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Autore: SnowBlizard    07/03/2013    2 recensioni
Stava seduto su un tavolo poco più lontano, di legno anch’esso, e buttava giù alcool a più non posso.
Tanto, che aveva da perdere? Ha a malapena i soldi per vivere, che doveva elemosinare al padre, vive in quella triste città che è Londra, in cui piove ogni sacrosanto giorno.
Due persone che non hanno niente in comune se non l'aver perso l'amore quel giorno, si ritrovano nello stesso bar, per dimenticare il mondo davanti ad un bicchiere di alcolici. Come andrà a finire?
Buona lettura :D
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stava seduto al tavolo di quel bar ormai da un’ora, con davanti un bicchiere di whisky. Eh già, non poteva permettersi molto altro, con i soldi che aveva.

Si guardò intorno. Era la prima volta che entrava in quel bar, ma aveva un che di familiare.

Era uno di quei bar alla vecchia maniera, in cui tutto era ancora fatto in legno.

Il bancone, sudicio di chissà cosa, era di legno scuro, che non aveva più la lucentezza di un tempo. Davanti, degli sgabelli alti, ricoperti sulla seduta di un tessuto rosso scuro, con fantasie elaborate. C’era un piccolo lampadario sul soffitto, ed una candela su ogni tavolo. Un bersaglio da freccette appeso al muro verde scuro, insieme a vari quadri che ritraevano i selvaggi paesaggi di un tempo ormai passato.

E nonostante l’aspetto modesto, quel luogo trasudava una gloria passata, che aveva subito attirato il giovane americano.

Stava seduto su un tavolo poco più lontano, di legno anch’esso,  e buttava giù alcool a più non posso.

Tanto, che aveva da perdere? Ha a malapena i soldi per vivere, che doveva elemosinare al padre, vive in quella triste città che è Londra, in cui piove ogni sacrosanto giorno.

Ah, e Rose lo aveva appena lasciato, come se non bastasse. Stavano insieme da cinque anni,  e lei aveva detto di dover ritornare in Russia per gestire gli affari di famiglia dopo la dipartita dei suoi genitori, e che non riusciva ad avere una relazione a distanza.

Quelli erano i motivi per cui si trovava in quel posto dimenticato da Dio, deciso a trovare conforto nel fondo del prossimo bicchiere di alcolici.



Ad un tratto, la porta del locale si aprì, facendo entrare un uomo, insieme ad una discreta quantità di pioggia e vento.

Il nuovo arrivato richiuse subito la porta dietro di sé, e appese l’impermeabile in un appendino lì vicino.

Ordinò con un marcato accento inglese un bicchiere di champagne, e si sedette ad un tavolo vicino al suo.

L’americano lo osservò attentamente. Aveva corti capelli biondi, un po’ più chiari dei suoi. Occhi verdi, sotto a delle ingombranti sopracciglia. Doveva essere ricco, non c’era dubbio. Era vestito molto bene; giacca e pantaloni marroni, camicia candida, cravatta rossa a tweed.

Appoggiò il cappello scuro vicino a sé, e bevve il suo bicchiere tutto d’un sorso, ordinandone subito un altro.

Però, non se la passava molto meglio di lui, pensò quando il suo vicino ordinò il settimo bicchiere.

Non importa che tu sia ricco o meno, hai sempre qualche problema.

Ordinò anche lui un nuovo bicchiere di whisky, continuando ad osservare quell’interessante persona.

 
Guardò l’orologio appeso alla parete: erano già passate tre ore da quando era entrato. Sarebbe potuto andarsene, ma non sentiva il bisogno di tornare in quella bettola di appartamento che osava definire ‘casa’.

E poi voleva saperne di più su quella strana figura che sedeva sul tavolo alla sua destra.

Si era scolato già almeno due bottiglie, ma non sembravano fargli effetto. Continuava ad avere quell’espressione triste, e beveva alcool ormai meccanicamente.

Insomma, quando stava a New York faceva il giornalista, quindi era lecito essere curiosi! E poi, gli faceva un po’ pena, ammise.

Lo guardò sorridendo
-Signore!-

Il biondo si girò verso di lui, apatico

-Venga, che uniamo i tavoli!-

L’altro sbuffò
-Scusi, ma non è giornata.-

-Motivo in più per stare in compagnia di qualcun altro!-
Non sapendo se lo avesse detto al suo interlocutore o più a se stesso, si andò a sedere davanti a lui.

