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Autore: SkyFullOfStars_    09/03/2013    0 recensioni
Kurt è un'apprendista stilista in un delizioso appartamento a New York.
Ma il destino ha deciso di giocherellare un po' con lui, facendolo capitolare in un evento, che gli farà incontrare un certo Blaine.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Burt Hummel, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6. A Special Shelter
 


 
Due settimane.
Erano già passate due settimane dall’incidente. Ed il padre di Blaine, Carl, era sparito. Da una parte Kurt era contento, perché poteva andare all’ospedale dal riccioluto senza sapere che qualcuno era lì, ad aspettarlo per cacciarlo a calci nel sedere. Ma dall’altra era triste…
“Come può abbandonare Blaine così, ora che ne ha bisogno?”- pensava incavolato, mentre si preparava la colazione per andare a lavorare.
Erano le sei e un quarto di mattina…e doveva andare a lavoro. Ma, stranamente, oggi non era in ritardo. Per dirla tutta non era in ritardo da una settimana.
“Caspita”- pensò-“Non è da me”.  Era appoggiato con i gomiti al davanzale della finestra della cucina, mentre teneva nelle mani  una tazza con il caffè che stava bevendo lentamente.  Aveva addosso la vestaglia che gli aveva regalato il padre…anche qui ci aveva azzeccato alla grande (come aveva fatto nelle scarpe).
Kurt cercava di sembrare il più tranquillo possibile, ma in realtà non lo era. Il solo pensiero che il riccioluto fosse in pericolo di vita lo faceva tremare di paura…E quello che era successo l’ultima volta, di certo non l’aveva tranquillizzato.  Come poteva essere successo? Kurt era lì, fremeva, pregando che si svegliasse, pregando che aprisse gli occhi e che gli disse: “Tu chi sei?” Dove sono?”- E lui gli sarebbe corso incontro, abbandonando quel maledetto stipite della porta, preso la mano, e risposto: “E’ tutto a posto…Io sono…Kurt.” Allora si sarebbero sorrisi e abbracciati, forse.
“Un risveglio appartente, eh?”- pensò poi tristemente. “Non va bene. Non è giusto. Io dovrei stare in quel lettino”. Intanto che si malediceva, aveva posato la tazza sul davanzale ed aveva appoggiato la testa sul vetro della finestra.
“Non ce la faccio più.”- pensò tra sé e sé, mentre le lacrime ricominciavano a farsi sentire. “Non voglio più sentirmi in colpa per quello che è successo…”.
Silenzio.
Chiunque fosse entrato in cucina in quel momento avrebbe avvertito nient’altro che il silenzio. O forse non solo quello…Kurt singhiozzava pesantemente. Le lacrime avevano rigato tutto il viso del biondo, andando a finire sul davanzale, mentre il ragazzo stringeva i pugni e li batteva sul vetro della finestra su cui era appoggiato.
Si sentiva terribilmente solo. Aveva bisogno di qualcuno che lo confortasse, qualcuno che lo capisse e di qualcuno che gli accertasse che la vita di Blaine era salva.
Ma non c’era nessuno.

Troppe volte nella vita si era sentito in colpa, in colpa di essere gay, in colpa per aver dato ai bulli della sua scuola la possibilità di pestarlo ogni volta che lo vedevano. Non avrebbe dovuto permetterglielo. Certo, suo padre era quasi venuto alle mani per farlo stare in pace, ma avrebbe dovuto essere lui stesso a fare qualcosa…Anche se parlare è una cosa e fare un’altra. Il suo corpo era stato l’obiettivo di molti pugni e calci…Si ricordava ancora il dolore e le corse in farmacia per la cura dei lividi, all’insaputa di suo padre. Se chiudeva gli occhi per un attimo poteva ancora sentire sul suo viso il leggero soffio del vento mentre correva affannosamente e sperava che suo padre non si accorgesse di tutto quanto.
Ma Kurt non era capace a raccontare bugie, e quindi Burt lo aveva sgamato subito e gli aveva fatto confessare tutto. Così erano andati a dirlo al preside, e sembrava fosse acqua passata. Ma non era così. Quando vieni pestato per anni, il tuo atteggiamento cambia. La tua autostima, i tuoi rapporti…tutto cambia.
Avrebbe quasi commesso un suicidio se suo padre non gli fosse stato vicino così a lungo. Doveva ringraziarlo. Gli doveva la vita.
Il suono del campanello di casa sua interruppe i suoi pensieri. Alzò il capo verso la porta, prese un fazzoletto per le lacrime ed infine, dopo aver fatto un bel respiro, andò ad aprire.
Quello che vide lo lasciò di stucco ma lo rese più che felice…
-Papà!- gridò Kurt balzando incontro al padre abbracciandolo.
Non poteva credere che fosse lì! In quel momento non voleva nient’altro che abbracciarlo…aveva bisogno di qualcuno al suo fianco.
Poi Kurt cominciò a piangere.
Burt se ne accorse subito, e così si voltò verso il viso del ragazzo, che poggiava sulla sua spalla ormai bagnata, e chiese dolcemente:
-Figliolo, che ti succede? Qualche problema?- In quell’istante Kurt alzò la testa verso il padre. Non sapeva neanche lui perché era scoppiato a piangere, ma sapeva che non poteva più nascondere niente a suo padre.
Doveva dirgli tutto. Doveva dirgli di Blaine.
 
