Call My Name
in The Sky
Tutto
è cominciato, o meglio è finito su quei metri di asfalto.
Giusto
un paio ma che per qualcuno anno segnato l’addio. E
una luce, un lampo abbagliante ti ha illuminato per un secondo. I tuoi occhi
azzurri. Ha spezzato la notte, ha accecato, è entrato impertinente senza chiedere
nulla a nessuno. Un bagliore luminoso troppo forte, per due
occhi troppo chiari. Per una notte senza luna. E te ne
se rimasta li senza riuscire a urlare. Ci hai provato, ma ti è rimasto dentro.
Attorcigliato e incastrato tra la testa e il cuore. E non
ci sei riuscita.
In silenzio.
Una Ford nera. Con
due grandi occhi minacciosi. E quel qualcuno Ubriaco che la
guidava.
In silenzio.
E
tu eri li, era tardi, era quasi buio, stavi passando. Quando di colpo è spuntata lei.
In silenzio.
E
ti ha portato via…semplicemente in silenzio.
E
tu te ne sei andata per sempre. Ti ha toccato, sollevato in aria quasi come una
farfalla. E sei ricaduta. Senza far rumore. Leggera come un soffio d’aria, dimenticata come una pagina di un
libro. Sollevata senza suono ne rumore. E ti sei addormentata per non svegliarti mai più.
E
tutto quello che ha turbato più di tutto è stato il
silenzio. Quel immobile, spesso e denso silenzio. Quel vuoto e quel freddo che ti hanno colpito. E che ti hanno chiuso gli occhi per sempre.
Lui
non si è fermato.
No.
Ti
ha lasciato li. Ferma.
Si.
Il
lampione sulla strada non funzionava da un po’. Però se ne è
accorto quell’uomo che portava a spasso il cane. Ha visto tutto. E ha
visto te.
Sedicenne
senza vita, su una strada di pensieri cupi. L’ I -Pod che continuava a suonare scagliato lontano, il tuo
zaino verde a terra macchiato dello sporco della strada. E ti ha visto immobile tra tutte quelle carte ai lati della
strada, dimenticate, gettate da incivili, semplicemente scordate. E anche tu eri li. Gettata a terra da un incivile.
Ti hanno già scordata?
Io no.
E quel uomo ha urlato. Ha cercato il cellulare e ha chiamato.
E
anche quel cane ha ululato. Alla luna che non c’era.
Sai dicono che gli animali siano intelligenti. Ha ululato per te. Perché non era capace di piangere.
Quella
sera sulle strade principali non c’era traffico. Strano.
Ma
l’ambulanza è arrivata comunque troppo tardi. Chiaro.
Non ce stato nulla da fare. Ormai era tardi. Troppo.
E
quel freddo è entrato nella vita dei tuoi genitori. Un freddo cupo e triste. Quando arrivati li hanno scostato il telo e hanno rivisto il tuo
viso.
E
in quel momento avrebbero voluto vedere qualsiasi altra persona.
Ma non te. Avrebbero voluto
poter dire “No non è mia figlia, la mia è viva…sta
bene”.
Gli occhi chiusi, i capelli
lisci neri adagiati sulle spalle, le piccole ferite che intaccavano la pelle
quasi diafana. E ti hanno visto senza vita,
immobile, senza la tua gioia di vivere. E si sono
accorti che non ti avrebbero visto mai più ridere. E quanto
ha fatto male.
“Ci
dispiace” è tutto ciò che hanno saputo dirgli i
medici. Non gli hanno spiegato perché, cosa era accaduto. Ma loro hanno comunque capito.
O
forse non hanno capito ma ormai era tardi per pensarci. Sono rimasti a fissarti
sperando. Sperando in uno scherzo. Che tu avresti riaperto i
tuoi occhi. Ma quella speranza era ormai vana.
Hanno
parlato di te i giornali. Uno scoop nuovo. O forse già
visto. Per loro eri “La ragazza vittima di un incidente”. Le
solite quattro frasi di circostanza e poi qualche commento sulla guida in stato
d’ebbrezza. Ma tu eri di più. Tu non eri quella
ragazza vittima di un incidente ,cazzo.
