Era prona sul letto, il seno poggiato sulla sua coscia e il volto affondato nel suo fianco.
La stanza immersa nell'oscurità, che dava luce alle ombre dei rami degli alberi spogli, e nel silenzio, che faceva ascoltare il rombo dei tuoni distanti.
Quando era piccola il buio le faceva paura, perché aveva l’animo da scienziata e gli scienziati volevano fare luce su tutto.
Quando era piccola odiava la pioggia, perché era un impedimento, non le permetteva di andare in giardino a esplorare, a cercare strani animali sull’erba; era costretta, si sentiva prigioniera della casa.
Da quando amava Vegeta, niente le faceva più paura, perché il cuore non riusciva a considerare pericolo tutto quello che la ragione reputava tale. Si fidava di lui. Lui era la sua protezione. Lui era la sua salvezza. Lui era tutto.
Da quando amava Vegeta odiava solo il fatto di non riuscire più a non amarlo. La dipendenza: brutta malattia; era costretta, si sentiva prigioniera di lui e quanto le piaceva.
Seduto sul materasso, si era poggiato con la schiena alla testiera del letto e, con un sospiro stanco, aveva abbandonato il capo.
Nell'ultimo periodo tutto era strano e quella sera non era stata da meno.
Avevano scopato come quasi ogni sera, perché nonostante tutto quel tempo, si amavano ancora così tanto, da vincere lui e i suoi effetti sulla pelle di lei, ma aveva scopato in una maniera insolita, rara.
Nessun gioco di potere, nessuno spettacolo di supremazia, nessuna spinta violenta, né strette assassine.
Strano, troppo strano per Vegeta che amava il potere, la supremazia, la violenza.
Le aveva riservato le stesse cure che si sarebbero dovute riservare a una rarità, ma lei per lui non voleva essere rara, voleva essere sempre.
Gli baciò l’inguine e prese ad accarezzargli l’interno coscia con lentezza e malizia.
“Va tutto bene?”
Aveva sempre avuto il respiro leggero Vegeta, ma aveva imparato a saper ascoltare solo quello.
Non parlò, però interpretò come risposta l’accelerazione dei battiti del suo cuore, l’ennesimo sospiro sconfitto.
Era nervoso. Chissà cosa gli passava in quella testa solitaria, che manco con il tempo aveva voluto votarsi alla compagnia e alla comprensione degli estranei.
Era nervoso. Si sarebbe calmato da solo, come sempre.
Era tutto strano quella sera, ma lei voleva che tutto fosse normale. E niente era più normale delle sue inutili chiacchiere.
“Hai sentito cosa è successo in città? Sembra che ci sia stata un’esplosione inspiegabile e tanti feriti. E poi dicono che la gente si comporta diversamente dal solito, come se fosse manovrata.”
Mentre saggiava con le dite la sua pelle, percepì i suoi muscoli tendersi.
Preoccupazione? Ansia? Nervosismo? Paura?
Quelle stramberie non le lasciavano presagire nulla di buono. L’aria era tesa, irrespirabile e non riusciva a distrarsi nemmeno nutrendosi del suo profumo perfetto.
“Se ti dicessi che è venuto a rompere i coglioni l’ennesimo pazzo?” Chiese atono.
Trattenne un ghigno bastardo, di quelli che gli aveva insegnato a fare Vegeta e sospirò tranquillamente.
Si alzò e si mise a cavalcioni sulla sua gamba, facendo aderire il suo seno ai suoi addominali, poggiando la testa sopra la sua spalla e pizzicando con i denti la sua pelle.
“Quel poveretto mi fa pena. Oltre ad essere stupido, sarà pure ucciso.”
Vegeta deglutì con la gola e si passò una mano tra i capelli. Gli aveva tagliati da tempo.
Un cambiamento radicale: sbarazzarsi di quanto di più caro e proprio aveva, per dimostrare che non erano solo fandonie le sue e voleva davvero avere una vita con lei, accettando e imparando dagli errori del passato.
Si trasformò in Super Saiyan senza preavviso e lei strizzò gli occhi per quel bagliore improvviso. Era forte la luce che emanava quell’aura dorata, accecante e talmente potente da non poter riuscire a guardarla per più di un secondo senza avere bruciore.
La stanza si illuminò e, dopo essersi abituata alla luce, guardò quelle iridi azzurre senza pupille e senza espressione.
“Si chiama Baby. E’ uno Tsufuro e vuole vendetta contro noi Saiyan. Per diventare forte si serve del corpo delle altre persone: le combatte, le ferisce e quando mostrano tutta la loro potenza, entra nel loro corpo.”
Sembrava distrutto e stanco, mentre lo diceva. Incredulo.
Aveva osservato ogni singolo movimento delle sue labbra e ogni piega del suo volto e aveva scorto un taglio che ne turbava la perfezione.
Gli baciò le labbra e gli accarezzò le guance lisce, senza rughe.
“Ti amo, in qualunque situazione.” Lui la stava fissando interdetto.
Era una fortuna che era così vanitosa da curare ogni minimo dettaglio del suo corpo, dalle rughe attorno agli angoli della bocca, alle unghia lunghe e laccate di rosa pallido.
O forse la vera fortuna era l’amore.
Si portò una mano sopra il cuore e con fatica, trattenendo smorfie di dolore, cercò di graffiarsi la pelle, di aprire la sua carne.
Una piccola goccia di sangue colò sul suo ventre e poi un’altra e un’altra ancora, fin quando di rosso c’era una linea continua e infinita che sgorgava da una piccola apertura sulla parte sinistra del suo petto.
Bruciava quel maledetto graffio, ma sarebbe morta pur di stare sempre con Vegeta.
Si accasciò nuovamente sul suo petto con uno splendido sorriso sul volto ancora giovane.
“Ora può entrare pure in me.”
Era forte lei. Lo amava con tutta sè stessa.




Tipo la volevo scrivere da una vita e alla fine ho preso il coraggio.
Il Gt è un'aberrazione immonda, ma qualcosa di buona ne doveva pur uscire.
Spero che il senso si sia capito e che non faccia troppo schifo come il Gt. xD
Grazie mille a tutti quelli che la leggeranno o commenteranno. <3
Notte a tutti!