Okay, è successo un guaio con questo capitolo =w=”
La sottoscritta mentre aggiungeva il seguito della storia ha cancellato la
prima parte del capitolo, quindi ora mi trovo nella difficile situazione di
doverlo ripubblicare pur avendolo già fatto =w=”
Mi scuso con tutti quelli che avevano commentato il capitolo, tra cui
Midna-chan! Purtroppo non l’ho fatto a posta!
Ora lo ripubblicherò, sperando di non commettere più errori tanto idioti =w=”
Un salutone a tutti e beh… Per quelli che leggono la prima volta… ecco… *cerca
di ricordarsi cos’aveva scritto nella presentazione, la volta scorsa*
Dunque, il seguente capitolo diciamo che è introduttivo alla scena-madre.
Non ci sono elementi “decisamente” importanti, ma se non leggete questa prima
parte del capitolo non capirete “quasi” niente della seconda, che è invece
importantissima al fine della storia e della relazione tra Souji e Hikaru =w=
Be’, detto questo… Buona lettura e spero di non annoiarvi con questo lungo
capitolo!
Un bacione!
Alice <3
***
Non so quanto piansi quella sera. Probabilmente per delle ore, se non per tutta
la notte.
Avevo sempre saputo, in cuor mio, che effettivamente la promessa fatta tanto
tempo fa per te non era mai stata nulla di speciale, ma constatarlo di persona
era stata una delle cose che, in assoluto, mi aveva ferita più di tutte.
Non ti eri preso neanche la briga di fingere…
Ancora te lo rimprovero: perché non avevi finto? Perché non avevi continuato ad
illudermi? Se avevi cominciato il gioco, tanto valeva finirlo allo stesso modo,
no? Perché illudermi e farmi toccare il cielo con un dito, per poi svegliarmi
dal mio sogno e farmi precipitare di colpo all’inferno?
Eri stato crudele verso di me – lo pensavo davvero – . Ma io ero ancora più
crudele di te nei miei stessi confronti, perché continuavo a provare quei
sentimenti profondi e malati, che non riuscivo in alcun modo a sopprimere.
Autunno. 21 Ottobre, 1866. Kyoto.
“Hikaru-chan!” mi sentii chiamare all’improvviso. “Hikaru-chan!” .
Nonostante lo squillare della sua voce, riuscii bene a percepire la sua
dolcezza di fondo.
Mi meravigliava quanto femminile e mielosa potesse risultare la voce di quel
ragazzo. Era delicata e gentile: non aveva decisamente nulla di mascolino.
“Hikaru-chan, avanti, è ora di svegliarsi” insistette Chizuru-san, cercando di
farmi alzare dal futon caldo che mi avvolgeva.
Per quanto mi riguardava, l’idea di alzarmi non mi attizzava neanche un po’, ma
dato che, un po’ per l’insistenza del mio salvatore-angelo custode, un po’
perché con l’arrivo del nuovo giorno mi stavano tornando in mente le parole
della notte precedente, dovetti farlo per forza, senza lamentarmi troppo.
“Buongiorno, Chizuru-san” gli augurai, portandomi una mano davanti alle labbra
per coprire lo sbadiglio che, naturalmente, mi stava venendo fuori.
“Buongiorno” mi rispose lui, sorridendomi cordialmente. “Dormito bene?” .
“Benissimo, grazie” ricambiai il sorriso io. “Scusa se non ho potuto esserti
d’aiuto già da ieri sera”
“Oh? Non importa, non devi preoccupartene” mi rassicurò. “Eri stanca. Era
naturale che avessi bisogno di riposarti, no?”.
Gli sorrisi nuovamente, un po’ rossa sulle gote. Quel ragazzo era di una
dolcezza quasi spaventosa… Come faceva a resistere in quel covo di tiranni? Doveva
per forza essere uno di quelli di cui tutti si approfittavano…
Eppure lo trattano tutti con cura,
nonostante il suo modo di fare…
Ci pensai, mentre stavo aprendomi il kimono per la notte, da sostituire a
quello per il giorno, che Chizuru-san mi aveva appena portato lì e posato
vicino al guanciale del futon.
Fu allora che mi accorsi che lui mi stava osservando sorridente, in ginocchio,
al mio fianco.
E allora? Perché è ancora qui…?
“Ehm… Chizuru-san…” borbottai, alquanto imbarazzata.
“Mh? Sì? Dimmi pure, hai bisogno di qualcosa?” mi rispose, di tutto sorriso.
“Cosa posso fare per te?”.
Non sapevo come dirglielo… Davvero non ne avevo idea. “Ecco… Niente, va tutto
bene così. Solo… sai, dovrei cambiarmi…”.
“Are?” fece, alquanto sorpreso. Il
che fu alquanto strano, perché era quasi indice che non si aspettasse che lo
cacciassi via. “Oh, perdonami… Non pensavo ti desse fastidio… Scusami tanto. Ti
aspetto di sotto, allora”. E, facendomi un inchino, lentamente si chiuse il fusuma alle spalle e incominciò a
scendere le scale.
Co… Come sarebbe a dire “non pensavo ti
desse fastidio”?!
Rimasi alquanto scioccata dalle parole di Chizuru-san. Non riuscivo davvero
a spiegarmi il perché di quella risposta e di quella reazione.
Sì, insomma, era pur vero che di mascolino aveva ben poco, ma… Cielo, era pur
sempre un ragazzo!
A quale donna non avrebbe dato fastidio essere osservata senza veli da un uomo
a lei estraneo? E a cui, per giunta, non era né stata promessa in sposa, né in
fidanzata!
E poi…
Ragionavo, ancora imbarazzata e diventata di un colore simile al bordeaux.
Io appartengo a Sou-nii… Non potrei mai
accettare di essere vista da nessun altro, a parte lui.
Fu allora che mi tornò tutto in mente: le tue parole fredde, i tuoi gesti
distaccati e la tua aria infuriata.
Mi intristii così subito che, se mi avesse vista qualcuno, avrebbe pensato che
lo avevo fatto a posta, per quanto celermente avevo cambiato umore.
Sou-nii… Bugiardo…
Scossi la testa, cercando di reprimere la rabbia e darmi, nel contempo,
forza. “Avanti, è ora di mettersi al lavoro!” esclamai, dopo essermi infilata
il kimono da lavoro: era un kimono giallo decorato con una fantasia autunnale
color d’arancio, l’obi, invece, era di un rosso accesso. Si vedeva che era un
kimono vecchio, ma non per questo usurato o logorato. Nonostante si notasse
quanti anni avesse (e gliene davo anche sei o sette), era stato mantenuto
perfettamente intatto.
Appoggiai il kimono di cui mi aveva fatto dono la mamma (al contrario, ormai
logoro e sporco) vicino il mio futon. Sorridendogli, quasi avesse preso il
posto della mamma, gli augurai il buongiorno, mi misi in piedi e corsi oltre lo
fusuma per incominciare il mio
lavoro.
E fu così che ebbe inizio il periodo di tempo che passai come residente in quel
tempio antico, situato a Kyoto, divenuto già da tempo la base degli…
Shinsengumi!
Premettendo che, di questo, non ne sapevo davvero nulla, ero venuta a conoscenza
della verità il giorno precedente, dopo che i miei genitori insieme alla zia
Kin avevano acconsentito (grazie alla richiesta e all’intervento di
Chizuru-san) alla mia “temporanea” permanenza in quel luogo.
Una volta che se ne furono andati, Chizuru-san mi aveva portato all’interno del
tempio, stringendomi ancora tra le sue braccia, per cercare di calmarmi. Appena
sorpassata la soglia, ci si affiancarono Harada-san, Nagakura-san e Toudou-san.
Non avevo la più pallida idea di dove fosse finito Saitou-san, ma avevo
presupposto si trovasse presso il seguito di Hijikata-san, giacché anche lui
non si vedeva più in giro.
Senza parlare di te, poi, di cui avevo perso le tracce già da un po’. Chissà
dov’eri finito… Anche se in quell’attimo non m’interessò più di tanto, visto
che ero arrabbiata proprio con te.
“Wow, Hikaru-chan… Sei stata grandiosa!” aveva affermato Nagakura-san, con aria
quasi soddisfatta. Mi parlava con tono adoratore, quasi mi stesse ammirando per
qualcosa.
“Già!” lo aveva assecondato Harada-san, tutto sorridente. “Non avevo mai visto
nessuno sgridare Souji in quel modo. In realtà non avevo mai visto nessuno
sgridare Souji, in generale, ma… vederlo fare da una ragazzina di poco più di
tredici anni ed in quel modo… Hikaru-chan! Sei stata assolutamente favolosa!” .
Non avevo dubbi sul fatto che i loro propositi fossero, tutto sommato, buoni e
che il loro obiettivo voleva essere quello di tornare a farmi sorridere e di
darmi man forte, ma… l’effetto che sorbirono le frasi dette fu esattamente l’opposto.
Invece che esserne soddisfatta, ero tornata a pentirmi di quelle parole che ti
avevo rivolto e, in un attimo, ero tornata a piangermi addosso.
“Ah!!! Siete incorreggibili!” li sgridò Todou-san, quasi fosse il più maturo
dei tre. “L’avete fatta piangere di nuovo!”
“Ma… Non è colpa nostra!” precisò Shinpachi-san. “Noi volevamo soltanto…”
“Minna-san…” li interruppe Chizuru-san che, come al solito, aveva compreso come
mi sentivo e cosa sarebbe stato meglio per me. “Penso che adesso la cosa di cui
abbia più bisogno Hikaru-chan è un bel po’ di riposo”.
Lo guardai in volto, con le lacrime agli occhi, quasi adorante.
“Riposo sia fisico, che morale” ci tenne a precisare. “Per cui adesso
l’accompagnerò nella sua stanza. A più tardi”. Fu così che li aveva liquidati
in poco tempo e mi aveva portata nella camera in cui mi ero svegliata quella
stessa mattina.
Senza cambiarmi di kimono (anche perché, in quel momento, non ve n’erano altri
disponibili per me) mi ero infilata sotto il futon e Chizuru-san era rimasto
con me per tanto tempo, tenendomi stretta per mano.
Aveva detto che sarebbe rimasto al mio fianco fin quando non mi fossi
addormentata.
“Mi dispiace…” avevo esordito, dopo tanto tempo di silenzio. “di aver causato
tanto trambusto. E mi dispiace di averti coinvolto”.
Lui mi sorrise gentilmente. “Ma non sei stata tu a coinvolgermi. Sono stata io
che, anzi, mi sono intromessa in affari che non erano i miei. Sono stata
sfrontata ed impudente…”
“Niente affatto!” lo avevo interrotto io, girandomi di scatto verso di lui.
“Niente affatto! Se non fosse stato per te, io…
Io non sarei qui! Ti ringrazio, perciò, di essere stato tanto buono da
arrivare a prenderti la briga di aiutare una come me…”.
“Non dirlo neanche, Hikaru-chan” mi aveva rassicurato. “Soltanto un cieco non
si sarebbe accorto dei fortissimi sentimenti che provi per Okita-san. Non
potevo vederti in quelle condizioni… Volevo assolutamente darti un mano.
Perlomeno volevo che risolveste le vostre divergenze. Sembra che ne abbiate non
poche…” .
Aveva capito tutto: era saggio ed era gentile. Ero arrossita e avevo distolto
lo sguardo da lui, per evitare di divenire bordeaux.
Avevo pensato che era davvero un ragazzo meraviglioso e che, se non fossi stata
già innamorata di te, dopo tutto quello che aveva fatto per me quel giovane, me
ne sarei invaghita follemente.
Dopo avermi fatta calmare ulteriormente, accompagnata dalla fioca luce della
candela e dal tepore della mano di Chizuru-san che stringeva la mia, avevo
raggiunto il mondo dei sogni.
…
Fu, poi, verso le nove di sera che fui svegliata proprio da Chizuru-san che,
sorridendomi non aveva accennato a nascondere la sua espressione mortificata.
“Mi spiace di averti dovuta svegliare, Hikaru-chan, ma c’è una persona che devi
assolutamente conoscere”.
Io, ancora sbadigliante, avevo preso a stropicciarmi gli occhi, una volta
messami a sedere sul futon. “Una persona… che devo assolutamente conoscere…?”
chiesi, ancora assonnata. “Chi è…?”.
