Biancaneve.
Le dita toccavano i tasti del
pianoforte e una melodia innaturale permeava l’aria. Sembrava tutto così bello
e fresco. Il salotto luminoso dalla larga porta-finestra
spalancata. Le tende bianche svolazzanti nella brezza, aperte su un mare
azzurro. Ma era tutto così inespressivo. Sorridere come sorridono le maschere di Venezia. Amare come amano le statue di marmo delle divinità greche.
Ma quella
melodia…
Era così estranea a tutto ciò.
Era così sublime.
Un colpo alla testa.
…Che c’è?
Prima che tutto questo
cominciasse… pesto di calore e vapore acqueo, simile ad una palude, una giungla
esotica, ma tutto era bianco e malaticcio come in una camera d’ospedale.
C’era una donna che partoriva
nella camera d’ospedale. Un po’ ovattate, ma sentivo grida e pianti. Poi voci
concitate. Il bambino era nato, un fagotto un po’ sanguinolento di carne e
cartilagine, fragile come la sua nuova vita fuggevole. Una
corsa per i corridoi e una puntura sul braccio. La
lingua che si arrotolava all’indietro e la sensazione di soffocare, di poterla
inghiottire. Ah, il sapore del sangue sul palato. Rivoltante.
Il sangue sul palato, il sangue sul palato… no, è gelatina? Che
cos’è? Congela. Scorre nelle vene e si congela. E’ come acqua ghiacciata, o
come un tentacolo dal pavimento che mi stringe la carne. La pelle diventa
rigida e bianca. Tutto bianco, bianchissimo.
Le mattonelle sono bianche. Il
marmo è bianco. La luce è bianca. Il ghiaccio trasparente, i
miei occhi trasparenti, le lacrime trasparenti, il dolore divino e luminoso.
Tutto questo dopotutto è bello, sorprendentemente bello.
La fiaba di Biancaneve.
Una goccia di sangue sulla neve candida e vergine
di una mattina d’inverno, e un desiderio disperso nel vento freddo. Un
desiderio esaudito. Una grazia concessa.
La splendida, sublime, fiaba di
Biancaneve.
Lascia
che si avveri.
…
Carne rigida e pulsante. Il
pianoforte non suona più, o forse suona ancora… in
ogni caso, non posso sentirlo. C’è qualcosa di strano nell’aria, adesso. E’
sinistro. Eppure anche questo è bello, forma la
bellezza di un quadro perfetto, di una fiaba perfetta.
Dio è geloso degli uomini. Dio
manda il dolore a perseguitarli. Ma Dio non sa che sta
dipingendo un quadro così bello, così bello! O forse ne è
consapevole.
Forse non c’è un disegno divino
o un grande schema.
Eppure adesso
pare tutto così puro e perfetto.
L’acqua non è più trasparente.
L’acqua calda mi entra nelle vene al posto del sangue che colma la vasca, i
polsi cessano gradualmente di battere, e la luce della lampada si scompone
nella luce di tante lampade.
Che
succede? Freddo, sempre più freddo.
La foresta fredda di Biancaneve.
La foresta mostruosa di
Biancaneve. Corre scalza sui rovi. La pelle sanguina, le vene
sono recise, le ferite aperte e gonfie, e la pelle pallida. E’ questa la
foresta di Biancaneve? Non è mai stata nera. No, è bianca, bianca come la luce
del sole, ma il bagliore intenso è artificiale.
Il sangue è luminoso. Le labbra
di Biancaneve sorridono luminose sul volto pallido.
Il Cacciatore lascia andare
Biancaneve, che scappa nella foresta. Biancaneve trova la casa dei sette nani,
una bella casetta nel bosco.
E nella
casa c’è solo un tavolo. All’interno non è così carina: è polverosa e buia –una
brutta penombra- e gli altri mobili sono coperti da vecchi lenzuoli tarlati e
grigiastri. Sul tavolo c’è un libro, un grosso libro
dalla copertina smunta e le pagine molto rigide. È avvolto da un velo di
polvere. Biancaneve lo legge e subito si accascia a
terra.
Dove sono i
sette nani?
La testa le sprofondò fra le braccia
fredde. Era pallida e fredda, come tutti i cadaveri. Avrebbe iniziato a
gonfiarsi –come tutti i cadaveri- entro qualche
mezz’ora. La luce del bagno era spenta, la stanza era
completamente buia. Nella vasca da bagno l’acqua calda usata per favorire
l’uscita del sangue dai polsi recisi, era nauseabonda: puzzava di sangue, era
colma di sangue, a litri e litri. Qua e là giacevano
pagine strappate da un libro. Le pagine erano plastificate e lucide, ma in
qualche punto l’inchiostro si stava rovinando. La copertina era abbandonata in
un angolo. Il libro si intitolava
Biancaneve.