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Autore: ivyblossom    12/03/2013    2 recensioni
Fa fresco stamattina. Più tardi pioverà. Non c'è niente da fare oggi tranne che pensare alla morte. Non sua, però. No. Non lo lascerei accadere. Solo di Moriarty.
E la mia.

La Caduta raccontata da Sherlock Holmes.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Io mi sono quasi sentita male quando ho letto questo capitolo. Spero di essere riuscita a renderlo più che decentemente, lo spero proprio. Ringrazio come sempre WibblyWobbly, che di inglese ne sa più di me e tira fuori traduzioni dal cappello.

Su

Respiro. È fatta. È finita. È morto.

Lo è davvero? Sì. Certo che lo è. Lo guardo.

E se non lo è? Potrebbe alzarsi in piedi. (Ma non può, davvero).

Potrebbe: potrebbe ingannarmi. Potrebbe essere un bluff. Potrebbe trovare un modo per fingere un colpo a bruciapelo, sicuramente ci riuscirebbe. È possibile. È una possibilità.

Potrebbe sbattere le palpebre. Proprio adesso, mentre lo sto guardando. Sbattere le palpebre, e rivolgermi lo sguardo. E questa sarebbe la fine. Ho solo un piano, una strada da percorrere, solo un modo per sopravvivere a tutto questo, e sono compromesso. Non posso inventarmi una nuova linea di azione, non ora. Sto tremando. Fa freddo.

Potrebbe pulirsi il completo con le mani, scrollarsi il sangue dai capelli. Potrebbe alzarsi in piedi e ridere. (Basta: niente panico. È morto. Ho visto quella pallottola trapassarlo: non c'è modo di fingere qualcosa del genere. Nessun modo, o lo saprei. È morto.)

Potrebbe alzarsi con calma, andare dietro di me, spingermi, farmi cadere in un modo in cui non potrei, nel modo in cui non dovrei. (No.)

Potrebbe spingermi e cadrei esattamente nel modo sbagliato. Potrebbe guardarmi mentre mi schianto al suolo. Guardare il mio collo rompersi, il cranio frantumarsi sul marciapiede, il mio sangue scorrere e riversarsi nei canali di scolo. (No: è morto; è morto. Non può farmi del male adesso, non con le sue mani.) Potrebbe guardare in basso e vedere esattamente come ho pensato di batterlo, tutti quegli angoli, tutto l'aiuto, la performance, e ne riderebbe. Riderebbe, e io morirei. Davanti ai tuoi occhi. E avrebbe vinto completamente. Ci ucciderebbe entrambi.

C'è una possibilità: è razionale. Non bisogna sottovalutarlo.

No: basta pensarci. Mi sto inventando le cose; immaginazione iperproduttiva. Questa partita l'ho vinta io; avevo ragione. È morto. È finita. Sta a me adesso. (Sta a me, vero?)

Dannata paura primordiale *. È irragionevole. Posso vedere dei pezzi di materia grigia. È morto. Non c'è più niente da temere di lui; solo i suoi ultimi ordini, i suoi piani. La sua trappola. Devo solo portare tutto a termine. Io devo cadere, e tu, John, devi piangermi.

Fa freddo. Più tardi pioverà. Le prove verranno lavate via. No: non tutte. Ci sarà un segno che rimarrà: il suo, e il mio. Questo posto sarà macchiato per sempre da proteine, firma insanguinata nel posto dove lui è morto, dove io sono morto. Eccetto che io non sarò morto. Non lo sarò, John. Fidati di me.

Semafori; pedoni, qualcuno che porta dei pacchi a casa.

Nessuno guarda su, neanche una volta. Divertente. Un'intera dimensione del mondo alla quale nessuno presta mai attenzione: su. Come se sui tetti non succedesse mai niente. Nessuno mi vede; trascorrono la loro giornata nello stesso modo in cui trascorrono tutte le altre, pensando che ci sia un sicuro tetto fatto di cielo sopra le loro teste. Come se non vi fosse cattiveria in esso. Passano attraverso il mondo senza vedere, senza nemmeno guardare. Camminano, camminano, camminano, nel mondo di tutti i giorni, come se tutto non fosse un continuo contorcersi e urlare intorno a loro, sotto di loro, sopra loro.

Bene; questo era quello su cui contavo: la nebbia non osservante della gente qualunque. Nessun bisogno di Lestrade qui; niente panico di sotto. Non ancora. Ho bisogno di John, ho bisogno che stia al di fuori di un raggio di quindici piedi da dal luogo della caduta per almeno un minuto e mezzo. Quando succederà. E dovrò guardarlo fino a quel momento. Devo vedere.