“Il capo della Shinsengumi”.
Lo aveva detto in tono così spedito, naturale e tranquillo che avevo sgranato
immediatamente gli occhi ancora chiusi e lo avevo guardato a bocca aperta.
“C…Come?”.
LA SHINSENGUMI?!
In un primo momento la cosa mi sembrò tanto strana da pensar di star ancora
sognando, solo dopo mi tornò in mente che eri entrato a far parte di quel
gruppo, e la cosa mi risultò essere molto più normale.
“Oh, non devi preoccupartene. Kondou-san è una persona gentilissima e affabile”
mi aveva garantito. “Vedrai che non avrai nulla da temere, una volta
conosciuto”.
Kondou-san…?
Mi chiesi, sentendo quel nome.
Che strano… Non credo di averlo mai
incontrato, eppure il suo nome mi sembra famigliare…
Tuttavia, nonostante questa strana sensazione, l’angoscia che m’aveva
invaso a seguito di quella notizia non era stata tanto facile da reprimere:
“Ma… Ma… Perché lo devo assolutamente conoscere?!” esclamai.
“Insomma…Addirittura il comandante…”
“Mi spiace enormemente, Hikaru-chan, ma Hijikata-san è solo il vice-comandante
della Shinsengumi. Ed essendo tale, non può prendere una decisione importante
come tenerti qui alla base, senza prima consultare il comandante vero e
proprio”.
“Ma… Ma c’è proprio bisogno che lo conosca? Non può semplicemente
parlargliene?”.
Lui mi aveva sorriso. “Una volta tornato, Hijikata-san non ha perso tempo a
parlargliene e raccontargli tutta la storia”.
“E allora a che serve?”
“Beh, Kondou-san aveva detto che andava bene tutto così, anche perché, sapendo
che stavi riposando, non voleva disturbarti, affermando che poteva incontrarti
anche l’indomani, ma…”
“Ma…?”
“Hijikata-san ha insistito perché ti conoscesse in questo momento. Ha detto che
era assolutamente necessario”.
Qu… Quel dannato…! Ma cos’è, ci prende
gusto a farmi soffrire? E’ uno di quei demoni che si nutre del dolore della
gente?!
Tuttavia non potevo realmente odiarlo, dato quello che aveva detto a mio
padre la stessa mattina, prendendosi tutta la responsabilità di ciò che poteva
succedermi su di sé. Detto onestamente, era uno degli uomini col senso di responsabilità
più alto che conoscessi. Anche se, a dirla tutta, ancora non mi spiegavo il
motivo per cui si era preso tutta la responsabilità, nonostante fosse del tutto
contrario all’idea di farmi restare lì.
Avevo sospirato, per poi uscire definitivamente dal futon, darmi una
sistematica ai capelli ed alla faccia (i cui occhi erano ancora arrossati per le
troppe lacrime). Quindi avevo seguito Chizuru-san attraverso il lungo corridoio
che sembrava non finire mai.
Beh, in realtà non era molto lungo (anche se il tempio era bello grande), ma
per tutto il nervosismo che mi ero sentita addosso quel piccolo tragitto mi era
sembrato il viaggio più lungo che avessi mai fatto. Dopo qualche passo già
m’era venuto il fiato corto.
Una volta raggiunta la stanza, Chizuru-san mi aveva fatto segno di entrarvi e
di tranquillizzarmi. Io l’avevo guardata, complice, le avevo sorriso per
risponderle che andava tutto bene (anche se per me non era affatto così) e
avevo fatto dei lunghi respiri per calmarmi.
Dunque, entrai.
Nella stanza accuratamente decorata da decorazioni floreali variopinte di
arancione e arredata col massimo del gusto dell’epoca, vi si erano appostati
tre uomini. Il primo che avevo riconosciuto era Hijikata-san che sedeva alla sinistra
di quello che stava al centro.
I miei occhi erano fuggiti istintivamente alla figura che, invece, sedeva alla
destra della figura centrale: un uomo apparentemente alto e tutto sommato
abbastanza giovane, aveva un bel viso, dei capelli castani lunghi fino alle
spalle, leggermente scompigliati e dei grandi occhiali sotto i quali si potevano
benissimo intravedere gli occhi color giallo-sabbia, leggermente tendenti al
verde. Al contrario di tutti gli uomini della Shinsengumi che avevo incontrato
fino ad allora, quell’uomo non mi era apparso molto muscoloso, né molto
allenato. Aveva più l’aria da intellettuale, da stratega. Non mi era parso
affatto portato per le battaglie.
Quest’ultimo uomo mi aveva sorriso gentilmente ed io, un po’ per l’imbarazzo,
un po’ perché temevo che una mia qualsiasi reazione fosse sbagliata,
istintivamente posai lo sguardo, infine, sull’uomo che stava al centro: il
comandante della shinsengumi.
Questo è… Kondou-san?
Avevo pensato, sgranando gli occhi, appena lo vidi; era un omone, alto e
della stazza più o meno di Nagakura-san. Forse anche un po’ più grande. Tuttavia,
nonostante l’imponenza della figura (lui, sì, era molto muscoloso) aveva un
viso gentile, anche se i suoi lineamenti erano un po’ marcati. Aveva degli
occhi color bronzo che avrei definito “buoni” anche se non lo avessi potuto
vedere.
Va bene, forse è un po’ improbabile come esempio, ma è per far comprendere come
l’aria di quell’uomo fosse tutt’altro che cattiva e fredda. Anzi,
probabilmente, dopo te, Sou-nii, era colui che mi aveva ispirato più fiducia in
assoluto.
Mi sorrideva così docilmente ed innocuamente che non potei non ricambiare il
suo sorriso, facendomi trasportare dalla dolcezza della sua espressione.
“Kondou-san, questa è Hikaru-ch… Ehm…” si era corretto Chizuru-san. “Volevo
dire Okita Hikaru-san”.
“Ah, non preoccuparti, Chizuru-san. Hikaru-chan andrà benissimo” aveva
esordito, sorridendo, quel Kondou-san. Per poi rivolgersi a me. “Sempre che
alla signorina non disturbi. Se vuoi, possiamo chiamarti anche Hikaru-san, oppure…
Okita-san… Anche se…” e si era messo a ridere tra sé e sé. “… mi suona davvero
così strano…!”.
La risata di quell’uomo mi rimbombò nella testa e mi rese notevolmente più
tranquilla.
“N… No, signore, Hikaru-chan andrà benissimo, se vi aggrada…” mi ero
precipitata a rassicurarlo, mentre mi stavo inchinando verso di loro.
“Oh, per favore, Hikaru-chan! Non ce n’è affatto bisogno! Suvvia, basta con
queste formalità!”
“Oh… Ehm…” . Ero rossa come un papavero, ma cercai di non darlo a vedere. O,
almeno, di non evidenziarlo maggiormente. “Co… Come desiderate…”.
“Ah, com’è carina… E’ diventata rossa per l’imbarazzo!” aveva affermato,
mettendosi a ridere nuovamente. “Non la trovate carina, Sannan?” aveva
domandato, rivolto all’uomo alla sua destra.
L’uomo con gli occhiali, allora, aveva annuito e aveva volto a me la sua
attenzione. “Davvero adorabile”.
Dopo quel commento, ero arrossita ancora di più e fu solo per educazione che
non mi ero portata le maniche del kimono al viso, per coprirmelo dalla
vergogna.
“Comandante, per favore… un po’ di contegno…” lo aveva pregato, Hijikata-san,
alquanto contrariato di quanta cordialità mi stava rivolgendo, pur essendo un
uomo tanto importante.
“Perché? Cosa c’è che non va, Toshi? Non la trovi carina anche tu?”.
Fu così che aveva preso anche lui a guardarmi e a scrutarmi, poi si era rivolto
nuovamente a Kondou-san e aveva affermato: “Decisamente non rispecchia i miei
gusti”.
Beh, non mi ero aspettata una risposta diversa da lui, solo che sentirselo dire
in faccia era un po’… come dire… deludente?
“Aspetti, un attimo, comandante, ma non era di questo che dovevamo discutere!”
lo riprese nuovamente, Hijikata-san.
“Avanti, si può sapere di che cosa stai parlando? Ti avevo già detto che non
c’erano problemi a farla restare qui, no?” concluse Kondou-san, con un sorriso
a trentaquattro denti. “Perché ti fai tanti problemi?”
“Perché non pensa mai a quello che fa, prima di aprire bocca!”
“E tu pensi troppo, invece, sai? Dovresti concederti una pausa ogni tanto, o
prima o poi la tua testa ci esploderà dinnanzi!”
“Ma si sente quando parla? Dovrebbe almeno pensarci un po’, prima di accettare
così superficialmente!”.
“Certo, hai ragione, ma sai non credo davvero ci sia nulla di male nel farla
restare qui, se è lei a volerlo”.
“Ma…” stava per ribattere Hijikata-san, quando lui lo troncò sul nascere e
riprese, stavolta con un’aria decisamente seria: “Toshi, questa è la nipote di
Souji. E’ una parente di Souji. E, per me, è come se fosse anche una mia
parente. Certo, sono cosciente del fatto che tutti siate preoccupati per lei,
dato che ultimamente la zona è poco tranquilla, ma… Se lei è tanto convinta di
voler restare qui, tanto da aver sfidato i suoi genitori e lo stesso Souji,
allora significa che lo vuole davvero. Non è forse così?” . Si era rivolto a
me, mentre aveva pronunciato quelle parole.
Io, allora, avevo annuito, con sguardo languido, quasi vicina al pianto.
Le parole di Kondou-san furono le più gentili e rassicuranti che avessi sentito
da quando ero entrata in quel luogo.
“Dunque, se è così, non posso davvero permettermi, né permettere a te o nessun
altro, di ostacolarla o negarle questo desiderio. Permettiamole di stare qui,
Toshi. Almeno fin quando la faccenda non si fa ingestibile. Fin quando possiamo
permetterci di proteggerla, la proteggeremo”.
Dopo quelle parole, vi era stato un attimo di silenzio da parte di tutti, fin
quando non era intervenuto anche l’uomo di nome Sannan: “Concordo col
comandante. Se la qui presente ragazza si è ribellata alle persone a lei più
care, pur di rimanere qui, allora credo dovremmo farla restare. D’altronde
Okita-san è legato familiarmente a lei, no? Non ci saranno problemi, allora”.
“Mm! Mm!” aveva annuito, Kondou-san. “Sante parole!”
“Gra… Grazie!” avevo esclamato all’improvviso, stupendo tutti e portando su di
me la loro attenzione. “Davvero… grazie! Grazie per permettermi di rimanere
qui! Vi giuro su Kami-sama che non vi sarò di alcun intralcio! Farò qualsiasi
cosa mi ordinerete di fare e seguirò le vostre istruzioni! Non mi lamenterò mai
di niente e sarò sempre pronta ad obbedire, qual’ora aveste degli ordini da
impartirmi!” . Cercai disperatamente di trattenere i singhiozzi che, però, una
volta ogni tanto si facevano largo nel discorso. “Posso essere d’aiuto nelle
cucine, se desiderate. Laverò e rammenderò i vostri abiti e, all’occorrenza
affilerò le vostre katane e potrei anche…”
“Hikaru-chan” m’aveva interrotto Kondou-san, all’improvviso. “Basta così. Ti
ringrazio davvero per le tue proposte. Sei davvero gentile. Per il momento, ti
limiterai ad aiutare nelle cucine e a lavare i nostri abiti (nel caso, li
rammenderai anche). Ma niente più di questo, siamo intesi?”.
Ricordo distintamente di aver sorriso di pura gioia alle sue parole e di aver
annuito, entusiasta.
Lui aveva ricambiato il mio sorriso. “Ed ora, non credo di essermi ancora
presentato: sono Kondou Isami, comandante della Shinsengumi”. Poi aveva fatto per indicare Sannan-san. “Questo invece è il
colonnello della shinsengumi, nonché nostro abilissimo stratega, Sannan Keisuke”.
Costui non aveva trattenuto un inchino e un gentile sorriso. “Molto piacere di
conoscervi, Hikaru-san”.
“Oh… sì!” avevo risposto, molto imbarazzata, inchinandomi a mia volta. “Il
piacere è tutto mio”.
