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Autore: TonyCocchi    10/03/2013    7 recensioni
A volte può succedere che due cuori spezzati possano ripararsi a vicenda… Ma non sempre è così semplice. E se uno dei due ha la giusta dose di sfacciataggine da arrivare a pensarlo senza rifletterci abbastanza, non può pretendere che l’altro, avvinghiato dai rovi di continue delusioni, si lasci andare insieme a lui così facilmente come sembrerebbe ovvio che faccia.
[Prussia x Repubblica Ceca (OC)]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prucec 2

Ciao a tutti! ^__^
Non mi sto facendo sentire molto ultimamente, da quando ho finito la mia ultima long-fic; sto vedendo pian piano di riprendermi.

Negli ultimi tempi tuttavia, per chi fosse interessato, la mia ispirazione si è riversata nel disegno! Se vi capita, cercate un po’ il mio account di Deviantart (anche lì il mio nome è “TonyCocchi”) su google, così potete dare un’occhiata: non sono solo scrittore, sapete ^__^
In particolare, mi è tornata voglia di dedicarmi al mio OC Repubblica Ceca, e tornare a parlare un po’ di lei e Prussia, questo strano pairing da me creato (già introdotto in una mia precedente storia, “Un letto per due perdenti”, sempre qui sul sito).

Così eccoci qui… Buona lettura a tutti! ^__^

PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!

 

 

 

Un frastornante concerto di spari, raggi laser ed esplosioni usciva dallo schermo, fino a che si interruppe in un lungo gemito.

“E con questo siamo a cinque vittorie tue contro dieci vittorie mie! Cifra tonda!” –grido Prussia alzando il joystick come un trofeo.

Tornò col sedere sul divano: “Allora, vuoi continuare a farti sconfiggere dall’invincibile sottoscritto?”

<< Non montarti la testa idiota! Ora ti aggiusto io! >>, era già pronto a sentirsi rispondere.

La proprietaria del gioco si limitò a sbuffare e a ricaricare il gioco per una nuova sfida.

Oggi è di poche parole, pensò Prussia, ma la sua solita combattività c’era tutta, così tornò a concentrarsi sui tasti; modestia a parte, e lui la metteva sempre da parte, era così bravo a quel videogame che poteva continuare a giocare e battere Repubblica Ceca e nello stesso tempo divagare un po’ su loro due.

La loro strana relazione, vista da fuori, non appariva certo come una delle più romantiche, e, visto il loro inizio, non si faticava a capire il perché.

Incontrarsi per caso in un bar, cominciare a parlare dei loro guai, lamentarsi dei felici e contenti di turno, Austria e Ungheria, prendere in giro i rispettivi rivali senza pietà, e finire in un letto a farlo nella maniera più triste, pensando a chi con quel rivale era così felice che loro, gli altri, non esistevano neppure.

Dei due era stato lui a dare il via alla cosa, quel rapporto tra scartati che sarebbe dovuto servire a consolarli a vicenda, come se bastasse davvero frequentarsi con qualcuno col tuo stesso problema per rifarsi con quel “mezzo gaudio” che alla fine non accontenta mai nessuno.

Forse da quel punto di vista, l’unico obiettivo che avevano raggiunto era aver trovato qualcuno con cui deprimersi in compagnia, ma sempre ciascuno nella solitudine dei propri guai d’amore.

“Sei a quindici.”

“Non illuderti: è stata semplice galanteria!”

All’inizio, doveva ammetterlo, si era fatto pena da solo, ma più erano andati avanti, pur così stentati, pur così incasinati, e più gli era piaciuto, non poteva negarlo, né ci avrebbe provato.

Si divertiva sul serio a tirar tardi con lei, uscire con lei, che ci si divertisse o che ci si annoiasse stravaccati su una panchina; aveva un carattere difficile e talvolta brusco, ma Ceca non era una musona, affatto. Le piaceva spassarsela, e bere birra, e non se ne trovano tante di donne con cui puoi discutere all’infinito se sia meglio la weissbier o la pilsen; aveva un senso dell’umorismo caustico che non aveva paura di sfoderare con nessuno, ed era uno spasso tanto vederla battibeccare che battibeccarci; non si tirava mai indietro qualunque fosse l’argomento, con lei si poteva parlare di tutto; anche a letto se la cavava davvero egregiamente…

Era interessante, davvero interessante.

