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Autore: Porcelain    10/03/2013    2 recensioni
Tu credi nel destino? Io ci credo...e credo in noi! Credo fosse destino che ci incontrassimo quel giorno al parco...e credo sia destino che tu sia qui davanti a me oggi! Credo in quella leggenda...quella del filo rosso che lega due persone destinate a stare assieme! E sai che ti dico? Non importa quanto il nostro filo rosso sia ingarbugliato perché io so che non si spezzerà mai! E tu? Credi nel destino? Credi in noi?
Un Kurt e un Blaine diversi da quelli che conosciamo. Due vite completamente differenti. Due strade opposte che però sembrano destinate a incrociarsi. Questa è la loro storia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Time After Time;

Pairing: Klaine, ma (senza fare spoiler) vi anticipo che farò riferimento a altri pairing;

Rating: Arancione (con riserva);

Disclaimer: I personaggi di Glee appartengono esclusivamente a Ryan Murphy e alla Fox;

Note: Vi avviso che questa è la mia prima fanfiction. Si tratta di un piccolo esperimento che -dopo tante indecisioni- ho deciso di pubblicare qui. Il vostro feedback mi sarà davvero utile per capire come e dove migliorare! Non voglio anticipare niente ma spero che vi piaccia il taglio che ho dato alla storia e che non vi diano fastidio il linguaggio e i contenuti. Buona lettura e grazie per essere passati di qui! ;)

 

Prologo: Sunday x Playground

“They say that the shortest path between two points is a straight line.
But what happens if that path gets blocked?”

(Touch, Season 1, Episode 8)

 

La domenica era il giorno preferito di Kurt.

La mattina veniva svegliato dal profumo di pancake proveniente dalla cucina e, prima di alzarsi, si concedeva qualche ruzzolone tra le coperte del lettone di mamma e papà dove gli era permesso dormire una volta alla settimana.

Dopo aver fatto colazione coi genitori e sgridato -per finta- il padre Burt per aver esagerato con lo sciroppo d’acero, Kurt aiutava la madre Elizabeth a preparare il pranzo da portare al picnic e riponeva nello zainetto i 3 must per la perfetta giornata da passare al parco: il libro del Piccolo Principe che non si stancava mai di farsi leggere, l’album e i pastelli per buttare giù qualche schizzo per il suo guardaroba immaginario delle principesse Disney e il servizio da tè che gli era stato regalato per i suoi 6 anni.

Durante il tragitto in macchina per raggiungere il parco, Kurt supplicava Elizabeth perché cantasse per lui e la scelta ovviamente ricadeva su Time After Time di Cyndi Lauper. Mamma, ti prego...ancora una volta! Questa canzone è bellissima e la tua voce è bellissima e... tu sei bellissima! Kurt glielo ripeteva all'infinito e non perché fosse un ruffiano ma perché ne era realmente convinto. Lei era il suo modello e Kurt era convinto che al mondo nessuna donna avrebbe mai potuto eguagliarla.

Arrivati al parco, Burt stendeva una coperta e cominciava ufficialmente l’intenso picnic domenicale della famiglia Hummel. Se qualcuno glielo avesse chiesto, Kurt avrebbe definito la sua vita proprio come la domenica: perfetta. Poco importava che gli altri bambini non giocassero con lui o che nessuno oltre ai suoi genitori apprezzasse la sua collezione di abiti per rifornire l’armadio della Sirenetta dopo il suo trasferimento sulla terraferma. C’era il suo papà, c’era la sua bellissima mamma e c’era un invidiabile servizio da tè…e sarebbe stato per sempre così.

 

La domenica era il giorno più odiato da Blaine.

La giornata cominciava quando Max, l'esuberante cucciolo di husky che dormiva al suo fianco, iniziava a leccargli la faccia. Dopo essersi rigirato insoddisfatto nel letto per sfuggire alla luce che filtrava dalla finestra -Uffa, mai una volta che mi ricordi di chiudere i balconi!- Blaine si alzava per controllare se ci fosse qualcuno a casa.