Il biondo sembrò pensarci su –In fondo, non mi farà male…-

-Ecco, così va meglio!-

L’inglese lo osservò incuriosito
-Come mai vuole intrattenere una conversazione con me?-

L’americano rise -Mi sembravi un po’ giù di corda, tutto qui!-

-Certo che lei è strano, sa.-

-Mi piace solo fare amicizia, tutto qui! Ah, che maleducato! Piacere, Alfred F Jones! E tu sei…-

Il biondo fece un’ultima riflessione
-Arthur Kirkland, piacere mio. Lei non è inglese, giusto?-

-Dammi pure del tu! Si, io sono americano, ma per lavoro sono emigrato qua già da qualche anno. Invece te mi sembri 100% british!-

Arthur sorrise –Si, ne sono molto fiero.-

Seguì un lungo silenzio

- Cosa ti ha portato qua? Non mi sembri quel tipo di persona che gira per i bar…-

Arthur sospirò, osservando il liquido nel suo bicchiere
-Diciamo che sono qua per dimenticare tutto e tutti…-

Alfred sorrise malinconicamente –Come ti capisco… Delusione amorosa?-

Arthur prosciugò il bicchiere
-Si… e te?-

-Stessa cosa.-

L’inglese chiese un altro giro di bevande
-Se posso permettermi, com’è successo?-

-Allora ti stai riprendendo eh?- rise l’americano, stiracchiandosi

-Lei era di origini russe, l’ho incontrata durante uno scambio culturale a New York. Ci siamo innamorati subito. Dopo due anni dovevo partire per l’Inghilterra, e lei mollò tutto per seguirmi. Oggi, dopo cinque anni, mi ha lasciato perché doveva ritornare in Russia.-

-Non capisco, se vi amavate così tanto perché non l’hai seguita come lei ha fatto con te?-

Il newyorkese si rabbuiò
-Perché è scappata con il mio migliore amico, e ha tentato di nascondermelo con delle scuse, ecco perché.-

Arthur sembrò imbarazzato
-Ah… scusa, mi dispiace…-

L’altro sorrise
-Perché ti scusi, se non hai colpe? E te invece, cosa ti è successo?-

Il biondo guardò davanti a sé
-Ero andato a trovare la una mia nipote a Parigi, visto che era malata, volevo farle compagnia. E li ho conosciuto lui.-

Alfred era perplesso   –‘Lui’?-

Il suo interlocutore diventò viola  -Si.- quasi un bisbiglio, aspettandosi che l’americano se ne andasse con qualche scusa

-Allora, com’è???-

Lo guardò smarrito   –What?-

Il newyorkese era baldanzoso 
-Si, com’è?? È carino???-

-Quindi, non ti importa che sia un uomo?-

L’altro fece spallucce  -Nah, insomma cosa cambia?-

Dopo un attimo di smarrimento, l’inglese si sciolse nel primo vero sorriso della serata
-Diamine se era bello… alto, ben piazzato, setosi capelli biondi, occhi azzurri. Aveva sempre una corta barbetta, che gli dava quel non so che di… francese.

Poi, dopo 6 mesi che stavamo insieme, ho scoperto che andava a puttane ogni sera, quindi gli ho rotto il culo e me ne sono tornato qua a Londra.-

Arthur sembrava più sciolto ora; poter parlare con qualcun altro dei suoi problemi lo faceva sentire meglio.

Alfred gli diede una sonora pacca sulla schiena –Allora non siamo poi così diversi io e te!-

Il barista arrivò direttamente con le bottiglie di alcolici, stanco di continuare avanti e indietro ad ogni ordinazione.

-Adesso, amico mio,- disse solare, prendendo i bicchieri e dandone uno all’inglese  -Lasciamoci tutto alle spalle, almeno per una notte!-

Il biondo sorrise ancora, alzando il calice 
-Agli amori perduti, che per fortuna non torneranno mai più-

-Ben detto!!!-
 


-No, stai scherzando vero???-

L’atmosfera si era scaldata, e i due se la stavano spassando alla grande; l’americano poteva vedere Arthur sciogliersi sempre più, anche se non sapeva se era merito dell’alcool o d’altro. Stavano parlando del più e del meno, e delle differenze tra i loro paesi d’origine.

Rise insieme a lui –No, davvero a New York abbiamo i dolci fluorescenti, e sono anche buone!-

-Tsk, niente a che vedere con gli Scones londinesi!-

-Cosa, quelle strane focaccine? Ma per favore!-

-Cosa vorresti insinuare???-

-Beh, perdonami, ma voi inglesi non avete la fama di grandi cuochi…-

-Ah davvero??? Prima vieni a pranzare da me e poi ne riparliamo! Ah non ci provare!-

Si interruppe, prendendo la bottiglia di whisky ad Alfred 

-A questo giro ti offro io un po’ di champagne!-

Versò la frizzante bevanda a tutti e due
-Alla nostra nuova amicizia!!- brindò, con fin troppa enfasi per qualcuno di sobrio

-Salute!-

Visto che il locale si era riempito un po’ di più, il barista mise su un disco su un vecchio grammofono

-Dai, che ne dici di ballare???- chiese il biondo, esaltato

- Ma è un tango, non lo so ballare!-

-E allora?? Ci divertiamo lo stesso, no?!-
Arthur lo prese per un braccio, così Alfred si lasciò trasportare, contento di vedere l’inglese molto più felice di qualche ora prima.

Eh, sì, aveva fatto bene ad essere curioso pensò, mentre il biondo gli sorrideva solare.
 


La porta del bar si aprì di nuovo, ma questa volta per far uscire un americano visibilmente sobrio con attaccato un inglese sicuramente ubriaco.