“Vittoria numero quindici sto arrivando!”

Eppure, se certe volte era una compagnia davvero spassosa, di tanto in tanto si chiudeva a riccio nel suo lato intrattabile, negli ultimi tempi un po’ più del solito, chissà perché…
Tuttavia adesso non avrebbe mai liquidato la cosa con un superficiale “sarà quel periodo del mese” e chiuderla lì… Adesso la conosceva: era così semplicemente perché era lei, perché era Ceca, e poteva sbronzarsi in un pub fino a tarda a notte con lui e ridere di Austria rievocando i suoi momenti più imbarazzanti come mandarlo a quel paese solo perché le andava il giorno seguente. Anche questo era intrigante di lei.

“Mi sa che tra poco sarà di nuovo cifra tonda!” –esclamò salutando un nuovo punto sul contatore vittorie- “Altra partita?” –le sghignazzò dietro l’orecchio, e lei rispose scagliando il joystick sul cuscino.

“Non prendertela, sei stata battuta da qualcuno di assolutamente magnifico, ci può stare.”

“Si, si, la parata la vuoi con palloncini o coi fuochi d’artificio?” –chiese al suo ego, che come al solito si gonfiava da scoppiare al minimo soffio.

Finì di ridere, sospirò, e poggiò piano il joystick tra le gambe incrociate.

“Oggi ti vedo nervosetta.”

“Macché.”

“Ti vado a prendere una birra?”
“Guarda che siamo a casa mia, non fare come cavolo ti pare!”

Le rise in faccia, come a dirle << vedi che ci ho azzeccato? >>, ma Ceca non reagì neanche quella volta.

“Dì un po’ Prussia, com’è che negli ultimi tempi ti fai vivo così spesso?”
“Ti spiace?”
“Si.”

“Per la birra che ti frego o per distruggerti a questo gioco? Non saprei.” –alleggerì l’atmosfera con una battuta, ma in realtà era la prima volta che gli diceva chiaramente di essere infastidita dalla sua presenza.

“Scherzi a parte, vengo così spesso da te perché mi piace stare con te, no?”

“……”

Ceca, dall’iniziale mutismo con occhi sgranati, si sbatté sonoramente le mani sulla faccia, come si fa quando se ne è appena sentita una grossa, colossale.

Scosse la testa: “Che imbecille…”
“Che diamine! È così assurdo?”

“Ripensandoci no, tu sei uno che la testa se la monta più che volentieri, no? Non sono poi così sorpresa in effetti.”  

Prussia in ogni caso non era affatto risentito, anzi, sembrava divertirsi, come quando si prende in giro qualcuno: più appare incavolato e più è spassoso.

“Dai, perché fai così ora?”

“Senti, tu lo sai che io e te non stiamo esattamente insieme, giusto? Quindi riflettici prima di dire certe cose.”

Alzò le mani: “D’accordo, le smancerie non piacciono neppure a me.”

La resa era solo apparente. Le romanticherie stonavano nel loro contesto, nessuno dei due ne era troppo il tipo, ma, che a Ceca piacesse o no, Prussia aveva semplicemente una gran voglia di dire la verità.
“Però è vero, non stiamo insieme, ma facciamo un sacco di cose insieme, e, per quel che mi riguarda, mi piace un casino. Ci passerei anche tutto il giorno con te!”

“Devo buttare la console…”

Schivò il colpo e le si avvicinò: “Come puoi pretendere che tu non mi incuriosisca? Un giorno mi chiami tu stessa per fare un giro a cento e passa all’ora sulla mia audi e un altro giorno sparisci nel nulla; appena la settimana scorsa ridevi come una pazza mentre la mia freccetta al pub ha colpito il sedere di quel tizio e adesso non vedi l’ora di cacciarmi di casa.”

Ridusse ancora di più la distanza, dilatando le narici, avide dell’odore dei suoi capelli, cercando con gli occhi la sua espressione accigliata come fosse il capolavoro di qualche artista sconosciuto di cui lui era l’unico ammiratore capace di comprenderne la bellezza.

Avvicinò le labbra al suo orecchio: “Mi piacerebbe sapere cos’hai per essere così. I tuoi perché.”