I suoi genitori gestivano un'importante attività di import-export e per questo il padre Carl era sempre in viaggio mentre la madre Meredith era perennemente chiusa nel suo ufficio a lavorare giorno e notte. Blaine ammirava la loro dedizione ma avrebbe tanto voluto passare con loro almeno la domenica, come facevano gli altri bambini. Aveva anche un fratello più grande, Cooper, ma ultimamente sembrava distante, era sempre arrabbiato e passava la giornata nella sua stanza. Quando i genitori erano a casa spesso li sentiva discutere animatamente perché, da quel che Blaine poteva capire, Cooper non aveva intenzione di andare al college e prendere in mano l'impresa di famiglia.

Dopo essersi fatto preparare dalla domestica una tazza di latte ricolma di cereali, Blaine passava la domenica mattina accoccolato sul divano insieme all’inseparabile palla di pelo per godersi qualche film Disney. Andando avanti di questo passo non raggiungerò mai l’altezza del principe Eric…devo cercare nella libreria di casa un qualche manuale per accelerare la crescita!

La giornata proseguiva più o meno sempre nella stessa maniera, inesorabilmente lenta e ripetitiva: compiti, pianoforte, televisione e qualche corsa in giardino con Max. Se era abbastanza fortunato, il maggiordomo Paul avrebbe accompagnato lui e l'amico peloso al parco per un paio d'ore. Per gli altri bambini magari non era niente di speciale, ma per Blaine passare qualche ora al parco significava evadere da quella villa così grande ma allo stesso tempo così stretta che a volte sembrava soffocarlo.

Se qualcuno glielo avesse chiesto, Blaine avrebbe definito la sua vita proprio come la domenica: monotona. Poco importava che i suoi genitori lo riempissero di giocattoli costosi che facevano invidia a tutti gli amichetti. Lui si sentiva perennemente annoiato. Per questo aveva deciso che sarebbe cresciuto, sarebbe diventato un bellissimo principe e avrebbe fatto tutto quello che voleva quando voleva e dove voleva… non sarebbe stato mai più così.

 

E' in una di queste domeniche perfette e monotone che Kurt e Blaine si incontrarono per la prima volta.

Era primavera inoltrata e quel parco agli occhi di Kurt poteva benissimo essere il paradiso. Adorava respirare quell'aria profumata di fiori e, di tanto in tanto, si perdeva a contare i mille colori della natura che lo circondava.

Dopo aver estratto il suo servizio da tè, Kurt iniziò a distribuire sui suoi piattini i biscotti preparati con Elizabeth quella mattina. All'improvviso un'ombra si lanciò su di lui -o meglio sul contenuto dei piattini- e di riflesso il bambino chiuse gli occhi urlando per lo spavento. L'ombra misteriosa, per tutta risposta, lo leccò in pieno viso e Kurt, riaprendo gli occhi, si trovò faccia a faccia con un paffuto cucciolo di husky. Elizabeth e Burt risero a crepapelle ma Kurt non fece a tempo a metabolizzare lo shock che un piccolo razzo si fiondò sul cane.

“Maaaaaaax! Sei cattivo! Perché sei scappato via? Oh ma...”

Kurt era rimasto basito di fronte alla cascata di riccioli neri parlante che si era gettata sul cucciolo ma rimase ancora più sorpreso quando incrociò lo sguardo di quello che doveva essere un bambino più o meno della sua età. Quello era un colore che non aveva mai contato tra quelli della natura. Oro?

Quel ragazzino però sembrava essersi paralizzato sul posto. Era rimasto lì impalato a bocca aperta e incapace di finire la sua frase. Kurt concluse che forse si trattava di un qualche prototipo di robot a cui si era inceppato qualche ingranaggio. Così si spiega lo strano colore dei suoi occhi. Il robot inghiottì la saliva e si fece serio. Un robot che inghiotte la saliva? Kurt e il robot riccioluto si osservarono per qualche istante in silenzio, l'uno incerto sul da farsi e l'altro assorto in qualche strana macchinazione.

Dopo qualche istante, i due occhi dorati si illuminarono e il robot regalò a Kurt un sorriso radioso prima di lasciare il cane e lanciarsi su di lui stringendolo in un abbraccio.

