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Autore: kiddoB    10/03/2013    3 recensioni
A Diagon Alley puoi trovare davvero di tutto.
Questo, ovviamente, se sai dove cercare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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a diagon alley

Tentar non nuoce, mi son detta.
Mi perdonino le slasher veterane.

 

 



Segreto di Fumo 



 

La verità è che ci sono giorni in cui mi manchi così tanto che ho paura di non farcela.
(I segreti di Brokeback Mountain)



A Diagon Alley - e suoi dintorni - puoi trovare di tutto: diserbante per lumache carnivore, abiti all'ultima moda, animali da compagnia, collane maledette, calderoni d'ottone e manici di scopa, pozioni variamente dannose e chi più ne ha, più ne metta. A Diagon Alley puoi trovare davvero di tutto.
Questo, ovviamente, se sai dove cercare.
E Draco Malfoy, alla faccia di tutti coloro che l'hanno sempre accusato di essere un raccomandato, è un gran bravo Cercatore. Trova sempre quello che è andato a reclamare.
Al di sopra del manto opaco e minaccioso di nembi fitti i tuoni assicurano una notte di tempesta impietosa, che non lascerà in pace, non avrà clemenza, sarà sorda a qualsiasi richiamo di razionalità o pietà, a qualsiasi implorazione supplichevole. Proprio come il motivo che sta spingendo Draco ad aggirarsi per la strada con uno sguardo da pantera affamata: quando da dentro le sue viscere giunge quel richiamo, non c'è protesta o condizione che tenga.
Draco deve uscire. Deve andarlo a cercare. È un impulso enormemente, maledettamente più forte di lui.
Nemmeno un tempaccio come quello, nemmeno il gelido vento scandinavo che gli fa lacrimare gli occhi, nemmeno una tazza di thè sul divano di fronte al caminetto con Astoria - situazione che per lui non è spiacevole come aveva previsto - riesce a dissuarderlo. Quando quel desiderio indecente, osceno, inopportuno, sconvolgente e così profondamente allettante inizia a ruggirgli sottopelle, butta lì una scusa per uscire di casa, prende e parte in quarta. La prima che ha usato, la più banale, era che stava andando a comperare le sigarette: alla fine, come c'era da aspettarsi, ha iniziato a fumare. Poco, certo: è un vizio da rozzi babbani davvero troppo stupido, gli rovina la salute e a lungo andare gli macchierà i denti, ma c'è bisogno che, quando torna a casa, la sua fidanzata gli senta addosso la puzza di nicotina, c'è bisogno che lei trovi in giro un paio di posaceneri con qualche mozzicone malamente spento all'interno, c'è bisogno che lei lo rimproveri bonariamente e che lui, tendando disperatamente di sentirsi un po' meno in colpa, si schernisca sventolando una mano ed ostentando un'espressione di sufficienza.
C'è bisogno che non gli senta addosso quell'altro odore inconfondibile, che persino una mente candida come la sua classificherebbe in pochi secondi.  Draco non se lo può permettere.
Buffo. È stata proprio quella frase l'inizio di tutto. La fine di tutto.
Non ce lo possiamo permettere.
E Draco lo sa, lo sa benissimo, lo sa meglio di chiunque altro. In fin dei conti è stato lui a pronunciarla. Ma ci sono momenti, momenti come questo, in cui vorrebbe ricacciarsi ogni parola che ha detto da oggi fino a quel giorno, riavvolgersele sulla lingua una per una, tornare indietro e stare zitto. Armarsi di un nuovo coraggio, di più faccia tosta, di forza egoista e indifferente ai commenti altrui.
Purtroppo Draco, tutte quelle cose, non le ha mai possedute. E visto che evidentemente non ne ha a sufficienza nemmeno Harry, significa che non c'è davvero speranza.