Dopodiché Kondou-san aveva indicato con un cenno di capo Hijikata-san alla sua
sinistra. “E penso avrai avuto già la fortuna di conoscere vice-comandante
della shinsengumi, Hijikata Toshizo”. E non era venuta meno neanche la sua
risata. “O forse dovrei dire sfortuna?”.
Hijikata-san, alla battuta, gli aveva indirizzato uno sguardo torvo e
decisamente infastidito, ma, da bravo pitbull maturo quale doveva dimostrare
d’essere, la mandò giù quasi subito, senza tornare a pensarci più di tanto.
Dopo le varie presentazioni ed avermi più o meno riferito i ruoli dei migliori
soggetti della Shinsengumi, Kondou-san mi aveva fatto segno di alzarmi e di
seguirlo di fuori, nel cortile.
Io, di parte mia, lo aveva seguito senza dire una parola. Quando mi chiusi il fusuma alle spalle, come mi aveva
imposto di fare lui, mi aveva fatto nuovamente cenno di avvicinarmi.
Timidamente mi avvicinai a quella figura tanto imponente che prima mi guardò
quasi severamente, poi mi poggiò una mano sulla testa, scompigliandomi
amorevolmente i capelli.
“Sei davvero piccola, eh? Mi hanno riferito che hai solo tredici anni”.
“A breve quattordici” avevo precisato io. “Sono una donna, ormai. Posso
farcela”.
“Oh, certo… una donna…” aveva riso, per poi sorridermi nuovamente. “Nonostante
tu sia così piccola, hai avuto un così grande coraggio. Il tuo desiderio di
stare con Souji deve essere più forte di quanto tu stessa immagini”.
Ero diventata color porpora dopo quelle parole così veritiere. Era come se
quell’uomo mi avesse messa a nudo davanti a lui. Probabilmente se mi avesse
spogliata in quello stesso momento, l’imbarazzo non sarebbe cresciuto più di
così.
“Non so se sei cosciente di quello a cui vai in contro, ma penso saprai che qui
le cose non saranno facili da gestire. Ci saranno battaglie. Ci saranno
scontri. Ci saranno tanti morti e tanto sangue” aveva cercato di avvertirmi.
“Sei disposta lo stesso, dunque, a rimanere qui? Potresti anche rimetterci la
vi…”.
“Non importa” lo avevo interrotto io. Non so chi mi aveva dato il coraggio di
farlo, fatto sta che lo avevo fatto. “Ora che l’ho ritrovato, non potrei mai
separarmi da Sou-nii. E’ tutta la vita (praticamente da quando ho memoria) che
aspetto il giorno in cui l’avrei ritrovato. Non pensavo ad altro! Anche se ci
fosse di mezzo la fine del mondo, non me ne andrei comunque”.
Le mie parole dovevano aver avuto un effetto davvero efficace su Kondou-san,
perché lo vidi sfregarsi gli occhi dall’emozione.
“Così piccola… e così determinata! Sei davvero speciale, Hikaru-chan” aveva
proseguito, continuando a scompigliarmi i capelli.
Io ero arrossita ancora, quando concluse: “Beh, non per questo sei la nipote di
Souji!”.
E così avevo annuito e gli avevo sorriso di cuore.
…
Dopo quella discussione Kondou-san era rientrato nella stanza, ordinando a
Chizuru-san di riaccompagnarmi in camera e di darmi un cambio di kimono per la
mattina successiva, dato che aveva notato che il mio (almeno fin quando non
l’avessi riparato) sarebbe stato troppo logoro e rovinato da indossare.
Dopodiché le aveva anche detto di assicurarsi che continuassi a riposarmi fino
a domattina, perché mi avrebbe atteso il lavoro. E fu così che, dopo un saluto
generale ai tre comandanti, Chizuru-san mi aveva riaccompagnata nella mia
camera e si era preso cura di me fin quando, nuovamente, non presi sonno.
Quella stessa sera, a dire il vero, avrei potuto dare una mano a Chizuru-san
quantomeno per la cena, ma Kondou-san aveva insistito affinché mi riposassi e
riprendessi le forze. Inoltre aveva chiesto gentilmente al mio salvatore di
curarmi le ferite agli arti dei piedi che ancora perdevano sangue, nonostante
fosse passato un bel po’ di tempo.
E dovevo ammettere che, risvegliatami al mattino, mentre mi dirigevo verso la
sala ove gli shinsengumi facevano colazione
(che mi aveva fatto visitare, dopo la conoscenza di Kondou-san,
Chizuru-san), notai che Chizuru-san aveva fatto un buon lavoro: già la prima
volta che mi aveva fasciata, le garze si erano riempite di sangue. Quante volte
mi aveva cambiato, dunque, quelle bende? Era stato vicino a me tutta la notte?
Non lo sapevo, fatto stava che lo avrei ringraziato a dovere per tutto quello
che aveva fatto, che stava facendo e che, sicuramente, avrebbe fatto ancora per
me.
Però, ciò non toglie, che prima si è
comportato davvero stranamente…
Voleva vedermi nuda?
Ipotizzai, per poi scuotere vigorosamente la testa: no, mi rifiutavo di
credere che una persona così dolce potesse essere in realtà un pervertito.
Quindi, cercai al più presto di concentrarmi su qualcos’altro.
E la cosa mi riuscì perfettamente una volta entrata nella sala riservata ai
pasti. Di fatti, già seduti ai loro posti vi erano Harada-san, Saitou-san e, purtroppo,
anche Hijikata-san.
Tutti (a parte Saitou-san), una volta notata la mia presenza, portarono la loro
attenzione verso di me. Harada-san mi rivolse un sorrise tranquillo e cordiale,
Hijikata-san, invece, la solita aria severa ed intransigente. Saitou-san si
limitava a rimanere seduto, con gli occhi socchiusi (quasi stesse meditando) e
immobile. Non mi degnò nemmeno di un’occhiatina.
“Ah, buongiorno!” esclamai, inchinandomi.
“Buongiorno a te, Hikaru-chan” mi ricambiò Harada-san. “Dormito bene?”.
“Eh? Ah… Sì” borbottai, un po’ nervosa. “Davvero bene”.
“Mi fa piacere! Avanti, siediti qui e mangia con noi!” affermò, facendomi segno
di sedermi vicino a lui.
Il che mi lasciò letteralmente di stucco.
Perché dovrei sedermi?
“Ah, ecco… Io in realtà…”
“Mi spiace interrompere la vostra discussione e deludere le tue aspettative,
Sano, ma è Okita-san che deve occuparsi della colazione, insieme a Chizuru”
s’intromise Hijikata-san. “Quindi, se non vogliamo restare digiuni, non credo
sia fattibile che si sieda e aspetti comodamente di essere servita”. Detto ciò,
mi rivolse un’occhiata torva. “Dico bene, Okita-san?”.
Al che, davvero non so come feci, trattenni l’istinto di prenderlo a sberle.
Gli sorrisi falsamente, per poi affermare: “Difatti non avevo alcuna intenzione
di sedermi comodamente ed essere servita” ci tenni a precisare. Chiunque,
guardandomi, avrebbe capito che il mio era un sorriso più che forzato. Ed era
chiaro, come il fatto che senza respirare non si può vivere, che la mia
permanenza in quel luogo non fosse tanto apprezzata da Hijikata-san. Anzi, per
nulla apprezzata. E lo dimostrava il fatto che mi trattava con freddezza, che
non mi avesse rivolto un solo sorriso da quando ero lì, che mi chiamasse
“Okita-san” anche quando lo stesso comandante mi si era rivolto meno
formalmente e che pensasse a me come nient’altro che una ragazzina viziata e
capricciosa, che faceva le cose perché le andava di farle e che non accettava rifiuti
in alcun modo. Insomma, pensava a me come una di quelle ragazzine di buona
famiglia, abituate al lusso e allo strumentalizzare le persone. Ma si sbagliava
di grosso! E gliel’avrei dimostrato senz’altro. “Anzi, se non ricordo male, la
sera scorsa sono stata proprio io ad offrirmi volontaria”.
D’accordo, forse non era il caso di mettersi a bisticciare di prima mattina, ma
cosa potevo farci? Dopo aver rivolto a te, Sou-nii, quelle parole così dure… A
te, che non avrei mai osato immaginare di poter dir qualcosa che ti avrebbe
fatto in alcun modo irritare, non mi avrebbe spaventata neanche rivolgermi
sfrontatamente all’imperatore stesso.
Non c’era nessuno più importante di te che non volessi ferire, dunque, una
volta assaggiata l’amarezza dell’averti delusa o fatto arrabbiare, non mi sarei
di certo sentita peggio alzando un po’ la cresta con Hijikata-san.
Non potei fare a meno di notare, dunque, che Hijikata-san aveva alzato un
sopracciglio e non solo per lo stupore, ma anche per l’impertinenza che avevo
usato nel rispondergli. Beh, quello non era certo un commento offensivo, né
altro, ma suppongo che la cosa che l’abbia infastidito più di tanto fu, di per
sé, il fatto stesso che avessi osato rispondergli.
“Ah! Già pimpanti di prima mattina, eh? Come siamo energici!” esclamò una voce
alle mie spalle. Quando mi voltai, vidi Nakagura-san, seguito da Todou-san.
“Ah, Shinpatsu-san! Qua di energico ci sei solo tu, a quest’ora del mattino”
commentò il ragazzo, dandogli una pacca sulla schiena. “Ah, buongiorno,
Hikaru-chan!” mi si rivolse, una volta notata la mia presenza.
“Buongiorno anche a voi” risposi, rivolgendomi ad entrambi ed inchinandomi
formalmente.
“Ancora con queste formalità, Hikaru-chan? Ti avevo detto che non ve n’era
bisogno, no?”.
Beh, nonostante non ci avessi parlato molto, avrei riconosciuto quel tono
gentile e sempre fin troppo allegro, anche in mezzo ad una folla di centinaia
di persone.
“Buongiorno, Kondou-san, Sannan-san” sorrisi gioiosamente a quelle due figure
che stavano entrando ora e che mi stavano già sorridendo apertamente. Erano due
delle persone che più mi erano risultate simpatiche, al momento. Beh, a
prescindere da quella specie di trio comico che avevo capito essere quello di
Harada-san, Nakagura-san e Todou-san.
“Buongiorno, Hikaru-san” mi si rivolse Sannan-san, inchinandosi leggermente
verso di me. “Mi spiace dovermi rivolgere a voi in quel modo tanto
confidenziale, ma temo che se optassi per il cognome, farei una tremenda
confusione tra voi e vostro zio”.
“Vostro zio”…
Vi riflettei su.
Non mi piaceva affatto quando si riferivano a te come “mio zio”. Era una cosa
che detestavo. In realtà non perché odiassi il fatto di essere imparentata con
te, ma… La verità era che ricordare che eri un mio parente così stretto e,
dunque, ricordare l’impossibilità di amarti come donna, mi faceva tremendamente
male.
“No, non vi è alcun problema. Capisco perfettamente che si potrebbe creare non
poca confusione, quindi…” borbottai, ancora un po’ scossa per i pensieri che
stavano attraversando la mia testa. “Ora, se permettete, vado in cucina ad
aiutare Chizuru-san. Avrà sicuramente bisogno di una mano”. Detto ciò,
m’inchinai e feci per dirigermi verso la porta che dava sulla cucina, adiacente
alla stanza, dove, per l’appunto, trovai intento Chizuru-san a cucinare il
riso.
“Chizuru-san, sono arrivata” lo avvisai. “C’è qualcosa in cui posso esserti
utile?”.
“Oh, Hikaru-chan! Sei arrivata al momento giusto! Ti spiacerebbe controllare il
pesce? Dato che sono occupata col riso, non vorrei che si bruciasse”.
“Oh, certamente!” mi affrettai a rispondere io, tirandomi su le maniche del
kimono, come per dar segno a me e a lui, che avrei cominciato a lavorare. Indi
corsi in direzione del pesce che, nel cortiletto, stava abbrustolendosi vicino
al fuocherello acceso sicuramente da quel ragazzo così diligente.
La cottura è perfetta!
Non potei fare a meno di notare, accovacciandomi vicino al piccolissimo
falò.
