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Autore: StillAnotherBrokenDream    13/03/2013    4 recensioni
Isaia Morganti sembrava un uomo di ferro, incorruttibile e irreprensibile. Ma a volte le apparenze ingannano, e sotto il ghiaccio può nascondersi il fuoco...
[Dal primo capitolo]Quella era stata la sua più grande debolezza, più della setta, più del tradimento ai danni di Gabriel. E cosa peggiore, era l'unica debolezza alla quale avrebbe voluto cedere ancora.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi e le storie originali de "Il XIII Apostolo" non  mi appartengono. Storie, trame e personaggi nuovi sono invece di mia proprietà. Si prega di non copiare, grazie.

N.d.A.: Che dire? Ho iniziato a scrivere fanfictions pure sul XIII Apostolo. Non posso dire nulla della trama, mi giocherei subito le mie carte, dico solo che... finirò all'inferno XD. Un grosso grazie a Robigna88 che come sempre mi aiuta, consiglia ed edita, senza contare i bellissimi loghi che crea, come questo qui sotto <33.  NB: il rating potrebbe "arrossire"...

 


 

 

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~~  Ricordi  ~~

 

 

Roma, 2012


 

Di tutti i misteri che Gabriel aveva incontrato, ce n'era uno che non si sarebbe mai aspettato: Isaia.

Lo conosceva da anni, credeva di sapere tutto di lui, credeva di averne colto il carattere, la psicologia.

Invece aveva capito che c'era qualcosa di oscuro in lui, di irrisolto.

Aveva sempre considerato il suo amico e collega un uomo tutto d'un pezzo, con una morale ferrea e una fede incrollabile.

A dirla tutta, lo vedeva fin troppo inflessibile, rigido fino al bigottismo e lo riteneva piuttosto strano visto la sua giovane età.

Isaia non aveva neanche quarant'anni, eppure aveva la mentalità di un vecchio prelato oscurantista.

Un uomo buono certo, ma troppo bigotto e inflessibile per la loro epoca.

O almeno era questa l'immagine che dava di sé, e che Gabriel percepiva da quando lo conosceva.

Invece l'incorruttibile Isaia si era lasciato plagiare da un bambino di dieci anni. Per la verità Immanuel non voleva plagiare nessuno, non lo faceva di proposito, ma stava di fatto che al suo confratello era bastato guardarlo negli occhi per cambiare totalmente. Anche nell'aspetto.

Era stata una sorpresa scoprire che in realtà Isaia aveva i capelli ricci, da quando lo conosceva li portava ordinatamente pettinati, con una scriminatura anni '50 che lo invecchiava e gli dava un aspetto severo senza il quale sarebbe risultato sicuramente più simpatico. Ma ciò che più lo aveva sorpreso, era stato il suo sguardo. C'era qualcosa di folle e allo stesso tempo terribilmente intelligente in quello sguardo castano, un guizzo che non gli aveva mai visto negli occhi, una luce che lo faceva sembrare un'altra persona. In quei ruderi Gabriel si era ritrovato davanti un altro uomo e da allora sospettava che quello fosse il vero Isaia.

Era più aperto di quello che sembrava e ne aveva avuto una prova molto concreta quando si era messo dalla sua parte nonostante la scoperta di quei poteri che l'avevano quasi ucciso. Dubitava fortemente che il vecchio Isaia, o meglio quell'Isaia che pensava di conoscere, si sarebbe comportato così.

E aveva anche rubato una macchina.

No, padre Isaia Morganti era più di quello che sembrava e a Gabriel dispiaceva saperlo rinchiuso in un ruolo che non gli apparteneva, soprattutto dopo aver visto di cosa era capace in realtà. Aveva sbagliato nei suoi confronti ma si era riscattato e lo aveva aiutato come aveva potuto, rischiando anche la vita.

Dopo la loro nomina si erano visti poco, presi dai rispettivi impegni, voleva fare quattro chiacchiere e chissà, magari avrebbe scoperto o almeno capito qualcosa sul suo amico. Aveva già avuto troppo a che fare con gente che nascondeva segreti, quelli di Isaia non potevano essere di certo gravi come quelli che aveva scoperto di recente, ma scoprirli lo avrebbe fatto sentire più tranquillo.

Padre Isaia Morganti era un'incognita che andava risolta. O almeno ci avrebbe provato.

Si fermò davanti alla porta del suo studio e bussò con decisione.

«Avanti» rispose la voce chiara e forte di Isaia.

Gabriel abbassò la maniglia e si affacciò sulla soglia. «Buongiorno Isaia, ti disturbo?»

L'altro, seduto dietro la scrivania, sorrise e si alzò. «Buongiorno. No figurati, entra pure.» lo invitò. Gabriel lo fece e richiuse la porta alle sue spalle, avvicinandosi alla scrivania.

«Non voglio rubarti molto tempo, ma vorrei parlarti un attimo.» disse in tono serio fermandosi accanto ad una sedia.

Isaia corrugò la fronte e annuì. «Certo, accomodati pure Gabriel e dimmi tutto. C'è qualche problema?»

