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Autore: Jessica James    13/03/2013    5 recensioni
1944 - Auschwitz Birkenau.
"Io me ne andrò via da qui, Ana. Non lascerò a questi mostri la soddisfazione di uccidermi, farò qualsiasi cosa per andarmene viva da questo fottutissimo campo di concentramento. Voglio raccontare alla gente lì fuori quello che ci stanno facendo passare, non lascerò che dimentichino. Anche se questo vuol dire dar via questo corpo che non mi appartiene più. Guardami, questa non sono io. E' solo un ammasso di ossa, fame e disperazione. La vera me è rimasta in quel cinema, fra le braccia di quel ragazzo a cui non ho nessuna intenzione di dire addio. Quel ragazzo che mi ha dato la cosa più importante: l'amore. Ed è proprio l'amore che provo nei suoi confronti a darmi la forza di non mollare, di sopportare i pugni, il freddo, la fame, l'umiliazione; ma soprattutto mi da la forza di sopportare tutto lo schifo che mi invade quando quei mostri si muovono dentro di me. Faccio tutto per lui, perchè se c'è una cosa che i nazisti non possono togliermi è proprio questa: l'amore."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lo seguii, con gambe tremanti, un po' per il freddo, un po' perchè quell'uomo mi incuteva timore.

Aveva una stanza molto pulita, e questo mi sorprese perché ricordavo che quella di Michael era sempre un disastro.

C'era un letto matrimoniale enorme, affiancato da due comodini, in legno, così come l'armadio.

Un tavolo, con una sedia sola, e infine un piccolo divano.

Rimasi in piedi accanto alla porta e lo osservai.

"Mettiti seduta sul divano."
Ritornò con un piatto pieno di cibo e me lo porse, senza dire nulla.

Mi leccai le labbra secche e lui mi diede un bicchiere d'acqua fresca.

Cibo, acqua e un divano comodo: per un attimo pensai di essere tornata alla normalità, dopo quattro giorni da incubo.

"Non fare rumore. Non devono sapere che sei qui."
Annuii e lo seguii con lo sguardo mentre se ne andava, chiudendo la porta a chiave.

Finii di mangiare e mi addormentai sul divano, stringendomi le ginocchia al petto, cercando di dimenticare tutto quello che avevo vissuto nelle ultime ore.

 

Credo che dormii una giornata intera, perché quando mi svegliai fuori era già buio.

Sussultai quando mi accorsi che lui era tornato e, chissà da quanto tempo, era seduto sul letto ad osservarmi.

Si era tolto la giacca della divisa e aveva slacciato i primi bottoni della camicia.

Sembrava molto più giovane.

"Hai dormito bene?"
Annuii.

"Questa è l'ultima bella dormita che ti fai, sappilo." disse, con tono tagliente.

Mi fissava, impassibile, in attesa di una mia qualsiasi reazione, ma io mi limitai a ricambiare il suo sguardo, senza dire una parola.

Si passò una mano fra i capelli e quando tornò a guardarmi sembrava più rilassato, i suoi occhi avevano perso un po' di quella freddezza che li caratterizzava.

"Layla.." disse, dopo un po', "Con chi sei venuta qui?"
"Non ci sono venuta. Mi ci hanno trascinata."
"Come preferisci." alzò le spalle, mostrando tutta la sua indifferenza.

"Con i miei genitori e mio fratello."

"Quanti anni ha tuo fratello?"
"Diciannove."
"E tu, Layla, quanti anni hai?"
"Diciassette. Tu?" per un attimo sembrò rimanere sorpreso dalla mia domanda, però rispose lo stesso.

"Venti." sorrise, guardando il mio stupore, "Parlami di tuo fratello."
"Perchè?"

"Il mio è un ordine. Non devi chiedere perchè, devi obbedire."

"M-Michael. Si chiama Michael. E' disordinato, la sua camera è sempre un caos. E' la persona più simpatica che conosco ed è bellissimo, specialmente quando sorride. Ama cantare e parlare inglese, infatti è grazie a lui se l'ho imparato. Se ne va in giro esclamando -Oh, what the hell?!-" imitai il suo tono e involontariamente scoppiai a ridere, ricordando tutte le volte che l'aveva detto.