“Ti ho trovato!” disse.

“Eh?” rispose Kurt, rosso in volto e incapace di ragionare dopo quell'improvviso slancio di affetto.

“Come nel film... io ho seguito Max e ti ho trovato!” disse felice l'altro.

Kurt rimase in silenzio. Al robot manca decisamente qualche rotella!

“Aspetta!” disse ancora il bambino staccandosi da Kurt e guardandolo dritto negli occhi con aria inquisitoria “Tu non hai mai visto la Sirenetta?”

“Uhm... s-sì... è il mio film Disney preferito ma...” balbettò Kurt.

“E allora non capisci?” lo interruppe l'altro di nuovo raggiante “Max ti ha trovato... proprio come nel cartone... e io beh... da grande sarò un principe... come Eric! E tu... beh potresti essere Ariel perché hai gli occhi azzurri e sei molto bello!”

Mentre il bambino dagli occhi dorati continuava a farfugliare spiegazioni riguardo al suo strano ragionamento, Kurt pensò che per qualche istante il suo cuore si fosse fermato. Gli aveva appena detto che era bello? Molto bello?

“Penso di aver capito” rispose infine “Ma quindi... tu non sei un robot?”

“Un? Un robot? No... io... non credo! Io sono il principe Eric, te l'ho detto! Allora, vuoi giocare con me?”

“S-sì... mi piacerebbe molto giocare con te! Ho fatto anche dei disegni... vuoi vederli?”

“Certo!”

Proprio come nel film Disney, Kurt e Blaine si erano trovati.

Kurt mostrò al nuovo amico tutti i suoi disegni per il guardaroba di Ariel e Blaine ne rimase estasiato. Poi iniziarono a giocare ripetendo a memoria le battute del film, fingendo di prendere il tè e rincorrendo Max. Blaine era rimasto incantato quando Kurt gli aveva raccontato a memoria la storia del Piccolo Principe mostrandogli le figure del suo libro mentre Burt e Elizabeth osservavano la scena divertiti e felici che il bambino avesse finalmente trovato un amichetto della sua età con cui giocare.

Tra una risata e l'altra, all'improvviso Blaine si fece serio e si appropriò della mano di Kurt.

“Non voglio andare a casa. Voglio rimanere qui con te per sempre!”

“Anche io voglio rimanere qui con te!”

“Nel finale della Sirenetta... Ariel e Eric si sposano... perché così nessuno può più separarli!”

“Vuoi chiedermi di sposarti?” chiese Kurt, ridendo di gusto.

“S-sì... sì! Perché così nessuno potrà mai separarci!” rispose Blaine. Era serio.

Per l'ennesima volta quel giorno, Kurt era rimasto senza parole. Non si sarebbe mai aspettato di ricevere una proposta di matrimonio a soli 8 anni.

Una voce interruppe il suo flusso di pensieri.

“Piccolo, sei davvero un bambino adorabile ma forse prima di sposarlo dovresti chiedere il permesso ai suoi genitori, non ti pare?” disse Elizabeth con tono scherzoso.

Il bambino arrossì lievemente e, ancora tenendo ben stretta la mano di Kurt, si voltò verso Elizabeth e Burt.

“Ha ragione, signora! S-sono stato molto maleducato... mi dispiace. Ma... io ho pensato che, insomma, vorrei davvero sposare suo figlio!”

La serietà di Blaine fece scoppiare a ridere i due adulti.

“Penso di non avere nulla in contrario, ragazzo, anche se mi sembri un po' troppo giovane per questo impegno. “ disse Burt.

“Ma ho già 7 anni, signore!”

“Ok, ok! Mi hai convinto! Non ci resta che scoprire cosa ne pensa la tua Sirenetta!” disse ancora l'uomo facendogli l'occhiolino.