Tu eri di più.
Quella sera i tuoi genitori sono tornati a
casa senza di te. Con la tua roba in mano. Ma senza te.
Tua mamma è entrata nella tua camera. Tutto era rimasto fermo come quando eri
uscita. C’erano i libri appoggiati sulla scrivania. Il tuo PC
accesso perché si stavano scaricando le canzoni. Il letto rifatto con la
felpa buttata sopra. Ma tu non c’eri. E tua mamma ha guardato dentro lo zaino. Ci ha trovato il
tuo diario. Le dediche e le foto con le amiche. Il tuo
cellulare, e in sovra impressione c’era la bustina che indicava un sms. Ci ha
guardato era della tua migliore amica. E quella uscita
che nominava non ci sarebbe stata. E il pensiero va
alla tua amica e viene da pensare che domani ci sarà un'altra persona che
piangerà. Perché ha perso comunque qualcuno. Non un parente…ma quasi una sorella. Tua
mamma si siede sul letto e spera. Di vederti entrare da un
momento all’altro. E spera che domani mattina
tu canterai allegra in bagno.
Che
tornerai da scuola incavolata a causa di un prof. Che ti commuoverai davanti a un film triste. Che riderai.
Ma
tu non entri, non canti, non piangi, non ti arrabbi, non ridi.
Non
lo puoi fare più. E fissa sconsolata l’I - Pod che tiene in mano. Sta andando ancora.
“Far
Away”… e pensa che sia veramente
cosi.
Ormai tu sarai lontana.
Troppo
lontana.
E
sono passati mesi da quel giorno. E io non ne sapevo
nulla. Quel giorno ero occupato a preoccuparmi dell’ennesimo 4 in matematica. E
dopo tutti quei mesi io ti ho conosciuto
Un
lunedì pomeriggio ho trovato una chiamata senza risposta sul mio cellulare.
Il numero non lo conoscevo. E
la mia prima ipotesi è stata “Questo è Lucas”. Lucas è il mio migliore amico, cambia numero di cellulare
con la stessa velocità con cui cambia la ragazza. E le
due cose sono strettamente collegate. Cosi non ci ho
dato peso. Non che io dia spesso peso alle cose. Questa
volta poi è stata meno del dovuto. Già lo so.
Ho
premuto il tasto di richiamata e mi sono aspettato di sentire dall’altro capo
la voce di Lucas dirmi “Ciao Andrew
sai che…” E poi raccontarmi l’ennesima cazzata. Tipico.
Qualcuno
ha risposto dall’altra parte, ma la voce
che è arrivata da lontano non era la sua. Era una voce
chiara, dal suono cristallino, offuscata da disturbi che pensai fossero dovuti a mancanza di campo. Già un campo di altri mondi.
-
Pronto?
-
Pronto.
Sono...
-
Lo
so chi sei.
-
E come?
-
Lo
so e basta.
-
Io
invece non so chi tu sia.
-
Non
ha molta importanza. Che te ne fai del mio nome?
-
Niente
ma…
-
Quindi non ti serve
-
Ma…
-
Si?
-
Come
hai il mio numero?
-
Me
l’hanno dato
-
Ma ci conosciamo?
Una risata argentina.
-
No
-
No?
-
No.
-
Sono
arrivata qui da poco
-
Ah…
-
Mi
ha fatto piacere sentirti.
-
Ma non mi conosci!
-
E’
sempre un modo per conoscere qualcuno.
-
Te
ne vai?
-
Si ma forse ci risentiremo.
-
come lo sai?
-
Nulla
capita a caso.
-
Aspetta!
-
Cosa ce?
-
Dimmi
il tuo nome.
-
Julie
-
E dove abiti?
Non
mi rispose nessuno. Aveva riattaccato.
Tutututu…
Sono
rimasto turbato. Non preoccupato ne incuriosito. No.
Avevo
di più da pensare in quel momento però. Avevo problemi io.