-Che cretino quel barista, chissà perché ci ha mandati via???- biascicò a fatica quest’ultimo

Alfred guardò dietro di sé il barista pulire il locale
-Mi sa che sta chiudendo Arthur… è meglio che ti porti a casa, dove abiti?- chiese premuroso.

Per fortuna reggeva bene gli alcolici ed era ancora lucido, al contrario del suo interlocutore.

Il biondo aggrottò le enormi sopracciglia, cercando di ricordare
-Ah, non molto lontano da qui, seguimi!- fece qualche passo, ma le gambe gli cedettero e sarebbe caduto, se il newyorkese non lo avesse preso al volo per un braccio

-è meglio se ti aiuto io, ok?-

-Voi yankee avete proprio il mito dell’eroe, eh?????? Va bene, per stavolta te lo lascio fare!!-
 


Alfred si trovò in un modesto appartamento, arredato in stile british (e come se no??), e sdraiò l’amico sul suo letto.

-Bene, io adesso vado, è stato bello conoscerti!- fece per andare alla porta, ma una mano lo bloccò

-Per favore puoi restare qui a farmi compagnia? Sono sempre da solo, mi piacerebbe sapere che c’è qualcun altro in casa…-

L’americano sorrise apprensivo. Gli ricordava il suo fratellino  Matthew quando era più piccolo.

-D’accordo. Allora vado in divano, notte-

Arthur sorrise di rimando –Buonanotte anche a te…-

 
 
Il mattino dopo Alfred si risvegliò abbastanza rintronato. Dove si trovava? Perché casa sua adesso era così grande, e così terribilmente british???

Si passò una mano sulla faccia. Ah si, ora ricordava,  era rimasto a casa di Arthur.

Sorrise. Era da tanto che non passava una serata così piacevole. L’inglese era un ottima compagnia, non c’è che dire. Forse freddo all’inizio, ma non dubitò che sarebbero diventati ottimi amici.

Andò a vedere in camera da letto, ma il letto era sfatto.

Sentì un profumo buonissimo dalla cucina, e vi entrò curioso.

Vide il gentiluomo inglese, già sveglio e pimpante, che stava scaldando una teiera d’acqua calda.

-Uh?- si girò sentendosi osservato –Buongiorno Alfred, come va?-

L’americano trattenne una risata –Bene bene…-

-Che hai da ridere, mai visto un uomo che cucina yankee?!-

-No, guardavo com’eri vestito, tutto qui…-

-Che c’è, non pensavi potessi indossare altro se non il completo di ieri sera???-

In effetti il newyorkese la pensava così; insomma, non se lo aspettava in jeans sportivi e t-shirt scolorita con la Union Jack e la scritta ‘God save the Queen’, anche se, patriottico com’era l’inglese, poteva anche aspettarselo.

Il cuoco fece una smorfia

-Quando hai finito di ridacchiare, vorrei offrirti la colazione per ringraziarti.-

-E di che?- disse, addentando una focaccina che gli veniva offerta

Il biondo sorseggiò il suo tè
-Di avermi parlato al bar, di avermi fatto dimenticare quell’idiota mangiarane, di avermi riportato a casa e di aver sopportato gli scleri di un un ubriaco perso, idiot!-

-E così che fanno gli amici, no?-

Arthur gli sorrise grato, finendo la sua calda bevanda.

Alfred guardò l’orologio. Le dieci e mezza. Era in mega ritardo!

Si alzò in fretta, abbracciando goffamente l’inglese
-Grazie dell’ospitalità, te ne sono molto grato, sei gentilissimo! Grazie ancora, a presto amico!-

-Aspetta!-

-Che c’è?-

- Vorrei incontrarti ancora, se vuoi venire a trovarmi io lavoro come psicologo nell’Ospedale Centrale, e te??-

L’americano ammiccò –Per adesso sono disoccupato, ma chissà!-

Poi prese un foglietto stropicciato dalla tasca del giaccone, e ci scribacchiò sopra - Adesso devo andare ad un colloquio per un lavoro, ti faccio sapere com’è andata dopo! Questo è il mio numero di cellulare, se hai bisogno di qualsiasi cosa a qualunque ora fa un fischio, tanto no ho di meglio da fare!-

-Va bene, Alfred, stammi bene e buona fortuna per il lavoro!- gli gridò, mentre questo usciva rapido dal portone.

Che scavezzacollo, pensò Arthur, richiudendo l’uscio. Irruento, presuntuoso, gioviale e gasato. Proprio l’incontrario suo, non c’è che dire.

Eh si, sarebbero diventati proprio dei  buoni amici.
 
 
 
 


 
 
*Angolo Autrice*
Salve salvino! :D
Ecco cosa succede quando a scuola la tua prof di musica ti fa fare fino allo sfinimento ‘Barbera e Champagne’ di Giorgio Gaber! XD
Infatti mi sono ispirata a quella canzone per scrivere questa storia, di cui vado anche orgogliosa; è la seconda volta che faccio una FF su Iggy e Alfred senza shipparli completamente! :D
È una storia semplice e senza pretese, fatemi sapere che ne pensate, sono curiosa! ^°^
Alla prossima,
Snow :D
  
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