Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: thecathisonthetable    09/03/2013    1 recensioni
"Quel pianoforte per Charlotte significava veramente tutto. Era un modo per esprimersi, un modo per dimostrare, anche a se stessa, che valeva qualcosa; ma soprattutto per lei significava libertà: la libertà di sedersi al pianoforte e far scorrere le dita su quei tasti bianchi e neri, sedersi e dimenticarsi di tutto per qualche ora"
Una tragica storia, con come sfondo la Seconda Guerra Mondiale.
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
 
 
 
                                                                                     
                                                              UN PIANOFORTE SUL TETTO 
                                                                           
                                                                                                       
 - Tutti siamo schiavi di qualcosa: un sogno, un'idea, un illusione.


Quel pianoforte per Charlotte significava veramente tutto. Era un modo per esprimersi, un modo per dimostrare che anche lei poteva essere brava in qualcosa che non fosse la scuola; ma soprattutto per lei significava libertà: la libertà di sedersi al pianoforte e far scorrere le dita su quei tasti bianchi e neri, senza dover pensare alla scuola, agli impegni sportivi e alle mille responsabilità, sedersi e dimenticarsi di tutto per qualche ora.
Aveva dovuto lottare per avere quel pianoforte: i genitori non volevano distrazioni per la loro figlia più grande, da cui si aspettavano grandi cose. Aveva dovuto dimostrargli di poter andare bene scuola e suonare il pianoforte contemporaneamente. Aveva dovuto imparare da sola con una piccola pianola, prima di ricevere il regalo più bello della sua vita: un grande pianoforte a coda, nero e lucido, con gli spartiti già pronti per essere eseguiti. Quando iniziò a suonare veramente bene i genitori iniziarono a sognare per lei un futuro nei grandi teatri, ad esibirsi davanti a centinaia di spettatori estasiati, ma Charlotte sapeva che tutto questo non sarebbe mai stato possibile. Aveva difficoltà a suonare davanti ai genitori, figuriamoci davanti ad una platea!
Charlotte non era timida: non aveva paura del pubblico, aveva paura della responsabilità che comportava diventare famosa. Perdere la spontaneità, anche solo l’apparenza di una vita normale. Charlotte era solitaria, non amava la compagnia, preferiva un buon libro o il suo adorato pianoforte. Perché il pianoforte era anche il suo confidente, cui lei raccontava la sua giornata usando al posto delle parole le note, al posto delle frasi le melodie.
La ragazza vi aveva anche inciso il suo nome con la massima cura, con la data di quel Natale in cui l’aveva ricevuto in dono.
La famiglia di Charlotte era ricca: il padre gestiva una grande azienda tessile in una cittadina vicino al confine tra la Francia e il Belgio e loro abitavano nel centro della città, in quella casa c’era un’itera stanza dedicata al pianoforte e alla musica in generale. Perché Charlotte aveva due fratelli più piccoli, Gabrielle e Louis, che sulla scia della sorella avevano imparato a suonare il violino e il clarinetto. Tutti e tre vivevano concentrandosi su se stessi, sui loro risultati scolastici, come gli era stato insegnato dalla nascita. Andavano in un’importante accademia, dove ogni inclinazione non approvata dai genitori era stroncata sul nascere, per far posto a passioni più consone.
Charlotte aveva appena iniziato l’ultimo anno, quando scoppiò la seconda guerra mondiale e un particolare fino allora insignificante li mise in serio pericolo: Charlotte e la sua famiglia erano ebrei.
In poco tempo i nazisti invasero la Francia e i genitori di Charlotte furono costretti a vendere la casa in centro per una in periferia e anche il pianoforte fu venduto a un vecchio antiquario.
Charlotte era disperata, aveva perso i suoi pochi amici, abbandonato la sua scuola e il suo amato pianoforte, solo per una stupida guerra.