Ma quella risata isterica si trasformò, fin troppo presto, in un pianto disperato.

Nascosi il viso sulla stoffa del divano per non farmi vedere, ricordando le parole di Michael.

"No Layla. Mai più. Non davanti a loro."

Volevo indietro la mia vita, la mia famiglia.

Volevo poter sentire ancora una volta mio fratello ridere.

Volevo poter perdermi ancora fra le braccia di Greg.

Mi sforzai di smettere di piangere e alzai il viso dal divano, ma tenni lo sguardo basso.

"Hai finito?" chiese, irritato.

"Fammi capire." iniziai, riprendendo il controllo "Mi tratti peggio della più schifosa bestia che esista e, dopo tutto quello che mi hai costretto a passare, ti permetti anche di fare l'irritato?!"
Mentre parlavo mi ero alzata dal divano, ritrovandomi faccia a faccia con lui.

A quel punto, però, si alzò anche lui, e io fui costretta ad alzare lo sguardo verso l'alto.

Mi spiazzò quando mi sorrise.

Mi accarezzò la guancia e la sua mano scese sul collo, poi mi afferrò il mento.

Tentai di liberarmi del suo tocco, ma fu inutile.

"Sei fortunata, sai?" mi sussurrò all'orecchio.

Strinsi gli occhi mentre la sua mano continuava a percorrere il mio corpo.

"A me piace parlare, e ti trovo persino buffa quando ti arrabbi. Ma i miei amici non sono come me, questo lo sai vero?" infilò una mano sotto alla camicia a righe e mi accarezzò un fianco, provocandomi brividi involontari lungo la schiena.

"Basta una sola risposta come quelle che hai dato prima a me. Una sola e ti uccidono.
E io non voglio. Voglio che tu rimanga viva. E lo sai che la mia non è una richiesta, ma un odrine. Perciò vedi di tenere la bocca chiusa."
Mi sfiorò il collo con le labbra.

"Come se a te interessasse qualcosa.." mormorai.

"Ti ho scelta, Layla." inchiodò il mio sguardo con il suo, e per un attimo i suoi occhi mi sembrarono sinceri.

In quel momento, senza divisa, i capelli scompigliati e i modi di fare delicati, era così diverso dall'uomo che avevo visto quella mattina.

Lo guardai, cercando di interpretare le sue parole, mentre la sua mano continuava a salire lungo la mia schiena.

"Chi sei tu? L'orribile SS che stupra ragazzine o il ragazzo che in che in questo momento mi sta accarezzando come se fossi preziosa?" sussurrai.

Ero sconcertata.

La sua mano si fermò e per la prima volta lo vidi abbassare lo sguardo, aggrottando le sopracciglia.
"Io sono Daniel."

Il suo corpo era ancora vicino al mio, la sua mano ferma sulla mia schiena.

"E' questo che pensi di me, Layla?"
"Cosa dovrei pensare?"
Si allontanò, passandosi una mano fra i capelli scuri.

"Tu non capisci. Devo farlo, non ho altra scelta."
"Che cosa vuoi dire?"
"Un giorno, forse, te lo dirò." sospirai.
"Voglio andare da mia madre, Daniel." mi azzardai a dire.
"Non ti piacerà quello che vedrai."
"Credo di essere abituata ormai. Non mi piace nulla di quello che ho visto ultimamente."
Alla fine acconsentì e mi lasciò andare.

E nel momento in cui misi piede dentro la baracca, capii cosa intendeva Daniel con il suo avvertimento.
Quello era l'inferno.

E io ero solo all'inizio.
 


Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate e anche cosa, secondo voi, dovrei cambiare o migliorare.
Grazie di aver letto,  grazie a chi ha messo la storia fra le seguite/ preferite e grazie a chi ha recensito; grazie di cuore.

@mickyslaugh


 

  
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