Dopo che entrambi si furono seduti ai rispettivi posti, Gabriel intrecciò le dita e poggiò le braccia sulla scrivania, guardando l'altro con attenzione. «No, nessun problema» iniziò «ma vorrei che parlassimo un po' di te.»

Isaia sollevò le sopracciglia e accennò un sorriso. «Di me? Non capisco, cosa vuoi sapere?»

Gabriel allargò le mani. «Tutto quello che puoi e vuoi dirmi.» rispose.

L'altro lo fissò cercando di capire a cosa si riferisse, ma proprio gli sfuggiva. Credeva che le divergenze passate fossero solo un ricordo ma forse il suo confratello si riferiva proprio a quelle. Gli aveva già chiesto scusa per quell'inganno, non voleva fare del male a nessuno, aveva creduto davvero che con quella passione nell'anima non potesse assolvere al meglio al suo compito. Ma dopo un po' aveva capito di aver sbagliato e aveva cercato di rimediare come meglio aveva potuto.

«Temo di non capire Gabriel, credevo che i nostri problemi fossero...»

«No, no» si affrettò a dire l'altro. «Non mi riferisco a quello. Ciò che voglio dire è che...in più di un'occasione, negli ultimi tempi, ho visto in te qualcosa di diverso e mi piacerebbe capire cosa sia. Tu conosci praticamente tutto di me, sai anche di cosa sono capace. Ne stavi morendo, in pratica. Ora vorrei conoscere la tua parte oscura, tutto qui.»

Il viso imperturbabile di Isaia fu attraversato da un'ombra scura, le spalle si irrigidirono e sembrò invecchiare di colpo. Tuttavia le sue labbra si distesero in un sorriso. «Non ho poteri soprannaturali, né scheletri nell'armadio. Non sono molto allegro, è vero, ma quello è un tratto caratteriale.» si difese.

Gabriel scosse il capo. «Io ti ho visto Isaia, lì al villaggio di quella setta. Eri un altro uomo, eri totalmente diverso anche nell'aspetto, ed eri pronto a lasciare la Chiesa per abbracciare quella che si presentava come una nuova religione, come la vera religione. Tu, un gesuita di ferro come ne ho conosciuti pochi nella mia vita.»

«Non ero in me, stavo attraversando un momento di smarrimento, di incertezza, e quella gente non ha fatto altro che insinuarsi nelle crepe della mia anima. Ma non per questo nascondo qualcosa.» spiegò con voce calma, ma il suo sguardo tradiva una certa inquietudine e Gabriel lo notò.

«Non ti sto accusando di nulla» lo tranquillizzò «e non sono qui per rimproverarti di qualcosa, sono la persona meno adatta e tu lo sai. Quello che mi interessa è capire chi sei davvero. Ho avuto la sensazione che tu abbia qualcosa di irrisolto alle spalle e che ti sia imposto una maschera per nasconderlo, che cos'è? Con me puoi parlare di qualunque cosa, non mi meraviglio più di nulla e non giudico mai le persone. È importante per la nostra missione, ed è importante anche per me. Tu e Claudia siete le uniche persone che conoscono il mio segreto, ho bisogno di sapere che posso fidarmi.»

Isaia sembrò rilassarsi. «Il tuo segreto è al sicuro con me Gabriel, dovresti saperlo. E non c'è niente di oscuro in me, né di irrisolto» fece una pausa e sospirò profondamente. «Non credere che io non sia mai assalito da qualche dubbio, piccolo o grande che sia. Sono umano e come tale posso vacillare. Quello che è successo in quel villaggio mi procura ancora vergogna, ma davvero non ero in me e mi era sembrato di vedere in quel bambino innocente una risposta ai miei dubbi, tutto qui. »

Gabriel annuì serrando le labbra. «Ti capisco, ma non devi vergognarti. Quel bambino è speciale sul serio. Non come pensavano i suoi adepti, ma lo è davvero. E il fatto che ti capiti di vacillare beh, so cosa vuol dire e fa parte della natura umana» fece una pausa e sospirò. «Può succedere a chiunque» aggiunse «l'importante è ravvedersi, e tu lo hai fatto.»

Isaia sorrise. «Oh sì, ringraziando il cielo non sono andato fino in fondo. Ma spero comunque di dimenticare l'accaduto quanto prima.»

«Lo farai» gli assicurò Gabriel alzandosi «l'essere scivolato una volta non fa di te un uomo peggiore, né ti fa smette di essere un uomo di Dio.»

L'altro lo imitò, alzandosi dalla sua poltrona. «Ti ringrazio Gabriel, e mi permetto di dirti che lo stesso vale per te.» gli disse, riferendosi ovviamente a Claudia.

Gli occhi di Gabriel si rattristarono all'istante, diventando più scuri. Si sforzò di sorridere. «Grazie» rispose, poi cambiò discorso. «Ora ti lascio alle tue faccende, e vado a sbrigare le mie. Scusa ancora per la visita inaspettata.»

