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Autore: Luce Amaryllis    11/03/2013    1 recensioni
La vita sembra seguire la regola del dos, des.
Per Hermione Granger tutto sembra perdere senso.
La vita, gli amici, la famiglia, sua figlia.
Nulla ha più importanza, nulla le interessa più.
Draco Malfoy è un padre che cerca di andare avanti, combattendo contro i sensi di colpa, contro il passato torbido che tenta di risucchiarlo.
Ma il tempo fa crescere, e quando ti ritrovi davanti il tuo nemico, un'anima fragile come la tua, capisci che si può essere diversi ma capirsi ugualmente.
Andare avanti ugualmente. E amarsi, come mai si sarebbe potuto immaginare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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BEYOND THE END

1. The Pain of Loss


 


 


 

Stanotte, adesso, si
mi basta il tempo di morire
fra le tue braccia cosi
domani puoi dimenticare, domani...
ma adesso dimmi di si'..”.


[Il tempo di morire] – Lucio Battisti


 


 


 


 

La vita ti fa un regalo, la vita ti toglie.

Come se la filosofia del “io do”, “tu dai”, sia una regola fissa.

Ma quando la vita si appresta a toglierti qualcosa, lo fa senza avvisare.

E non c'è pioggia, o sole, che possa fermarla.

La Morte aveva salutato Harry Potter con la promessa che - quando si sarebbero finalmente rivisti -, lui l'avrebbe salutata come una vecchia amica.

La Morte era tornata a fargli visita.

E a togliergli una parte importante di vita che qualcuno, lassù, gli aveva donato.

 

*

 

I cimiteri dei maghi suscitavano emozioni meno angoscianti rispetto a quelli babbani.
Hermione Granger aprì l'ombrello, non appena finissime gocce di pioggia andarono a depositarsi come cristalli trasparenti sui suoi capelli, donandogli il solito aspetto gonfio.
I ciottoli dei viali che conducevano alla tombe le ferivano i piedi, protetti da scarpe il cui tacco, incastrandosi nel terreno, aveva rischiato di farla crollare sulle sue gambe già diverse volte.
E se fosse caduta, Hermione si fissò le gambe con cipiglio severo, le sue calze di nylon color carne si sarebbero sicuramente smagliate. E non sarebbe stato affatto decoroso.
Camminò sui tacchi incerti, fino a raggiungere una piccola folla.
Tutti vestiti di nero, alcuni con fazzoletti bianchi in mano, alcune donne con velette di pizzo calate sugli occhi umidi.
Hermione le trovò profondamente antiche.
-Hermione!.-
Sua madre le si era avvicinata. Hermione la fissò con occhi vacui, chiedendosi cosa ci facesse lì.
Alle sue spalle si erigeva la figura imponente di Alexander Granger, suo padre. Era vestito di tutto punto, ma il nodo della cravatta aveva una sbavatura appena impercettibile.
A Hermione venne l'istinto di alzarsi sulle punte dei piedi per sistemargliela.
A suo padre piaceva essere preciso.
Proprio come a lei.
Jane Granger si scambiò uno sguardo preoccupato con il marito.
Erano giorni che Hermione non pronunciava una parola e che si era estraniata dal mondo.
E ora era lì', come una bambola di pezza priva di ossa, muscoli, tendini, ed espressioni.
Priva di emozioni.
Quando il prete cominciò a parlare, un fastidioso ronzio riempì le orecchie di Hermione.
Il prete aveva una voce noiosa e pastosa.
Pronunciava le parole senza il minimo sentimento, una cantilena petulante di suoni indistinti che proclamavano all'unisono le stesse emozioni.
Mezz'ora, e la funzione terminò.
La lapide si svuotò dopo un altro quarto d'ora, il rumore della pioggia che ovattava il suono delle lacrime, e dei singhiozzi e anche quello delle suole di scarpe che calpestavano la ghiaia, allontanandosi da un luogo di dolore e disperazione.
Hermione se ne andò fra i primi, provando fastidio nelle continue soffiate di naso a discapito di poveri fazzoletti innocenti.
Gli alberi erano importanti, e venivano tagliati solo per far sfogare alle persone i loro istinti.
Hermione lo trovava patetico.
Così come trovava patetici i vestiti completamenti neri, abbinati alle scarpe.
Lei infatti aveva indossato un vestito bluastro.
Un tocco di colore avrebbe ravvivato quel luogo tetro.
E anche quella lapide, schifosamente bianca.
Bianca come l'assenza, come il vuoto, come il niente.