Blaine si voltò verso Kurt che, in tutto questo, non aveva ancora espresso la sua opinione e stava valutando pro e contro di un matrimonio così imprevisto. Sicuramente quel bambino era davvero bellissimo, gentile e educato, era stato approvato dai suoi genitori, aveva il cane che a lui era stato sempre negato e, anche se era più piccolo di lui, sembrava già molto responsabile. Per quanto si sforzasse non riusciva a trovargli un difetto e, se l'amore si misurava in battiti del cuore, allora Kurt era certo che non avrebbe mai amato nessuno quanto Blaine perché il suo cuore stava battendo all'impazzata.

“I-io... s-sono d'accordo!” disse infine.

“Allora da oggi sei il mio fidanzato!” rispose l'altro, senza nascondere il suo entusiasmo.

Oddio! Ha detto che sono il suo fidanzato! Lo ha detto davvero! Io, Kurt Hummel, sono il fidanzato di...un momento...come ha detto che si chiama?

“Io...io però credo di non sapere ancora come ti ch-”

“Signorino Blaine!” lo interruppe una voce severa proveniente da uomo vestito di nero che aveva messo a guinzaglio Max e osservava torvo il suo... fidanzato Blaine? Che bel nome Blaine!

“Dov'era finito? Le avevo detto di non allontanarsi!” disse l'uomo non degnando di uno sguardo la famiglia Hummel.

“Scusami. Stavo solo...” tentò di dire Blaine, rafforzando la presa sulla mano di Kurt.

“Andiamo! É terribilmente in ritardo per l'ora del tè e sua madre oggi ha fatto l'impossibile per poterle fare compagnia!” lo interruppe di nuovo l'uomo, afferrando la mano libera di Blaine.

Prima di lasciare prematuramente il suo fidanzato, Blaine si avvicinò al viso di Kurt stampando un piccolo bacio sulla sua guancia.

“Aspettami, mi raccomando! Promettimelo! Non dimenticarti che adesso sei il mio fidanzato!” continuò a urlare Blaine mentre si lasciava trascinare via svogliatamente dall'uomo.

“Te lo prometto! Io... il mio nome è Kurt Hummel... e penso che ti aspetterò per sempre!” gridò finalmente Kurt ma Blaine era già lontano.

"Kurt...anche noi dobbiamo tornare a casa! Quei nuvoloni non promettono nulla di buono!" esclamò infine la madre indicando le nuvole scure che cominciavano ad addensarsi in cielo.

"Va bene...ma torneremo domenica prossima, vero?" chiese il bambino.

"Ma certo! E sono sicura che il tuo amichetto sarà qui ad aspettarti!"

Kurt passò al parco ancora molte domeniche ma non rivide più Blaine. Poi, quell'anno, la sua vita subì un drastico cambiamento e decise che non ci sarebbe tornato mai più.

 

Nove anni dopo...

La domenica era il giorno preferito di Blaine.

La mattina poteva svegliarsi tardi e, prima di alzarsi, amava crogiolarsi nei ricordi della sera precedente. C'era sempre qualche festa esclusiva a cui veniva invitato e con gli amici della Dalton non mancavano mai gli aneddoti indimenticabili da immagazzinare nella propria memoria. Solo quando Max cominciava a lamentarsi per avere un po' di attenzione, Blaine si decideva finalmente ad alzarsi.

Mentre faceva colazione consultava l'agenda e programmava attentamente le attività per riempire al meglio la sua giornata senza far mancare un po' di tempo per il pianoforte, la chitarra, la boxe e qualche telefonata agli amici. La vita di Blaine era decisamente impegnata perché lui era il secondogenito della famiglia Anderson e, come tale, doveva essere perfetto e impeccabile in ogni occasione. Dopo che Cooper era praticamente scappato di casa per inseguire i suoi sogni a Los Angeles, era infatti toccato a Blaine soddisfare le aspettative dei genitori e per qualcuno con la sua determinazione e forza di volontà raggiungere l'eccellenza non era certo un miraggio. Questo ovviamente equivaleva a rinunciare in parte alla vita spensierata di un normale adolescente ma Blaine sembrava non preoccuparsene.