Sarà meglio che incominci a toglierli dal
fuoco. Altrimenti si abbrustoliranno sicuramente.
Fu allora che pensai che Chizuru-san doveva davvero essere abituato a
cucinare. Proprio poco prima mi aveva raccomandato di guardare il pesce perché
temeva si bruciasse. Quindi, logicamente, doveva essere sicuro che in quel
frangente di tempo, si fosse già ben cotto.
E’ davvero un ragazzo eccezionale! Oltre
che far parte della Shinsengumi sa fare anche di queste cose… E così bene, poi!
E così, dopo aver tolto tutti gli spiedini di pesce dal fuoco ed aver
spento quest’ultimo con un secchio d’acqua posto lì vicino, mi voltai ed entrai
nuovamente nella cucina, dove Chizuru-san era intento a disporre sui vassoi
appositi le hashi.
“Ah, hai già fatto” constatò. “Ti
ringrazio davvero dell’aiuto, Hikaru-chan” .
“Non dirlo neanche!” affermai, posando il vassoio con i pesci dalla crosta
dorata, sulla mensola, vicino il contenitore del riso che stava ancora cocendo.
Lui mi si affiancò, incominciando a disporre le varie ciotole che avrebbero
contenuto i vari cibi sui vassoi.
“Mi spiace per le parole di Hijikata-san” esordì, ad un certo punto, spezzando
il silenzio momentaneo che si era venuto a creare.
Mi voltai verso di lui, perplessa, ma Chizuru-san non stava fissando me: teneva
la testa bassa, mentre continuava a sistemare le ciotole.
“Eh?” domandai io. “A che ti riferisci?”
“Alle parole che ti ha rivolto prima, nella sala a fianco e… ieri sera, quando
ha continuato ad insistere per mandarti via”
“Oh…” . Rimasi in silenzio per un po’, mentre mi occupavo di tagliare il pesce
dalla parte inferiore del corpo, togliere la lisca e le eventuali spine. “Non
importa. Ho capito che non approva la mia permanenza qui. Va tutto bene”.
“Mi dispiace davvero per come si sta comportando con te” continuò, con tono
mortificato. “Però, credimi, anche se può non sembrare, non è che lui non ti
capisca, o non voglia appoggiarti. E’ solo che…”. Notai che era po’ spaesato.
Indice che non sapeva bene cosa dire. Solo poco dopo lo vidi proseguire: “… è
solo che non vuole altre persone sulla coscienza”.
“Mh?” . Lo guardai nuovamente. Stavolta chi si trovava alquanto stupita e
spaesata ero io. Che cosa significavano quelle parole?
Altre persone sulla coscienza?
Che cosa voleva dirmi Chizuru-san?
Probabilmente, se fossi stata un po’ più grande, o un po’ più matura, avrei
capito subito di che stesse parlando. Probabilmente, anche se avessi fatto più
attenzione alle parole che avevano pronunciato ieri, per tante volte, sarei
riuscita a capirlo senza alcuna difficoltà. Ma in quell’attimo, a ciò che quel ragazzo volesse farmi
comprendere, io proprio non c’ero arrivata.
Solo in seguito avrei capito. Molto, molto tempo più tardi.
Dischiusi appena le labbra: avevo intenzione di chiedergli che cosa intendesse
con quella frase, ma lui mi precedette ancor prima ch’io iniziassi a formulare
la domanda nella mia mente. “Allora, Hikaru-chan, iniziamo a fare le porzioni
adesso, va bene?”. Mi si rivolse con un fulgido sorriso. Era così luminoso che
non me la sentii di ritornare al discorso precedente, apparentemente così
triste e malinconico.
Beh…
Pensai tra me e me.
Ho tanto tempo a disposizione per
chiederglielo, in fondo!
“D’accordo!” esclamai io, ricambiando il suo sorriso. “Allora, partiamo dal
ris…?” ma non feci in tempo a finire la mia domanda, che sentimmo il rumore dello
fusuma aprirsi e poi richiudersi
subito dopo.
“Ah, Souji! Eccoti finalmente!” sentii esclamare dalla voce di Kondou-san.
“Era ora che ti facessi vivo! Stavamo temendo che fossi stato sbranato lupi!” .
Questa, invece, era senz’altro la voce altisonante di Nakagura-san.
“Perché proprio dai lupi?”
“Beh, non c’è una vera e propria ragione. Mi andava di dire così! Non rompere,
Sano!”.
“Ahahah” .
Sussultai, sentendo quella risata. Era la tua. L’avrei riconosciuta anche se mi
avessero reciso le orecchie. “Sempre vivaci, sin dal primo mattino. Sono queste
le cose belle della vita”.
“Seriamente, Souji” riprese la voce alquanto sospettosa di Harada-san. “Di
solito sei così mattiniero. Non saprei dire chi tra te e Saitou sia il primo a
metter piede qui dentro”.
“Beh, diciamo solo che non ho dormito molto ieri sera. Ho solo recuperato un
po’ stamani”.
“Che cosa insolita…” constatò Todou-san. “Davvero insolita da parte tua…”.
“Forse dipende dalla cara Hikaru-chan?” ipotizzò il rosso, con aria alquanto
maliziosa. “Ci ho azzeccato, vero?”.
“In un certo qual senso” ti limitasti a rispondere, con tono tranquillo, anche
un po’ scherzoso. “E’ tutta colpa sua. Mi ha fatto passare una nottataccia”.
Sentendo queste parole, per poco non spezzai le hashi che avevo tra le mani.
“Mh? Che hai, Hikaru-chan?” mi chiese, vedendomi tremante, Chizuru-san,
chiaramente impegnato a fare altro e che, quindi, non aveva prestato attenzioni
alla discussione che stavano avendo gli shinsengumi nell’altra stanza. “Qualcosa
non va?”
“Eh?” . Mi rivolsi di scatto verso di lui, mascherando il mio nervosismo con un
finto sorriso e cercando di controllare la rabbia che continuava a crescere in
me. “No, niente. Figurati”.
“D’accordo…”. Non molto convinto della mia risposta, non insistette oltre e
proseguì quel che stava facendo.
Al che tornai a far finta di preparare il tutto, quando, invece, continuai ad
origliare quello che dicevano dall’altra parte.
“A proposito!” sentii intervenire all’improvviso Todou-san. “Lo sai chi cucina
oggi, insieme a Chizuru?”.
“Forse volevi dire, chi cucinerà d’ora in
poi insieme a Chizuru?” lo corresse Harada-san. “Avanti, Souji. Indovina”.
“Eh?” . Il tuo tono era leggermente perplesso. “Non ditemi che…”
“Esatto!” proseguì Nakagura-san. “La tua dolce nipotina è di là che sta
cucinando per noi. Non sei felice?”.
“Oh, davvero?” . Ora il tuo tono non era né perplesso, né altro. Era
semplicemente un tono di constatazione. “Beh, buona fortuna, Hikaru-chan”.
Que… Questo è tutto quello che hai da
dire?!
Lo pensai istintivamente, mentre mi ribolliva il sangue nelle vene. Ero
certa che la mia temperatura corporea stesse salendo in maniera del tutto
anormale.
Così? Come se niente fosse? Dopo la
faccia arrabbiata che hai fatto ieri? E, per giunta, non ti degni neanche di
venirmi a salutare!
“Chissà se cucina bene” si domandò la voce di Todou-san. “Sono davvero
curioso. Non puoi anticiparci niente, tu?”. Evidentemente si era rivolto a te.
Non perché lo sapessi con certezza, o perché lo avessi visto, ma quel tipo di
domanda, così posta, poteva essere rivolta soltanto a te, dato che eri l’unico
che poteva anticipare qualcosa agli altri sul mio conto.
“Effettivamente, anche se è mia nipote, la
conosco davvero poco” ti accingesti a spiegare, con aria (si capiva)
noncurante, come se stessi parlando del più e del meno. E non potei fare a meno
di notare come avevi accentuato quel “mia nipote”. E la cosa in sé mi diede
davvero tanto fastidio. In un modo che forse sarebbe difficile da spiegare.
“E, comunque,” proseguisti. “non sono mai stato a casa di mia sorella così a
lungo da assaggiare la sua cucina, figuratevi quella di Hikaru-chan. Non sapevo
neanche che avesse imparato a cucinare. Quindi non posso anticiparvi niente.
Spero solo, però, che non avveleni nessuno”. E da qui partì una tua risata
accompagnata, in seguito, da alcuni dei tuoi compagni.
…
CRACK.
“Oh, Hikaru-chan!” vidi accorrere Chizuru-san verso di me con aria preoccupata,
guardando le hashi spezzate che avevo
tra le mani. “Che è successo? Ti sei fatta male?”.
“No, no” cercai di rassicurarla. Nuovamente un falso sorriso, evidente come il
cielo azzurro, tornò ad invadermi le labbra. “Non è niente, davvero. Credo di
aver fatto troppa pressione e così le ho spezzate. Ma non mi son fatta niente,
non preoccuparti”.
Ora…
“Sicura?” mi chiese lui, ancora un po’ titubante.
Ora sì che sono davvero furiosa…
“Sicurissima! Anzi, scusami tanto per averle rotte”.
“Ah, non devi preoccuparti per quello. L’importante è che tu non ti sia fatta
male. Un paio di hashi si possono
sempre sostituire, ma le tue mani no” mi sorrise alquanto rincuorato.
Al che io dovetti fare lo stesso, anche se in cuor mio ardevo dalla rabbia.
Come ha potuto dire queste cose? Perché
mi ha screditata in questo modo?
Pensai, non riuscendo a controllare la collera.
“A proposito, Chizuru-san, perché non vai a sederti? Ci penso io a finire qui”
E davanti a tutti, per giunta!
“Cosa? Ma no, perché mai?”.
Questa davvero non gliela perdono! Mi ha
presa in giro! Di nuovo!
“Voglio sdebitarmi per ieri sera, per tutto quello che hai fatto per me”
Anzi… e stavolta platealmente! Senza
curarsi dei miei sentimenti! Perché lo sa che sto ascoltando!
“Eh?” . Aveva un’espressione alquanto perplessa sul volto.
Lo sa anche fin troppo bene! Ed è per
questo che non si è trattenuto!
“Sì, lo sai, per avermi cambiato le bende”
“Oh, ma quello non è niente”
“Ma come non è niente? Sei andato avanti per tutta la notte!”
“Come? Veramente io…”
“Su, non fare tante storie!” tagliai corto, spingendolo verso l’altra sala,
dalle spalle. “Per favore, lascia che mi sdebiti, o mi sentirò in colpa fin
quando non l’avrò fatto…” lo supplicai, con sguardo docile e innocuo.
“Oh, va bene…” si arrese lui, sorridendomi. “Se me lo chiedi così, non posso
fare altrimenti. Vorrà dire che andrò fuori a controllare in che condizioni è
il pavimento del corridoio (in caso abbia bisogno di una pulita). Ma chiamami
subito, se ti serve una mano, d’accordo?”.
Io, allora, ricambiai il suo sorriso. “Ma certo! Adesso, però, vai!”. E fu
continuando a spingerlo in questo modo che praticamente lo catapultai fuori
dalla cucina, verso il cortile esterno, per andare a controllare altre cose.
Mi ha umiliata e dato colpe che non ho,
prendendomi in giro… Gli piace così tanto farsi beffe di me? Cos’è, una sorta
di punizione perché non gli ho obbedito?
Mi misi davanti la mensola e cominciai a distribuire le porzioni, ciotola
per ciotola, vassoio per vassoio.
Dovrebbe sapere che so cucinare! Ed anche
se non lo sapesse, gentilezza vuole che si cerchi di adulare chi cucina per te,
non di degradarlo! E poi che colpa ne ho io se non ha dormito questa notte?
Solo perché era arrabbiato e non riusciva a prendere sonno, non può certo
farmene una colpa!
Dopo pochi minuti avevo finalmente finito di preparare il tutto. Sorrisi
soddisfatta di fronte a quell’opera.
Ma adesso vedrà di cosa sono capace,
quando mi si mette alla prova!
“Chizuru-san!” chiamai all’improvviso. “Chizuru-san!” ripetei,
affacciandomi verso il cortiletto.
Vidi, così, il ragazzo accorrere verso di me, in fretta e furia. “Che c’è,
Hikaru-chan? Hai bisogno di qualcosa?”.
