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Autore: chaska    13/03/2013    0 recensioni
1937, Barcellona.
Con la Guerra Civile ormai inoltrata, l'inglese Arthur Kirkland si ritrova catapultato in un mondo che non è il suo.
«Forse fu solo la mia immaginazione, ma per la prima volta in vita mia mi sentii importante per qualcuno.»
Genere: Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa cosa è abbastanza nostalgica, ma mi sembra doveroso scrivere le note prima che diate solo un'occhiata alla fic vera e propria.
Ehm, eccola qua. E' una storia che avevo in testa da tanto tempo, dopo aver letto vari libri dai quali è così palesemente tratta da far ribrezzo, e nonostante tutto è sopravvissuta a pc vari rotti e a fogli di carta volatilizzatisi poi nel nulla. Chissà che fine hanno fatto. Fatto sta che, in un modo o nell'altro, mi sono sempre ritrovata a scriverla. Maledettah. Per il resto, nonostante all'inizio mi sembrasse quanto meno interessante, adesso credo proprio che faccia pena, fra OOC e tante 'belle' cose varie. Quindi bella gente, vi ho avvertito, la sto postando solo per togliermela dalla testa, per il resto--- gh, se la leggerete, per favore, siate clementi. Ok, cià-
Ah sì, l'ho segnalata come una raccolta, perchè la considero tale, nonostante ogni capitolo sia in qualche modo collegato agli altri. Semplicemente narra momenti diversi della vita del protagonista.















Famiglia


La mano mi bruciava quasi fosse andata in fiamme, ma non m'importava.
Ricordo che, anche dopo aver sferrato il colpo, la strinsi forte contro la parete, ormai piena di crepe a causa del mio pugno. Però a me non importava nè delle dita doloranti, nè dell'antico quadro che dondolava lì accanto, minacciandomi di cadere da un momento all'altro.
L'unica cosa su cui riuscivo minimamente a concentrarmi era il ghigno che mi rivolgeva quel bastardo.

«Tu...»

Riuscivo a mormorare solo poche sillabe rabbiose, del tutto incapace di dire ciò che nella mia mente urlavo senza sosta.
E lui, lui abbassò i documenti che teneva in mano e li abbandonò inermi in un angolo.
Senza curarsi di me -se solo non fosse stato per quel fottuto ghigno- staccò i piedi dalla pregiata scrivania e si mise comodo sulla grande sedia. Andò poi a poggiare il mento sulle mani intrecciate fra loro e alzò un sopraciglio fino a farlo sparire fra le ciocche cremisi, come se fosse stato sorpreso nel vedermi nel suo studio. Che pessimo attore.

«Perchè sei qui? Dovresti essere a preparare le valigie o qualche cazzata del genere.»

Oh, se l'avesse visto nostro padre, ad oltraggiare con la sua insolenza la postazione del suo potere, l'avrebbe ucciso con le sue stesse mani. Eppure, l'unica reazione dell'ormai fu Generale Kirkland, fu quella di dondolare incerto sul muro insieme alla sua cornice dorata.
Ma a me, di tutto ciò, non importava assolutamente nulla.

«Spagna.»

Lo sussurrai come se fosse solo uno scherzo di cattivo gusto.

«Dicono sia un bel posto. Magari ti farà bene, fratellino.»

La risata che ne seguì pesò come un macigno nel mio petto.
Quel bastardo, Iain, il mio stesso fratello mi stava mandando in Spagna. Peggio, me lo stava ordinando.
E quello, fidatevi, quello era il peggior insulto che potesse farmi.
Certo, certo, in via ufficiale la Gran Bretagna aveva promesso rinforzi in favore della causa spagnola, ma la realtà era ben diversa. Venivano mandate poche truppe sul territorio iberico, e fra le peggiori che i britannici potessero offrire loro.
Io lo sapevo, come tutti d'altronde: essere mandati presso il contingente spagnolo significava lottare e morire come inutili pedine senza valore alcuno.
E Iain, anche lui lo sapeva bene.

«Dimmi che è un fottuto scherzo! Non andrò in Spagna!»

Gli gridai contro fino a farmi dolere la gola.
Volevo veramente credere che fosse solo una presa in giro, ma la sua espressione rimase identica, il suo ghigno intoccabile.

«Vorresti disobbedire ad un tuo superiore? Corri, fratellino, corri prima che cambi idea e ti mandi a spalare merda a stelle e striscie nelle latrine.»

Rise, rise ancora per chissà quanto tempo dopo che gli volsi le spalle e me ne andai.
Ricordo che il quadro cade a terra accompagnato da un tonfo sordo e profondo, tale fu la forza con cui sbattei la porta.


E questo, esattamente questo, è l'ultimo ricordo della mia famiglia che possiedo.
   
 
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