«Non dirlo neanche, sei sempre il benvenuto Gabriel e non hai bisogno di avvisare.» replicò Isaia sincero.

Poi accompagnò il suo collega e amico alla porta, gli strinse la mano ed aspettò che fosse abbastanza lontano prima di chiudere la porta alle sue spalle.

Restò in piedi lì accanto per qualche momento. La chiacchierata con Gabriel lo aveva stranamente sfinito, eppure non si era trattenuto per più di dieci minuti.

Gli era anche venuto un forte mal di testa. Tornò alla sua scrivania e si sedette, togliendosi gli occhiali. Si massaggiò le tempie in cerca di sollievo, poi pensò che un'aspirina avrebbe funzionato di più.

Aprì il cassetto della scrivania e prese la scatola, prese una compressa e la mandò giù senz'acqua. Richiuse la scatola e fece per rimetterla nel cassetto, quando qualcosa al suo interno catturò la sua attenzione, facendogli fermare la mano a mezz'aria. Era senza occhiali, ma la sua miopia non gli impedì di vederlo.

Rimise la scatola sulla scrivania e prese quel piccolo oggetto dal cassetto stringendolo nel pugno. Riaprì la mano e lo osservò, con lo stomaco stretto in una morsa.

A volte provava a scordarsene, ma stranamente quando lo faceva, quel fermaglio rosa si faceva notare, quasi lo facesse di proposito, per ricordargli...

Scosse il capo e con un gesto di stizza ributtò quel cimelio nel cassetto, richiudendolo con violenza.

Poi, come accadeva ogni volta, riaprì il cassetto e riprese il fermaglio, guardandolo con tristezza. Lo strinse in mano, questa volta con più delicatezza, e si poggiò il pugno chiuso sulla fronte.

Quella era stata la sua più grande debolezza, più della setta, più del tradimento ai danni di Gabriel. E cosa peggiore, era l'unica debolezza alla quale avrebbe voluto cedere ancora.

 

 

*****

 

 

Napoli, 2000


 

«Tardi, tardi, tardi!» ricordò per punizione a se stessa mentre correva come una folle per arrivare in aula. Ma perchè pur alzandosi all'alba, arrivava sempre a lezione iniziata? E se non era iniziata, trovava tutti i posti occupati.

Avrebbe dovuto di nuovo sedersi a terra. Finalmente arrivò davanti alla porta dell'aula, prese fiato alcuni secondi e poi la spinse per entrare.

Ovviamente tutto pieno. Si guardò intorno alla disperata ricerca di un posto, non riusciva a scrivere sulle ginocchia. Poi come un miraggio, verso il centro scorse un posto libero, banco vuoto!

Si precipitò giù per la scalinata ma quando arrivò in prossimità del posto, restò delusa.

Lo studente seduto accanto aveva poggiato sulla sedia un grosso borsone. Non si perse d'animo e con un sorriso gli fece la canonica domanda. «Scusa, è libero?»

Il ragazzo la guardò con sufficienza. «No, deve arrivare un mio amico» rispose.

Era ovvio che fosse una scusa per tenerci il suo bel borsone. Sofia non lo accettò. «Beh se arriva mi sposto» assicurò «intanto mi fai sedere? Sta per iniziare la lezione, non voglio farmi trovare in piedi come una scema.»

L'altro sogghignò. «Non ci posso fare niente. Siediti per terra, lo fanno in tanti. Va molto di moda.»

Era sempre la stessa storia, i prepotenti vincevano. E per fortuna che studiavano per diventare teologi.

«Prego, siediti qui»

Una voce maschile alle sue spalle la distrasse dalla disputa col maleducato. Si voltò e si ritrovò davanti un ragazzo sui trent'anni, con grandi occhiali e bei capelli. Aveva un piccolo crocefisso sul risvolto della giacca, significava che era un seminarista. O un prete.

«Grazie» gli disse riconoscente, sollevata per l'aver trovato finalmente un persona educata e un posto per sedersi. Ma quando capì che posto era, si sentì in imbarazzo. «Ma è il tuo posto» obiettò «tu dove ti metterai, scusa?»

Il giovane seminarista – o prete - sorrise e si sedette su uno scalino. «Esattamente qui. Prego accomodati. Non tutte le persone sono maleducate, specialmente con le donne» disse, lanciando una frecciata al tizio di prima che stava osservando tutta la scena.

Sofia si sentiva a disagio, costringerlo a stare sulle scale la faceva sentire in colpa. «Davvero, non è il caso» ma in quel momento entrò il professore. Tutti si zittirono e si misero al loro posto. Sofia fu costretta a fare altrettanto.

Mentre il professore aggiustava il microfono, la giovane si piegò verso il suo benefattore. «Ti ringrazio» gli sussurrò.

Lui sorrise. «Di niente.»

«Io mi chiamo Sofia» aggiunse, tendendogli la mano.

«Isaia» rispose l'altro, stringendogliela. Poi entrambi tornarono a guardare il professore, che si accingeva ad iniziare una nuova lezione.

 

 

 

   
 
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