 

Narcissa Malfoy non aveva mai levato la veletta calata sugli occhi.
Era una veletta di pizzo pregiato, di seta nera. Elegante e raffinata.
Con la borsa costosa stretta sotto il braccio, si avvicinò alla lapide bianca.
Aveva un'ondeggiare tranquillo, contenuto.
E se ne stava ben diritta su tacchi di pelle nerea senza dare il minimo segno di cedimento quando la ghiaia si incastrava sotto la suola.
La funzione era durata una mezz'ora, aveva udito con fastidio le parole monotone del cerimoniante.
Non aveva udito le lacrime, nascoste dalla pioggia scrociante, ma poteva ben immaginare quante se ne fossero unite al piangere del cielo scuro.
Aveva poi visto una processione di ombrelli allontanarsi, una ragazza dai capelli gonfi e crespi vestita di blu spiccare come una macchia di colore tra una pozza nera come l'inchiostro di un calamaio.
La lapide era semplice e bianca, adorna di fiori.
Crisantemi bianchi, narcisi, magnolie, rose e gerbere rosse.
E una foto grande, dai colori vivaci.
Narcissa Malfoy diede le spalle alla tomba, incamminandosi all'uscita del cimitero. 
L'espressione di Molly Weasley le aveva aperto una ferita sul cuore.

 

 

 

*

 

 

Quando rincasò, era ormai buio.
Il cielo aveva smesso di piangere da qualche minuto, e le superfici verdi si stavano ora beando del loro nutrimento più prezioso.
Narcissa Malfoy si tolse il cappotto, lasciandolo nelle mani di un elfo domestico che con un inchino se ne andò.
Malfoy Manor era stranamente silenzioso, e Narcissa provò un senso di inquietudine mentre percorreva le lunghe scale di marmo pregiato che l'avrebbero condotta nell'enorme sala che da anni la vedeva indiscussa padrona.
Il fruscio del suo abito elegante carezzava i pavimenti, i suoi pendenti d'oro tintinnavano bisbigliando.
Lucius Malfoy la accolse con un sorriso sul volto spettrale – Ben tornata mia cara.-
Narcissa ricambiò quella parvenza di sorriso, andando ad accomodarsi nel divano di pelle, proprio accanto all'ombra di quello che un tempo era stato suo marito.
Lucius era pallido ed emanciato, un male a corrodergli l'anima e il fisico.
Aveva perso ogni traccia della sua avvenenza, anche se poteva ancora intravedersi un briciolo di fierezza dentro i suoi occhi verde pallido.
Nulla riusciva ad allietargli le giornate, ormai votato al mutismo e al silenzio.
Se la loro bambina per qualche tempo gli aveva donato la grande forza di un tempo, da mesi ormai si trascinava con aria stanca, e passava ore a fissare ciò che si estendeva oltre la finestra del loro soggiorno. Non staccava gli occhi dai paesaggi, dal cielo, dalle zone di colore che i suoi occhi captavano.
I Medimaghi avevano detto che la malattia, unita alla depressione, lo avrebbe portato a spegnersi nel giro di un anno.
Non c'era voglia di vita in Lucius, non c'era più niente dell'uomo che per anni aveva sventolato con fierezza i suoi ideali.
L'uomo di cui Narcissa si era perdutamente innamorata, appena quindicenne, era morto da un pezzo.
Le pozioni avrebbero anche potuto far effetto, ma cosa potevano fare da sole senza la voglia di guarire e tornare ad essere se stessi?.
-Ti vedo pensierosa.- Lucius la fissò con attenzione.
Quella era una delle rare giornate in cui riuscivano ancora a parlare.
Narcissa si riempì la tazza di pregiata ceramica veneziana con del thè caldo, portandosela poi alle labbra carnose. Aveva labbra piene, di un color ciliegia naturale. 
-Al cimitero c'era una cerimonia.- rispose Narcissa, sorseggiando il thè – E pioveva a dirotto.- aggiunse, storcendo la bocca in un'espressione infastidita.
A Lucius venne da ridere. Narcissa non aveva mai amato la pioggia, neanche da ragazza.
-Un povero vecchietto ha tirato le cuoia?.- sibiò Lucius, ritrovando il consueto sarcasmo.
Narcissa non rispose subito.
Ripensò ai capelli umidi di Molly Weasley, ai suoi occhi che neanche la veletta consunta riuscivano a nascondere. Ripensò al giovane che non aveva visto, ma che doveva essere lì, al vestito bluastro e le gambe magre di una strega che aveva le calze di nylon smagliate e che traballava su tacchi bassi.
Narcissa sospirò – No.- e raddrizzò la schiena, gli occhi azzurri fissi su qualcosa di lontano – Non è stato un vecchietto ad incontrare la Morte.-
-E allora chi?.- insistette Lucius – Ora che non leggo più i giornali sono completamente all'oscuro di tutto ciò che accade nel mondo magico.-
Narcissa Malfoy chiuse gli occhi. Poi li riaprì, l'espressione nuovamente fredda e distaccata – Ronald Weasley.-
-Prego?.-
-Il funerale.- spiegò Narcissa, la voce piatta – Era di Ronald Weasley.-
La Morte aveva restituito un figlio a Molly Weasley, e qualche anno dopo gliene aveva preso un altro.
L'espressione di Molly Weasley avrebbe tormentato le notti di Narcissa Malfoy per molto tempo.