Ma questo è uno di quei pomeriggi che hanno come unico denominatore comune il suo raptus di follia, di bisogno lacerante, uno di quei pomeriggi in cui Draco si mangia il suo orgoglio a grosse cucchiaiate, trovandolo disgustoso, e se ne va in giro, passo veloce e sguardo febbrile, a prenderselo. Ha come un sesto senso, un Incanto Quattro Punti innato che lo riconduce immancabilmente a chi lo richiama a gran voce anche dalle distanze più remote, facendosi sentire chiaramente nonostante l'ululare furioso del vento. Certo non è un veggente: l'ha sentito parlare con Weasley al Ministero, l'altro giorno, mentre diceva che oggi sarebbe andato a dare un'occhiata agli ultimi modelli di scope. Ma sa perfettamente in quale negozio entrerà, lo sguardo critico che riserverà ai prezzi esorbitanti e quello gentile ma venato di insofferenza per la commessa adorante che tesserà le sue lodi più o meno velatamente, il modo pacato in cui sussurrerà "ci penserò" e l'attenzione con cui si chiuderà la porta alle spalle per non sbatterla. Ha stampate nella memoria la piega invitante delle sue labbra, la sensazione sotto i polpastrelli delle sue guance appena pungenti e quella stuzzicante sulla lingua del suo pomo d'Adamo, il modo in cui le sue ciglia lunghe sfarfalleranno e quello teso in cui irrigidirà il collo non appena lo scorgerà.
Si alza i baveri del lungo mantello blu notte e si stringe nelle spalle quando gli spifferi ghiacciati lo fanno tremare, infastidendolo. Non sono quelli, i brividi che agogna provare.
Quando passa davanti alla vetrina sfavillante ed illuminata, pensa che forse il suo istinto sta perdendo colpi.
Harry è già dentro il negozio. Ha già osservato, giudicato, comparato, ha già pronunciato la solita frase e salutato educatamente, e proprio in quel momento ha poggiato la mano sulla maniglia per uscire.
Non c'è modo di allontanarsi senza correre e quindi risultare ridicolo; questa volta dovrà correre il rischio che Harry pensi che il loro incontro non sia una coincidenza, come invece solitamente Draco riesce a macchinare in modo convincente affinché sembri così. Fissa gli occhi sull'oggetto più piccolo all'angolo opposto della vetrina, un Boccino d'oro vero con una fila di piccoli diamanti a delinearne la circonferenza, e si china leggermente come se lo stesse osservando da vicino.
Harry esce e scende i tre gradini, mentre alle sue spalle lo scacciapensieri appeso alla porta tintinna allegro. Due secondi dopo inspira bruscamente ed è solo allora che Draco, il viso tranquillo ed inespressivo - mentre invece le sue viscere si attorcigliano tanto da far male, lo stomaco si chiude ed il cuore gli implode nel petto - si rizza e lo guarda.
Ogni volta, ogni singola volta che le sue aspettative si avverano - e si avverano sempre -, la gioia che prova è totale, completa, quasi inopportuna. È più o meno la stessa sensazione di quando gli manca solo una goccia dell'ultimo ingrediente per una pozione che ha già fatto mille volte: sa benissimo che il risultato sarà niente meno che perfetto, ma quando quella piccola stilla cade nel calderone e completa il procedimento non può fare a meno di sentirsi un dio eccelso ed onnisciente per la sua bravura indiscutibile e per il modo sublime in cui è riuscito a prendere tanti elementi diversi e a sposarli nel modo migliore, solo per merito suo. La stessa cosa è successa adesso: le sue previsioni si sono avverate al millesimo di secondo, l'immagine mentale che aveva formulato si è palesata con estrema precisione. Harry ha le spalle contratte e lo sguardo limpido, assolutamente eloquente di chi ha davanti la persona che più odia e ama sulla faccia del pianeta, la piega delle sue labbra si è assottigliata, la sua postura è meno naturale e fluida. Tutto questo, per lui. Per Draco, unicamente per Draco, almeno questo per Draco, che dal canto suo ritiene di avere tutto il diritto per appropriarsene ogni volta che può.
-  Potter - saluta, monocorde, mentre nella sua testa si formulano mille altre parole romantiche e sconce che non percorreranno mai la strada per giungergli sulle labbra.
-  ....Malfoy - risponde Harry, dopo un momento di smarrimento.


