belle mai passate in vita mia. La sua risata riecheggia ancora nella mia mente, ricordo ancora i suoi bellissimi biondi capelli sporcati dalla bianca neve, e ricordo ancora il dolce suono dei suoi gridolini quando veniva colpita dalle mie palle di neve. Sento ancora i baci sulla pelle che ci scambiammo mentre ci rotolavamo beati tra la neve, nel giardino nascosto della villa. Era un posto magnifico, pieno di ciliegi ricoperti dalla neve. Era il posto in cui Cece si rifugiava sempre,  ed ora era diventato il nostro posto. Stemmo tutta la mattina abbracciati nella neve, o a lanciarci palle di neve. Creammo addirittura un pupazzo di neve molto buffo, ma ci divertimmo come non mai. Chiunque fosse stato vicino a noi sarebbe stato coinvolto dall’amore che i nostri corpi emanavano. Amore puro, bianco come la neve. Quello era ciò che si poteva avvertire. Quello era ciò che provavamo l’uno per l’altra. Giocare  con la neve era stato aggiunto nelle nuove esperienze. Inutile parlare degli sguardi omicidi che ci lanciarono Gloria e Alphred con mio padre quando rientrammo in casa sporchissimi di neve, ma la risposta nostra fu solo una grande risata, prima di andar ognuno nelle proprie stanze per ricomporsi per il pranzo. A breve sarebbero rientrati i genitori di Cece ed io sarei dovuto stare una sera ed una notte senza la mia amata piccolina. Quando scendemmo per il pranzo, non avevo mai visto Cece così elegante. Indossava un abito rosa con il corpetto stretto e la gonna larga di organza. Era tutto rosa decorato con dei fiori. I capelli erano raccolti in uno chignon perfetto ed aveva anche un trucco perfetto. Indossava dei guanti rosa come il vestito e delle scarpe color argento con i tacchi. Sembrava quelle principesse medievali, ed era così dannatamente perfetta. Il motivo della sua freddezza e della sua eleganza, lo capì solo quando arrivammo nella sala da pranzo, dove si era riunita tutta la servitù vestita perfettamente e dove c’erano due persone mai viste prima. La donna era identica a Cece in tutto e per tutto, tranne per qualche ruga in più, mentre l’uomo era molto più anziano. Scoprì che erano i genitori di Cece solo quando me li presentarono. Mi presentarono loro come il figlio dell’autista, e quando quella donna guardò verso mio padre ebbi la conferma che la storia di mio padre era vera, e soprattutto che il loro amore esisteva ancora, perché si guardavano come ci guardavamo io e Cece. Il pranzo fu il momento più imbarazzante della mia vita.La tavola era apparecchiata con dieci mila posate e venti mila bicchieri ed io non sapevo proprio come muovermi. Osservai e copiai tutti i movimenti di mio padre, segno che aveva assistito a numerose di quei pranzi. I discorsi che facevano per me erano praticamente inconcepibili, c’era bisogno di un traduttore per poter capire quel che dicevano, dato l’accurato linguaggio che utilizzarono. Mi sentivo così fuori posto, così dannatamente sbagliato.  Gli abiti che indossavo sembravano veri e propri stracci in confronto a quelli che indossavano loro. Non avevo mai fatto caso al mio abbigliamento fino quel giorno, in cui mi sentivo come uno straccione in confronto a loro. Erano abilissimi nel farti fare brutte figure, perché ti sentivi come analizzato da loro e non riuscivi a muoverti a tuo agio. In diciotto anni di vita ero state sempre sicuro di me, in ogni situazione, ma quel giorno mi sentivo come un ragazzino di fronte il suo primo esame di università, la paura mi stava mangiando. Durante il pranzo non fecero altro che illustrare alla figlia le diverse carriere che avrebbe potuto intraprendere, erano collage a numero chiuso, privilegiati al massimo, costosissimi e soprattutto situati dall’altra parte del mondo. Non feci altro che deprimermi pensando alle numerosissime differenze che vigevano tra di noi, ma mi bastò un solo sguardo, il suo sguardo a farmi tornare in mente le parole di cece. <> Eh già, noi ci amavamo ed eravamo sullo stesso piano, identici.