Una ragazza che non era mai stata particolarmente espansiva si chiuse ancora di più in se stessa, uscendo raramente di casa ed andando a scuola solo per riuscire a prendere il diploma. Mentre prima la mattina seppur con parecchie proteste si svegliasse allegra per andare a scuola, nella grande casa ariosa di prima, ora si svegliava e si trascinava a scuola come un condannato a morte che cammina per l’ultima volta. Si infilava il cappotto con la stella di David cucita sopra e si avviava verso la scuola ebraica. Non poteva usare alcun mezzo, quindi sia con la pioggia che con il sole faceva chilometri per arrivare a scuola. Anche a Louis e Gabrielle la situazione non piaceva, ma la vedevano come una situazione momentanea, non capendo la piega che la guerra stava prendendo, ma forse era meglio così. Charlotte avrebbe preferito non sapere, rimanere ignare di ciò che stava accadendo, piuttosto che affrontare la triste realtà.
Intanto la ragazza iniziava ad avere paura: la sua classe si stava lentamente svuotando perché i suoi compagni o scappavano, oppure erano prelevati e portati nei campi di concentramento, da cui nessuno sarebbe più tornato. La ragazza aveva sempre paura di essere la prossima. Aveva paura di uscire di casa, di spiccare sui suoi compagni a causa della chioma bionda, ora più che mai voleva  essere il più anonima possibile, e insieme a questa voglia cresceva anche la consapevolezza di quanto in quel momento le sarebbe servito il suo fidato pianoforte, per  scappare almeno per qualche ora da quella vita così misera, priva di ogni distrazione.
Le cose continuavano a peggiorare:cibo e acqua scarseggiavano e iniziava a fare sempre più freddo.
Quando anche suo fratello ricevette la lettera dalla GESTAPO nonostante la giovane età, la famiglia decise di fuggire nelle campagne.
Si rifugiarono in un casale in rovina nelle campagne francesi, con altre famiglie nella loro stessa situazione. C’era anche un vecchio sempre solo, che di tanto in tanto spariva nel nulla, si diceva fosse stato il primo ad arrivare in quel casale.
Nel casale erano vietate molte cose: allontanarsi troppo, fare rumore o qualsiasi altra cosa che avrebbe fatto notare che il posto era abitato.
C’erano altri ragazzi, che come Charlotte, ormai avevano perso ogni speranza. Erano tutti troppo presi dal disperato tentativo di sopravvivere per anche solo cercare di fare amicizia.
Passarono i mesi, i bombardamenti si facevano sentire, il terrore di essere scoperti anche, il cibo scarseggiava più che mai e il freddo era paralizzante. Ci furono alcune perdite, soprattutto i più anziani, che avevano già vissuto una guerra e non erano sopravvissuti a un’altra.
Solo il vecchio solitario era sopravvissuto.
Un giorno, per cercare di combattere la noia dilaniante, Charlotte e alcuni ragazzi pedinarono il vecchio fino all’ultimo piano della casa ridotta in rovina, fino a una porta malmessa, da cui intuirono si accedesse al terrazzo del casale. La porta era così piccola che anche Charlotte, nonostante non fosse altissima, dovette chinarsi per non sbattere la testa. Una volta superata la porticina si ritrovarono su un terrazzo battuto dal sole, in cui si sentiva una dolce melodia.
Charlotte riconobbe subito lo strumento: un pianoforte. Insieme agli altri si avviò pian piano verso l’angolo da cui proveniva il rumore e trovarono il vecchio, solo, che con gli occhi chiusi suonava un bellissimo pianoforte a coda nero, simile a quello di Charlotte, cosa che le provocò un po’ di tristezza, al ricordo del suo bellissimo strumento.
Il vecchio non si accorse dei ragazzi, finchè Amedé, un ragazzo con i capelli biondi e gli occhi azzurri, non rischiò di cadere giù dal terrazzo. Il vecchio allora smise di suonare e i ragazzi scapparono, mentre l’uomo dietro di loro imprecava.
Nessuno di loro fece parola di quanto aveva visto con i genitori, e il vecchio non si fece mai più vedere. Charlotte aveva paura che fosse sparito anche il pianoforte, ma non aveva il coraggio di andare a controllare se era ancora lì, così passò giornate piene di angoscia, tra il desiderio di suonare e la paura di rimanere delusa.
Una mattina si fece coraggio e salì sul tetto. Fuori c’era il sole, ma anche molto vento, Charlot inspirò un po’ d’aria fresca: da quanto tempo non usciva di casa!
Camminò lentamente fino a dove aveva visto l’ultima volta il pianoforte, temendo di rimanere delusa, vedendo che era sparito insieme al vento. Chiuse gli occhi, consapevole che sarebbe potuta cadere dal tetto. Dopo un po’ gli riaprì e vide il pianoforte lì davanti a lei, si avvicinò e lo toccò: non era un miraggio!
Si sedette sul traballante sgabello e tolse il coperchio. Posò le mani sui tasti e iniziò a suonare, prima timorosa di essere scoperta, poi sempre più sicura. Si sentiva a casa, finalmente.
 
