Ciao
a tutti! ^__^
Non mi sto facendo sentire molto ultimamente, da quando ho finito la mia ultima
long-fic; sto vedendo pian piano di riprendermi.
Negli
ultimi tempi tuttavia, per chi fosse interessato, la mia ispirazione si è
riversata nel disegno! Se vi capita, cercate un po’ il mio account di
Deviantart (anche lì il mio nome è “TonyCocchi”) su google, così potete dare
un’occhiata: non sono solo scrittore, sapete ^__^
In particolare, mi è tornata voglia di dedicarmi al mio OC Repubblica Ceca, e
tornare a parlare un po’ di lei e Prussia, questo strano pairing da me creato
(già introdotto in una mia precedente storia, “Un letto per due perdenti”,
sempre qui sul sito).
Così
eccoci qui… Buona lettura a tutti! ^__^
PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!
Un
frastornante concerto di spari, raggi laser ed esplosioni usciva dallo schermo,
fino a che si interruppe in un lungo gemito.
“E
con questo siamo a cinque vittorie tue contro dieci vittorie mie! Cifra tonda!”
–grido Prussia alzando il joystick come un trofeo.
Tornò
col sedere sul divano: “Allora, vuoi continuare a farti sconfiggere
dall’invincibile sottoscritto?”
<<
Non montarti la testa idiota! Ora ti
aggiusto io! >>, era già pronto a sentirsi rispondere.
La
proprietaria del gioco si limitò a sbuffare e a ricaricare il gioco per una
nuova sfida.
Oggi
è di poche parole, pensò Prussia, ma la sua solita combattività c’era tutta,
così tornò a concentrarsi sui tasti; modestia a parte, e lui la metteva sempre
da parte, era così bravo a quel videogame che poteva continuare a giocare e
battere Repubblica Ceca e nello stesso tempo divagare un po’ su loro due.
La
loro strana relazione, vista da fuori, non appariva certo come una delle più
romantiche, e, visto il loro inizio, non si faticava a capire il perché.
Incontrarsi
per caso in un bar, cominciare a parlare dei loro guai, lamentarsi dei felici e
contenti di turno, Austria e Ungheria, prendere in giro i rispettivi rivali senza
pietà, e finire in un letto a farlo nella maniera più triste, pensando a chi con
quel rivale era così felice che loro, gli altri, non esistevano neppure.
Dei
due era stato lui a dare il via alla cosa, quel rapporto tra scartati che
sarebbe dovuto servire a consolarli a vicenda, come se bastasse davvero
frequentarsi con qualcuno col tuo stesso problema per rifarsi con quel “mezzo
gaudio” che alla fine non accontenta mai nessuno.
Forse
da quel punto di vista, l’unico obiettivo che avevano raggiunto era aver
trovato qualcuno con cui deprimersi in compagnia, ma sempre ciascuno nella
solitudine dei propri guai d’amore.
“Sei
a quindici.”
“Non
illuderti: è stata semplice galanteria!”
All’inizio,
doveva ammetterlo, si era fatto pena da solo, ma più erano andati avanti, pur
così stentati, pur così incasinati, e più gli era piaciuto, non poteva negarlo,
né ci avrebbe provato.
Si
divertiva sul serio a tirar tardi con lei, uscire con lei, che ci si divertisse
o che ci si annoiasse stravaccati su una panchina; aveva un carattere difficile
e talvolta brusco, ma Ceca non era una musona, affatto. Le piaceva spassarsela,
e bere birra, e non se ne trovano tante di donne con cui puoi discutere
all’infinito se sia meglio la weissbier o la pilsen; aveva un senso
dell’umorismo caustico che non aveva paura di sfoderare con nessuno, ed era uno
spasso tanto vederla battibeccare che battibeccarci; non si tirava mai indietro
qualunque fosse l’argomento, con lei si poteva parlare di tutto; anche a letto
se la cavava davvero egregiamente…
Era
interessante, davvero interessante.
“Vittoria
numero quindici sto arrivando!”