Ceca chiuse i battenti al museo, girandosi dalla parte opposta.

“Chi sei?” –domandò, curiosissimo.

“……”

Le lasciò tempo per pensare a una risposta, ma alla fine buttò lì un sorrisetto rassegnato e una scrollata di spalle.

Si allontanò e prese a giocherellare innocentemente col controller. Magari le avrebbe chiesto ancora una partitella prima di andar via.

“Sono la più grande perdente di questo mondo.”

“……”

Gilbert istintivamente guardò verso la console. Gli ci volle poco per capire che di solito le persone non se ne escono con frasi del genere dopo essere state stracciate ai videogames.

“Tu invece… Tu sei “magnifico”, no? Non sei più una nazione vera ma sei stato un vincente: dì un po’, li riesci a capire certi discorsi?”

Comprendeva intanto l’importanza di ciò che si apprestava a dire; ecco perché si preparò ad ascoltarla con attenzione, tutta l’attenzione possibile, per capire.

Pavla prese fiato; si preannunciava uno sfogo lungo, e da tanto atteso.

“L’uomo che conosco da una vita e che amo ha sposato un’altra; non mi ha mai considerata più che una parte dei suoi domini e poi al massimo come un’amica; non sono riuscita a fermare Ottomano e lui ha ucciso il povero Bizantino; la Guerra dei Trent’anni mi ha visto perdere la mia libertà, e con essa ho perduto la mia fede tanto il sangue e la distruzione che ho visto tra la mia gente; Inghilterra e Francia mi hanno ceduta a Germania senza battere ciglio “per la pace del mondo intero”; ho provato ad alzare la voce con Russia e lui mi ha fatta a pezzi; crolla il muro e chi credi che Austria corra ad abbracciare se non Ungheria? Neanche il tempo di provare a non pensarci e il mio fratellino, Slovacchia, mi dice che vuole essere un nazione a parte; persino lui ho perso, certo di comune accordo, ormai era grande abbastanza, ma non è stata mica facile da digerire anche questa… E… Sicuramente mi sto dimenticando qualcos’altro.”

In un certo senso Ceca ci aveva azzeccato prima: non perché, dall’alto della sua “magnificenza”, non avesse mai conosciuto l’amarezza o la delusione. Solo che non era abituato a gestire simili situazioni: di solito la gente non si confidava con lui, non apriva il proprio cuore a un tipo all’apparenza tanto arrogante ed egocentrico.

Qualcuno che piuttosto ti viene da chiedere “riuscirà a capire certi discorsi?”.

Era strano ma a vederla così, in un certo senso, sentiva di aver ricevuto un grosso onore. Se lo meritava? Chiederselo gli aveva reso la gola un deserto.

“Io non faccio altro che perdere da secoli: per qualunque cosa io lotti, qualunque desiderio mi smuova, non faccio che tornare a sbattere la faccia per terra.”

Si girò verso di lui: le doppie punte scompigliate dei suoi capelli castani, unite a quel ghignetto isterico con cui lo fissava gli misero su un po’ di fifa.

“E ora tu mi vorresti venire a dire… che solo perché abbiamo passato un po’ di tempo insieme a “consolarci” a vicenda delle nostre sfighe amorose, hai scoperto che qualcosa è cambiato? Avanti, ti sfido, dimmelo!”
Prussia si ritrasse lungo la spalliera come solo si protese un po’ verso di lui: in quelle condizioni temeva potesse tirargli di botto un ceffone, e, visto anche il carattere, ne sarebbe stata proprio il tipo.

“Su, avanti! Cos’era quel bel discorso di prima? Mi vorresti venire a dire che ora che mi hai conosciuta meglio ti sei scordato di Ungheria e ti sei innamorato di me?”

Prussia si decise ad agire preventivamente: le afferrò il polso, e lei iniziò immediatamente a dibattersi.

“Che cazzo vuoi fare?! Hai intenzione di baciarmi e dirmi che mi ami? Che cazzata hai scelto di propinarmi, su, dimmelo!”

Le afferrò anche l’altro polso, ma non si sentì ancora del tutto sicuro: malgrado la tenesse con tutte le sue forze, la sua rabbia era ancora più forte. Continuava a gridare, e sembrava che da un momento all’altro avrebbe potuto aggredirlo a suon di calci e testate.