Eccolo, il momento decisivo.
A questo punto, le strade che Draco ha davanti sono due.
La prima: augurargli buona serata, dargli le spalle, passare dal tabaccaio e tornare a casa, accontentandosi di quel saluto rapido e formale. Sarebbe la cosa più giusta, più corretta da fare.
Ma Draco non è corretto.
Il che lo porta dritto alla seconda: continuare la conversazione e vedere dove porta.
-  La tua ossessione per le scope è preoccupante. Un uomo adulto, con un lavoro, una casa, responsabilità, che perde tempo dietro a costosi manici lunghi e grossi... qualcuno potrebbe pensare strane cose.
Harry guarda in terra e l'angolo destro della sua bocca si increspa leggermente, come un tovagliolo di carta abbandonato su un tavolo all'aperto. Nel grigiore cupo di quel cielo arrabbiato, il verde dei suoi occhi è più intenso che mai.
-  Il fatto che tu abbia fatto questo collegamento è preoccupante, Malfoy.
-  Dici? - sussurra, un ghigno inequivocabilmente tentatore sul volto, gli occhi socchiusi, gli incisivi che appena appena fanno capolino sul confine tra il lato interno e quello esterno del labbro inferiore. Harry li nota e, forse inconsciamente, fa lo stesso.
Qualche goccia inizia a cadere.
-  Dico.
Molte gocce iniziano a cadere.
-  Non vorresti, per caso, scoprire se hai ragione?
La furia del temporale precipita sulle loro teste, sfidata dal battito frenetico di due cuori in attesa: in una ipotetica battaglia perderebbero per disparità di dimensioni, non di intensità.
-  Perché? Perché lo fai? - domanda Harry, alzando la voce per farsi sentire sotto il fragore della pioggia, e Draco vorrebbe che non lo facesse. C'è una nota disperata, in quella voce, così dolorosa che non sentirsi colpevole è impossibile, e Draco ha troppi conti in sospeso per accollarsi anche quello, pur sapendo che è indiscutibilmente suo.
Decide di non rispondere. Più comodo per entrambi.
Non c'è nessuno, per strada. Solo loro due stanno lì, zuppi come pulcini, a fissarsi con due paia di occhi pesanti come cemento: troppo pieni di domande, rimpianti, recriminazioni, incomprensioni. Desiderio.
A Draco fa comodo concentrarsi su quello, che c'è ed in fondo è il motivo principale che l'ha spinto lì. Non c'è bisogno di scavare o di applicare chissà quale profonda Legilimanzia: Harry è limpido, pulito come un ruscello di montagna, di quelli ghiacciati e rinfrescanti dove si riescono a scegliere i ciottoli da collezionare semplicemente immergendo la mano. È Draco la pozzanghera scura e sporca, piena di fango, asfalto, merda e mozziconi aspirati con disgusto, quella dove solo Harry ha avuto il coraggio di tuffarsi.
Malfoy lo afferra per il bavero del mantello e lo sballottola in avanti come se fosse un pupazzo inanimato. Harry gli ficca le unghie nella parte interna degli avambracci, sperando di fargli più male, e strilla un "no!" deciso, ma non viene ascoltato. Un paio di passi scoordinati, quasi di lotta, con cui Draco lo spinge senza tante cerimonie in un vicoletto stretto e puzzolente pieno di bidoni per la spazzatura, il retro di uno dei bistrot più raffinati della via; un gatto, disturbato, soffia loro contro e poi corre via lontano, facendo cascare un coperchio. Sbatte Harry contro il muro, gli infila una coscia tra le sue sfiorandolo verticalmente, gli mangia la bocca con violenza tenendolo per i capelli, per le orecchie, per qualsiasi tipo di appiglio che riesce a trovare sul suo corpo. Il tessuto bagnato non è altro che un elemento più eccitante, i rivoli congelati che gli si infiltrano nel collo della camicia sono richiami evocativi di ben altri liquidi che Harry potrebbe impegnarsi a fargli scivolare in quei punti.
Ma non accadrà mai. Draco deve accontentarsi di quei momenti, e per ora se ne sazierà, sperando che poi il richiamo della pantera taccia almeno per un po'.
Harry, dopo un iniziale momento di ribellione, gli afferra con la stessa violenza i capelli e gli pianta le unghie nella spalla, cercando di capovolgere le posizioni, incontrando una fiera resistenza; è quasi una colluttazione per vedere chi riesce ad avere la meglio, per riuscire a fare male all'altro pur senza smettere di baciarlo.
Alla fine Potter si arrende rimane lì inchiodato ai mattoni scuri, gli morde le labbra con lussuria palese ma senza davvero fargli male, senza lamentarsi per il modo brutale con cui il biondo gli ha fatto urtare la testa al muro.
Draco sa com'è fatto Harry. Preferisce prendere su di sè il dolore, anche se ormai non ce la fa ad andare avanti così, anche se ogni volta quegli incontri lo straziano e lo macerano, anche se, fosse per lui, non si vedrebbero mai più. È Malfoy l'egoista, il vigliacco che gli ha detto chiaro e tondo che non ci sarà mai un futuro per loro e che invece, contraddittorio ed insensibile, lo cerca a regolari scadenze; è Malfoy l'incoerente, che non si accontenta di salutarlo ma che si accontenta di quelle carezze selvagge in piedi, sotto il temporale, con un freddo cane e una disperazione ancora più canaglia che lo fa singhiozzare sul collo di Harry.
Ma non è questo il momento di lasciarsi prendere dal rimorso per il suo comportamento mostruoso: quello lo farà stasera, sotto la doccia, quando il pensiero colpevole e i perdonami, Harry che gli risuoneranno in testa coincideranno con un'attività ad essi molto poco attinente che la sua mano intraprenderà sul suo corpo.
Adesso Draco, completamente fuori controllo, massacra il collo di Harry mentre gli slaccia i pantaloni. Potter cerca di fermarlo, sussurra qualche altro "no" troppo eccitato e fremente per essere davvero credibile, ma non fa in tempo a prenderlo da sotto le ascelle per tenerlo in piedi. Draco si inginocchia ai suoi piedi e si dedica anima e bocca all'azione che questa notte ha sognato di compiere e che ha fatto svegliare lui, sudato e appiccicoso, alle tre spaccate, insieme alla bestia nel suo cuore, ruggente ed inarrestabile.
Quanto dev'essere squallido, in ginocchio tra le gambe di Harry in un vicolo puzzolente, umido e melmoso di Diagon Alley.
Pidocchioso, miserabile, degradante.
Eppure, mentre lo sente ansimare e quasi guaire tanto sono forti piacere e rifiuto mescolati, mentre lo accarezza energicamente ed accompagna gli scatti scoordinati dei suoi fianchi, non riesce proprio a classificare quello che sta succedendo con aggettivi negativi. Al contrario.
È meraviglioso.
È con Harry.


