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Autore: Sk8erboi    11/03/2013    3 recensioni
Protagonisti della storia Dorian, giovane studente newyorkese , e suo fratello Chris, di appena due anni. Quest'ultimo è ignaro spettatore di un omicidio ai limiti dell'immaginabile, colpevole di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato; i suoi giovani occhi hanno visto troppo e qualcuno dovrà pagarne le conseguenze.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Era aggrappato alla ringhiera con le due manine paffutelle,da qualche minuto aveva distolto lo sguardo dal palloncino che aveva preso la sera prima al luna park, lo teneva legato al polso a mo’ di braccialetto, per evitare che volasse via. Osservava incuriosito, la bocca spalancata e gli occhi sgranati, immobile. Un uccello, pensò il fratello maggiore mentre preparava il caffè in cucina, i bambini di quell’età hanno molto da scoprire, e quasi sempre rimangono incantati dagli animali, soprattutto dagli uccelli, dai loro movimenti eleganti, dalla loro danza divina che sfida il vento e la forza di gravità. Ma ad osservarlo bene Dorian notò che nello sguardo del piccolo Chris c'era un qualcosa di strano, una smorfia che svelava curiosità ed inquietudine allo stesso tempo,fino a che il piccolo strinse ancora di più le mani attorno alle sbarre di ferro,e urlò, urlò forte. Cercava di allontanarsi ma il filo del palloncino si era impigliato nei ferri della ringhiera, e il bimbo si dimenava, e tirò cosi forte che il filo si spezzò, lui cadde all’indietro e il palloncino rosso volò lentamente nell’aria, percorrendo tutti i dieci piani del palazzo, per poi liberarsi nel cielo. Dorian corse subito fuori, raccolse il bambino dal pavimento del balcone e lo strinse a sè, mentre si affacciava al balcone. Vetri rotti, porte che sbattevano, le grida soffocate di una donna si levavano dalla casa di fronte, proprio nel punto in cui Chris aveva posato il suo sguardo da ormai dieci minuti. Dorian posò suo fratello e si sporse, vide che nella finestra dell’appartamento parallelo al suo apparentemente era tutto in ordine. ''Chiamo la polizia, tu resta qui e non ti muovere'', esclamò il giovane, Chris taceva, era impassibile, si limitò ad inarcare le ciglia e a deglutire. Nella sua ingenuità e nella sua innocenza infantile, aveva capito che quello per lui era l'inizio della fine.
Dorian sollevò suo fratello, trascinò la porta dietro di sé e scese rapidamente le scale. Uscì, correndo verso il palazzo di fronte. Già si sentiva il suono delle sirene in lontananza, che come come il suono di un violino in un orchestra si mischiava perfettamente alla sinfonia del caos cittadino. Il ragazzp si fermò fuori il grande portone nero, seguito dalla vecchia signora Mayfair che, ancora in pigiama e pantofole, era accorsa attratta dalle urla: << Ma si può sapere che diavolo è successo?!>> chiese acidamente aggrottando le sottili ciglia bianche, << E’ quello che mi chiedo anch’io>> rispose Dorian con tono preoccupato. La vecchia si voltò verso il bambino e cambiando rapidamente espressione e tono della voce lo prese tra le braccia, farfugliando le solite smancerie che si dicono ai bambini di quell’età. In attesa della volante entrarono nell’androne del grande edificio,era deserto. Dorian si buttò di peso su un gradino, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si prese il volto tra le mani, afflitto da una preoccupazione che non riusciva a spiegarsi, intimorito da una faccenda che apparentemente non gli riguardava. I vetri filtravano le luci delle sirene e il ragazzo si alzò di scatto, i poliziotti esitavano ad entrare e lui, con le mani premute sui fianchi, urlò: <>. Il grande portone si aprì e un vecchio poliziotto entrò di sbotto, seguito da un agente di colore che lanciò uno sguardo interrogativo alla signora Mayfair. Dorian si intromise e rispose all’implicita domanda indicando la rampa di scale, <>. L’agente più anziano premeva impazientemente il pulsante dell’ascensore, come se le ripetute chiamate le permettessero di scendere più velocemente,mentre l’altro poliziotto avanzava spedito salendo due gradini alla volta. Nel frattempo la vecchia donna inventava giochi ridicoli per