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Autore: Evillinnie    30/09/2007    4 recensioni
Il vento porta con sé i profumi del mondo.
E' strano quando, all'improvviso, ne percepisce la fragranza

E non importa quante pagine di futuro passeranno sotto le sue mani: il vento le strapperà tutte.
Per lui non ha importanza.
Va eternamente avanti senza guardare nessuno.

Lieve nota di shonen ai; il dramma di un bambino senza infanzia, avvolto solo da vento.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Title: The Wing Cannot Read

Author: Evillinnie

Summary: [...] E non importa quante pagine di futuro passeranno sotto le sue mani: il vento le strapperà tutte.

Per lui non ha importanza.

Va eternamente avanti senza guardare nessuno. [...]

Rating: PG13

Advises: Shonen Ai; One Shot.

Categories: Malinconico, drammatico, introspettivo.

Desclaimers: Il titolo della fanfic è ispirato al libro di Richard Mason, The Wing Cannot Read per all'appunto. La poesia che si trova all’inizio è di un poeta anonimo – perlomeno, io non sono riuscita a trovare l’autore.

Infine volevo citare Rekishi per essere un’immensa fonte di ispirazione per la sottoscritta. Ho scritto questa fanfic ispirandomi all’episodio di Naruto in cui Haku viene trovato da Zabusa, ma potrebbe somigliare anche alla spin off "Fairytale" della Reki.

Nel caso nascessero problemi, io ho già parlato con Rekishi. *-*

Buona lettura.

The Wing Cannot Read

Su un cartello è scritto:

"Non coglier questi fiori".

Ma per il vento è inutile,

perché il vento non sa leggere.

[Poesia giapponese, Anonimo]

Miguel ispira il fumo.

Boccheggia, non tossisce; assapora con il solo sguardo.

E' seduto per terra a gambe incrociate e studia silenziosamente il buio.

Il fumo si espande: ha un retrogusto amaro e sa di menta.

Miguel lo conosce bene.

- Hai fame? -

Ha dei begl’occhi.

Potrebbe dirsi che sia cieco, tanto sono neri.

E lui ne è consapevole.

Chiede l'elemosina, con i suoi occhi.

- Cosa mi potresti procurare? - domanda, inclinando il capo.

L'uomo sorride.

E il suo sorriso sa di carezza.

- Dimmi cosa desideri - prosegue lui. - Posso darti ciò che vuoi, sabishii. -

Miguel ringhia, schiude gli occhi pece.

- Io posso avere tutto, Rolf. -

Semplicemente, non vuole essere un bambino. O forse non può.

L'età, nel suo corpo, passa in secondo piano.

- Dimmi, Miguel - insiste l'uomo, - sei offeso perché ti voglio offrire qualcosa o perché ti ho chiamato sabishii? -

Rolf comanda, indaga, ferisce.

Sa di poter uccidere il bambino con le sole parole.

D'altra parte, lui dipendeva totalmente dalle sue decisioni.

- Cosa vuoi? -

- Oggi cambiamo sistemazione - spiega Rolf. - Chiedi ciò che desideri. -

E vattene.

Il ragazzino si alza, sputa a terra e lo fissa.

Rolf Berg ha all'incirca il doppio dei suoi anni; è un bell'uomo: calmo, impassibile, distaccato.

Ma, soprattutto, come lui, è pericoloso.

Miguel, essenzialmente, sopravviveva.

Non voleva nulla, non chiedeva nulla. Eseguiva soltanto.

E gli ordini erano di Rolf.

Sempre e solo suoi.

- Voglio venire con te. -

Oh sì, ha dei begl'occhi.

Miguel è capace di supplicare, stremare. Torturare con il solo sguardo.

E naturalmente comandava.

[Schiavo e padrone allo stesso tempo.]

- Hn - bofonchia Berg. - Non avremo una casa, sabishii. -

- L'ho mai avuta? - lo sfida il piccolo. - Dove andiamo? -

L'uomo alza le spalle.

- In giro. -

Il fumo lo avvolge. La menta è intossicante.

Entrambi ne sono assuefatti.

- Dov'è il problema? -

- Hai una nuova compagna, Miguel - lo avvisa finalmente Rolf. - E mi è simpatica. -

Veleno.

L'arte di usarlo nei momenti giusti è nelle vene di Berg da un tempo indefinito.

Miguel stringe i pugni.

- Verrà anche lei con noi? - chiede, passando istintivamente una mano sulla superficie ruvida dell'enorme maglia che indossa.

Era stato il primo regalo di Rolf.

Chiaro segno di gelosia.

- Ovvio, sabishii - ghigna l'uomo. - Presto diventerà la mia pupilla. -

Miguel vorrebbe urlare.