Da quel momento non c’era giorno in cui Charlotte non andasse a suonare. Neanche i giorni di pioggia le impedivano di andare di nascosto sul tetto per suonare, comporre, senza spartiti naturalmente. La luce era tornata nei suoi occhi. Era tornata alla vita.
Una sera, il sole era appena tramontato, la ragazza vide da sopra il tetto una colonna di fumo provenire dalla campagna. Era lontano, ma Charlotte sapeva bene cosa voleva dire: avevano iniziato a bombardare le campagne. Senza pensare corse dal padre e lo portò sul tetto a vedere quel triste spettacolo. Quando il padre le chiese cosa ci facesse sul tetto, a quell’ora la ragazza si zittì. Il padre fece il giro del terrazzo e vide il pianoforte. Con voce rabbiosa chiese alla figlia spiegazioni e quando la ragazza con voce flebile gli spiegò tutto, s’imbufalì ancora di più e le vietò di tornare a suonare, ormai era troppo pericoloso.
Iniziò a controllare la figlia, ma non ebbe il cuore di fare a pezzi il pianoforte. Era e rimaneva uno strumento meraviglioso, anche se rovinato dalle intemperie.
Da quel giorno Charlotte morì. Non aveva più ragione di vita: segregata in casa, senza amici né persone che la potevano capire, senza il suo pianoforte o qualsiasi altra distrazione, costretta a fare lavori pesanti. I genitori le dicevano di ringraziare il cielo per non essere finita in mano alle S.S., ma la ragazza avrebbe preferito qualsiasi cosa a quella vita così vuota e priva di alcun senso.
I bombardamenti intanto erano sempre più vicini e la notte la terrà tremava. Dove cadevano le bombe non rimaneva nulla. Ormai mancavano solo pochi chilometri e le bombe avrebbero distrutto la villa.
Charlotte vedeva gli adulti confabulare fra loro di fuggire, ma nessuno faceva realmente niente. Infondo a lei non importava. Almeno non più.
Poi successe: quella notte che mise fine a tutto. Secondo i loro calcoli le bombe sarebbero dovute cadere la notte successiva e loro la mattina dopo sarebbero dovuti fuggire.
Non sapremo mai chi sbagliò i calcoli o se i tedeschi aveva anticipato il bombardamento: fatto sta che quando verso le due di notte la terra tremò e le stelle sparirono erano tutti impreparati.
C’era chi cercava di fuggire dalla casa che iniziava a crollare, chi pregava e chi piangeva. Charlotte capì che era tutto inutile: solo pochi sarebbero riusciti a fuggire. Si alzò velocemente e si arrampicò su per le traballanti scale, sperando che non crollassero.
Raggiunse il tetto, mentre la campagna intorno veniva bombardata. Non si vedeva niente a causa del fumo e c’erano incendi ovunque. Charlotte corse verso il pianoforte, che iniziava a bruciare. Si sedette allo sgabello e iniziò a suonare, per l’ultima volta, una melodia disperata. Vedeva gli aerei sorvolare la zona, il fuoco lambirle le mani, ma ormai non provava più niente, né paura né dolore.
Mentre lentamente il fuoco la divorava lei continuava a suonare delirante. Ormai tutti in quella casa erano morti. Il tetto iniziava a cedere, mentre la ragazza faceva scivolare velocemente le dita sui tasti come aveva sempre fatto e come avrebbe fatto per sempre.
Solo mentre stava per esalare l’ultimo sospiro vide una minuscola scritta sul coperchio del pianoforte. Il suo nome e la data di un Natale ormai lontano, il più felice che ricordasse. Così quello era il suo pianoforte, che non l’aveva mai abbandonata. 

Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!
Questa one-shot l'ho scritta per un concorso scolastico, dove sono arrivata seconda. L'argomento era "la musica"...
Ho deciso di postarla su EFP per avere un parere anche da voi... secondo voi com'è?
Accetto tutto: critiche, complimenti e consigli!
Un bacio
 
 
 
 
 
 
  
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: thecathisonthetable