 

 

 

*

 

 

Ginevra Weasley si attorcigliò la sciarpa rossa intorno al collo, liberando poi i capelli che erano rimasti intrappolati sotto la lana grezza.
Insispirò dai quei fili fatti a maglia, riconoscendo l'odore del tipico dopobarba di Ronald.
Pensare che l'aveva sempre trovato nauseante.
Una base muschiata, intrecciata al sandalo.
Un odore forte, intenso, come la presenza di Ron tra loro in tutti quegli anni.
Ginevra si inginocchiò di fronte alla lapide del fratello.
Il funerale era stato solamente una settimana prima, ma i fiori avevano già cominciato a perire sotto il gelo autunnale che stava investendo la regione.
Con delicatezza, Ginny rimosse le gerbere, ormai completamente morte, le magnolie e anche i crisantemi nonostante fossero ancora freschi.
Ginny aveva sempre odiato quel tipo di fiore.
Erano così tristi. Così da funerale.
A Ron non sarebbero piaciuti. Li avrebbe trovati un grosso spreco di spazio.
Sorridendo appena dopo giorni, Ginny depositò sul marmo il modellino di una scopa da Quiddich.
Era in formato mini, ma ritraeva fedelmente una perfetta Firebolt di ultima generazione.
-Così potrai farti dei voletti interessanti lassù.- gli disse Ginny, carezzando la foto dove Ron, sorridente e gaio, con i limpidi occhi azzurri sgranati e un sorriso aperto, la stava guardando – Sono sicura che troverai la compagnia giusta.-
Come si aspettase una risposta, Ginny attese qualche secondo prima di ricominciare a parlare.
-Sai.- cominciò, quasi imbarazzata, gli occhi scuri posati su una rosa dal bocciolo aperto – Vorrei dirti una cosa. Sei il primo a saperlo, per cui vedi di non fare la spia.- e assottigliò le iridi castane, in una perfetta imitazione di sua madre e Percy – Ho deciso di smettere di giocare a Quiddich.-.
-Lo so.- continuò, imperterrita, come se avesse paura che davvero Ron potesse interromperla – Che eri contento perchè così potevi scroccare biglietti gratis ma adesso puoi andare ovunque no?. E poi sai.- ammise, gli occhi quasi velati – Senza di te non mi da più gusto. Con chi posso battibeccare?. Percy è così noioso, George pensa solo alla sua nuova conquista e Fred... bè Fred è uno spettro. Gira per casa come se fosse ancora di là. Ti ricordi come lo prendevamo in giro?.- Ginny gettò la testa all'indietro, i lunghi capelli rossi a danzarle sulle spalle come animati di vita propria – Gli dicevamo sempre che poteva fare concorrenza a Nick Quasi Senza Testa.- e tornò seria e adulta.
Indurì i lineamenti graziosi, e anche le iridi sempre così brillanti e ardenti – Ho deciso di iscrivermi al corso per diventare Medimaga. Voglio poter salvare le vite delle persone. Voglio fare qualcosa di buono. Comincerò il corso lunedì. Se tutto andrà bene tra qualche annetto avrai una sorella ricca e famosa. Più che se avessi continuato a giocare a Quiddich.-
Il silenzio regnò sovrano per lunghissimi minuti.
Il cimitero era quasi deserto, e le poche persone che vi si erano recate stavano diritte davanti ai loro cari, sperando in un segno che indicasse loro la loro presenza, anche se invisibile.
Ginny si rimise in piedi, pulendo ancora una volta il marmo bianco, e annaffiando i fiori rimasti, anche se non ce n'era bisogno.
Fu con una certa riluttanza che si decise ad andare via.
-Ciao Ron.- mormorò, a voce bassissima – Ci vediamo presto, te lo prometto.-
Ginny passò di fianco a molte tombe, alcune pieni di fiori, altre piene di ricordi.
Stava leggendo il nome di una persona che le sembrava di conoscere quando qualcuno le sbattè forte contro la spalla.
Non fece in tempo ad aprire bocca per urlare al maleducato che forse doveva guardare davanti a se e non ai propri piedi che la figura completamente ammantata di nero era già arrivata al cancello.
Non riconobbe niente, bardata com'era.
Un particolare però le balenò davanti gli occhi.
Una ciocca di capelli di un biondo quasi bianco.
Consapevole, forse più di quello che aveva immaginato, Ginny si affrettò verso l'ala est del cimitero, quella che ospitava le cappelle di famiglie famose e importanti, rigorosamente purosangue.
Su una lapide di pregiato marmo rosa antico, profilato d'oro, una singola rosa, di un tenue azzurro, giaceva sul basamento, insieme ad un angioletto genuflesso. La rosa era protetta da una campana di vetro sottilissimo, avvolta da aurea magica che serviva per non farla perire.
Ginny fissò la foto, rimanendo incantata dalla bellezza di una giovane donna dai lineamenti di porcellana, capelli biondi come l'oro e occhi azzurri e vividi, che sorrideva dolcemente.
Lesse le iscrizioni, sentendo un blocco formarsi a livello dello stomaco.
Ne aveva sentite di storie, su di lei.
Una ragazza morta a neanche vent'anni. Di parto, si era vociferato.
Ma le voci erano state messi a tacere, perchè quella ragazza dalla bellezza divina era la moglie di un rampollo di una casata che un tempo era stata famosa, e poi era decaduta. 
Con difficoltà, la Casata ora annaspava, cercando di riemergere dal fango in cui era affondata e riappropiarsi dell'antica importanza e prestigio.