Il suo padrone lo sa, e ne gode.

Come il vento non ascolta [mai], e ride con i suoi fruscii quando dietro di lui il mondo, inevitabilmente, cambia.

Lui va avanti.

Corre.

E non sente.

***

Miguel ama leggere.

Ha una collezione di libri sgualciti nascosti nel suo zaino.

Catapultarsi fra quelle pagine - carta dall'odore di usato, profumo di vita - è per lui droga.

Perché l'illusione è la peggiore delle droghe, e nutrirsi di questa è come firmare una condanna a morte.

Miguel lo intuisce, ma non può far altro che accontentarsi.

Non crede in quelle storie.

Eppure, lui continua a sperare.

La sera si ritira nel suo giaciglio di stoffe umide e sporche, alternate con strati di giornale e cartone.

Il suo angolo di solitudine, quasi una bolla d'aria nel viavai della strada.

Rolf non c'è.

Non c'era stato quando, agli inizi del loro viaggio, una macchina l'aveva investito spezzandogli tre vertebre.

Non c'era stato quando avevano cercato di sottometterlo alla droga.

Non c'era stato per interi mesi, lasciandolo in quella via luminosa a chiedere l'elemosina come un banale mendicante.

Ma lui si era difeso.

E, ancora, può avere tutto.

Era stata Ilva a cambiare le carte in gioco.

Miguel la ignora.

Come nei libri, la crede un personaggio di sfondo, senza ruolo né volto.

Ma la verità è che Ilva ha preso il suo posto e lui, qualsiasi cosa possa dire Rolf, la odia.

Ilva è il classico personaggio perfetto.

L'aveva studiata a sufficienza per darle quell'aggettivo.

E' alta, sui sedici anni, nel fiore della bellezza.

Ilva aveva fatto la prostituta.

Si atteggiava in comportamenti intimi con Rolf e gli era sempre accanto.

Lo faceva sorridere.

Eppure, Miguel, aveva sempre creduto di avere il primato.

Nonostante fosse più piccolo di Ilva, lui era lì ininterrottamente.

A servirlo.

Ad affiancarlo.

- Sei per caso geloso, piccolo orfano? - aveva riso lei, posando due dita sotto il mento di Miguel. - Ora Rolf è mio, tesoro, la strada non è più la sua casa. -

L'aveva incontrata di notte.

Stava passeggiando, lento.

La pioggia, invece, cadeva rapida.

Era bella, pulita, e stringeva Berg ad un braccio.

Lui si sentì minuto ed insignificante, al confronto. Portava l'enorme maglia regalata dall'uomo il primo giorno in cui si erano conosciuti.

Come sempre, era sporco.

- Non c'è più spazio per te, sabishii. -

I suoi occhi erano grandissimi, così neri da sembrare privi di cornea.

La pioggia cadeva e lui, d'un tratto, ne fu felice.

- Hai detto bene, Rolf, sabishii - aveva annuito. - Ricordi cosa vuol dire, vero? -

L'uomo si fermò, lo vide allontanarsi.

Era una macchia grigia in una via di colori.

E sentì che Ilva, affianco a lui, era troppo colorata.

L'odore di menta era svanito, e l'essenza dolce - troppo dolce - di donna era entrata nella sua vita.

Il vento porta con sé i profumi del mondo.

E' strano quando, all'improvviso, ne percepisce la fragranza.

***

Miguel è sabishii.

Quando Rolf l'aveva trovato, anni prima, accovacciato contro la ringhiera di un ponte, l’aveva salutato con quella parola.

Probabilmente l'aveva appresa da alcuni amici giapponesi.

Aveva freddo, quel giorno.

L'uomo si era chinato su di lui, studiandolo con attenzione.

E, come tutti i ragazzini che si affidano in tenera età a uomini senza tetto, sarebbe stato succube dello sfruttamento minorile.

Ma Rolf Berg non l'aveva mai picchiato.

Era gentile.

Quel giorno Miguel assaporò il calore della pelle umana.

Fu portato via, in una vita parallela ma non più in solitudine.

Gli rimase l'aggettivo sabishii, divenuto poi il suo secondo nome.

Solo Rolf lo chiamava così.

E solo loro potevano sapere cosa significasse.

S a b i s h i i.

"Trovavo che quella fosse una delle più belle parole giapponesi, una delle più espressive: sabishii, pronunciata lentamente, somigliava a un sospiro del vento. Ma non significava esattamente tristezza e neppure solitudine, piuttosto qualcosa di mezzo, una sorta di dolce malinconia, un tenero struggimento di cuore."