“Sì, effettivamente…” risposi, con aria mortificata. “Per favore, c’è qualcosa
che vorrei chiederti”.
Lui mi guardò con aria perplesso, però annuì distintamente, segno che mi
avrebbe ascoltata e mi avrebbe assecondata.
Dopodiché gli spiegai tutto, in poche e coincise parole, gli sorrisi e gli chiesi:
“Va bene?”.
“Ma non sarebbe più giusto che servissi tu Okita-san?” . Aveva un’aria
insolitamente preoccupata.
“Avrei tanto voluto farlo, in circostanze normali, ma…” scossi la testa, in
senso di diniego. “Ora come ora, sono un po’ arrabbiata con lui. Anzi, no…
troppo arrabbiata per essere gentile e cordiale nei suoi confronti. Sono
disposta persino a servire Hijikata-san, ma Sou-nii… Non se ne parla!”.
Lo sentii sospirare. “E va bene. Se vuoi che lo faccia io, lo farò io”
Lo guardai con occhi pieni di gratitudine e gli sorrisi nuovamente. “Che bello!
Ti ringrazio!”.
“Però…” proseguì, accarezzandomi i capelli gentilmente. “Dovresti cercare di
risolvere le tue divergenze con Okita-san. Non puoi andare avanti così, no?
D’altronde sei rimasta qui proprio per stare con lui. Non ha senso che tu stia
facendo tutti questi sacrifici, se poi devi rimanere in collera con lui, non
trovi?”.
Lo guardai un po’ intristita, con sguardo velatamente malinconico.
Aveva ragione. Aveva senz’altro ragione. Ero voluta rimanere lì proprio per
stare con lui ed ora mi stavo comportando in quel modo, però…
Però… voglio soltanto una rivincita! Solo
una!
“Mi dispiace” risposi, chinando il capo. “Ma ti prometto, Chizuru-san, che
questa sarà l’ultima volta. Per cui, ti prego, accontentami. Solo per stavolta…
te lo chiedo per favore”.
Lui, allora, mi sorrise e si allontanò in direzione dei vassoi, poggiati sulla
mensola. “Allora? Qual è quello di Okita-san?”.
Sorridente, gli indicai il predestinato. Al ché, lui mi guardò serio e disse:
“Però sembrerebbe strano che stia portando solo quello di Okita-san. Ne servo
altri anche a qualcun altro, così nessuno sospetterà di niente, va bene?”.
Io annuii, tenendogli presente di non scordarsi quale fosse per te.
“Ma cos’hai fatto? Ci hai messo qualcosa di speciale dentro, dato che vuoi che
proprio questo vada ad Okita-san?”.
Non trattenni un risolino. “Diciamo… più o meno di sì”.
Chizuru-san mi sorrise di nuovo ed insieme incominciammo a servire i nostri
ospiti dall’altra parte della stanza che erano ancora occupati a conversare.
Appena uscita dalla cucina il primo vassoio che servii fu quello ad
Hijikata-san che mi guardò freddamente e con un’aria taciturna da silenzioso
“Finalmente! Quasi, quasi si faceva notte e noi dovevamo ancora fare colazione!”.
Lo ignorai, semplicemente limitandomi a sorridergli, cosa che feci anche quando
incontrai il tuo sguardo verde-foglia che si era momentaneamente posato su di
me.
Onestamente non guardai la tua reazione al mio finto sorriso, anche perché ero
troppo nervosa e su di giri per farlo. Doveva andare tutto secondo i piani. Se
mi fossi comportata in modo strano, o mi fosse sfuggita qualche strana parola,
sarebbe andato tutto in fumo.
Il secondo fu Harada-san che, invece, così come Todou-san, mi aveva sorriso e
mi aveva ringraziato, non risparmiandosi qualche battuta e mezza-lode sul come
ero educata e come ero servizievole.
Chizuru-san, invece, si era preoccupato di servire Kondou-san, Sannan-san,
Nakagura-san e, come da previsto, ora si stava accingendo a servire te.
Ci trovammo affiancati (io e Chizuru-san), in quanto io dovetti preoccuparmi di
servire Saitou-san, che era alla tua sinistra. Una volta raggiunta la nostra
destinazione, ci piegammo entrambi contemporaneamente e posammo i loro vassoi
quanto più lentamente possibile. Mentre stavo per rialzarmi, poi, incontrai
nuovamente il tuo sguardo che mi stava osservando ora molto più intensamente.
Cercai con tutta me stessa di non arrossire, tornando a sorriderti e ad
augurarti: “Buon appetito, Sou-nii”.
Detto ciò, mi alzai e seguii Chizuru-san verso i nostri posti che erano uno a
fianco dell’altra. Alla mia sinistra avevo Chizuru-san, mentre alla mia destra
Todou-san. Alla sinistra di Chizuru-san, invece vi era Nakagura-san.
“Bene, allora: itadakimasu!” augurò, in generale, Kondou-san, mentre si
accingeva, un po’ come tutti, a togliere il copri vassoio.
Una volta che quest’azione fu compiuta da tutti, specialmente da te, mi
affrettai a rivolgerti tutta la mia attenzione con aria attenta e velatamente
soddisfatta.
“Wow! Che porzioni enormi!” sentii affermare, all’improvviso.
Perfetto: il mio piano stava funzionando.
“Hai ragione, Heisuke! Guarda la mia: è enorme!” concordò Harada-san, per poi
guardarsi un po’ intorno. “Oh, ma mi sembra che il servizio sia andato più o
meno così a tutti”.
“Cos’è questa buffonata?” intervenne, quindi, Hijikata-san, mentre indicava,
irritato, la valanga di riso che vi era nella sua scodella – come in quella di
tutti gli altri – (e non scherzo quando dico che era una valanga: avevo abbondato
così tanto con le porzioni che in ogni ciotola si era formata una vera e
propria montagnola… con tanto di cucuzzolo!).
Chizuru-san si voltò preoccupato verso di me, vedendo, poi, che la sua
montagnola era quella più alta in assoluto. “Hikaru-chan… Ma che hai
combinato?”.
“Eheh!” non trattenni un risolino io. “Un ringraziamento speciale verso tutti!
Siccome era la prima volta che cucinavo per voi, ho voluto abbondare un po’ con
le porzioni”.
“Abbondare? Con una sola di queste ciotole si possono sfamare decentemente tre
di noi!” continuò a lamentarsi Hijikata-san. “Questo si chiama spreco, lo
sai?”.
Interruppe le sue lamentele Kondou-san con una delle sue possenti risate.
“Avanti, cosa c’è di male, vice-comandante? Ogni tanto abbondare non fa male!” .
“Ma, comandante, se la lasciamo fare, le scorte di cibo che conserviamo per
mesi e mesi se ne andranno via nel giro di una settimana!”
“Avanti, non esagerare! Oggi è una giornata speciale: è il primo giorno di
Hikaru-chan qui da noi. E’ per questo che ha voluto renderci più felici col suo
gesto, non è forse così?”.
“Certamente!” affermai, contenta dell’appoggio di Kondou-san.
“Diamine… E’ maledettamente delizioso!” sentii affermare da Nakagura-san, già
intento a divorare la sua porzione di riso e il suo pesce.
“Beh, devo dire che è davvero gustoso” confermò Sannan-san, rivolgendomi un
sorriso.
“Vi ringrazio infinitamente” risposi io, altrettanto sorridente.
E notai che, nonostante il suo costante, tenebroso, nonché inquietante
silenzio, anche Saitou-san stava gradendo tutto.
Nel giro di pochi secondi mi furono rivolte lodi, commenti su come migliorare
qualcosa, oppure taciti consensi. Neanche uno (tranne l’iniziale dissenso di
Hijikata-san) di tutto il gruppo osò
lamentarsi.
Almeno fin quando…
“Ecco… Non vorrei sembrare indiscreto, ma… Si può sapere che cos’hai in mente,
Hikaru-chan?” azzardò una voce, all’improvviso, interrompendo il temporaneo
silenzio del nostro pasto. Alzai compiaciuta lo sguardo, rivolgendolo verso di
te, che mi fissavi sorridente. Ma era evidente (e lo era agli occhi di
chiunque) che quel sorriso mascherava ben altre sensazioni. Di certo non era un
sorriso gentile. Eri chiaramente arrabbiato, anche se dalla tua espressione non
si sarebbe mai detto.
Dato che avevi attirato l’attenzione di tutti, fu inevitabile notare la
differenza che vigeva con i membri dell’intera stanza: nel tuo vassoio c’era la
solita ciotola di riso, la scodella del pesce e la tazza del tè verde. Solo che
al contrario degli altri nella ciotola che ti avevo preparato vi erano appena
dieci chicchi di riso, sempre per te avevo scelto appositamente il pesce più
piccolo a disposizione e per quanto riguardava il tè, te ne avevo versato sì e
no un quarto della tazza. Insomma, in confronto al resto della Shinsengumi, eri
davvero messo male.
“Hai per caso intenzione di farmi morire di fame?” intervenisti, con tono
chiaramente indispettito, ma con quel costante sorriso sulle labbra. E come non
notare il sopracciglio destro danzante tra su e giù (segno di pura
irritazione), così evidentemente?!
“Incredibile… Souji, hai appena la quantità di cibo necessaria per sfamare un
ratto!” commentò Nakagura-san, non trattenendo un riso. “Però non preoccuparti:
parlo di un ratto bello grosso”.
“Grazie della comprensione, Shinpachi-san” gli rispondesti, maggiormente
irritato.
Chizuru-san, allora, si voltò nuovamente verso di me, stavolta con aria molto
più preoccupata e velatamente scontenta. “Hikaru-chan! L’hai fatto a posta!”
sussurrò. “Anche queste porzioni così giganti a ognuno di noi… L’hai fatto a
posta per far notare la differenza di trattamento!”
Risi tra me e me soddisfatta di quello che avevo fatto. “Effettivamente sì” mi
limitai a rispondere, senza scusarmi. Era davvero troppo divertente.
La tua faccia non sapeva che espressione assumere per non dare a vedere
l’evidente irritazione.
“Ti ha trattato davvero male, Souji! Questo è perché l’hai presa in giro!” ti
chiarì Harada-san, dandoti una pacca sulla spalla.
“Ahahah! L’hai fatta arrabbiare!” constatò, tra le risa, Kondou-san. “Adesso te
la vedrai brutta”.
“Fa arrabbiare una donna,” incominciò
a citare, Sannan-san, continuando ad assaggiare il pesce dalle squame dorate. “e il mondo ti crollerà addosso in men che
non si dica”.
“Ha davvero ragione!” concordò Harada-san.
“Ah, basta così!” interruppe il discorso Hijikata-san. “Che razza di
comportamento infantile!”
Ti sentii sospirare, mentre ti rivolgevi a Chizuru-san. “Chizuru-chan, per favore,
potresti essere così gentile da portarmene una quantità degna di un essere
umano?”.
“Ah!” esclamò lui, facendo per alzarsi. “Certamente, Okita-san!”.
“E’ inutile” lo fermai io, senza scostarmi di un centimetro. “Ho consumato
tutto. Non c’è più neanche una goccia di tè verde nella cucina”.
“Eh?!” esclamaste all’unisono sia tu che Chizuru-san.
“Cavolo… Hikaru-chan, sai essere davvero crudele!” affermò Todou-san, per poi
alzarmi in su il pollice. “Non fraintendere: io sono con te!”
“Heisuke! Smettila di incoraggiarla a comportarsi così!”
“Avanti, Hijikata-san, che bisogno c’è di essere così severi?” s’intromise
Nakagura-san. “Si è solo presa una piccola rivincita. Che c’è di male?”.
“Infatti!” concordò Harada-san. “E’ un piccolo dispetto. Non c’è da essere così
duri!”
“C’è che se voi continuate ad appoggiarla, lei continuerà a fare di queste
cose!”
“Intanto la vostra scodella ve la state gustando, vero, Hijikata-san?” . La tua
voce rimbombava nella stanza. Il sorriso che ancora permaneva sul tuo volto. L’irritazione
stava cominciando a farsi sentire… e non solo dalla voce.
“Chizuru-chan… Anche tu stavi preparando il tutto, giusto?” le domandasti. Il
tuo cupo sorriso stava iniziando a farsi inquietante.