I
miei. Le cose in casa mia non andavano bene. I litigi si susseguivano e io
dovevo trovare il modo di parlare a mia mamma. Ma magari. Ma non ne aveva tempo.
Le poche volte che la vedevo stava litigando con mio padre. Oppure
semplicemente era occupata in altro. Altro che non ero io.
Mai.
-
Mamma?
-
Non ho tempo, me lo dici dopo Andrew.
Quel
dopo non arrivava mai. La solita scena. Ormai la mia vita era un copione sempre
uguale.
La
mattina il preside mi aveva comunicato la mia media disastrosa e che se non
riuscivo a sistemarla, avrei dovuto ripetere l’anno e
non sarei potuto andare al college. Voleva vedere i miei per, come aveva detto
lui “Discutere in merito alle delicate questioni di media del loro figlio.”
Altro che delicate.
Me
ne ritornai in camera sconsolato. Il libro di
matematica mi aspettava minaccioso sulla scrivania. Io ero negato in quella
materia. Io sono negato in matematica e ciò che la circonda. Se
i libri parlassero mi sfotterebbero tanto faccio orrore. Algebra è un mistero
degno del Graalper me e geometria
uno schema di figure che io non conosco. Ricordo che in quel momento ho
detto “ma non c’è nessuno cazzo
che mi aiuti?”, e il cellulare è risuonato.
Ho
risposto.
-
Pronto?
-
Io
posso.
-
Puoi
cosa?
-
Aiutarti.
-
Come
sai che?
-
Lo
so.
-
Ma io non ti conosco non vedo il motivo percui tu debba aiutarmi.
-
Diciamo
che…io devo.
-
devi?
-
Devo.
-
E perché?
-
Non
puoi capire.
-
No?
-
No.
Allora lo accetti il mio aiuto?
Doveva? E cosa. Ma non mi importava. Forse non dovevo ripetere l’anno. Da quel
momento mi sono rifugiato in quelle chiamate. Sono state le prime di una lunga
serie. E in breve tempo è diventato parte della mia
vita mandare un messaggio a Julie. Prima era una
conoscente. Poi un amica. Infine una
amica speciale e poi…
Poi mi sono innamorato.
Ma chi era? Non sapevo nulla
di lei. Sapevo solo che lei arrivava nel momento in cui io avevo più bisogno. Riuscii
a tirare fuori un voto decente in matematica. Grazie a lei. Seguito da un più
discreto, e da un terzo incredibile. Grazie a lei.
E il merito era suo. Solo grazie
a lei.
Compariva nel momento che mi serviva e aveva sempre
la soluzione per quello che cercavo.
Mi ero innamorato. Di una voce. Di
ogni sua più piccola sfumatura, della sua risata, della sua pazienza. Io
mi ero innamorato di una persona che non conoscevo. E
mi decisi un giorno a dirglielo, a chiedergli chi era. Dove
viveva. Di vederla. Dovevo. Stava diventando per me una necessità. Volevo
dare un volto a un nome. Quel volto delicato che mi
sono sempre immaginato.
- Pronto?
- Ciao Andrew.
- Julie!
La sua voce pero non era allegra come al solito. La cosa non andava affatto bene.
-
Ciao.
-
Ce
qualcosa che non va?
-
No…
-
Dalla
tua voce non sembra.
-
Veramente
si.
Una pausa di silenzio e poi contemporaneamente.
-
Devo
dirti una cosa!
-
Scusami
Julie
-
Non
importa, dimmi.
-
Io
Julie ecco non è facile quello che voglio dirti…
-
Nemmeno
per me.
-
Io
credo che…
-
Che sia meglio Andrew che
non ci sentiamo più.
-
Io…cosa?!
-
Mi
dispiace.
-
No Julie non attaccare.
-
Mi
spiace io devo.
-
Devi?
Devi cosa?
-
Devo
smettere di parlarti!
-
Perché?
-
Perché
non posso più…oh Andrew non
puoi capire.
-
Invece posso. Mi sono innamorato di te
non puoi andartene.
-
No.
-
No
cosa?
-
Non
devi innamorarti di me.
-
È gia successo.