“Mi vuoi venire a dire che non devo per forza perdere sempre, che il lieto fine che aspetto da secoli è finalmente arrivato anche per me, che sei tu? Non ho più intenzione di illudermi, idiota! Io non ci credo, hai capito? Non ci credo! Non provare a dirmi nulla del genere perché non ci credo! Non ci credo! Non ci credo! Non ci…”

Agì un’altra volta per anticiparla. Le diede uno schiaffo per primo.

E subito dopo, smise di ritrarsi o resistere, e le si addossò, ribaltandola. Ceca poteva sentire il suo respiro, Prussia poteva vedere la luce riflettersi sulle sue lacrime.

“Io non ci credo…” –singhiozzò- “Io… Non voglio crederci…”

Prussia lasciò scorrere il silenzio.

“L’ultima è una bugia.”

Sulle prime, il suo baciò sembrò essersi posato su della ruvida pietra. Poi lei avvinghiò le mani dietro il suo collo e le sue spalle, e a quel punto Gilbert non avrebbe potuto allontanarsi neppure volendo.

Quando riaprirono gli occhi si ritrovarono distesi lungo il divano, lei sulla schiena e lui al di sopra.

Nello scorrere dei secondi successivi, Ceca cercò di rallentare il proprio respiro, mentre aspettava, guardandolo chiedersi cosa fare adesso.

Poteva baciarla ancora, magari farlo pure già che c’erano, e dirle che si era sul serio dimenticato di Ungheria, che grazie a lei aveva distolto lo sguardo da quell’amore impossibile e poteva fare anche lei lo stesso, che era vero che l’amava.

Attenzione, gli disse una voce, vacci piano.

La ragazza che hai di fronte ha subito troppe sconfitte, non ne avrebbe tollerate altre, e tu che ti definisci “magnifico” non puoi lasciarti andare e basta, e commettere l’errore di dire certe cose troppo presto, se non sei assolutamente sicuro.

Se magnifico era, e tale voleva essere, aveva delle responsabilità su quel cuore lì sotto che tornava a battere forte dopo molto tempo.

Se lui era qualcosa di diverso dalla solita preannunciata delusione, doveva dimostrarlo.

“Meglio che vada ora.”

Si rialzò, e lei si tirò su a sua volta, aggrappandosi alla spalliera.

Prussia spense la console, infilò il cappotto e avvolse la sciarpa intorno al collo. Ceca, facendo anche lei come nulla fosse, lo raggiunse sulla porta per salutarlo.

“Ci vediamo domani allora?” –domandò con un piede sul pianerottolo.

“Certo… Certo, se ti va…”

Sorrise: “Allora a domani, Ceca.”

“Ciao Prussia.”

E restò ferma, lasciando che fosse lui a chiudere la porta.

 

 

 

Si, come avete visto (e se avete letto l’altra mia storia su di loro lo sapete già) sono una coppia un po’ “dannata” questi due ^__^”

Sarà per questo che mi piacciono tanto? Ad ogni modo, spero di scrivere in futuro anche qualcosina di più “allegro” su loro due, magari una bella sbronzata in un bar? Non so… Come ho detto non è un buon periodo per le fanfic, troppa pigrizia XP

Piccola nota: quando Ceca dice di aver perduto la fede, mi riferisco al fatto che, al giorno d’oggi, la Repubblica Ceca è un paese a maggioranza atea, quindi ho pensato che Pavla dovesse essere atea a sua volta (ironicamente Gilbert ha trascorsi da monaco teutonico ed è credente tuttora…); diciamo che ho voluto imputare la sua perdita di fede alla tragedia della Guerra dei Trent’anni, esplosa appunto per ragioni religiose.
Spero che vi sia piaciuta, e di aver fatto affezionare molti di voi a questo nuovo pairing, la PruCec! ^__^

 

LE MIE FANART PRUCEC!

 

http://tonycocchi.deviantart.com/art/APH-Prussia-x-Czech-OC-352564972?q=gallery%3Atonycocchi&qo=2

 

http://tonycocchi.deviantart.com/art/APH-Still-thinking-about-them-Prussia-x-Czech-354232472

 

Chissà che prima o poi non leggerò una fic su loro scritta da altri? Magari! XD
Ciao a tutti!

 

PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!

  
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