Title: The Wing Cannot Read
Author: Evillinnie
Summary:
[...] E non importa quante pagine di futuro
passeranno sotto le sue mani: il vento le strapperà tutte.
Per
lui
non ha importanza.
Va
eternamente avanti senza guardare nessuno. [...]
Rating: PG13
Advises: Shonen Ai; One Shot.
Categories:
Malinconico, drammatico, introspettivo.
Desclaimers:
Il titolo della fanfic è ispirato al libro di
Richard Mason, The Wing Cannot Read per all'appunto. La poesia che si
trova
all’inizio è di un poeta anonimo –
perlomeno, io non sono riuscita a trovare
l’autore.
Infine
volevo citare Rekishi per essere un’immensa fonte di
ispirazione per la
sottoscritta. Ho scritto questa fanfic ispirandomi
all’episodio di Naruto in
cui Haku viene trovato da Zabusa, ma potrebbe somigliare anche alla
spin off
"Fairytale" della Reki.
Nel
caso nascessero problemi, io ho già parlato con Rekishi. *-*
Buona lettura.
The Wing
Cannot Read
Su
un
cartello è scritto:
"Non
coglier questi fiori".
Ma
per
il vento è inutile,
perché
il vento non sa leggere.
[Poesia
giapponese, Anonimo]
Miguel
ispira il fumo.
Boccheggia,
non tossisce; assapora con il solo sguardo.
E'
seduto per terra a gambe incrociate e studia silenziosamente il buio.
Il
fumo
si espande: ha un retrogusto amaro e sa di menta.
Miguel
lo conosce bene.
-
Hai
fame? -
Ha
dei
begl’occhi.
Potrebbe
dirsi che sia cieco, tanto sono neri.
E
lui
ne è consapevole.
Chiede
l'elemosina, con i suoi occhi.
-
Cosa
mi potresti procurare? - domanda, inclinando il capo.
L'uomo
sorride.
E
il
suo sorriso sa di carezza.
-
Dimmi
cosa desideri - prosegue lui. - Posso darti ciò che vuoi,
sabishii. -
Miguel
ringhia, schiude gli occhi pece.
-
Io
posso avere tutto, Rolf. -
Semplicemente,
non vuole essere un bambino. O forse non può.
L'età,
nel suo corpo, passa in secondo piano.
-
Dimmi, Miguel - insiste l'uomo, - sei offeso perché ti
voglio offrire qualcosa
o perché ti ho chiamato sabishii? -
Rolf
comanda, indaga, ferisce.
Sa
di
poter uccidere il bambino con le sole parole.
D'altra
parte, lui dipendeva totalmente dalle sue decisioni.
-
Cosa
vuoi? -
-
Oggi
cambiamo sistemazione - spiega Rolf. - Chiedi ciò che
desideri. -
E
vattene.
Il
ragazzino si alza, sputa a terra e lo fissa.
Rolf
Berg ha all'incirca il doppio dei suoi anni; è un bell'uomo:
calmo,
impassibile, distaccato.
Ma,
soprattutto, come lui, è pericoloso.
Miguel,
essenzialmente, sopravviveva.
Non
voleva nulla, non chiedeva nulla. Eseguiva soltanto.
E
gli
ordini erano di Rolf.
Sempre
e solo suoi.
-
Voglio venire con te. -
Oh
sì,
ha dei begl'occhi.
Miguel
è capace di supplicare, stremare. Torturare con il solo
sguardo.
E
naturalmente comandava.
[Schiavo
e padrone allo stesso tempo.]
-
Hn -
bofonchia Berg. - Non avremo una casa, sabishii. -
-
L'ho
mai avuta? - lo sfida il piccolo. - Dove andiamo? -
L'uomo
alza le spalle.
-
In
giro. -
Il
fumo
lo avvolge. La menta è intossicante.
Entrambi
ne sono assuefatti.
-
Dov'è
il problema? -
-
Hai
una nuova compagna, Miguel - lo avvisa finalmente Rolf. - E mi
è simpatica. -
Veleno.
L'arte
di usarlo nei momenti giusti è nelle vene di Berg da un
tempo indefinito.
Miguel
stringe i pugni.
-
Verrà
anche lei con noi? - chiede, passando istintivamente una mano sulla
superficie
ruvida dell'enorme maglia che indossa.
Era
stato il primo regalo di Rolf.
Chiaro
segno di gelosia.
-
Ovvio, sabishii - ghigna l'uomo. - Presto diventerà la mia
pupilla. -
Miguel
vorrebbe urlare.
Il
suo
padrone lo sa, e ne gode.
Come
il
vento non ascolta [mai], e ride con i suoi fruscii quando dietro di lui
il
mondo, inevitabilmente, cambia.
Lui
va
avanti.
Corre.
E
non
sente.
***
Miguel
ama leggere.
Ha
una
collezione di libri sgualciti nascosti nel suo zaino.
Catapultarsi
fra quelle pagine - carta dall'odore di usato, profumo di vita -
è per lui
droga.
Perché
l'illusione è la peggiore delle droghe, e nutrirsi di questa
è come firmare una
condanna a morte.