Eppure,
se certe volte era una compagnia davvero spassosa, di tanto in tanto si
chiudeva a riccio nel suo lato intrattabile, negli ultimi tempi un po’ più del
solito, chissà perché…
Tuttavia adesso non avrebbe mai liquidato la cosa con un superficiale “sarà
quel periodo del mese” e chiuderla lì… Adesso la conosceva: era così
semplicemente perché era lei, perché era Ceca, e poteva sbronzarsi in un pub
fino a tarda a notte con lui e ridere di Austria rievocando i suoi momenti più
imbarazzanti come mandarlo a quel paese solo perché le andava il giorno
seguente. Anche questo era intrigante di lei.
“Mi
sa che tra poco sarà di nuovo cifra tonda!” –esclamò salutando un nuovo punto
sul contatore vittorie- “Altra partita?” –le sghignazzò dietro l’orecchio, e
lei rispose scagliando il joystick sul cuscino.
“Non
prendertela, sei stata battuta da qualcuno di assolutamente magnifico, ci può
stare.”
“Si,
si, la parata la vuoi con palloncini o coi fuochi d’artificio?” –chiese al suo
ego, che come al solito si gonfiava da scoppiare al minimo soffio.
Finì
di ridere, sospirò, e poggiò piano il joystick tra le gambe incrociate.
“Oggi ti vedo nervosetta.”
“Macché.”
“Ti vado a prendere una
birra?”
“Guarda che siamo a casa mia, non fare come cavolo ti pare!”
Le
rise in faccia, come a dirle << vedi che ci ho azzeccato? >>, ma
Ceca non reagì neanche quella volta.
“Dì
un po’ Prussia, com’è che negli ultimi tempi ti fai vivo così spesso?”
“Ti spiace?”
“Si.”
“Per
la birra che ti frego o per distruggerti a questo gioco? Non saprei.”
–alleggerì l’atmosfera con una battuta, ma in realtà era la prima volta che gli
diceva chiaramente di essere infastidita dalla sua presenza.
“Scherzi
a parte, vengo così spesso da te perché mi piace stare con te, no?”
“……”
Ceca,
dall’iniziale mutismo con occhi sgranati, si sbatté sonoramente le mani sulla
faccia, come si fa quando se ne è appena sentita una grossa, colossale.
Scosse
la testa: “Che imbecille…”
“Che diamine! È così assurdo?”
“Ripensandoci
no, tu sei uno che la testa se la monta più che volentieri, no? Non sono poi
così sorpresa in effetti.”
Prussia
in ogni caso non era affatto risentito, anzi, sembrava divertirsi, come quando
si prende in giro qualcuno: più appare incavolato e più è spassoso.
“Dai,
perché fai così ora?”
“Senti, tu lo sai che io e te
non stiamo esattamente insieme, giusto? Quindi riflettici prima di dire certe
cose.”
Alzò le mani: “D’accordo, le
smancerie non piacciono neppure a me.”
La resa era solo apparente.
Le romanticherie stonavano nel loro contesto, nessuno dei due ne era troppo il
tipo, ma, che a Ceca piacesse o no, Prussia aveva semplicemente una gran voglia
di dire la verità.
“Però è vero, non stiamo insieme, ma facciamo un sacco di cose insieme, e, per
quel che mi riguarda, mi piace un casino. Ci passerei anche tutto il giorno con
te!”
“Devo buttare la console…”
Schivò
il colpo e le si avvicinò: “Come puoi pretendere che tu non mi incuriosisca? Un
giorno mi chiami tu stessa per fare un giro a cento e passa all’ora sulla mia
audi e un altro giorno sparisci nel nulla; appena la settimana scorsa ridevi
come una pazza mentre la mia freccetta al pub ha colpito il sedere di quel
tizio e adesso non vedi l’ora di cacciarmi di casa.”
Ridusse
ancora di più la distanza, dilatando le narici, avide dell’odore dei suoi
capelli, cercando con gli occhi la sua espressione accigliata come fosse il
capolavoro di qualche artista sconosciuto di cui lui era l’unico ammiratore
capace di comprenderne la bellezza.
Avvicinò
le labbra al suo orecchio: “Mi piacerebbe sapere cos’hai per essere così. I
tuoi perché.”
Ceca
chiuse i battenti al museo, girandosi dalla parte opposta.
“Chi
sei?” –domandò, curiosissimo.
“……”
Le
lasciò tempo per pensare a una risposta, ma alla fine buttò lì un sorrisetto
rassegnato e una scrollata di spalle.