Tuttavia, non importa quali fossero i suoi impegni, ogni domenica il ragazzo riusciva comunque a ritagliarsi un po' del suo tempo per prendere il suo SUV e partire con Max alla volta del parco della periferia di Lima. Non avrebbe saputo spiegare il motivo del suo amore per quel luogo ma era inconsapevolmente diventata una sua piccola tradizione domenicale e adorava trascorrere lì i pomeriggi. Solo lì si sentiva davvero libero e rilassato. Solo durante quel paio d'ore al parco Blaine si concedeva un ruzzolone sul prato e qualche risata un po' più sguaiata del solito quando Max si lanciava su di lui facendolo cadere. Adori davvero imbrattare tutte le mie maglie di marca con le tue impronte, eh cagnaccio?

Prima del tramonto, Blaine rientrava a casa per un tè con la madre. Anche quella era diventata una piccola tradizione della sua domenica. Ogni volta la donna si informava di tutti i progressi del figlio e si scusava per le lunghe assenze che lei e il marito dovevano fare per lavoro. Questi piccoli momenti sembravano bastare a Blaine. Aveva da tempo messo a tacere quella parte del suo cuore che si sentiva sola e infelice. Tutto ciò che desiderava era rendere i genitori fieri di lui e non si sarebbe mai permesso di mostrarsi in qualche modo insoddisfatto ai loro occhi. Non li avrebbe mai delusi e se il prezzo da pagare per questo era indossare una soffocante maschera di perfezione Blaine l'avrebbe fatto senza tirarsi indietro.

Per questa ragione, quando i suoi genitori durante una rara cena assieme lo avevano reso partecipe delle difficoltà economiche dell'impresa di famiglia dovute a degli investimenti sbagliati, Blaine non aveva esitato ad accettare il trasferimento dalla Dalton -la cui retta era ridicolamente alta- a una scuola pubblica nella vicina cittadina di Lima. Certo, non sarebbe più stato circondato dall'élite della gioventù dell'Ohio e sicuramente si sarebbe dovuto accontentare di un livello di insegnamento di seconda categoria ma per un lui non sarebbe stato difficile trasformare anche la più squallida delle scuole in un istituto quanto meno rispettabile.

La domenica prima dell'inizio della scuola, Blaine non aveva trovato il tempo per abbattersi all'idea di non indossare la sua divisa. Era elettrizzato dalla nuova sfida che gli si poneva davanti. Aveva fantasticato più del dovuto sulla sua entrata ad effetto al liceo McKinley e sul programma di riforma che avrebbe proposto non appena fosse stato eletto come rappresentante d'istituto e per questo non si era accorto delle nuvole che avevano oscurato il tramonto del sole dietro le cime degli alberi del parco. Una lieve brezza di vento lo fece rabbrividire e le prime gocce di pioggia che annunciavano un imminente temporale lo ridestarono dai suoi pensieri. Era decisamente in ritardo per il tè con la madre. Mise a guinzaglio Max e si affrettò a lasciare il parco.

Mentre raggiungeva la macchina, Blaine indugiò con lo sguardo su uno strano ragazzo fermo davanti l'entrata del parco. Aveva i capelli scompigliati, con dei ciuffi rosa che sembravano sfuggiti a un tentativo di acconciatura. Una maglia stropicciata e decisamente troppo grande sbucava fuori da un paio di pantaloni neri strettissimi che delineavano la sua figura magra e slanciata. Il vento avrebbe potuto facilmente sollevarlo e trascinarlo via se non fosse stato trattenuto a terra dal pesante paio di anfibi che portava ai piedi. Le borchie, i tatuaggi e i piercing malamente camuffavano il suo viso da bambino, deturpato da lacrime scure che si confondevano con la pioggia. Il ragazzo tremava e singhiozzava sforzandosi di tenere gli occhi chiusi, come se in questo modo potesse isolarsi e tenere lontano tutto il resto del mondo. Cosa c'è qui fuori che ti fa tanta paura?