“Ehm… Ecco, sì…”
“E dov’eri mentre lei era tutta intenta a manomettere la mia sacrosanta
colazione?”.
“Ecco, in verità, io…”
“Adesso non vorrai mica dare la colpa a Chizuru!” lo difese a spada tratta
Hijikata-san. “Prenditela con tua nipote! E’ stata lei, no?”
“Eccome se è stata lei! Ma Chizuru-chan poteva anche degnarsi di controllarl…”
“L’avevo mandato via” t’interruppi, improvvisamente. Avevo smesso di mangiare,
anzi, ormai avevo finito, a dirla tutta. Il tuo sguardo cadde nuovamente su di
me. Anche se avevo avuto bisogno della complicità di Chizuru-san, non ero la
tipa che metteva nei guai qualcun altro, se la colpa era la mia. “Sapendo che
non avrebbe accettato di collaborare, ho trovato il modo di mandarlo via per un
po’ di tempo”.
Tuttavia ero ben consapevole di star dichiarando, in parole povere, di essere
stata infantile, subdola e ingiusta nei confronti delle persone che si erano
spinte a tantissimo per me e che mi avevano anche accolta. Il problema era che
in quel momento non ci avevo pensato due volte a preparare quel piano: volevo
semplicemente farti capire che mi avevi ferita e non avendo il coraggio di
rivolgerti la parola, avevo trovato quello stratagemma.
“Ed ora, se volete scusarmi, vado ad occuparmi di altre faccende” conclusi,
mentre mi inchinavo formalmente, e uscivo lentamente dalla stanza,
richiudendomi il fusuma alle spalle,
una volta fuori.
L’imbarazzo era stato troppo e rimanere ancora in quella sala, con tutti loro,
e specialmente con te, mi avrebbe fatta stare ancora più male di quanto già non
stessi, quindi… preferii uscire e dedicarmi a tutt’altro, ben consapevole di
aver lasciato implicitamente a Chizuru-san l’incarico di sparecchiare e lavare
le stoviglie.
Passai l’intera mattinata a pulire i vari corridoi del tempio che ci ospitava.
Onestamente parlando fu un lavoro alquanto sgradevole e faticoso. Non che non
ci fossi abituata: a casa pulivo sempre il nostro tatami e il nostro corridoio,
ma… la nostra casa era notevolmente più piccola di un intero tempio.
Nel mezzo del lavoro incrociai spesso Nakagura-san e Todou-san che, vedendomi
indaffarata, non persero molto tempo a parlarmi, ma con qualche parola si
limitarono a tirarmi su e a consolarmi, affermando che non era successo nulla
di grave e che tutti avrebbero presto scordato l’accaduto.
Avrei tanto voluto rispondere loro che la cosa non sarebbe stata così semplice,
soprattutto agli occhi: di Hijikata-san, che adesso aveva un pretesto in più
per mandarmi via, di Chizuru-san che adesso mi avrebbe odiata per averlo
coinvolto in quella storia, senza parlare, poi, di te a cui avevo fatto quella
specie di torto.
Tuttavia, vedendoli così preoccupati e così intenti a risollevarmi il morale,
decisi di non far discussioni e di non crear loro ulteriori problemi. Mi
limitai a sorridere e ad annuire.
Contenti del fatto che apparentemente mi fossi risollevata, se ne andarono a
svolgere le loro mansioni, lasciando me alle mie.
Proseguii con le pulizie fino, circa, le tre del pomeriggio. Raggiunta
quell’ora, esausta com’ero, mi sedetti sul pavimento del corridoio che dava sul
cortile esterno. L’intento era quello di riposare.
Fino a quell’ora – e la cosa mi parve anche un po’ strana – nessuno di coloro
che conoscevo (perché di uomini che non conoscevano, ne avevo incontrati a
bizzeffe) mi venne incontro. Mi chiesi, così, se non fosse per quello che avevo
combinato e se non mi stessero evitando.
Molto probabile…
Pensai tra me e me.
Meglio così, in fondo. Non avrei il
coraggio di guardare in faccia nessuno, ora come ora.
“Hikaru-chan” mi sentii chiamare all’improvviso. E così notai che
Chizuru-san era in piedi a qualche centimetro di distanza da me, che mi stava
guardando.
Mi sarei aspettata di tutto dalla sua espressione, ma non quel sorriso così
calmo e gentile.
Sussultai, vedendolo avvicinarsi e distolsi lo sguardo da lui. “Dimmi…”.
“Vedo che qui hai finito. Sei stata davvero bravissima. Deve essere stato
faticoso, vero?”.
Perché è così gentile?
“Non era niente” borbottai, appena percettibilmente. “Era il minimo”.
“Capisco…”
La sua calma mi distruggeva. Perché si comportava così? Come poteva essere così
tranquillo, anche dopo quello che gli avevo fatto?
“Senti, Hikaru-chan… Riguardo… Riguardo stamattina, ecco…”
“Mi dispiace!” esclamai, all’improvviso, alzandomi di scatto. “Mi dispiace
davvero tanto, Chizuru-san, ma… mi sono ricordata di avere ancora una cosa da
fare!”
“Eh…?”
“Mi spiace davvero. A dopo!” tagliai corto, voltandomi di scatto e
incominciando a correre verso la mia stanza. Avevo il capo chino e non mi sarei
voltata per nulla al mondo.
Era difficile esprimere quanta amarezza stessi provando in quell’attimo,
avendolo ignorato in quel modo, anche se lui continuava ad essere gentile. Ma
era proprio la sua gentilezza che mi faceva star male. Probabilmente se fosse
stato arrabbiato, o freddo nei miei confronti… se mi avesse sgridata, sarebbe andato
tutto bene. Avrei recepito il messaggio e sarebbe tornato tutto alla normalità,
in men che non si dica. Il problema era che non ero abituata a quel tipo di
reazione. Sapevo come comportarmi di fronte ad un rimprovero o ad uno schiaffo,
ma… di fronte ad un sorriso di comprensione, non sapevo davvero come
comportarmi. Cos’avrei dovuto fare?
Raggiunsi la mia camera in fretta e furia e mi ci chiusi subito dentro.
Istintivamente mi accovacciai dietro il fusuma
per evitare che Chizuru-san mi seguisse ed entrasse anche senza ch’io volessi.
Non avevo voglia di vederlo. Almeno finché avrebbe avuto quel sorriso sulle
labbra, finché non mi avrebbe sgridata per bene.
Non c’era che dire: avevo combinato proprio un bel guaio. Da uno scherzetto
innocuo era nato il finimondo. Non stavano esagerando un po’ tutti? A
cominciare da te stesso, Sou-nii!
Perché non si è lamentato in silenzio,
senza fare tante questioni?!
Mi chiesi tra me e me.
Perché ha dovuto sollevare un tale
polverone, per due miseri chicchi di riso ed un pesciolino da quattro soldi?
Persino il cibo è più importante di me?!
Quella sensazione di tristezza non mi lasciò per un bel po’. Continuavo a
chiedermi se non ti fossi messo d’accordo con Hijikata-san per mandarmi via e
pensavo che ormai non t’importasse niente di me.
Ti confrontavo con il te stesso di sei anni fa, di quando scambiasti quella
promessa con me e, anche se all’apparenza sembravi non essere affatto cambiato,
riscossi che come carattere eri notevolmente mutato. Anzi no, non era
esattamente così. Eri lo stesso di una volta, nei confronti di tutti, ma verso
di me… eri decisamente cambiato.
A quell’epoca ero certa che non mi avresti mai trattata come stavi facendo
adesso. Non avresti mai osato prendermi in giro davanti a tutti, alla mia
rivincita infantile avresti sicuramente riso di gusto, e principalmente ero
sicura che mi avresti permesso di restare alla base, dov’eri tu…
Ci riflettei su.
No, non è vero che è cambiato… Non è
cambiato neanche con me.
Poggiai la testa contro le mie ginocchia, accovacciandomi sempre di più,
fino a diventare minuscola.
Neanche allora… mi portò con sé, né
rimase con me.
Mi trattenni per non piangere, nonostante i singhiozzi fossero evidenti.
Non volevo piangere. Non di nuovo. Ne avevo abbastanza di piangere. Erano due
giorni che non facevo altro!
Non è cambiato niente… Proprio niente…
Ma il solo pensiero che per te non ero mai contata niente mi fece quasi
cadere in un oblio, in cui non mi accorsi che le gote erano rigate da quei
ruscelli a gocce.
Fu allora che sentii bussare sul fusuma
dietro le mie spalle. Qualcuno mi cercava. La domanda era: chi?
Pensai istintivamente a Chizuru-san. Pensai che mi aveva inseguita e che voleva
assolutamente parlarmi.
“Okita-san, sono il vice-comandante Hijikata. Vi spiacerebbe lasciarmi
entrare?”.
Cosa?
La cosa mi sorprese più di quanto non diedi a vedere.
Cosa ci faceva lì Hijikata-san? Perché voleva entrare nella mia stanza? Voleva
parlarmi?
Ah… Forse… vuole mandarmi via…
Pensai, sorridendo con malinconia tra me e me.
Non avrebbe tutti i torti, ora come ora.
“Mi spiace, Hijikata-san, ma proprio non posso”.
“La ragione?” chiese, schietto.
“Non sono in condizioni tali da presentarmi ai vostri occhi”
“Siete nuda?”
“No”
“Vi stavate spogliando?”
“No”
“Allora siete presentabilissima” tagliò netto. “Sto entrando…”. E vidi, così,
far forza sul pannello della porta. Feci, però, appena in tempo a spingere con
tutta la mia forza dal lato opposto per impedire, invece, che venisse aperto.
“Okita-san, che cosa state facendo?”
“Ve l’ho già detto: non sono affatto presentabile in questo momento”.
“Non siete nuda, né eravate in procinto di spogliarvi, quindi, a mio parere,
non potreste essere in condizioni migliori”. Era talmente ostinato che quasi mi
diede ai nervi. E, siccome non ero proprio dell’umore per litigare con lui,
decisi di dargli scacco matto.
“Se la mettete in questi termini, allora mi spoglierò in questo momento!”
“Cosa?”
“Se insistete col voler entrare, mi spoglierò non appena il fusuma si scosterà anche solo di qualche
millimetro!”.
Non volevo che mi vedesse piangere. Tra tutte le persone in quel luogo, una di
quelle che non avrei mai e poi mai voluto mi vedesse piangere era lui. Perché
era stato lui a mettermi i bastoni tra le ruote per primo ed era lui che
cercava a tutti i costi di mandarmi via. Farmi vedere in quello stato,
significava non solo garantirgli un’altra vittoria (oltre quella di stamani),
ma anche dargli una gran bella soddisfazione, che io non avevo affatto
intenzione di concedergli.
La pressione sulle porte finì presto, quindi anche io finii di mantenerle dal
lato opposto. E potetti percepire un profondo sospiro. “Avete idea di quel che
state dicendo? Siete davvero un’ingenua”.
“Io… Io potrò essere anche un’ingenua,” insinuai, cercando di non fargli
percepire i miei singhiozzi. “ma voi siete troppo insistente! Se vi ho detto
che non potete entrare, allora non potete farlo!”.
“E per evitarlo minacciate un uomo, che tra l’altro non conoscete, di spogliarvi?
Avete idea di che cosa gli state proponendo? Non conosco le abitudini di dove
vivete voi, ma qui da noi, non tutti gli uomini, dopo aver sentito parole del
genere, rimarrebbero calmi a discutere pazientemente”. Un altro sospiro. “Souji
aveva davvero ragione a volervi rimandare a casa a tutti i costi…”.
Non posso ancora perdonarmi per essere stata così stupida quella volta.
Se fossi stata solo un po’ più intuitiva… se avessi ben compreso il significato
di quelle parole, avrei evitato di starci così male.
Perché non capii che cosa voleva dire in realtà Hijikata-san. Avevo solo
inteso, da quelle poche parole, che tu non volevi proprio avermi lì vicino a
te.
Se lui non vuole, che senso ha?
“Cos’è? Siete solo venuto a farmi la predica, o vi decidete a mandarmi via, una
buona volta? Siete riuscito a convincere tutti, infine?” gli chiesi, con voce
strozzata dal pianto. “Avete già informato mio padre? Quando me ne andrò?
