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Autore: petitecherie    12/03/2013    4 recensioni
Un viaggio in treno, gli occhi persi nel tramonto e nel paesaggio. Il racconto di una Cantastorie che altro non è che un richiamo velato che infrange le barriere dello spazio e del tempo ed in grado di arrivare a Colui che degli incanti è padrone e signore.
E infine, una fiaba dolceamara per riscoprirsi e ritrovarsi, affinché ogni mistero sia svelato e un sogno possa essere realizzato.
Un possibile epilogo per un film tanto amato.
Dal testo:
L'amore non dimentica.
Mai.
A volte, ha solo bisogno di tempo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Sarah
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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E' stanca ed assonnata quando si siede languida nel primo posticino vuoto che trova. Si ritiene fortunata, comunque, perché è vicina al finestrino, gli occhi già immersi nel paesaggio ancora immobile.
E' tardi, realizza, osservando le sfumature del cielo che si tingono di rosso, ma è ancora presto, decide, perché la stella del Vespro non è ancora apparsa.

Un fischio, poi un altro, e il treno si muove. Accanto a lei non c'è nessuno e la donna – perché è una giovane donna, ora – posa sul sedile vuoto la propria borsa pesante e piena di documenti che intende esaminare una volta tornata a casa.

No, non ci interessa sapere cosa faccia adesso, dove è andata e dove sta tornando, a noi basta guardarla lì, in questo momento preciso, con i lunghi capelli scuri sciolti sulle spalle, il nasino impertinente e quelle pozze verdi che scrutano il mondo con decisione e prontezza.
E' una Campionessa ma la bambina seduta di fronte a lei non lo sa e non lo può sapere e Sarah si ritrova a sorriderle quando la vocetta mielosa le domanda una fiaba di principesse incantate e castelli volanti.
No, non ci interessa nemmeno sapere chi sia questa bambina, se sia sua figlia o figlia di qualcun altro, se sia solo un'illusione. No. Vi basti sapere che c'è e ha gli occhi verdi, gli occhi di chi crede alle fate.

Sarah ha di nuovo gli occhi immersi nel paesaggio che scorre rapido, tinto dalle sfumature del cielo e scurito dall'avanzare della notte e per un secondo, uno soltanto, si abbandona al lento dondolio del viaggio.
Il passo da Campionessa a Cantastorie è insolitamente breve, quando il tramonto si affaccia all'orizzonte.


The sun is sleeping quietly
Once upon a century
Wistful oceans calm and red
Ardent caresses laid to rest

For my dreams I hold my life
For wishes I behold my night
The truth at the end of time
Losing faith makes a crime


Lontano, molto lontano, un uomo – se così possiamo definirlo – sta ammirando un cielo stellato riflesso in un cristallo di puro ghiaccio. Lui, il Re, colui che è Sogno e tutti i sogni, può sentire il richiamo nascosto in quelle parole.
<< Così è e sarà, mia preziosa. >> dice sorridendo felino, un baluginio negli occhi spaiati.

L'amore non dimentica.
Mai.
A volte, ha solo bisogno di tempo.

**



I wish for this night-time
to last for a lifetime
The darkness around me
Shores of a solar sea
Oh how I wish to go down with the sun
Sleeping
Weeping
With you



**


Quando Sarah scende dal treno, nella piccola stazione di un paesino immerso nel verde e nelle stelle, non si stupisce di avvertire una presenza al suo fianco. Ha visto il barbagianni bianco danzare nella notte e ne ha sorriso.

Il tempo è compiuto, ha pensato. Aspetta, gli ha detto, beandosi della sorpresa nei suoi occhi da gatto quando ha rifiutato di prendere la sua mano guantata. Voglio una fiaba. E' ancora la quindicenne del Labirinto, nonostante il suo aspetto da adulta.

Lui ha sorriso, malizioso. Ciò che è detto, è detto, ha sentenziato. Ed ha iniziato a raccontare.


*

C'era una volta un re molto malato. Nessuno speziale conosceva la cura alla sua malattia e la regina si disperava. Se suo marito fosse morto, avrebbe dovuto sposare un altro uomo per la salvaguardia del regno, poiché lei e il re non avevano avuto eredi, ma mai avrebbe potuto accondiscendere a ciò. Ella amava suo marito e non avrebbe mai potuto amare altri.