Quella convinzione dovetti tenerla bene a mente quella serata, mentre tutti quei ricchi spacconi si avvicinavano alla MIA principessa. Erano tutti uomini o ragazzi in ghingheri, coi capelli tirati indietro come se fossero stati leccati da una vacca, con i loro smoking elegantissimi e il papillon sotto la barba inesistente. Avevano il solito fazzoletto nel taschino della giacca con le loro iniziali scritte sopra.  Conversavano di politica estera e di argomenti di cui non avevo mai sentito parlare e di volta in volta emettevano un suono simile ad una risata. Cece era così dannatamente bella, indossava un abito effettivamente da principessa. Era un abito bianco, con un bustino stretto di seta ricoperta da zaffiri piccolini, e aveva la gonna che si allargava man mano la gonna si allungava. Era fatta di organza e decorata con dei fiori ricamati. Indossava ai piedi scarpe argentate decorate con gli stessi zaffiri con cui era decorato il bustino, alti almeno un metro ed infine i guanti a mezzo braccio bianchi. I capelli biondi cadevano morbini sulle spalle, ricoperti da un velo bianco d’organza come la gonna dell’abito. Era così dannatamente perfetta, era praticamente identica ad una principessa. Vivi avvicinarsi a lui un uomo sulla trentina d’anni, coi soldi che a breve gli uscivano dalle orecchie. Mi avvicinai con la scusa di servire qualcosa per udir cosa le diceva.
-Sono il figlio di un socio di tuo padre, mi chiamo Jack.- disse l’uomo.-
-Oh piacere, sono Cecilie.- rispose lei sorridendo falsamente.-
-Tuo padre mi ha parlato molto di te sei adorabile.- le disse baciandole la mano.-
-Grazie.- rispose fingendosi imbarazzata.- puoi scusarmi un secondo?- poi chiese Cece guardandomi. Capii che dovevo raggiungerla. Salii in camera sua ed io la seguì. Non appena ci trovammo a pochi centimetri di distanza ci coinvolgemmo in un baio senza fine.
-Lo sai vero ce amo solo e solo te?! –mi disse una volta che i staccammo.- Non m’importa di quei ricchi che sono al piano di sotto, non m’importa di questo ingombrate abito. Io voglio star con te, per il resto della mia vita. E io ci credo al per sempre, perché il per sempre esiste ed appartiene a noi. – mi disse prima di tornare al piano di sotto lasciandomi a bocca aperta. Finalmente quella noiosissima serata finì e i genitori di Cece ripartirono salutandola. Rimasi di sotto con la servitù a pulire per poi risalire in camera da lei. Prima di entrare, da fuori la porta udì dei singhiozzi e mi precipitai.
-Amore, cos’hai?-mi preoccupai.-
-Tra una settimana, una sola settimana è il mio compleanno. Credevo fossero rimasti, capito? Ed invece se ne sono andati, con un bacio sulla guancia ed un alla prossima piccola. Cosa me ne faccio io di un bacio sulla guancia? Vorrei averli accanto solo per una volta, solo per una!-rispose piangendo.-
-So che non è lo stesso, però ti prometto che quel giorno farò di te la ragazza più felice del mondo amore mio.- provai a consolarla.-
-Non è la stessa cosa, perché l’amore che mi dai tu è più grande di quello che mi hanno dato i miei genitori in diciassette anni.-
 