 

 

Asteria Danae Grengrass
B- 31st March 1983

                                                                                                           D- 1st Jenuary 2003

In our hearts, forever.

 

 

 

L'uomo con cui si era scontrata doveva essere Draco Malfoy.

 

 

*

 

 

Quando rientrò nel piccolo appartamento nella periferia di Londra in cui abitava, Ginny Weasley trovò una lettera ancora sigillata depositata sopra il tavolo della cucina, appoggiata sopra i libri sulla Medimagia che aveva acquistato a Diagon Alley.
La aprì velocemente, riconoscendo la grafia che aveva vergato il nome del destinario.
La lettera era breve e coincisa.


Non voglio gente intorno,
e spererei che almeno questa volta il mio messaggio fosse chiaro.
Se dovessi mai aver bisogno mi metterò in contatto con te.

 

Harry Potter

Ginny provò una fitta al cuore.
Neanche quella volta le aveva chiesto di James.

 

 

 

*

 

 

Jane Granger era stata molto gentile.
L'aveva fatta entrare in casa e accomodare in salotto, dicendole che sarebbe salita in camera a chiamare Hermione.
Era rientrata poco dopo, il viso teso in un'espressione sofferente e angosciata.
Jane l'aveva fissata con gli occhi quasi lucidi – Ti prego, prova a parlarle.- l'aveva implorata, per poi correre in cucina, con il viso lacrimoso nascosto su un grembiule da cucina.
Daisy Aarons aveva salito le scale di legno, sorridendo di tutte le foto che ritraevano Hermione, fin dal suo primo bagnetto, al suo diploma a Hogwarts, ottenuto con il massimo dei voti.
La camera di Hermione era la prima sulla destra.
Aveva ancora la porta verniciata di rosa, e uno scacciasogni con le farfalle appese sullo stipite.
-Hermione.- la chiamò Daisy.
Ma invano.
Hermione se ne stava sprofondata in poltrona, il volto apatico e i ricci flosci spioventi sul volto esangue.
In una culla di legno bianco per bambini, Rose aveva cominciato a piangere, senza che sua madre avesse la benchè minima intenzione di occuparsi di lei.

 

 

 

 

Se avete letto fin qui, e vi fa piacere dirmi che ne pensate, a me farebbe molto molto piacere.

Ovviamente accetto critiche costruttive e consigli.

La fanfiction parte con toni drammatici ma il tempo lenisce tutte le ferite, per cui si farà meno cupa con i prossimi capitoli.

A presto!

 

Luce Amaryllis

  
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