Domattina? O forse… stasera stessa?”
“Purtroppo per voi, né domattina, né tanto meno stasera. Per ora continuerete a
restare qui” proseguì, senza curarsi del fatto che stessi piangendo. O,
semplicemente, non se n’era accorto. “Ma se voi volete andarvene, nessuno vi
trattiene. Potevate dirlo subito. Vado immediatamente ad avvisare un messaggero
di far arrivare Okita-dono il prima possi…”
“No!” lo interruppi. “Non voglio andarmene! Per favore, non lo chiamate! Non
andate, per favore!” . La mia era una supplica. Tanto che per farla mi ero
praticamente incollata al fusuma da
cui intravedevo l’ombra di Hijikata-san che prima si stava allontanando e solo
dopo le mie parole la vidi rifarsi vicina. “Allora posso entrare?”
“No”
Nuovo sospiro. “Avete un carattere davvero difficile da gestire. L’uomo che vi
sposerà sarà da lodare”.
E la donna che sposerà voi sarà da far
visitare… Dovrà avere davvero qualcosa che non va, in testa!
Avrei voluto rispondergli, ma ebbi il buon senso di rimanermene in
silenzio.
“Non importa. Vorrà dire che vi parlerò da qui dietro”.
Non accennai a rispondergli, solo mi limitai ad annuire, sapendo che lo avrebbe
notato dalla mia penombra.
“Sapete già riguardo cosa voglio parlarvi, vero?”.
“Penso di sì”
“Allora immagino che saprete anche che cosa voglio dirvi”.
“Penso di sì…” tentennai in un sussurro, intristendomi ancora di più. “Mi
dispiace…” . Cominciai a singhiozzare nuovamente. “Sono davvero dispiaciuta per
l’accaduto. Non volevo che succedesse tutto questo… Era una semplicissima
rivincita che volevo nei confronti di Sou-nii… Non pensavo di alzare tutto
questo polverone!”.
“Ascoltate...” m’interruppe. “Io non sono arrabbiato per ciò che avete fatto e
neanche Chizuru lo è. Ma sono arrabbiato per come lo avete fatto”.
Eh?
“Cosa?”
“Insomma, alla vostra età, capisco benissimo che queste cose siano naturali. Un
innocente scherzo non può farmi arrabbiare tanto, ma… è stato il modo in cui
l’avete fatto che mi ha fatto saltare i nervi”.
“Il modo…?”.
“Innanzitutto, è uno scherzo davvero infantile. In secondo luogo, avete
coinvolto Chizuru, facendole quasi attribuire la colpa” esordì. “E, terza cosa,
avete consumato un sacco intero di riso, che sarebbe potuto durare benissimo
una settimana”.
“Mi… Mi dispiace…” borbottai. “Non ci avevo pensato su”.
“Ed è questo che non funziona” mi chiarì. “Se volete fargli un dispetto, va
benissimo, ma che, per favore, non coinvolga niente e nessuno, oltre
l’interessato. Dovete pensare anche alle conseguenze”.
“Sì…” mi limitai a rispondere, per poi rimanere in silenzio.
Ed ecco arrivare un altro sospiro. Avevo perso il conto di quante volte l’aveva
fatto, durante tutto il discorso. “Sapete, Chizuru era davvero molto
preoccupata per voi. Mi ha riferito di avervi incontrata, ma che voi siete
scappata all’improvviso. Temeva che ce l’aveste con lei”.
“Come potrei mai avercela con lui?!” ribattei, piagnucolante. “E’ lui che,
semmai, dovrebbe avercela con me. Viceversa, è stato molto gentile con me. Ed è
questo l’unico motivo per cui sono scappata”.
“Siete scappata perché è stata gentile con voi? Che razza di ragionamento è mai
questo?”
“E’ che… ecco, mi sarei aspettata più un rimprovero, come il vostro, ma… al
contrario, lui è stato così gentile che mi sono sentita in colpa. Talmente in
colpa che non avevo quasi il coraggio di vederlo in volto, figuriamoci di
parlargli!”.
Silenzio. Non sentii altro che questo per un po’ di tempo.
Dopodiché: “Dunque siete cosciente che ciò che avete fatto stamani è stato
scorretto nei suoi confronti”.
Annuii. “Non solo nei suoi confronti, ma in quello di tutti voi. Mi dispiace
davvero, Hijikata-san, ma… Per favore, non mi mandate via. Mi farò perdonare,
ve lo giuro”.
“Mi sembra di avervi già detto che non vi manderò via” replicò lui, con tono un
po’ seccato. “Quante volte volete farmelo ripetere?”.
“Davvero?” esultai io, con le lacrime agli occhi, stavolta di gioia.
“Hai”.
“Davvero, davvero?!”
“Basta, non vi rispondo più” proseguì, con tono burbero. “Quel che dovevo
dirvi, ve l’ho detto. Adesso posso anche ritirarmi”. Detto ciò, vidi la sua
ombra allontanarsi, ma feci ancora in tempo ad aprire frettolosamente il fusuma, sporgermi poco di fuori e
rivolgergli la mia riconoscenza: “Grazie, Hijikata-san! Grazie davvero!”.
Lui, quindi, che era sostanzialmente a pochissima distanza da me (dato che
aveva iniziato a muoversi pochi secondi prima che io uscissi allo scoperto), si
voltò verso di me. “Ah, quasi dimenticavo: è vero che non ti vieto di fare
questi scherzi, ma…”. Ora mi fulminò con quelle ametiste che si trovava. “Vedi
di non creare scompiglio. Non tollererò di nuovo una confusione del genere”.
“Oh… Sì…” risposi, un po’ mortificata, ma comunque troppo contenta del fatto
che Hijikata-san non si fosse arrabbiato troppo.
Ed, effettivamente, ora che ci pensavo, la cosa era alquanto strana. Da come
l’avevo visto furioso quella mattina, non pensavo davvero che potesse parlarmi
con tale calma e limitarsi soltanto a ciò che mi aveva detto.
Poi ripensai a quel che mi aveva detto: “Chizuru
era davvero molto preoccupata per voi. Mi ha riferito di avervi incontrata....
Temeva che ce l’aveste con lei”.
Ma… era ovvio! Ora sì che avevo capito tutto!
“Hijikata-san, certo che dovete tenere davvero tanto a Chizuru-san…” constatai,
sorridendogli apertamente.
“Cos…?!” ribatté lui, notevolmente rosso in viso. Da lì notai il suo imbarazzo.
Beh, era praticamente impossibile non notarlo: quando Chizuru-san era
intervenuto per aiutarmi contro mio padre, lui lo seguì immediatamente,
prendendosi la responsabilità di tutto; quella stessa mattina lo aveva difeso a
spada tratta quando tu, Sou-nii, gli avevi dato parzialmente colpa dell’accaduto
ed ora, dopo che Chizuru-san gli aveva riferito tutto, era venuto a parlarmi,
usando quel tono gentile e comprensivo, sicuramente non da lui.
In effetti, non che lo conoscessi al punto tale da dire se fosse o meno da lui,
ma in tutto l’arco di tempo che ero stata lì, non l’avevo visto sorridere
neanche una volta.
Che ora, proprio con me, si mettesse a discutere con tale calma e non
rimproverandomi in fondo poi tanto per come l’aveva presa quella mattina, non
era decisamente farina del suo sacco. Chizuru-san doveva aver fatto da
intermediario e averlo pregato di non essere troppo duro.
“Di che state parlando?!” proseguì, sempre con quell’espressione un po’ tipica
dei ladri che sono stati scoperti a rubare. “Non dite assurdità!”.
Risi tra me e me. “Non credo davvero siano assurdità. Dovete volergli molto
bene, per essere così buono e gentile con me”.
“Ehi” . Il suo tono era diventato indubbiamente freddo. “Invece di preoccuparvi
di queste cose, evitate di combinare pasticci e di creare scompiglio, chiaro?!”
. Detto ciò, si voltò di scatto e cominciò a camminare lungo il corridoio,
finché non lo vidi rallentare e, continuando a restare di spalle, affermare:
“Ad ogni modo, vi consiglio di lavarvi la faccia. Avete degli occhi rossi che
farebbero invidia a quelli dei demoni”. E così ripartì per la sua strada e lo
vidi molto presto voltare l’angolo e scomparire del tutto dalla mia visuale.
Rimasi leggermente stupita da ciò che mi disse quell’uomo, a tal punto da
rimanere impalata lì a fissare il punto in cui aveva voltato l’angolo per circa
tre minuti, senza distogliere lo sguardo.
Allora… lo aveva notato, che stavo
piangendo?
Non lo avrei mai detto, onestamente parlando. Pensavo che, ammesso e non
concesso che se ne fosse accorto, non gliene sarebbe importato proprio niente,
avrebbe fatto finta di non aver capito. Beh, non che mi fosse venuto incontro,
abbracciandomi e consolandomi (anche perché era assolutamente impossibile che
accadesse, perfino se fossi stata in punto di morte), però almeno mi aveva dato
segno di averlo notato.
Dopo essermi guardata ben bene di fronte allo specchio ed essermi accorta che
Hijikata-san aveva perfettamente ragione, mi inginocchiai di fronte alla
bacinella dell’acqua e mi sciacquai più volte il viso. Anche se non sortì effetto
tutto d’una volta. Ci vollero ben trenta minuti prima che i miei occhi
riacquistassero la naturalezza di sempre.
Così, non appena fui abbastanza presentabile, decisi di rassettarmi un po’ e di
andare in cerca di Chizuru-san per scusarmi dell’accaduto e rassicurarlo di non
avercela con lui.
Mi chiedevo se non l’avesse già fatto Hijikata-san, ma tanto valeva provare a
cercarlo, no?
Ora che ci penso… Chissà perché
quell’uomo tiene così tanto a Chizuru-san… Sarà un suo parente?
Ma dopo averci riflettuto per un po’, scossi istintivamente il capo.
No, non può essere assolutamente. Non
hanno niente in comune.
Indi incominciai la mia serie di supposizioni.
Allora, magari, sarà un amico d’infanzia,
o forse una specie di protetto, o anche l’ultimo arrivato che ha trovato in
Hijikata-san il fratello maggiore ideale e viceversa!
Tuttavia nessuna delle mie ipotesi mi portava ad una soluzione
soddisfacente. Anche se facevo di tutto per immaginarmi in che rapporti
potessero essere quei due, non riuscivo a darmi una risposta che combaciasse
più o meno con la realtà.
No, così non va… Non sembrano proprio
conoscersi da tanto tempo. Sembra più Sou-nii il suo amico d’infanzia, perché
li ho visti parecchio affiatati e meno formali l’uno verso l‘altro, ma con
Chizuru-san non sembra esserci tutta questa familiarità.
Ci stavo rimuginando su con aria palesemente e assurdamente seria. Se qualcuno
mi avesse vista da lontano avrebbe potuto immaginare che stessi pensando a
chissà cosa di una certa importanza. Ma in fin dei conti era una delle mie
specialità impegnarmi anche in queste cose di nessunissima rilevanza, o
utilità.
Hijikata-san è molto protettivo nei
confronti di Chizuru-san ed è sempre pronto a difenderlo, a qualunque costo.
Anche durante la nostra prima discussione, quando si è arrabbiato tanto, a tal
punto da dire delle parole davvero poco cortesi, e Chizuru-san era quasi sul punto di piangere, l’ha consolato senza
pensarci due volte, nonostante chi stesse venendo ferita fossi in primo luogo
io!
D’altra parte anche Chizuru-san è parecchio accorto nei suoi confronti. Ad
esempio, quando stamani, mentre stavamo preparando la colazione, mi ha chiesto
scusa al posto di Hijikata-san per come mi si era rivolto prima che entrassi in
cucina, e ha cercato di tutelarlo.Senza parlare del fatto che ogni volta che ha
a che fare con Hijikata-san, noto che è l’unico con cui arrossisce molto
spesso. Persino davanti a Kondou-san, Chizuru-san sembra molto più sollevato,
che di fronte al vice-comandante.
Ah! Anche Hijikata-san è arrossito, prima, quando gli ho fatto notare le sue
attenzioni e premure verso Chizuru-san…
Mmmm… Sembra quasi…
Mi fermai, mentre quel pensiero mi sorvolava la mente. Sgranai gli occhi e
dischiusi leggermente le labbra.