4 Marzo 2012.
Il diciottesimo compleanno di Cece.  Mi svegliai molto presto, e le andai a raccogliere fiori per tutto il giardino della villa, comprese numerose mimose che in quel periodo dell’anno fiorivano, e che lei amava da morire. Posizionai tutti i fiori sul comodino accanto al suo letto, unendo un vassoio pieno di prelibatezze per la sua colazione.  Nascosi tra la colazione una scatoletta rossa che conteneva il ciondolo dello Yin&Yang, segno della nostra diversità, diviso in due, la parte bianca e quella nera, su cui uno era inciso Z e l’altro C. Lasciai tutto sul comodino, prima di prendere la mia chitarra ed iniziare cantare la canzone che avevo scritto per lei, ma fui subito bloccato da mio padre che mi avvisò che i genitori di Cece erano ritornati. Non m’importò di non aver potuto cantare la canzone per lei, ma mi rallegrai perché pensai che sarebbe stata felice che i genitori fossero tornati per lei. Purtroppo però mi sbagliavo di grande, i suoi genitori non erano tornati per lei e per il suo compleanno, erano tornati per dirle che il mese successivo, giusto un mese dopo si sarebbe Sposata!
-Ho solo diciotto anni, non posso crederci che voi crediate che mi sposi! Vi rendete conto di cosa diamine state dicendo? E poi dovrei sposarmi con un trentenne, ma vi rendete conto? Son diciotto anni che non vi fate vedere, e tornate il giorno del mio compleanno, non per farmi gli auguri, per dirmi ce mi sposo! Ma sapete una cosa? Io non voglio sposarmi, io amo Zayn Jawaad Malik! Amo quel ragazzo stupendo che da un quasi un mese  mi ha resa felice, mi ha fatto provare emozioni mai provate prima, mi a reso la ragazza più felice del mondo. E non m’importa che non è l’erede di un’impresa importante, o il figlio di chissà quale re. E’ il ragazzo più ricco del mondo, perché possiede l’amore...Ed è la ricchezza che mai avrei potuto avere. Rispose ai suoi genitori parlando di me ovviamente.
- E’ solo un’infatuazione, passerà. Il tuo destino è questo non si discute.-rispose ferma la madre.
Non potevo sopportare tutto ciò e così, sedendomi al pianoforte che c’era nella sala da pranzo, sotto i loro occhi iniziai a cantare.
People say we should’t be together. We’re too young to know about forever. I say they don’t know what they talk talk talkin’ about. Cause this love is only getting stronger so I don’t  wanna wait any longer. I just wanna tell the world that you’re mine girl! Ohh…
They don’t know about things we do, they don’t know about I love us but I bet you if they only knew they will just be jealous of us. They don’t know about the up all night’s, they don’t know I wanted all my life just to find a love that feels this right baby they don’t know about, they don’t know about us.
Just one touch and I was a believer every kiss it gets a little sweeter. It’s getting better, it’s getting better all the time girl. They don’t know about things we do, they don’t know about I love us but I bet you if they only knew they will just be jealous of us. They don’t know about the up all night’s, they don’t know I wanted all my life just to find a love that feels this right baby they don’t know about, they don’t know about us.
They don’t know how special you are, they don’t know what you’ve done to my heart, They can say anything they want cause they don’t know about us.
They don’t know what we the best that’s between me and you our little secret but I wanna tell the world that you’re mine girl! They don’t know about things we do, they don’t know about I love us but I bet you if they only knew they will just be jealous of us. They don’t know about the up all night’s, they don’t know I wanted all my life just to find a love that feels this right baby they don’t know about, they don’t know about us. They don’t know about us.

Ero felice, ero il ragazzo più felice del mondo, avevo cantato la canzone che avevo scritto io stesso per la mia amata, ed inoltre l’avevo cantata a lei dinanzi i suoi genitori. Le avevo rivelato tutti i miei sentimenti per lei, e davanti i ricconi dei suoi genitori, davanti la servitù, davanti mio padre. Erano accorsi tutto dopo aver sentito la mia voce, e ne erano rimasti tutti affascinati, ma lei... lei piangeva, aveva le lacrime agli occhi e si leggeva l’emozione dai suoi occhi. Lei era felice ed emozionata, e quello era ciò che volevo ottenere.