-
Ho
detto di no!
-
Non
capisco…voglio vederti!
-
Cosa?
-
Vederti
solo per una volta e poi…e poi…
-
E poi?
-
Smetterò
e non ti cercherò mai più.
C’è
stato del silenzio, e in quel momento hai ceduto. Ho capito solo dopo che è stato la tua condanna. Ma lo hai
fatto e hai acconsentito. Io te l’avevo ammesso così. Ti amavo. E te l’ho detto come se ciò potesse tenerti accanto a me per
forza. Ma tu non potevi. Non potevi amarmi. L’ho
capito solo dopo.
- Va
bene
-
Va
bene?
-
Si…
-
Dove
abiti?
-
Via
St’ Patrick, al numero 11.
-
Ok aspettami.
Mi
sono precipitato fuori di casa. Ho ignorato mia madre che mi urlava dove stessi
andando. Ho ignorato mio padre. Non ho guardato nemmeno cosa avevo indosso e
sapevo di per certo che i miei capelli erano in uno
stato pietoso.
Mi
sono precipitato fuori, e ho corso.
Fino
a farmi mancare il fiato.
Fino
a farmi male.
Fino
a non respirare.
Probabilmente
Lucas mi avrebbe detto che ero pazzo. Ero impazzito.
Stavo correndo senza una meta da una persona che in mesi avevo
sentito solo per un telefono.
Ma di cui ero innamorato. E arrivai li
davanti al numero 11.
Bussai
ripetitivo alla porticina della portinaia. Dopo 3 colpi una vecchina usci.
-
Ragazzo
cosa vuoi? Stai bene?
-
Si.. io…io…c’è Julie?
La signora non rispose. Abbasso gli occhi e li
rialzo verso i miei.
Ero li, rosso, sudato,bagnato
dalle gocce di pioggia che iniziavano a scendere. Dovevo essere ridicolo. Stupido.
Ma io non potevo. Vederla andarsene da me e non fare
nulla. Sono stato un cretino a metterti alle strette Julie.
-
Caro
mi sa che sei in ritardo.
-
In
ritardo? Ma no l’ho sentita prima. Mi ha detto che mi
avrebbe aspettato!
-
Julie se ne è andata.
-
Quando, dove?
-
Se
ne è andata molti mesi fa.
Non
capii. In ritardo? 5 minuti non erano ritardo. La vecchina rientrò e ne riuscii poco dopo con un ritaglio di
giornale in mano.
-
Mi
dispiace…
mormorò soltanto rientrando dentro e consegnandomi il pezzo di carta.
Lo
guardai. Raccontava di un incidente. Un incidente mortale. E
di una persona che ci aveva perso la vita. C’era la foto di quella
ragazza. Due occhi azzurri ricambiarono i miei. E
guardai il nome.
Julie. Il mio cuore ha cessato di battere in quel
momento, ne sono certo. Ho visto un numero di telefono e una risata
scorrermi nella testa. Mi sono detto che era uno scherzo. Che
tu c’eri. Mi stavi aspettando.
Mi
è caduto dalle mani. Guardavo davanti a me senza vedere nemmeno. Scuotevo la
testa. E mi dicevo che no, non era lei. La mia Julie era una persona reale. Era viva,
non era morta in un incidente. E piansi. Piansi
perché non ti avrei avuto mai, ne ora ne domani. Piansi
perché tu non potevi più farlo. Gli angeli non piangono vero? No non credo. E piansi perché io avrei pianto, e tu no .
Le
lacrime si mischiarono alla pioggia e la pioggia si mischiò a tutto il resto. E
mi ritrovai li, la giacca fradicia, i capelli bagnati .
Fu in quel momento che senti una manina fredda poggiarsi sulla mia. Leggera,
impalpabile.
- Mi
dispiace.
Rialzai
lo sguardo e la vidi li accanto.
Due
grandi occhi azzurri mi fissavano dietro al ciuffetto di capelli lisci neri.
La
pelle chiarissima. Era lei. Era come l’avevo sempre sognata e
era vera. Era li. La sfiorai con una mano. Mi guardò e ricambio
il mio sorriso triste.