Si
allontanò e prese a giocherellare innocentemente col controller. Magari le
avrebbe chiesto ancora una partitella prima di andar via.
“Sono la più grande perdente
di questo mondo.”
“……”
Gilbert
istintivamente guardò verso la console. Gli ci volle poco per capire che di
solito le persone non se ne escono con frasi del genere dopo essere state
stracciate ai videogames.
“Tu
invece… Tu sei “magnifico”, no? Non
sei più una nazione vera ma sei stato un vincente: dì un po’, li riesci a
capire certi discorsi?”
Comprendeva
intanto l’importanza di ciò che si apprestava a dire; ecco perché si preparò ad
ascoltarla con attenzione, tutta l’attenzione possibile, per capire.
Pavla
prese fiato; si preannunciava uno sfogo lungo, e da tanto atteso.
“L’uomo
che conosco da una vita e che amo ha sposato un’altra; non mi ha mai
considerata più che una parte dei suoi domini e poi al massimo come un’amica; non
sono riuscita a fermare Ottomano e lui ha ucciso il povero Bizantino; la Guerra
dei Trent’anni mi ha visto perdere la mia libertà, e con essa ho perduto la mia
fede tanto il sangue e la distruzione che ho visto tra la mia gente; Inghilterra
e Francia mi hanno ceduta a Germania senza battere ciglio “per la pace del
mondo intero”; ho provato ad alzare la voce con Russia e lui mi ha fatta a
pezzi; crolla il muro e chi credi che Austria corra ad abbracciare se non
Ungheria? Neanche il tempo di provare a non pensarci e il mio fratellino,
Slovacchia, mi dice che vuole essere un nazione a parte; persino lui ho perso,
certo di comune accordo, ormai era grande abbastanza, ma non è stata mica
facile da digerire anche questa… E… Sicuramente mi sto dimenticando
qualcos’altro.”
In
un certo senso Ceca ci aveva azzeccato prima: non perché, dall’alto della sua “magnificenza”,
non avesse mai conosciuto l’amarezza o la delusione. Solo che non era abituato
a gestire simili situazioni: di solito la gente non si confidava con lui, non
apriva il proprio cuore a un tipo all’apparenza tanto arrogante ed egocentrico.
Qualcuno
che piuttosto ti viene da chiedere “riuscirà a capire certi discorsi?”.
Era
strano ma a vederla così, in un certo senso, sentiva di aver ricevuto un grosso
onore. Se lo meritava? Chiederselo gli aveva reso la gola un deserto.
“Io
non faccio altro che perdere da secoli: per qualunque cosa io lotti, qualunque
desiderio mi smuova, non faccio che tornare a sbattere la faccia per terra.”
Si
girò verso di lui: le doppie punte scompigliate dei suoi capelli castani, unite
a quel ghignetto isterico con cui lo fissava gli misero su un po’ di fifa.
“E
ora tu mi vorresti venire a dire… che solo perché abbiamo passato un po’ di
tempo insieme a “consolarci” a vicenda delle nostre sfighe amorose, hai
scoperto che qualcosa è cambiato? Avanti, ti sfido, dimmelo!”
Prussia si ritrasse lungo la spalliera come solo si protese un po’ verso di
lui: in quelle condizioni temeva potesse tirargli di botto un ceffone, e, visto
anche il carattere, ne sarebbe stata proprio il tipo.
“Su,
avanti! Cos’era quel bel discorso di prima? Mi vorresti venire a dire che ora
che mi hai conosciuta meglio ti sei scordato di Ungheria e ti sei innamorato di
me?”
Prussia
si decise ad agire preventivamente: le afferrò il polso, e lei iniziò
immediatamente a dibattersi.
“Che
cazzo vuoi fare?! Hai intenzione di baciarmi e dirmi che mi ami? Che cazzata
hai scelto di propinarmi, su, dimmelo!”
Le
afferrò anche l’altro polso, ma non si sentì ancora del tutto sicuro: malgrado
la tenesse con tutte le sue forze, la sua rabbia era ancora più forte.
Continuava a gridare, e sembrava che da un momento all’altro avrebbe potuto
aggredirlo a suon di calci e testate.