Sbeem. Cos’era? Uno schiaffo. Lo schiaffo che ricevetti sulla guancia dal padre di Cece. Lo schiaffo che fu la goccia che fece traboccare il vaso. La mia guancia rossa e dolorante non era niente in confronto alle tristi parole che uscirono dalla bocca del mittente di quello schiaffo.
-Pure il cantante vuol fare, ma che schifo. Il tuo destino è quello di uno squallido autista, proprio come tuo padre.- affermò con voce sicura quell’uomo schifoso. In quello stesso istante vidi l’emozione e le lacrime di gioia che aveva in precedenza Cece trasformarsi in lacrime di vera e propria delusione, per poi riempir quegli occhi di schifo, esattamente.  Mio padre abbassò il capo, ma prima che potesse andar via decisi di riscattar la dignità della mia famiglia e delle persone che amavo.
-Preferisco essere uno squallido autista, come dici piuttosto che uno stronzo come te. Mio padre è un autista, non mi ha dato la possibilità di ereditare un gran patrimonio, ma mi ha insegnato ad amore e mi ha donato l’amore, cosa che tu in tutta la tua vita non hai saputo fare. Né con tua moglie e né con tua figlia. Adesso picchiami, ammazzami, è questo che puoi e sai fare.- affermai con sicurezza. Vidi mio padre sorridermi di gratitudine, vidi il padre di Cece alzarsi e andar via con la moglie che lo seguiva ed infine vidi Cece correre verso di me per abbracciarmi. La presi in braccio e la baciai fortissimo, sussurrandogli Ti Amo ad ogni bacio. Mi prese per mano e mi portò in camera mia, non capivo ma la seguivo.
-Voglio fare un’altra cosa che non ho mai fatto prima.-affermò sicura di sé.-
-Non capisco, cosa?-chiesi titubante.-
-Rendimi felice Zayn, fa l’amore con me.- mi disse prima di cominciare a baciarmi. Ci avvicinammo al letto, presi i lembi della sua fine maglietta bianca e la sollevai. La guardai in reggiseno, il suo corpo esile era una visione. Era perfetta, in ogni angolazione tu la vedevi, con ogni riflesso di luce lei appariva perfetta proprio come un angelo. Con le mani tremolanti iniziò a slacciare i bottoni della mia camicia, il tutto senza smettere di guardarci negli occhi. Cercavo nella piccola figura di Cece segni di insicurezza, ma tutto ciò che riuscivo a scorgere era determinazione. L’aiutai a completare di togliermi la camicia, per poi sentire le sue piccole dita accarezzare la peluria sui miei addominali ben scolpiti. Il suo tocco era come il canto di una fata per un marinaio, sublime. Iniziai a baciarle il collo e beandomi dei suoi gemiti di piacere mi avvicinai alla cintura dei suoi pantaloni. La rimasi finalmente solo in biancheria intima ed aiutai lei a far lo stesso con me. La mia imponente figura in boxer sovrastava la sua esile immagine che si rifugiava nelle mie braccia. La sdraiai sul letto e mi posizionai su di lei, adagiandomi sui gomiti per non pesarle. Senza il bisogno di preliminari, tanta era l’eccitazione di entrambi, entrai in lei. Iniziai con delle spinte leggere, per poi aumentar ogni tanto la velocità. Asciugavo le piccole lacrime, sfuggite dai suoi occhi a causa del dolore ,con i miei baci. Sentirle urlare il mio nome mentre raggiungeva l’apice del piacere fu il modo in cui anch’io insieme a lei raggiunsi l’apice. Stemmo un’infinità di tempo abbracciati l’un l’altro beandoci dei respiri affannati usciti dalle nostre bocche, finché divennero irregolari. Non fu la mia prima volta, ma in un certo senso indicò proprio quella. La prima volta che facevo l’amore e non del sesso, la prima volta che sentì delle vere emozioni entrando dentro una ragazza. La prima volta che provai dispiacere nello sverginare la mia piccola, perché se ci fosse stato un solo modo per evitar di farle sentire dolore in quel momento, io l’avrei fatto. D’altronde però il dolore venne subito sostituito dal piacere. Le sue guance rosse, i suoi occhi e la sua purezza ormai persa sulle mie calde lenzuola, i suoi lunghissimi capelli biondi arruffati, erano tutto ciò che di più bello potessi mai vedere. Fu in un tratto che si alzò e si vestì, obbligandomi a far lo stesso. Mi portò con lei sulla terrazza e mi implorò di ricantarle la nostra canzone. Ignaro dei suoi piani, ma felice del fatto che volesse sentirla iniziai ad intonar le prime note, fino alla fine, ma la vera e propria fine.