Se a Blaine fosse stato concesso, si sarebbe fermato, avrebbe stretto quel ragazzo tra le braccia e lo avrebbe consolato. Gli avrebbe detto di non piangere per non rovinare quel viso d'angelo e magari con un po' di coraggio si sarebbe permesso di offrirgli un caffè. Ma per Blaine tutto questo era socialmente sconveniente. Abbracciare un mezzo rifiuto della società? Offrire un caffè a un ragazzo? Sperando di ottenere cosa? Un appuntamento magari? Dovrei misurarmi la febbre! Semplicemente tutto questo era inconcepibile per un Anderson. Per questo, Blaine si limitò a rivolgergli un ultimo sguardo di sufficienza e mise in moto la macchina per tornare a casa. C'era ancora qualche dettagli da limare prima del grande giorno.

 

La domenica era il giorno più odiato da Kurt.

Si svegliava sempre di soprassalto. A volte erano gli incubi e a volte la nausea. Più spesso erano entrambi. Cercava di decifrare dove fosse, con chi e come fosse arrivato lì. É mattina? Pomeriggio? Ma non si sforzava troppo. Non aveva importanza. L'importante era raggiungere il bagno per poter vomitare. Per ridestarsi dal giramento di testa che lo coglieva subito dopo si gettava sotto la doccia sperando di lavare via anche le sue colpe, i suoi errori, i suoi incubi. Ma più tornava in sé più avrebbe dovuto ritornare ubriaco e privo di coscienza. A volte indugiava a guardare la sua immagine allo specchio. Il viso magro e pallido, il trucco sbavato che l'acqua non era riuscita a rimuovere, le profonde occhiaie, i capelli scompigliati. Ciò che vedeva non faceva che aumentare la sua nausea. Si rivestiva velocemente -Dove diavolo è finita la maglietta? Beh, non gli darà fastidio se ne prendo in prestito una, no? Boxer, pantaloni, anfibi... Cosa manca? Ah già! La mia maschera di indifferenza!- e correva via evitando di imbattersi nell'amante occasionale che lo aveva ospitato per la notte. Era piuttosto facile per Kurt trovare compagnia allo Scandals, il locale alternativo dove si esibiva come cantante ogni sabato sera. Era invece più difficile dare spiegazioni il giorno successivo: odiava le chiacchiere post-scopata e odiava quello sguardo da “É stato fantastico!”, “Possiamo rivederci?”, “É significato qualcosa anche per te?”. In realtà, Kurt odiava semplicemente se stesso.

Col tempo, chi aspirava a una seconda volta con Kurt aveva imparato a non fare domande e a fingere di non aspettarsi mai qualcosa in più. Questo era quello che Kurt Hummel offriva loro. Prendere o lasciare. Questo era Kurt Hummel. Era un angelo bello e dannato vocato all'autodistruzione, un pericoloso e intossicante mix di fascino, sfrontatezza e innocenza perduta che piombava nelle loro vite quando meno se lo aspettavano. Era impossibile non desiderarlo ma era altrettanto impossibile sperare di possederlo. Per questo, quando lui se ne andava con la sua espressione vuota ma segnata dall'infelicità nessuno lo tratteneva. Sapevano che lo avrebbero ritrovato prima o poi. Sarebbe ripiombato nelle loro vite forse per i soldi, forse per non aver trovato di meglio per passare la notte o forse per l'alcool che lo rendeva docile e facilmente avvicinabile.

Una volta solo, ogni domenica Kurt lasciava che le sue gambe lo trascinassero davanti al parco nella periferia di Lima ma non riusciva mai a varcarne la soglia. Non vi aveva più messo piede dopo quel giorno di nove anni fa. Kurt odiava la domenica perché ogni volta, mentre osservava il sole che tramontava e le famigliole felici che facevano ritorno alle proprie case, il suo cuore veniva attanagliato da un senso di cupa malinconia che sembrava dilaniarlo. Non voleva essere lì ma non riusciva a farne a meno. Questo era parte dell'autolesionismo di Kurt. E ogni volta, mentre il mascara sembrava sanguinare dai suoi occhi rigando con lacrime nere il suo viso di porcellana, Kurt si ritrovava a canticchiare quello stupido motivetto di Cyndi Lauper.

If you're lost you can look and you will find me... time after time.

Dio, odio quella canzone! Odio piangere! Odio essere così dannatamente debole!