-
Sei
…reale.
-
No.
Rispose semplicemente.
-
Sto
solo sognando?
-
No è la realtà. Devi perdonarmi.
-
Per
cosa?
-
Non
sono…non sono stata, capace.
-
Di
cosa?
-
Di
non innamorarmi di te.
-
Io
non capisco.
Guardo a terra e raccolse
il pezzetto di giornale.
Me lo appoggiò tra le mani e mi sorrise triste.
Senti il suo tocco delle labbra contro le mie. Mi stava
baciando. Sotto la pioggia stavo baciando una angelo. E senti sulla mia guancia una lacrima. Non era mia, non era
pioggia, era lei.
Gli angeli
non piangono.
Quando riapri gli occhi
lei non c’era più.
Era dall’altra parte della strada. Sotto a un lampione che non funzionava.
Mi sorrise, con le punta
delle dita mi mando un bacio nella aria. E scomparve.
Corsi ma non c’era. Corsi senza
capacitarmi che non era li.
Corsi senza capire. Corsi con
ancora il suo bacio sulle mie labbra.
Lei…lei era morta. Lei era un angelo. Lei era li quando mi serviva e se ne era andata quando le cose si
erano sistemate. Lei si stava scusando. E io mi ero
innamorato di un angelo.
Urlai, urlai contro il
cielo, gridai contro Dio. Urlai dalla disperazione. Senti il cellulare vibrarmi
nella tasca, lo guardai e lessi la bustina sulla
schermata.
“Un
messaggio ricevuto”
Era suo.
“Cercami in un sogno, cercami
nel cielo. Non smetterlo mai di guardare io sono la che guardo te. E scusami. Se non sono stata capace di non
farti soffrire. Ti amo. Julie”.
Never
gone.
Stay
whit me. In the Dark, save me Please.
I
need you, I need your voice and I...
I’m
scared to walk alone.
In
the Dark, your blue eyes. Are a light for me.
Please
my angel
Never
gone
Never
leave me alone.
And
one day,
Destiny.
Take
you far away to me.
I
don’t know you these day.
But
in my heart you stay.
And
you say to me....
“Call
my name in your dreams.
Call
my name in the sky.
Never
stop to try to see the stars
And
please me sorry.
sorry but I didn't believe
I was able to make you suffer”
Like
a butterfly, like air
Your
life it’s fly away.
In
the silence
Of
the night
You
are fall
In
your way.
And
you sleep.
Sleep
for the eternity.
But
i miss you on my way.
I
miss your smile
I
miss your voice.
And
in my heart
I
fall in love.
you
say to me....
“Call
my name in your dreams.
Call
my name in the sky.
Never
stop to try to see the stars
sorry but I didn't believe
I was able to make you suffer”
And i run
Run away.
For a second i see your blue eyes
You’re an angel.
The only angel in my life.
“Call
my name in your dreams.
Call
my name in the sky.
Never
stop to try to see the stars
And
sorry.
sorry but I didn't believe
I was able to make you suffer
I love you for eternity”
E so che non ti ho vista mai piu,
so che non ci rincontreremo. So che…non so piu nulla.
Ti vedo ridere nei miei sogni. E mi ricordo di quel
giorno. E so che da allora una tua manina delicata ha sempre tenuto la mia. Mi ha seguito. Leggera
e invisibile. Ha sorriso delle mie vittorie e si è intristita delle miesconfitte. E di notte quando
sento un soffio leggero so che è lei. Che non dorme mai.
Che mi segue. Perché è un angelo.
Ma ha commesso un rrore. Si è
innamorata di chi non avrebbe dovuto innamorarsi mai.
E cosi io.
Mi
sono innamorato del mio angelo custode.
I
love you for eternity
Andrew
Salve
Ragazzi, siamo qui con questa One –Shot
un po’ triste. La storia sappiamo che è surreale. Ma era una storia che ci piaceva raccontare. Vi diamo un
caloroso saluto. E recensite miraccomando!!!
Chiara
e Ale