-Zàyn devo chiederti l’ultimo piacere, e devi farmelo. Avevi promesso che mi avresti resa la ragazza più felice del mondo, ci sei riuscito, manca l’ultimo tassello del puzzle.-cominciò.-non devi seguirmi, non devi fermarmi, ho deciso. E’ l’unico modo affinché io sia felice. Sappiamo entrambi che non abbiamo futuro, i miei genitori troveranno il modo di farci separar per sempre, e sposare quel vecchio è l’ultima cosa che voglio. Quindi Zàyn, questa è l’unica soluzione. Tu devi continuare a vivere, devi sposarti, avrai tanti figli e tanti nipoti, e soprattutto realizzerai il tuo sogno. Io voglio essere felice in eterno, con il vivido ricordo di te dentro di me. Questa è la mia decisione Zàyn, ti prego, fammi raggiungere la mia felicità eterna. Promettimi solo che non toglierai mai questa collana dal tuo collo. Ti amo Zàyn.-
Non ebbi neanche il tempo di assaporar il suo ultimo bacio che vidi la figura esile che prima baciavo, volar da quell’altissima terrazza senza che io me ne accorgessi. Rimasi inerme, con lo sguardo fisso nel vuoto per tutta la notte, fin quando mio padre mi venne a prendere abbracciandomi e portandomi in camera mia. E fu proprio lì che capì le sue parole; vidi un biglietto per le audizioni ad x-factor. Non versai una lacrima, nulla perché sapevo che lei in quel momento era felice ed avevo solo il compito di mantener la promessa che inconsciamente le avevo fatto.
Ed ora eccomi qui, dopo cinquant’anni sulla sua lapide. Quella lapide bianca e fredda che da cinquant’anni visitavo ogni giorno. Perché si, mi ero sposato con una donna a cui volevo molto bene, avevo avuto tre figli e quattro bellissimi nipoti. Ero diventato il cantante di una delle band più famose al mondo, avevamo avuto numerosi premi e molti successi. Ma non c’è stato un solo giorno in cui non ho parlato con il loculo freddo e bianco della mia piccola Cece, non c’è stato un solo momento in cui la mia mente non pensava a lei. Non c’è stata una sola notte in cui non la incontravo in uno dei miei sogni. Ma lei era sempre così, nella bellezza eterna dei suoi diciassette anni, senza rughe, senza capelli bianchi. Ed ora, guardami piccola Cece ho ancora la nostra collana al collo, e tu il bracciale ce l’hai ancora??! Sto arrivando, mia piccola Cece ti amo tanto ed ora l’eternità davvero sarà nostra.
 
 
Heilà genteee :D
Eccomi con una OS, è la mia prima in assoluto quindi siate caritatevoli. E’ una fine un po’ strana, ma a me piace da morire, figuratevi che rileggendola ho pianto da sola hahah :D Ok, dopo i vari scleri, mi auguro che vi piaccia e in tal caso non fatevi problemi a recensire. A presto, un bacio Debby!:3
   
 
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