Non importa quale maschera Kurt decidesse di indossare davanti agli altri ogni giorno. Irriverenza? Sensualità? Cinismo? Crudeltà? Arroganza? Cosa propone il Kurt Hummel's Carnival Show oggi? Di fronte all'ingresso di quel parco che ancora profumava dei suoi ricordi d'infanzia, Kurt tornava ad essere solo un ragazzino terrorizzato e prematuramente disilluso dalla vita. Era un giocattolo rotto, una fragile bambola che dopo aver tanto lottato per riparare le sue crepe aveva finito per gettarsi via e lasciarsi vivere.

Infine, una volta scesa la sera, Kurt lasciava che fosse l'inconscio a guidarlo talvolta allo Scandals dove per una qualche insensata ragione si sentiva protetto e intoccabile, talvolta a casa di qualche sbandato incapace di dire di no a qualche moina e a un paio di occhioni da cerbiatto. Qualche volta, invece, si ritrovava davanti alla casa del padre e della sua nuova famiglia. Quella non è più casa mia. Quando suonava il campanello, la casa si immergeva nel silenzio. La porta gli veniva aperta senza fare domanda.

A volte aveva sentito il padre rimproverargli qualcosa.

Non avevamo tue notizie da più di una settimana! Ti costa tanto fare una telefonata?

A volte aveva sentito la matrigna piagnucolare qualche frase fatta.

Oh tesoro, eravamo così in pensiero! Sei stanco? Hai fame?

A volte aveva sentito il fratellastro farfugliare qualcosa senza senso.

Hey coso, Rachel ha detto che vorrebbe passare una serata come ai vecchi tempi.

Come ai vecchi tempi? Sul serio Finn?

Queste voci rimbombavano nella testa di Kurt senza che però lui riuscisse a trovare una risposta. A malapena raggiungeva la sua stanza, si faceva scivolare nel letto e si lasciava cullare dal buio che regnava dentro e fuori di lui fino al sopraggiungere del sonno e degli incubi che portava con sé.

Con il tempo poi anche la famiglia Hummel-Hudson aveva smesso di fare domande. Lo osservavano impotenti aspettandosi che da un momento all'altro quel guscio vuoto si sgretolasse davanti ai loro occhi. Neppure Burt faceva più domande al figlio perché bastava incrociare lo spento blu del suo sguardo per avere già tutte le risposte.

Quella domenica davanti al parco Kurt sembrava particolarmente inconsolabile e non riusciva davvero a smettere di tremare. Il mondo sembrava girare così velocemente intorno a lui mentre lui si sentiva così invisibile e perso. Chiuse gli occhi sperando che tutto scomparisse. Le lacrime continuavano a scendere, il mondo continuava a girare e il cuore continuava a fare male. Non si accorse della pioggia che cominciava a cadere. Non si accorse del ragazzo che gli passava vicino e non sentì i suoi occhi dorati posarsi su di lui.

Alla fine, le sue gambe presero la strada che portava a casa Hummel-Hudson. Aveva decisamente bisogno di dormire e l'amica Quinn gli aveva scritto numerosi messaggi per ricordargli che l'indomani sarebbe ricominciata la scuola. Non che gliene importasse veramente qualcosa ma doveva fingere, indossare la sua maschera e lasciarsi trasportare alla deriva dalla corrente. Se finire il liceo poteva evitare domande, casini e discussioni con il padre, allora valeva la pena presentarsi ogni mattina in quell'inferno. In fondo, non sarebbe comunque stato un inferno peggiore di quello che già albergava nella mente e nel cuore di Kurt Hummel. 

 

 Note di fine capitolo: Ringrazio tutti i lettori che sono arrivati fino a qui! Mi auguro che non sia stata una completa tortura e ci terrei davvero molto ad avere la vostra opinione! Questo capitolo è stata una piccola introduzione ai due personaggi. Come avete visto, la loro storia ha preso una piega differente rispetto all'originale e poco a poco -se vi andrà ovviamente- vi farò entrare  nel loro mondo un po' contorto e "sconfusionato". Cercherò di aggiornare la storia ogni settimana...sempre che gli impegni con l'università me lo permettano! A presto spero! :3


  
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