intrattenere il bambino, che rispondeva con stridule risate infantili, strappando un involontario sorriso anche al fratello intimorito. I minuti passavano e Dorian attendeva, le spalle appoggiate al muro e le braccia conserte, un movimento compulsivo del piede che marcava la già evidente impazienza. Dopo un quarto d’ora di vana attesa decise di salire e vedere di persona cos’era successo. Ad ogni pianerottolo si materializzava sempre più l’oscuro presentimento che lo turbava. Giunto al quinto piano vide che la porta era spalancata, l’agente di colore percorreva il lungo corridoio avanti e dietro, con sguardo perso. Il ragazzo entrò nella casa della signora Deaver, e dal corridoio la prima cosa che scorse fu il salotto perfettamente ordinato, andando avanti sentì la voce dell’altro poliziotto, quello grasso e anziano, e seguì le imprecazioni che provenivano da una stanza in fondo al corridoio. Con reciproca incuranza evitò il poliziotto che camminava lungo il corridoio ed entrò in quella che gli parve essere la stanza da letto, dapprima scorse la moquette insanguinata , poi alzo gli occhi alla parete: quello che si trovò davanti fu uno spettacolo indescrivibile, qualcosa che neanche l’insana fantasia del più perverso essere umano avrebbe potuto concepire, un’immagine che si fissò nella sua mente come un timbro,e che in futuro avrebbe rivisto ogni volta che avrebbe chiuso gli occhi, ad ogni battito di ciglia, ogni volta che il buio avrebbe cancellato la realtà e gli avrebbe offerto carta bianca per immaginare. Era impossibile descriverlo. Dalla parete si affacciava il corpo di una donna, le braccia aperte e il volto chino sul seno, era inchiodata al muro dai bulloni che affondavano nelle bianche carni, fissavano al muro le piccole mani insanguinate e tenevano insieme i piedi accavallati. Era completamente nuda, un’incisione meticolosa partiva dall’incavo dei seni , percorrendo l’addome per poi fermarsi poco sopra il pube. Lo squarcio nel ventre vomitava le interiora insanguinate, che penzolavano sfiorando la spalliera del letto, e il sangue colava lentamente, piccole gocce rosse bagnavano il guanciale ,’’ clop, clop, clop’’, un interminabile stillicidio. Gli umidi capelli castani le coprivano il volto, e dall’unica parte del viso che lasciavano scoperta si poteva intravedere qualcosa di ancora più *raccapricciante di tutto quello che aveva visto fino ad allora, difficile da credere: La dentatura e le gengive erano completamente esposti e sul volto della donna si disegnava un agghiacciante sorriso a denti stretti, simile a quello di un teschio. Le labbra erano state rimosse con precisione chirurgica e gettate sul pavimento. Una crocifissione, una vera propria crocifissione senza croce, che riproduceva  con discreta fedeltà l’immagine propinataci per secoli e secoli di un Cristo che giace crocefisso con un’espressione di dolore, la figura sotto la quale i fedeli si inginocchiano per pregare e cercare gioia e conforto. Probabilmente gli stessi fedeli che ora pregano col crocefisso in mano, se avessero assistito all’esecuzione la fede l’avrebbero persa irrimediabilmente, perché nessun Dio può permettere un simile scempio, la negazione di ogni principio di umanità, la più esplicita e innegabile manifestazione della perversione dell’uomo. D’un tratto gli occhi dell’agente si posarono sullo sguardo di Dorian, uno sguardo passivo, sterile, vuoto. La voce gli si era bloccata in gola, un conato di vomito sembrava alzarsi dalle sue viscere,i muscoli inturgiditi,era immobile, con gli occhi fermi sul volto della donna e un’inconsapevole,morbosa attenzione al ritmo con cui le gocce di sangue cadevano giù, ‘’clop, clop, clop’’. Così il poliziotto posò la mano sulla spalla del ragazzo, allontanandolo da quella che per lui era una semplice scena del crimine, ma che per un ingenuo studente appena ventenne rappresentava la fine di ogni fede nel prossimo, la consapevolezza di trovarsi in un mondo che solo per un eufemismo poteva essere definito crudele, un inferno in cui per la prima volta raccolse l’amara consapevolezza che un essere umano, anzi, un essere, potesse fare una cosa del genere a un suo simile.
  
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