Damn It
[Shikamaru=> Sorpresa]
Avanzò in punta di piedi, nella stanza in penombra: le tapparelle
abbassate lasciavano trapelare qualche raggio di sole orizzontale, che si
rifletteva su di un letto, poco più in là.
Mise le mani dietro la schiena, muovendosi il più possibile
lentamente. Ma tanto, sapeva che non stava
dormendo.
Si avvicinò a quella figura avvolta scompostamente nelle coperte,
intravedendo così il suo volto.
Inclinò la testa da un lato, quando scorse il tipico broncio sulle
labbra di lui.
Il solito, si ritrovò a pensare,
divertita.
Inginocchiata vicino alla sua testa, portò avanti una mano verso la
fronte. Nel farlo, lo sentì mugugnare.
Sospirò. Scottava ancora.
Fece per ritrarsi, quando la presa di lui la
trattenne.
« Che ci fai qui? ». E tossì.
Lei si riprese subito dopo, mantenendo un tono fermo. « Sono venuta
a vedere come stavi ».
« Allora te ne puoi andare » fece brusco, lasciandole libero il
polso.
Lo sentì rigirarsi nel letto. Ora, le dava le
spalle.
« Hai la febbre. Vado a prenderti del ghiaccio » replicò lei, senza
far caso alle sue parole.
« Non mi serve niente, ti dico ».
« Sì, hai ragione, ti misuro anche la temperatura
».
Shikamaru sbuffò, coprendosi il volto con il cuscino. Che
rottura.
Lei si morse le labbra, prima di rialzarsi. « Davvero vuoi che me
ne vada? ».
Silenzio.
« Hai capito cos’ho detto? » disse, incrociando le braccia,
risentita.
Ora, brontolava qualcosa contro la stoffa e le piume d’oca. No, un
momento, stava proprio imprecando.
« Fa’ un po’ come ti pare » ribatté, come suo solito,
sensibile.
Conficcò nuovamente i denti nelle labbra. E divennero
rosse.
« Perché diavolo sei stato tutto quel tempo sotto la pioggia? »
chiese improvvisamente, non riuscendo a
trattenersi.
Lui, in risposta, premette ancor di più la testa contro
cuscino.
« Aspettavi qualcuno? » continuò, stringendo i
pugni.
Shikamaru si lamentava tra le coperte, contrariato. « Dacci un
taglio ».
Sbatté con furia un piede per terra. « Rispondimi!
».
Solo allora, spinse via il cuscino, voltandosi verso di lei:
inspirava furiosamente, guardandolo severa.
« Ho freddo » replicò impassibile, « del the andrà bene ». Che
faccia di bronzo.
Gli occhi di lei si assottigliarono.
« Sono sicura che tu sappia dov’è il bollitore » rispose,
sardonica.
Un broncio gli oscurò il viso. Mpf, non c’era più rispetto per i
malati.
***
Era tutto il giorno che pioveva. Non la finiva
più.
Se ne stava davanti alla finestra a guardare le pesanti gocce, che
cadevano frenetiche sulla strada.
La cenere calda brillava nel buio della stanza. Lui espirò, e del
fumo accarezzò il vetro opaco.
Tutto sommato, era stata una giornata tranquilla, pensò. Mise poi
le mani in tasca, colto da un brivido di freddo.
Quando, da fuori, incontrò lo sguardo di due occhi blu indagatori,
la sigaretta fra le sue labbra perse un sospiro.
La figura di lei era avvolta dalla pioggia: persino i suoi capelli
curati, ora, ricadevano scomposti sul viso.
Era di fronte casa, sola, a sentire la pioggia scivolarle lungo il
corpo. E sulle guance tiepide.
Lo fissava. Lo stava
fissando.
Dannazione, si disse. Non sembrava proprio che volesse andarsene.
Di nuovo, espirò.
Strinse la stoffa interna della divisa, e del blu rimaneva a
scrutarlo.
Cosa voleva dirle? Distolse lo sguardo, indeciso.
Magari non era lei. Pioveva, dopotutto: poteva essere
chiunque.
Quell’azzurro intenso sembrava insistere
disperatamente.
Scocciato, rialzò lo sguardo: grigio.
Se ne era andata. Magari, era stanca di
aspettare.
La cenere, intanto, aveva preso da un pezzo il posto della
cartuccia.
Dilatò gli occhi, osservando attonito il ciglio della strada. Non
si rese nemmeno conto di essere corso fuori.
E che la sigaretta si era spenta. E che era, lì, da un po’ di tempo
ad osservare la pioggia scivolargli addosso e attorno ad una figura inesistente
davanti a sé.
Si diede dello stupido: lei non sarebbe mai venuta. « Ino »
sussurrò, stringendo le gocce nelle proprie mani.
Continuò a rimanere sotto quelle nuvole troppo nere e decisamente
troppe. Ed aspettò.
Ripensandoci, forse sarebbe tornata.
***
Lei era ormai sulla porta: la schiena rivolta verso di
lui.
Si morse la lingua. Sapeva che se ne sarebbe pentito, poi. « Grazie
» brontolò.
La vide irrigidirsi. Ma non rispose: sapeva di
forzato.
Lui ruppe nuovamente il silenzio, inaspettatamente. « Davvero non
me lo vuoi fare quel the, Ino? ».
Sentendola ridere, Shikamaru pensò che essere malati non era poi
così male.
Fine.
Note dell’autrice:
Shot quasi fuori
programma e con qualche spoiler. Davvero senza pretese.
È il preludio della mia prossima Fic, e mi è venuta in mente
perché, fino all’altro giorno, ho avuto il raffreddore e perché qui piove
sempre.
Un po’ OOC lo è, lo ammetto. Ma perdonatemi, purtroppo non ci
riesco più di così.
E poi, diciamocelo, una scena romantica tra quei due cadrebbe per
forza nell’ OOC! XD
Anche stavolta, non scampate. Sì, alcune
precisazioni.
Allora, il testo è messo in modo tale da suscitare sorpresa.
Scommetto che pensavate fosse Temari inizialmente,
eh?
…
No?! Va bene, come non detto. -__-
Poi, il titolo è dovuto al fatto che Shikamaru non riesce ad
esprime quello che prova e che, nonostante lo neghi, i suoi sentimenti cercano
di emergere.
Bene, ho finito.
Spero vi sia piaciuta, anche solo un poco.
Anle