C'è un'ultima insicurezza: ho bisogno di guardare giù. Devo essere sicuro.

Non è un suicidio, John. Mi conosci bene. Se volessi uccidermi non lo farei in questo modo. Mai in questo modo. Lo sai. Nessuna possibilità di spiegare, purtroppo: non posso. Devi sapere.

Se non dovesse funzionare, Molly ti spiegherà tutto, vero? Magari no. Potrebbe attenersi alle mie ultime istruzioni: non dirlo a John. Non dirgli nulla. Non può sapere. Non importa. Non è un suicidio, John. Non il mio, almeno. Se io morissi davvero, sarebbe un omicidio, o un errore.

Non c'è spazio qui per gli errori.

Respiro: i miei piedi si stanno intorpidendo. La droga: sì, è per questo. Colorito pallido, respiro rallentato, è tutto a posto. Tutto quello che devo fare è cadere.

Un suono dietro di me: un movimento. Moriarty? Si è alzato, guardando verso di me? Pulendosi il sangue sulla nuca? No: no. Dio. È morto. Ho il cuore in gola: respiro. (Norepinefrina, adrenalina: ogni neurone sta trasmettendo panico. Il sangue si sta addensando come melma (Non posso farlo.) È solo il vento. Solo il vento. Mi sto immaginando le cose. Emozioni troppo vicine alla superficie; il cervello crea minacce dove non esistono. Non esistono, non qui. È morto. Le minacce sono laggiù.

Il suo sangue si sta coagulando sul cemento. Il suo sangue; è morto. Perché proprio adesso mi è così difficile accettarlo? Ogni neurone è pronto per l'assalto, per il panico. È normale: è previsto.

Respiro: devo stare calmo. Devo essere convincente. Non sono sicuro se ci riuscirò. Non voglio esserlo. Non credermi, John. Oppure: credimi adesso, dopo fatti delle domande. Rimetti tutto in discussione. Ripensa a quello che ti ho detto. Pensa.

Come se lo potessi fare. Tutto quello che farai sarà sentire [1]. È quello su cui faccio affidamento, quello di cui hai bisogno. E farà male. Mi dispiace per questo: mi dispiace. Vorrei che ci fosse un altro modo. Sicuramente c'era, da qualche parte, all'inizio di questa storia. Ma non adesso: fa freddo. Mi stanno guardando: li riesco a vedere da qui. Alla mia sinistra, alla mia destra. Pistole puntate. Sono pronte per te. E tu stai arrivando. Sei in taxi, guardi oltre il traffico, preoccupandoti. Forse sei arrabbiato. Confuso. Ti ho mentito; adesso lo sai. Aggrappati a questo, John: perché avrei mentito? Su cos'altro sto mentendo? Non sentire soltanto, John. Pensa. Quando arriverà il momento. Pensa.

Concentrazione: non è il momento per distrarmi. Non ora. Logistica. Tutto deve essere perfetto. Devo cadere, e schiantarmi, e fingermi morto. Devo. Tu devi crederci. E se non ci credi, saremo morti entrambi.

Respiro: mi sento stordito. No: non devo perdere il controllo. Avanti, John. Muoviti. Non posso stare qui tutto il giorno, sai. Ho un appuntamento con l'asfalto.

Non fa ridere, lo so, ma non posso farne a meno.

Non riesco a sentire niente oltre il battito del mio cuore, e il vento. Respiro. È tutto stranamente calmo e sereno quassù. Fa freddo. Sta per piovere ancora. Avrò bisogno di un cambio d'abiti. Non da casa, niente che non sia nuovo.

È triste, vero? Un taglio netto: non posso portare via niente con me. Lasciare indietro ogni cosa: John, e la mia vita. Non avevo intenzione di crescere affezionandomi alle cose. Le cose non hanno importanza. Ne arriveranno altre.

Avrò bisogno di un nuovo completo, scarpe. Mi chiedo se il mio cappotto sarà recuperabile.

La vita continua, di sotto. Gente, traffico, lampioni. Turisti, persone che camminano lungo la strada, stupide. Parlano tra loro, ridono. Non riesco a sentirli: c'è solo il vento adesso.

I suoi occhi sono ancora spalancati, guardano il cielo. La mia faccia è stata l'ultima cosa che ha visto; è quello che voleva. È quasi romantico. Una specie di affetto distorto: è pericoloso guadagnarsi l'amore di uno psicopatico.

Aveva così tanta fiducia nella mia capacità di fallire, alla fine. Perché? Mi hai sottovalutato, Jim. Eri solito sottovalutare le persone; è stato facile spingerti a sottovalutare anche me.

