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Autore: Anija    29/09/2007    2 recensioni
"L'idea della distruzione del tutto la spaventava e la affascinava insieme."
E' una bazzecola, corta corta, scritta di getto una sera di molti mesi fa e dimenticata, fino ad oggi, in un remoto cassettino del mio pc. Da prendere ne poco ne troppo sul serio. :)
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ha un titolo questa notte?

“E più la mente tenta di fuggirti più la mia anima è inevitabilmente attratta alla tua. E più io cerco di dimenticarti più la tua essenza pervade la mente, smorza il respiro, offusca i sensi ... più io nego, più capisco che non sto facendo altro che pugnalare una parte di me, mi annullo dinanzi al tuo vuoto. Perchè sono stata investita del peso di un amore che non riceverà perdono, di un amore corposo che si addensa nell'anima e nel corpo e che non trova via d'uscita... ne le lacrime riescono a rendergli giustizia, ne un tuo abbraccio riuscirà mai a dissolvere quest'immensa nube di dolore che si addensa nella mia testa e nei miei occhi, nel mio sangue, nelle ossa, nel mio cuore.”

Alice rilesse quelle poche righe, guardò una vecchia immagine, pensò a quel ragazzo amato in primavera. Il rombo di una motore, un fascio di luce, una portiera sbattuta… rumori fin troppo familiari per poterli confondere. Era suo padre. Si affrettò a mettere via il computer, pensando a come la pensava lui su quel genere di cose. Guardò il foglio virtuale sullo schermo, quell’ammasso di lettere, l’addensarsi dei suoi pensieri. Senza rifletterci cliccò su “esci”. Una nota acuta. “Salvare le modifiche apportate a -Documento senza titolo-?”.

L'idea della distruzione del tutto la spaventava e la affascinava insieme. Si affrettò a cliccare su "no", ma la freccetta si bloccò a metà strada. Si chiese se avesse un titolo quella sera. Il cigolio di un cancello, passi sulle scale, batticuore. Annulla. Stampa file. Richiuse lo schermo. Chiavi nella toppa. Ordine irreale.

Andò a dormire Alice che aveva l’odore del malumore addosso. Si svestì lentamente, infilò il pigiama, le calze ai piedi eternamente gelati. Cacciò la testa sotto il cuscino e pensò a quanto fosse dolce e allo stesso tempo crudele il dormiveglia. Non era in vena di uno dei suoi sogni a occhi aperti. Era una di quelle sere da mal di pancia e brutti pensieri in cui anche il più felice dei ricordi appare fioco, come se non fosse un compito della memoria salvare certe cose.

Ricordò come in quel giorno d’alta primavera (come un’alta stagione che prima non c’era), l’avesse visto per la prima volta. Il paradosso dell’amore a prima vista per una persona che conosceva da mesi le avrebbe dovuto far capire da principio quanto tutto questo fosse sbagliato. Ricordò come lo avesse osservato durante quei pochi giorni: per strada, in spiaggia, in una camera d’albergo. Sempre con “quella”. Ma tanto allora pensava a un altro. E gli istinti omicidi e suicidi erano solo una questione di ormoni.

Ricordò il giorno in cui capì. Amori rivelati e amori celati, l’indifferenza, e poi interrogarsi, cambiarsi, odiarsi. La sera in cui le era sembrato di toccare il cielo con un dito, senza rendersi conto che in realtà era caduta in un baratro. E quando credeva di esserne uscita e poi capire che le mancava, che ne aveva bisogno, che quella dolce malinconia era aria per lei.

E pensò all’indomani mattina. Risate, scherzi, pacche sulle spalle. Ai fiumi di parole. Gli inutili fiumi di parole che le rallegravano la giornata. Pensò che lo amava. Pensò che lo odiava. Perché le impediva di innamorarsi, perché la costringeva a essere spudoratamente bugiarda. Perché le toglieva il senno di giorno e il sonno di notte.

Ha un titolo questa notte?

   
 
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