Occorreva, perciò, una decisione. E una fredda notte, uscì dal castello per recarsi da una fattucchiera. La trovò avvolta nel suo scuro mantello accanto al focolare a preparare chissà cosa le diceva l'estro del momento. La regina espose la sua richiesta e sul tavolo poggiò, insieme alle monete d'oro zecchino, una fiala contenente sangue e seme del suo signore marito.
La fattucchiera alzò appena la testa. Repentina si mosse. Mischiò gli elementi, pestò le erbe, fuse i liquidi. Tutto era pronto e ad essa aggiunse il composto della fiala.
Ora la regina poteva andare ma non sapeva che non aveva ancora pagato il prezzo di quella bevanda.

Nove mesi dopo nel regno si festeggiava dopo molti giorni di angoscia. Alla regina erano nati due bambini, due gemelli. Un maschietto e una femminuccia. Nonostante la morte del re e del dolore che essa aveva provocato, la regina si fece forza e decise di andare avanti per quei bambini. Solo con il tempo la regina avrebbe capito l'errore.

I bambini crescevano ed erano molto uniti benché il loro aspetto fosse molto diverso. E all'età di quattro anni, la regina rinchiuse la piccola perché finalmente aveva compreso il prezzo della strega. La femminuccia altri non era che la figlia della strega, ben quanto fosse cresciuta nel ventre della regina, una strega che da sempre aveva odiato il re.
Con la forza della magia, quella bambina avrebbe sedotto il fratello e avrebbe creato una progenie diabolica quanto regale. E così, fingendo che la bambina fosse pazza, la regina la rinchiuse per bene nella torre più alta del castello e lì rimase, fino a che le guardie non l'avvertirono della morte di quella creatura.
Tutti quelli che sapevano dell'inganno della strega, tirarono un sospiro di sollievo: il principino era salvo. E il tempo passò.

Il principe crebbe forte e bellissimo e andava sempre a caccia con il suo amico più caro, Ippolito. Un giorno, la foresta sembrava più strana del solito e i due fanciulli si persero. Temevano di non ritrovare più la strada di casa poiché quel luogo non assomigliava per nulla all'amata foresta in cui di solito cacciavano. Fu una voce a trarli in salvo. Una voce di fanciulla. E seguendola, si ritrovarono dinnanzi ad una casetta.
La fanciulla che li aveva salvati, notò Ippolito, era molto banale: un viso qualunque, abiti da contadina, il portamento schiacciato. Solo i modi stupivano in quanto sembravano dettati dalla Grazia e dalla Gentilezza fatta persona.
Questa era una parte dell'inganno: quella fanciulla, in realtà, era un mostro e al principe bastò un attimo per riconoscerla sotto quelle false spoglie ma mantenne il riserbo. Solo quando l'amico si fu profondamente addormentato, egli si rivolse a lei e disse: “Tu sei la nuova strega. Sei pure mia sorella. Non puoi ingannare il mio cuore, anima gemella.”
Abbandonate le sue misere sembianze, la strega apparve in tutto il suo splendore e il principe la baciò con devozione. Insieme osservarono poi il crepitare delle fiamme e l'imbrunire selvaggio della notte.
L'indomani la strega insegnò loro come uscire dalla foresta incantata ma promise al principe che per lui ci sarebbe stata sempre. Con quella sicurezza nel cuore, il principe tornò al castello, a quel suo regno di pace ravvivato dalla fiamma dell'amore.

Poiché tutte le cose belle devono finire, il regno fu coinvolto in una dolorosa guerra. Il principe era il più coraggioso di tutti e combatteva garantendo l'onore del suo popolo e la salvezza del suo regno. Un triste giorno, però, egli fu ferito da una freccia avvelenata.
Grande fu la disperazione della regina che non poteva rivolgersi a nessuno, temendo un nuovo inganno e dolori maggiori di quelli di anni prima. Ippolito, invece, non ebbe dubbi. Corse a chiamare la strega.
Il giovane sapeva dell'amore del principe e non voleva che la strega fosse presa in giro, così le portò abiti e gioielli e trasformò la strega nella Regina delle Fate. Con il suo lungo abito rosso, la strega accompagnata da Ippolito, fece il suo ingresso a corte.
La regina comprese subito chi fosse la fanciulla. Anche se per poco, aveva amato quella bambina come se davvero fosse stata sua, e decise di sperare in lei. Ella tacque e attese.