Non ti sei chiesto come mai non abbia risolto il caso? Avresti dovuto chiedertelo, almeno. Avrebbe almeno dovuto venirti in mente che potessi stare bluffando. Concedermi questo, almeno; la possibilità di essere più furbo di te. Di poter mentire. Avresti potuto perlomeno immaginarlo. Mi dovevi almeno questo.

Quindi, alla fine, è stata questa la tua debolezza: la fiducia nel mio fallimento. Mi sento offeso da questo, sul serio. Sono deluso. Pensi davvero che io non sapessi cosa avevi intenzione di fare? Che cosa stavi provando a fare? Pensi che io non potessi venire a capo di tutte le tue prove? Tutti i tuoi giochi, per tutto il tempo: non hai pensato che io ormai potessi avere imparato i tuoi trucchetti? Che avessi imparato a fregarti? Non eravamo uguali, alla fine. Non eravamo le due facce della stessa medaglia. Per niente. Che liberazione per te.

Sembra felice, un certo livello di felicità. Sereno. In pace. Vorrei che avesse capito, un secondo dopo che fosse troppo tardi, che si era sbagliato. Che l'avevo battuto. Penso che, in qualche modo, potrei averlo compiaciuto. Sono migliore di come pensava che fossi (certo che lo sono).

Fa freddo, sempre più freddo. Dita irrigidite. È solo la droga: lei mi aveva avvertito che poteva succedere. Rigido, freddo, sempre più vicino alla morte. Il cuore sembra troppo rumoroso: respiro. È l'adrenalina. Amigdala sovreccitata. La paura come reazione, le emozioni così vicine da attorcigliarsi attorno al mio collo facendo pressione sul mio petto. Mi rendono difficile respirare. Il sangue defluisce dalle mie estremità. Freddo. Sono stanco. Appesantito. È previsto: tipico. Sarà più facile giacere immobile, fare il morto. Sarò convincente. Avrei dovuto fare una prova, prima. Così adesso saprei. Potrei ignorare lo stordimento e il freddo se avessi saputo che mi sarei sentito così. Idee sbagliate, paura, una fitta di rimorso. E tristezza. Credo sia stata sempre lì, e adesso sia impossibile da ignorare. Tristezza. Non c'è stato tempo per prepararmi a niente di tutto questo. Non sono pronto, lo so. È un po' disarmante. La sento raccogliersi agli angoli degli occhi.

Rimpianto. Paura. Tristezza. Mi dispiace, John. Non c'è altro modo.

Respiro. Respiro e basta. Tutto quello che devo fare è cadere.

Odore di gas di scarico e un po' di fumo. Piombo vaporizzato [2]: la prova di un proiettile esploso. Solo pochi minuti fa. Sangue. È morto: è finita. Ora tocca a me.

Solo un'ultima parte; da un momento all'altro, ormai. Il taxi arriverà proprio lì; tu ne uscirai. Camminerai verso l'entrata dell'ospedale: non ti devo far arrivare al marciapiede, non prima che io sia pronto. Ho bisogno che tu stia sulla strada, che guardi su. Che guardi me. So che sarà doloroso. Scusami. È necessario.

Eccoti lì. Eccoti. John. Punto caldo nel vento. Posso capire tutto quello che stai pensando dal modo in cui cammini per la strada. Frustrazione, rabbia. Sei preoccupato. Sei spaventato. Sei pieno di domande. Sarà l'ultima volta che mi vedrai, quando guarderai su. Lo capirai quando mi vedrai, vero? Capirai cosa sto per fare. Proverai a convincermi a non farlo. Non ci riuscirai. Mi dispiace, John. Davvero.

Ci siamo.



[1]: (mi scuso in anticipo per la nota scema) Intendo sentire nel senso di “feel” e non sentire in senso stretto -maledice le mancanze di sfumature occasionali dell'italiano-.

[2]: come la preziosissima WibblyWobbly spiega (mi piacciono tanto i nostri spiegoni, non sapete cosa vi perdete quando ci rimandiamo i capitoli con le nostre note *-*) non si tratta di polvere da sparo. Quando si spara, si propaga una piccola esplosione di piccolissime particelle: il piombo del proiettile, la polvere da sparo e altri elementi chimici. Questo “vapore” poi si va a depositare sulla mano che ha sparato per questo dopo si utilizza il famoso “guanto di paraffina”, che oggi è stato sostituito da una barretta che raccoglie gli elementi – che non possono essere raccolti a mano nuda perché altamente corrosivi – per poi permettere l’analisi al microscopio. (Quante ne sa?!)

  
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