[Il vento non sa leggere, Richard Mason]

Berg l'aveva portato via da morte certa.

Gli aveva insegnato a vivere o, perlomeno, cosa volesse dire sentirsi vivi.

Il che non si trattava di illusione: Rolf lo aveva innalzato alla vita vera.

Era il cuore.

Vulnerabile, batteva all’impazzata.

Miguel sapeva di essere voluto bene.

Aveva questa certezza; forse, era l'unica a dare senso al suo sopravvivere.

Certezza che, all'arrivo di Ilva, si era dissipata.

Miguel sente che il suo lato sabishii rischia di travolgerlo.

E, come il più infantile dei bambini, vorrebbe fare leva su questo per richiamare Rolf.

Lo desidera.

[Lui, la sua attenzione, il suo sorriso.]

Ma sa anche che il suo padrone non vuole ragazzini deboli.

O non lo avrebbe preso.

Miguel non si accorge di provare questo impetuoso desiderio di possesso.

Non si accorge di essere sotto il potere della più vile delle droghe.

Non si accorge di non riuscire più a farne a meno.

Il vento non ascolta, non vede, non nota.

Ma, in fondo, ride di lui e della sua ingenuità.

***

Ilva è solo una pedina.

Pedina di un gioco più grande di lei.

Personaggio necessario per dare una svolta alla storia.

Miguel lo intuisce, ma anche per lui lo scenario è immenso.

E, dunque, non è a conoscenza dei ruoli.

Nemmeno del suo.

Ma impara i fatti a memoria.

Nei suoi libri tutto è già scritto, l'ordine delle azioni è predestinato ancor prima che lui possa formulare un solo pensiero.

E' così.

E' fato.

E lui ne è affascinato.

Pensa che, se solo scrivesse il suo destino, potrebbe avere potere sul suo futuro.

E verrebbe ad apprendere i ruoli.

Miguel non è un bambino.

Eppure, lo è.

E' un bambino sabishii.

E non importa quante pagine di futuro passeranno sotto le sue mani: il vento le strapperà tutte.

Per lui non ha importanza.

Va eternamente avanti senza guardare nessuno.

Gioca le sue pedine per distruggerne altre, all'infinito.

Il vento conosce il suo ruolo e sa che nessuno può fermarlo.

***

Lo intende di sera.

Di colpo, senza preavviso.

Come quando un malato si accorge che è destinato a morire entro breve.

Ed è, irrimediabilmente, soffocamento.

Miguel assapora l'aroma secco della carbonella.

Il suo sguardo tace; non acconsente, ma tace.

Ilva ride [ride, ride] e sembra volerlo ridurre in cenere solo con le sue risate.

Forse potrebbe riuscirci se solo Miguel non continuasse a sperare.

Nei suoi libri, nella sua storia e, nel profondo, anche nelle favole.

Ma la verità è che i fatti stanno creando una voragine di vuoto immenso dentro di lui e, questa volta, i suoi occhi non sanno reagire.

- Cosa c'è, piccolo sabishii? - lo deride Ilva, portandosi le lunghe dita curate al basso ventre.

E' rabbia.

Perché, quello, era il loro segreto.

- Io ti odio, Ilva. -

E' vendetta.

Perché così è scritto nella sua storia.

- Ora anche Rolf ti odia - replica lei, sorniona.

E' rancore.

Perché quel dannato gioco - o libro che fosse - è gestito unicamente da Berg.

Miguel sa cos'è quel vuoto infinito che lo intrappola fino a renderlo debole.

E' solo sonno.

Un'estenuante sonno che gli fa conoscere ciò che al mondo è peggiore della morte.

Gli effetti dell'illusione uccidono.

La realtà dei fatti massacra.

L’ambiguo sta nel fatto che, ad ogni modo, sono la stessa cosa.

Ilva è incinta.

La pedina sta per concludere il suo turno.

Rolf riprende fra le dita una vecchia sigaretta alla menta e aspira.

Vedere il piccolo Miguel graffiare è il più eccitante degli spettacoli.

***

Miguel urla.

Il tono è basso, roco, tirato.

Non ha più voce.

Urla per non essere ascoltato.

Strano, vero?

Si grida per attirare l'attenzione, non per essere ignorati.

Ma lui sa che lo abbandoneranno: perché urlare è una debolezza.

E lui è fragile e pericoloso.

Rolf, nel buio, ghigna.

Da tempo, la sua piccola pedina aveva smesso di portare la maglia ruvida da lui regalata.

Gira affamato, scontroso, cupo.

Ed è tornato solo.

Miguel scrive ancora la sua storia.

I fogli su cui lavora sono riempiti della sua scrittura minuta e fitta, e protetti fra due strati di cartone.