No, non era possibile…
Sembra quasi il tipo di rapporto che c’è
tra due innamorati!
Dire che praticamente ero rimasta scioccata dai miei stessi pensieri era
poco.
No, non è possibile… Forse mi sto
sbagliando! Sì, dev’essere senz’altro così!
Cercai quindi di analizzare nuovamente i dati a mia disposizione… ma con
scarsi risultati.
No, niente da fare… Il loro rapporto
sembra proprio quello che ci si aspetta da una comune coppia di innamorati.
Ma, quindi, se le mie ipotesi si dimostrano davvero esatte, questo significa
che… Hijikata-san e Chizuru-san sono… omosessuali?
Sgranai gli occhi ancora di più, mentre riprendevo a camminare più perché
non sapevo che fare, che per altro.
M-m-ma com’è possibile? E’ vero che a
vivere tra soli uomini per tanto tempo si sviluppano certi interessi e le cose
prendano un po’ questa piega, però…
Rimasi nuovamente scioccata e mi venne la pelle d’oca solo a pensarci.
Oddiomio! Non dirmi che anche Sou-nii è…
Scossi vigorosamente la testa, così tanto che, non appena mi fermai, mi
girò per qualche secondo.
“No, no, no. Non è possibile. Non è assolutamente possibile” affermai con tono
risoluto e deciso, più per cercare di convincere me stessa, che per reale
fiducia nelle mie parole.
Indi tornai a concentrarmi sulla coppia pitbull-furetto per levarmi quei
pensieri malsani dalla mente.
Però, effettivamente, ora che ci penso,
grazie a questa ipotesi si spiegano tante cose!
Ad esempio, si spiega come mai Chizuru-san, questa mattina, non sentisse la
necessità di lasciare la mia camera anche quando volevo spogliarmi! E’ ovvio: non
gli interessano le donne, ed è per questo che non gli fa né caldo né freddo
vederne una nuda.
E poi si spiegherebbe anche il perché del comportamento ostile di Hijikata-san
nei miei confronti! In primo luogo è perché anche lui non è interessato alle
donne, quindi al contrario degli altri che invece mi hanno accettata subito,
non ha alcun interesse nell’avermi qui alla base; in secondo luogo è perché sin
dal principio Chizuru-san si è rivelato sempre molto gentile e disponibile nei
miei confronti. Vedendo tutto questo affiatamento tra di noi, forse si sarà
ingelosito e pensa a me come una specie di rivale che vuole sottrargli
l’oggetto del suo desiderio!
Ma sì, ora è tutto chiarissimo! Fin troppo chiaro!
Mi sembrava quasi di esser diventata una sottospecie di investigatore. Mia
madre mi aveva spesso detto che nell’occidente esisteva quel tipo di lavoro e
che si veniva pagati anche profumatamente.
Chissà, forse avrei potuto mettermi in carriera e fare la mia fortuna! E stavo
valutando davvero la possibilità di farlo.
Ma, giusto per curiosità, un rapporto
omosessuale com’è che funziona?
E così, mentre ci ragionavo su, immagini su immagini di quei due
avvinghiati l’uno all’altro m’invasero la mente. Alcune caste, che si
limitavano a semplici baci, altre un po’ più spinte…
Incominciai ad arrossire, senza rendermene minimamente conto, perché ora le
immagini si facevano più vivide e notevolmente più oscene.
Ma, quindi questo significa che tra i due
chi può essere il maschio è evidentemente Hijikata-san! Almeno credo…
Provai, quindi, ad immaginare Hijikata nel ruolo femminile della coppia e
Chizuru in quello maschile.
Oh…
mio…
Dio…
Non so cosa mi trattenne dallo svenire. Ma perché mi facevo del male da sola?
Anche se dovevo ammettere di avere un’immaginazione piuttosto fervida a soli
quattordici anni.
No, spero davvero di no…
Cercai di farmi forza più che potevo.
Altrimenti non potrei guardare
Hijikata-san senza ridergli in faccia ogni santissima volta!
Ma nonostante i miei pensieri, ero quasi del tutto convinta che, dato
l’aspetto e la corporatura, il maschio della coppia fosse quasi sicuramente
Hijikata-san.
Eppure… Chi l’avrebbe detto che avessero
quei gusti? Beh, non che ci sia qualcosa di male, però… Dovrò stare attenta a
non offenderli in alcun modo! Chissà, senza rendermene conto potrebbe scapparmi
qualche parola fuori posto. Meno male che me ne sono accorta prima di fare
figuracce che mi avrebbero messa in imbarazzo!
“Hikaru-chan” mi sentii chiamare, all’improvviso, interrompendo il mio
ragionamento perfetto.
Indi mi voltai istintivamente e trovai Chizuru-san intento a raggiungermi,
procedendo con passo affrettato, ma senza correre.
“Oh, uke-san…” mi scappò, di sfuggita. “Cioè, volevo dire: Chizuru-san!” mi
corressi, appena in tempo per evitare un altro guaio. Anche se un risolino mi
sfuggì da sotto i baffi.
“C’è qualcosa che non va?” mi domandò, chiedendosi evidentemente perché mi
fossi portata entrambe le mani alla bocca e stessi continuando a tenerle fisse
lì.
“N-n-no, no! Niente di niente, figurati!” . Eppure, nonostante tutto, continuai
a ridacchiare tra me e me, sperando che grazie alla barriera fatta con le mie
mani, il suono di quei risolini non lo raggiungesse.
“Capisco” rispose con aria un po’ imbarazzata. “Ecco, io…”
“Chizuru-san, per favore, lasciami parlare per prima” lo interruppi,
smettendola di pensare a quelle cose futili e concentrandomi sull’argomento che
avevo capito volesse affrontare con me e quello che io – prima di perdermi
nelle mie fantasie – volevo affrontare con lui.
Senza aspettare la sua risposta, esordii: “Hijikata-san me ne ha parlato. Mi ha
detto che eri preoccupato del fatto che ce l’avessi con te, ma non so se te
l’ha ancora riferito, o meno… Io non sono affatto arrabbiata con te. Anzi,
onestamente era pensare che lo fossi tu nei miei confronti che mi ha fatta star
male”
“Oh, ma io non ce l’ho assolutamente con te!”
“Lo so, l’ho capito” lo rassicurai. “E’ solo che prima non ne ero tanto
convinta e mi sono lasciata prendere dalla paura e il timore. Scusa, quindi, se
sono scappata, ma… credimi, sei una persona che non potrò mai avere in
antipatia. Perché sei stato sempre dolce con me e mi hai sempre difesa. Sono
davvero contenta che tu ti prenda cura di me! E non sai quanto mi è dispiaciuto
quando Sou-nii ti ha incolpato, pensando che fossi stato mio complice. Ti
chiedo ancora scusa! Scusami se ti ho coinvolto!” ripetei, inchinandomi così
tanto da sentire qualche osso della schiena e del collo scricchiolare.
“Hikaru-chan, per favore, alzati. Non c’è alcun bisogno che ti scusi a tal
punto”. Lo vidi avvicinarsi a me e prendere le mie mani tra le sue.
“Onestamente stamani non ho preso tanto bene il dispetto che hai fatto ad
Okita-san. Non pensavo che la tua ostilità nei suoi confronti fosse ancora così
forte. Pensavo di essere riuscita ad appianare in qualche modo la discordia che
c’era tra voi, ma non è stato così. Quando ho visto, dunque, che i miei sforzi
erano stati vani, ci sono rimasta davvero male, ma poi, ripensandoci per tutto
il pomeriggio, sono arrivata alla conclusione che evidentemente Okita-san deve
averti ferita più profondamente di quanto potessi pensare” .
Sussultai a quelle parole, mentre lo vidi sorridermi maggiormente. “Nonostante
il tuo dispetto sia stato alquanto imbarazzante, potrai mai perdonarmi per non
averti capita?”.
“Io non ti perdono proprio di niente, Chizuru-san!” esclamai, per poi
rassicurarlo subito aggiungendo: “Semplicemente perché non hai nulla di cui
farti perdonare. Anzi, potrai perdonare tu me per averti coinvolto nel mio
scherzo infantile ed averti fatto riprendere da Sou-nii?”
“Ah, quello non m’importava più di tanto…” confessò, un po’ imbarazzato e in
difficoltà. “Ciò che temevo maggiormente era che il vostro rapporto
s’incrinasse ancora più di quanto già non fosse. Non volevo che il litigio perdurasse
ancora molto”.
“Già… Sono cosciente del fatto che i nostri battibecchi stiano dando problemi a
tutti…”
“Non è questo, Hikaru-chan” mi corresse, con tono deciso. “Il fatto è che non
riesco davvero a vederti litigare con lui, dato che sto incominciando
seriamente a capire quanto ci tieni”.
E’ davvero gentile. E’ un tesoro! Ora
capisco perché Hijikata-san se n’è innamorato anche se è un uomo!
“Chizuru-san, grazie tante!” dichiarai, non curandomi del fatto che fosse
un ragazzo (anche perché dopo il mio precedente ragionamento, ormai non lo
vedevo neanche più come una minaccia alla mia femminilità) e abbracciandolo con
forza. “Grazie mille!”.
Lui ricambiò immediatamente e mi strinse con dolcezza.
In quel momento non potei fare a meno di pensare che se ci avesse visti
Hijikata-san, probabilmente mi avrebbe fatta a fettine per la gelosia. Il che
mi fece anche pensare che dovevo trovare un modo per esprimergli, in modo
alternativo alle parole, che non ero interessata a Chizuru-san, quindi non ero
una sua rivale, e che appoggiavo il loro amore proibito.
Chissà, forse inizierà a trattarmi
meglio!
“Allora, Hikaru-chan, vieni?” esordì Chizuru-san.
“Eh?” chiesi perplessa io. “Venire dove?”
“Ma come dove? A cena, no?”
“Ah, no! Non posso!”
“Ma come no? Ancora non vuoi…”
“Non sono ancora pronta per incontrare Sou-nii e riaffrontarlo di nuovo” lo fermai,
quasi sul nascere. “Ti prometto che gli parlerò, Chizuru-san. Chissà, magari
domattina, o domani sera. Risolverò in qualche modo. Ma voglio che mi venga
naturale. Quindi, per favore, lasciami saltare la cena”.
“Capisco ciò che intendi, ma così resterai a digiuno”.
“Credo che la colazione mi sia stata più che sufficiente” affermai, facendogli
l’occhiolino.
Lo vidi, quindi, ridacchiare. “Sei assurda, Hikaru-chan!”
“A proposito, Chizuru-san! Hai nessuna faccenda da farmi sbrigare?”
“Eh?”
“Insomma, sì… Dato che non ho niente da fare e non devo cenare, mi chiedevo se
avessi qualche commissione da affidarmi”
“Ma è sera! Cosa vorresti fare a quest’ora?”
“Non so. Qualunque cosa! E’ per sdebitarmi di averti lasciata con tutte le
stoviglie della colazione di stamani da lavare”
“Oh… A proposito di quelle…” borbottò, con aria mortificata. “Ecco… Non sono
riuscita a finirle tutte. Mi spiace, sono dovuta uscire e…”
“Ma è meraviglioso!” intervenni, esultante. “Così posso finirle io! E non ho
lasciato tutto il compito a te!”
“Vorresti lavare le ciotole e tutto… adesso?”
“Perché no?”
“Ma fuori è ventilato. Prenderai freddo”.
“Vorrà dire che mi porterò qualche bacinella d’acqua dentro”.
L’aria preoccupata sul suo viso non lo abbandonò per un po’, finché non lo vidi
sospirare. “E va bene. Se vuoi così, non posso costringerti, giusto?”
Annuii, mentre lui proseguì: “Allora, Hikaru-chan, occupatene tu. E quando hai
finito, vieni da me, per favore. Va bene?”.
“Hai, hai!” esclamai, contentissima,
per poi avviarmi verso la cucina e mettermi così a lavoro, felice del fatto
che, nonostante la brutta esperienza di quella mattina, se non altro – a parte
te, e la cosa mi rattristava in fondo al cuore – ero sicura di non aver offeso
o recato torto a nessuno.