Alla strega non ci volle molto per salvare il principe. Sigillò la sua salvezza con un bacio di vero amore e rese forte il suo spirito. Il principe si risvegliò e tutto il regno celebrò il gran giorno. Per di più, gli avversari si erano ritirati e nessuna battaglia turbava più l'orizzonte.
Il ciambellano, sospinto dalla gioia del popolo, chiese che la strega sposasse il principe e anche il giovane, stringendole la mano, la pregò di restare.
La strega guardò la regina che, solenne, pronunciò tali parole: “A tuo giudizio, figlia mia. Né io né i tuoi temiamo gli Dèi e nessun fulmine ci ha colpito finora. So di aver sbagliato. Tu sei stata mandata per salvare e non per punire e di questo ti sia fatta grazia. E' giusto che tu divenga la nuova regina.”
La strega abbassò il capo. “Il prezzo.” bisbigliò “E' questo il prezzo.” Maestoso fu il suo inchino al principe e alla regina e poi, con calma si diresse all'uscita e nessuno poté fermarla. Il principe si affacciò alla finestra finemente decorata e annunciò: “Tutto è finito.”
Almeno lui aveva la fermezza nel cuore.

Ippolito non si arrese, invece, e seguì di nuovo la strega. Le domandò il perché del suo gesto e la strega non poté far altro che spiegare: “Una strega non può diventare regina e il principe ha bisogno di una vera regina al suo fianco.”
“E l'amore?”incalzò il giovane.
“L'amore vivrà sempre in noi, Ippolito. Non può morire. Io e lui saremo sempre, non temere.” E così dicendo, la strega scomparve nel fitto del bosco.


*

Non c'è un lieto fine, ha notato la Campionessa.
E' vero. Pensa a questo, comunque. Il principe e la strega erano sicuri del loro amore. Ci sarebbero stati sempre. Non è la cosa più importante, Sarah?, ha domandato lui.

Lei lo ha guardato – dentro – per un lungo istante e poi, ha capito. Si è ricordata del loro scontro e ha sorriso, dolce, e ha pronunciato con grazia: “Lascia solo che io ti domini e potrai avere tutto ciò che desideri. Non hai che da temermi, amarmi, fare ciò che io ti dico e io diventerò il tuo schiavo.”

Tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto per te, conclude lui.

Si guardano, allora, e si sorridono, soddisfatti così.

Sorrow has a human heart
From my god it will depart
I'd sail before a thousand moons
Never finding where to go

Two hundred twenty-two days of light
Will be desired by a night
A moment for the poet's play
Until there's nothing left to say







Note autrice:
Salve a tutti! E' la prima volta che pubblico qui...insomma, in un certo senso no (e qui vi rimando alle mie follie con Saliman che si sono realizzate in “Alice in Labyrinth”). Erano anni che pensavo di completare questa one-shot e pubblicarla, ma non chiedetemi perché, non ho mai avuto il coraggio di farlo.
Così, questo file incompiuto dormiva pacioso sul mio pc...fino ad oggi. Diamo la colpa all'ascolto di Bowie e dei Nightwish, che sono una combo pericolosa, ma che mi hanno fatto venire l'Illuminazione, nonostante fuori piova.
Ovviamente, ogni commento è gradito, positivo o meno. E giusto per essere chiari, questa è la mia visione, estremamente personale, di Sarah e Jareth, per cui, se siamo finiti OOC non vogliatemene.
Detto questo, un grazie sentito a chiunque leggerà <3


Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, non scrivo a scopo di lucro e blablabla. La canzone citata è Sleeping Sun dei Nightwish, altre citazioni sono ricollegabili al film Labyrinth. Il titolo della OS è tratto dall'omonima canzone di Emilie Autumn.














   
 
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