 
 
 
Burt leggeva i suoi occhi velati dalle lacrime…Era solito di lui. Kurt non poteva nascondergli niente, poiché lui capiva subito che c’era qualcosa che non andava.

E anche questa volta non sbagliava.

-Kurt, adesso ci sediamo e mi dici cosìè che non va, per favore.-disse Burt prendendo controllo della situazione. Poi accompagnò dolcemente il figlio verso il divano, mentre lo teneva ancora d’occhio.
Il ragazzo era tutto un fremito; il padre gli teneva una mano sulla schiena, per accompagnarlo a sedersi…Tremava. Kurt teneva gli occhi fissi sul pavimento sotto i suoi piedi, mentre tirava su con il naso in continuazione. A Burt sembrò anche di vedere un piccolo sorriso.
Ed era vero. Kurt, da una parte, era rincuorato che suo padre fosse qui. Proprio in quella situazione aveva bisogno del suo amico, della sua spalla, di suo padre. In quel momento non c’era cosa più importante per lui. Poi si sederono e Burt iniziò:
-Ascoltami, io sono venuto fin qui perché da quella telefonata tra noi due non dormo più la notte. Ho capito che c’è qualcosa che ti preoccupa. E vorrei che tu ti sentissi libero di parlarne. Con me.-

Silenzio.

Poi Burt continuò:
-…Magari se non vuoi parlarne con me potr…-
-Ho fatto del male a qualcuno.- lo interruppe Kurt volgendo di scatto il viso verso Burt. Quest’ultimo lo fissò spaventato, senza capire cosa intendesse. Così chiese alzando la voce:
-I-in che senso? Kurt hai fatto fuori qualcuno per caso?!-
-Papà no, ma che dici!- rispose Kurt tranquillizzandolo. Poi si fermò. Il ragazzo non riusciva a dirgli quello che doveva dirgli. Pareva che non si ricordasse più come si parlava.
Poi riabbassò lo sguardo e chiuse gli occhi. Aveva ancora il viso mezzo bagnato dalle lacrime. In quei pochi secondi,che a lui parvero un’eternità, ricordò tutto l’incidente: lui che si era distratto, il botto, l’ospedale e un ragazzo in coma. Poi fece un respiro profondo, alzò di nuovo lo sguardo verso il padre impaziente e confessò:
-Ti ricordi il giorno in cui ho fatto l’incidente?-
Burt annuì.
Kurt riabbassò lo sguardo, mentre diceva:
-Bèh, io ne uscii illeso, ma…ma per il ragazzo che portava l’auto con cui mi sono scontrato…non è stato così.-
Ecco. Glielo aveva detto. Ora si sentiva incredibilmente più libero, più rilassato. Anche se una parte di lui temeva la reazione del padre.
Burt era paralizzato e lo fissava.
-E’-è mo-morto?- balbettò preoccupato. Il biondino scosse la testa, cosa che rincuorò il padre.
-E’ in coma. Ed è grave.- spiegò Kurt con gli occhi lucidi.
Il padre allora abbassò lentamente lo sguardo. Sembrava terrorizzato. Poi udì dei singhiozzi provenire proprio dal ragazzo di fronte a lui che cercava di nascondere le lacrime.
-Kurt…-
-Non ce la faccio più papà! I-io ho provato a farmi forza, ma sono già due settimane che sopporto questa situazione! Ogni santo giorno vado in ospedale, e-e vedo quel ragazzo sempre lì, immobile…in lotta per la vita. E ogni giorno che lo vedo, mi rendo conto ch-che…non è giusto. Dovrei esserci io lì! Sono stato io quello che ha percorso la corsia sbagliata per non fare tardi a lavoro, sono stato io quello cacciato da suo padre, sono sempre stato io e solo io colpevole!!- sbottò il ragazzo tutto d’un fiato.
Burt era immobile e guardava il figlio tristemente.
Kurt temeva che il padre non lo capisse e che si potesse alzare dal divano, dirigersi verso la porta da dove poco prima era entrato, e chiuderla dietro di sé con un grande tonfo.
Così, per non far si che questo accadesse, Kurt mormorò:
-M-mi dispiace papà…Non so come fare per rimed…-
Kurt non fece in tempo a finire la frase, poiché si ritrovò tra le calde braccia del padre.
Solo allora si sentì veramente sollevato: le possenti braccia di Burt e il suo profumo erano da sempre un piccolo rifugio per lui, sin da quando era bambino e aveva paura del temporale.

Ora li ritrovava di nuovo, e sentiva che tutto sarebbe andato bene.
-Non ti preoccupare, io sarò con te…qualsiasi cosa accada.- sussurrò Burt all’orecchio del ragazzo.
Il biondino, avendo sentito quelle bellissime parole, sorrise e chiuse lentamente gli occhi immergendosi di nuovo nel profumo paterno.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE--------------------------



HOLAAAAAA! Lo so, lo so, ho ritardato un po' a scrivere questo capitolo, ma sono stata molto impegnata!! Spero che possiate perdonarmi *fa il labbruccio*...Comunque ora è qui, tutto per voi!! Godetevelooooo :)              A Prestooo <3                 -SkyFullOfStars_

  
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