“Mi
vuoi venire a dire che non devo per forza perdere sempre, che il lieto fine che
aspetto da secoli è finalmente arrivato anche per me, che sei tu? Non ho più
intenzione di illudermi, idiota! Io non ci credo, hai capito? Non ci credo! Non
provare a dirmi nulla del genere perché non ci credo! Non ci credo! Non ci
credo! Non ci…”
Agì
un’altra volta per anticiparla. Le diede uno schiaffo per primo.
E
subito dopo, smise di ritrarsi o resistere, e le si addossò, ribaltandola. Ceca
poteva sentire il suo respiro, Prussia poteva vedere la luce riflettersi sulle
sue lacrime.
“Io
non ci credo…” –singhiozzò- “Io… Non voglio crederci…”
Prussia
lasciò scorrere il silenzio.
“L’ultima
è una bugia.”
Sulle
prime, il suo baciò sembrò essersi posato su della ruvida pietra. Poi lei
avvinghiò le mani dietro il suo collo e le sue spalle, e a quel punto Gilbert
non avrebbe potuto allontanarsi neppure volendo.
Quando
riaprirono gli occhi si ritrovarono distesi lungo il divano, lei sulla schiena
e lui al di sopra.
Nello
scorrere dei secondi successivi, Ceca cercò di rallentare il proprio respiro,
mentre aspettava, guardandolo chiedersi cosa fare adesso.
Poteva
baciarla ancora, magari farlo pure già che c’erano, e dirle che si era sul
serio dimenticato di Ungheria, che grazie a lei aveva distolto lo sguardo da
quell’amore impossibile e poteva fare anche lei lo stesso, che era vero che
l’amava.
Attenzione,
gli disse una voce, vacci piano.
La
ragazza che hai di fronte ha subito troppe sconfitte, non ne avrebbe tollerate
altre, e tu che ti definisci “magnifico” non puoi lasciarti andare e basta, e
commettere l’errore di dire certe cose troppo presto, se non sei assolutamente
sicuro.
Se
magnifico era, e tale voleva essere, aveva delle responsabilità su quel cuore
lì sotto che tornava a battere forte dopo molto tempo.
Se
lui era qualcosa di diverso dalla solita preannunciata delusione, doveva
dimostrarlo.
“Meglio
che vada ora.”
Si
rialzò, e lei si tirò su a sua volta, aggrappandosi alla spalliera.
Prussia
spense la console, infilò il cappotto e avvolse la sciarpa intorno al collo.
Ceca, facendo anche lei come nulla fosse, lo raggiunse sulla porta per
salutarlo.
“Ci
vediamo domani allora?” –domandò con un piede sul pianerottolo.
“Certo…
Certo, se ti va…”
Sorrise:
“Allora a domani, Ceca.”
“Ciao
Prussia.”
E restò
ferma, lasciando che fosse lui a chiudere la porta.
Si,
come avete visto (e se avete letto l’altra mia storia su di loro lo sapete già)
sono una coppia un po’ “dannata” questi due ^__^”
Sarà
per questo che mi piacciono tanto? Ad ogni modo, spero di scrivere in futuro
anche qualcosina di più “allegro” su loro due, magari una bella sbronzata in un
bar? Non so… Come ho detto non è un buon periodo per le fanfic, troppa pigrizia
XP
Piccola
nota: quando Ceca dice di aver perduto la fede, mi riferisco al fatto che, al
giorno d’oggi, la Repubblica Ceca è un paese a maggioranza atea, quindi ho
pensato che Pavla dovesse essere atea a sua volta (ironicamente Gilbert ha
trascorsi da monaco teutonico ed è credente tuttora…); diciamo che ho voluto
imputare la sua perdita di fede alla tragedia della Guerra dei Trent’anni,
esplosa appunto per ragioni religiose.
Spero che vi sia piaciuta, e di aver fatto affezionare molti di voi a questo
nuovo pairing, la PruCec! ^__^
LE
MIE FANART PRUCEC!
http://tonycocchi.deviantart.com/art/APH-Prussia-x-Czech-OC-352564972?q=gallery%3Atonycocchi&qo=2
http://tonycocchi.deviantart.com/art/APH-Still-thinking-about-them-Prussia-x-Czech-354232472
Chissà
che prima o poi non leggerò una fic su loro scritta da altri? Magari! XD
Ciao a tutti!
PS:
GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!