Su questi, incisioni di taglierini.

Profondi, paralleli, perpendicolari.

Impressionanti se immaginati su carne.

Miguel incide il cartone dopo aver aggiornato la sua storia, ogni sera.

Infine una notte nasconde i fogli fra le pagine di giornale e gli stracci sporchi; s'incammina per le strade.

E' sabato.

Le luci si alternano fra di loro quasi l'intera città fosse solo una colossale discoteca piena di nascondigli.

Ilva è sempre in giro.

Chiara, frivola, lucente.

La curva, sotto il seno e sopra il basso ventre, ha acquisito volume.

Dentro di lei, c'è una parte di Rolf Berg.

S'incontrano in periferia.

Miguel sembra un cane randagio.

Si molleggia debolmente sulle gambe e la saluta ridendo.

Stessa arma, forse solo più tagliente.

Lei, invece, trema.

Il ragazzino si avvicina. Come nei libri, nessuno dei due ha il tempo di ragionare.

I fatti sfuggono, scivolano e - ogni volta - si compiono.

Ora Ilva sa perché Miguel ha urlato per giorni.

Non solo per allontanare tutti da sé - e, dopo, anche da lei - ma per godere nel vederla fare lo stesso.

Miguel è stato uno schiavo, un bambino, un sabishii... ed ora è diventato un assassino.

Le pagine volano. Il vento le porta via.

Quel destino che lui ha deciso si è compiuto, ma non sa cosa verrà dopo.

Non può sapere cosa dirà Rolf.

Ma quella notte capisce che il vento non sa leggere.

***

Miguel riprende a scrivere.

Lo fa per pura inerzia, perché sa di non possedere alcun potere ora che Ilva è morta.

Miguel indossa la sua vecchia, enorme maglia.

Ed è un mero gesto di codardia e mancanza di pentimento.

- Ciao Miguel. -

Alza gli occhi.

E' terrorizzato. Le iridi si muovono in uno stato semiliquido all'interno dei suoi occhi scuri.

- Rolf - sussurra il piccolo, nascondendo in fretta i fogli.

L'uomo scuote la testa, poi sbuffa.

"No, no, no." - ripete, come se stesse parlando con un neonato.

E' furioso, Rolf.

- Fammi leggere, Miguel - ordina, strappandogli di mano una pagina. - Vediamo cosa desideri... -

Miguel era stato sgridato, umiliato, deriso nel corso degl'anni.

Eppure sapeva che Berg, in fondo, gli voleva bene.

Doveva essere così, si convinse.

- Sai, - esclama l'uomo, flettendo le ginocchia per scrutare il bambino da vicino, - mi sono divertito a vederti trasformare in una belva. -

Lo carezza.

Passa i polpastrelli delle dita sulla pelle delicata del ragazzino, quasi volesse consumarla.

- Ma ti avevo detto che Ilva sarebbe diventata la mia pupilla, vero? - prosegue Rolf. - Ti avevo avvertito, sabishii. -

- Perché lei? -

Il sollievo del tocco svanisce.

Miguel cerca di prendere tempo.

Tempo che non raggiunge in quanto nemmeno il vento ci è riuscito.

- Perché Ilva poteva offrirmi una vita fuori dalla strada, senza voi mocciosi fra i piedi - ringhia Berg. - E ora siamo punto e a capo. -

[Vento che spira, che spezza, che persevera.]

- Qual è il tuo obiettivo? -

Il f u l c r o.

Possibile che, per tutto questo tempo, se l'era lasciato sfuggire?

- Il potere. -

Il vento sfrutta, gioca e pretende di vincere.

Il vento è solo, contro tutti.

Eppure è capace di muovere ogni cosa a suo piacimento, quasi l'intero universo fosse legato a lui tramite milioni di fili invisibili.

E se non ottiene, allora ci sono le sue pedine da mettere in pista.

Miguel capisce, stringe i denti e, silenziosamente, inizia a singhiozzare.

- Non piangere, mio piccolo sabishii - lo ammonisce laconicamente lui. - La tua storia è commovente. -

Peccato che il vento non sappia leggere.

- E... ora? -

Sorride. Il suo alito sa di sigarette alla menta.

- Ora esci di scena. -

Soffia, il vento.

Le pagine si voltano, inesorabili.

E la droga cessa di fare effetto.

End

Non avevo pensato di dedicare questa shot a qualcuno.

Ma c'è una persona, fra le tante, a cui non ho mai realmente dato qualcosa.

A mio padre, perché sappia che gli voglio un mondo di bene.

Anche se solo in questi ultimi anni abbiamo iniziato a legare davvero.

Giulia

  
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