Draco si rialza, indolenzito ed intirizzito, mentre Harry, gli occhi serrati e le lacrime che non riescono a mescolarsi con la pioggia, tenta disperatamente di sistemare la biancheria con una mano sola. Draco lo aiuta, quasi premuroso, gli allaccia di nuovo i calzoni, gli sfiora le braccia, gli richiude il mantello. Quando sono faccia a faccia Harry lo spintona rabbiosamente con due mani, così forte da farlo urtare contro la parete opposta, mozzandogli il fiato.
-  Sei solo uno stronzo! - è il suo urlo, più un ringhio. Gli tirerebbe volentieri un pugno, se non lo amasse tanto.
Draco sfrutta biecamente quell'amore, sperando che prima o poi sarà capace di attingere solo un sorso in più di coraggio per il suo. Ogni volta crede di esserci riuscito, che è stata quella buona, ma poi torna a casa e la sua tranquilla dorata routine di cachemire e velluto lo fa ricredere. È troppo vigliacco per operare un cambiamento di quella portata, in una vita per cui cambiamento ha sempre significato dolore, paura, sottomissione, emarginazione. Si racconta di rifiutarlo per non sottostare a un qualcosa che inevitabilmente lo controllerebbe; si illude di mantenere lui, il controllo, andando a cercare Harry solo quando ne ha voglia.
Stronzate. Stronzate raccontate da un povero debole.
Harry lo fissa con odio feroce, l'odio che ha in faccia quando la foia è passata e gli resta addosso solo il sudiciume, la vergogna, l'umiliazione, i pugni serrati, il respiro pesante.
Draco gli si avvicina con cautela, gli posa la propria mano sulla sua contratta. Lo bacia così lieve che una goccia di pioggia si insinua tra le loro labbra.
Lo guarda per un paio di secondi, ne memorizza l'espressione stravolta, le narici dilatate, i capelli fradici, gli occhiali schizzati - tutti dettagli che gli torneranno utili quando sarà solo. Quando l'altro apre la bocca per parlare si volta e se ne va.
Harry non lo segue.


Draco si trova di fronte al portone di casa sua. Ha smesso di piovere, ma sicuramente entro stasera si ammalerà.
Si ricorda all'improvviso di essersi scordato di comperare le sigarette. Si tasta l'interno del mantello e ne tira fuori un pacchetto, l'ultima rimasta umida ma integra.
Si siede a terra, l'accende. Quel sapore acre lo disgusta, come sempre.
Quante cose ha dimenticato. Persino Harry in quel vicolo. Lo ha abbandonato lì, frustrato, usato, sconvolto, solo.
Quanto di sè ha lasciato con lui.
Forse troppo.
Dà l'ultima boccata, porta la sigaretta davanti agli occhi, osservando le lente volute di fumo, il bordo rosso che avvampa quando una folata di vento più intensa la colpisce.
Fumare fa schifo. E lui ne ha abbastanza di fare cose che non gli piacciono.
Inizia da quelle piccole: la getta lontano, si rialza e infila le chiavi nella toppa. Oggi, per Astoria, inventerà una nuova scusa.
Magari un giorno, se troverà il coraggio, avrà una verità da confessarle.

  
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