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Autore: ferti    09/03/2013    0 recensioni
"I pensieri migliori vengono la notte, quando tutto diventa scuro e per potersi orientare si segue la luce proiettata dai sogni,fari nelle tenebre"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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-Tre sigarette-
Non so perché ho reagito così. Sono scappata. Una ragazzina, stupida come tutte le altre. Non mi aspettavo che avrebbe invaso così la mia vita. Maledettissimo ragazzino viziato. Io me lo ricordo, eravamo piccoli, ma aveva gli occhi cattivi, di chi sa di poter avere ciò che vuole. Comunque ho deciso di andarmene, ho detto ad Alessandra, la ragazza del bar, che avevo bisogno di una pausa e sono uscita. Ho preso la bicicletta e ho iniziato a pedalare. Nessuna meta, solo aria nei polmoni. Quando finalmente sentì di essere arrivata abbastanza lontana, mi fermai esausta. Ero vicino all’autostrada. Non faceva troppo freddo, il giusto. Quel freddo che entra nelle ossa, come quando perdi qualcuno di importante e ti senti vuota per un istante. Appoggiai la bicicletta ad una transenna e mi sedetti su una panchina. Ero finita in uno di quei parchi piccolissimi creati solo per dare la soddisfazioni agli ecologisti di cinque metri quadrati di verde tra le foreste di cemento dei grattaceli. Avevo bisogno di respirare, odiavo fare la barista il sabato sera, ero sempre fuori luogo tra i miei coetanei che mi chiedevano drink su drink per divertirsi e andare a scuola il lunedì e ridersela con i compagni delle cazzate fatte. Tirai fuori una sigaretta, non ero una fumatrice. Semplicemente amavo riempirmi i polmoni di male quando ero da sola in posti come quelli. Buttavo fuori male concentrato e pian piano mi svuotavo del male che altrimenti mi avrebbe fatto implodere. Sbuffavo tremando per il freddo, mi passavo la sigaretta da una mano all’altra perché le dita congelavano. Le macchine sfrecciavano, vedevo le scie delle luci riflesse nella barriera dell’autostrada. Erano le quattro oramai. Potevo dire addio al mio lavoro. Ce l’avrei fatta comunque. Ero distrutta: le mie giornate erano fatte di corse contro il tempo per arrivare ai miei mille lavori in tempo. Perché non avevo una vita normale? Perché io non potevo uscire il sabato sera come gli altri? Perché quel ragazzo si era intrufolato nel mio equilibrio? Dormì credo quattro ore, mi svegliai che era giorno, mattina. Pensavo che sarei morta congelata invece ero viva e vegeta. I miei due mozziconi di sigaretta ai piedi della panchina e due piedi di fianco a me. Non ero sola. Non posso negare che ero tremendamente spaventata da quei due piedi che spuntavano di fianco ai miei. Ero troppo addormentata per rendermi conto che non c’erano solo due piedi. C’era una persona,non era semplicemente seduta di fianco a me, mi abbracciava e mi aveva scaldato. Perché qualcuno avrebbe dovuto preoccuparsi per me. Alzai lo sguardo per cercare il viso di quelle mani forti e lo vidi: dormiva ancora.

Leo.

Era lì, con me. Sembrava uno di quei film strappalacrime che le mie compagne vedevano troppo spesso, io non potevo esserne la protagonista, semmai ero una comparsa, una di quelle che prendono per fare le scene di spalle, per fare la passante o qualche ruolo inutile. Come le comparse me ne sarei andata, sarei sparita. Lui non doveva essere lì. Presi un’altra sigaretta e la consumai velocemente cercando di trovare il coraggio di andarmene. Poi scivolai velocemente fuori dalla sua presa e iniziai a pedalare più velocemente del solito, lasciando al mio posto un mozzicone ancora fumante. Ero una comparsa, nulla di più. 
  
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