Miguel
lo intuisce, ma non può far altro che accontentarsi.
Non
crede in quelle storie.
Eppure,
lui continua a sperare.
La
sera
si ritira nel suo giaciglio di stoffe umide e sporche, alternate con
strati di
giornale e cartone.
Il
suo
angolo di solitudine, quasi una bolla d'aria nel viavai della strada.
Rolf
non c'è.
Non
c'era stato quando, agli inizi del loro viaggio, una macchina l'aveva
investito
spezzandogli tre vertebre.
Non
c'era stato quando avevano cercato di sottometterlo alla droga.
Non
c'era stato per interi mesi, lasciandolo in quella via luminosa a
chiedere
l'elemosina come un banale mendicante.
Ma
lui
si era difeso.
E,
ancora, può avere tutto.
Era
stata Ilva a cambiare le carte in gioco.
Miguel
la ignora.
Come
nei libri, la crede un personaggio di sfondo, senza ruolo né
volto.
Ma
la
verità è che Ilva ha preso il suo posto e lui,
qualsiasi cosa possa dire Rolf,
la odia.
Ilva
è
il classico personaggio perfetto.
L'aveva
studiata a sufficienza per darle quell'aggettivo.
E'
alta,
sui sedici anni, nel fiore della bellezza.
Ilva
aveva fatto la prostituta.
Si
atteggiava in comportamenti intimi con Rolf e gli era sempre accanto.
Lo
faceva sorridere.
Eppure,
Miguel, aveva sempre creduto di avere il primato.
Nonostante
fosse più piccolo di Ilva, lui era lì
ininterrottamente.
A
servirlo.
Ad
affiancarlo.
-
Sei
per caso geloso, piccolo orfano? - aveva riso lei, posando due dita
sotto il
mento di Miguel. - Ora Rolf è mio, tesoro, la strada non
è più la sua casa. -
L'aveva
incontrata di notte.
Stava
passeggiando, lento.
La
pioggia, invece, cadeva rapida.
Era
bella, pulita, e stringeva Berg ad un braccio.
Lui
si
sentì minuto ed insignificante, al confronto. Portava
l'enorme maglia regalata
dall'uomo il primo giorno in cui si erano conosciuti.
Come
sempre, era sporco.
-
Non
c'è più spazio per te, sabishii. -
I
suoi
occhi erano grandissimi, così neri da sembrare privi di
cornea.
La
pioggia cadeva e lui, d'un tratto, ne fu felice.
-
Hai
detto bene, Rolf, sabishii - aveva annuito. - Ricordi cosa vuol dire,
vero? -
L'uomo
si fermò, lo vide allontanarsi.
Era
una
macchia grigia in una via di colori.
E
sentì
che Ilva, affianco a lui, era troppo colorata.
L'odore
di menta era svanito, e l'essenza dolce - troppo dolce - di donna era
entrata
nella sua vita.
Il
vento porta con sé i profumi del mondo.
E'
strano quando, all'improvviso, ne percepisce la fragranza.
***
Miguel
è sabishii.
Quando
Rolf l'aveva trovato, anni prima, accovacciato contro la ringhiera di
un ponte,
l’aveva salutato con quella parola.
Probabilmente
l'aveva appresa da alcuni amici giapponesi.
Aveva
freddo, quel giorno.
L'uomo
si era chinato su di lui, studiandolo con attenzione.
E,
come
tutti i ragazzini che si affidano in tenera età a uomini
senza tetto, sarebbe
stato succube dello sfruttamento minorile.
Ma
Rolf
Berg non l'aveva mai picchiato.
Era
gentile.
Quel
giorno Miguel assaporò il calore della pelle umana.
Fu
portato via, in una vita parallela ma non più in solitudine.
Gli
rimase l'aggettivo sabishii, divenuto poi il suo secondo nome.
Solo
Rolf lo chiamava così.
E
solo
loro potevano sapere cosa significasse.
S
a b i
s h i i.
"Trovavo
che quella fosse una delle più belle parole giapponesi, una
delle più
espressive: sabishii, pronunciata lentamente, somigliava a un sospiro
del
vento. Ma non significava esattamente tristezza e neppure solitudine,
piuttosto
qualcosa di mezzo, una sorta di dolce malinconia, un tenero
struggimento di
cuore."
[Il
vento non sa leggere, Richard Mason]
Berg
l'aveva portato via da morte certa.
Gli
aveva insegnato a vivere o, perlomeno, cosa volesse dire sentirsi vivi.
Il
che
non si trattava di illusione: Rolf lo aveva innalzato alla vita vera.
Era
il
cuore.
Vulnerabile,
batteva all’impazzata.
Miguel
sapeva di essere voluto bene.
Aveva
questa certezza; forse, era l'unica a dare senso al suo sopravvivere.
Certezza
che, all'arrivo di Ilva, si era dissipata.
Miguel
sente che il suo lato sabishii rischia di travolgerlo.
E,
come
il più infantile dei bambini, vorrebbe fare leva su questo
per richiamare Rolf.
Lo
desidera.
[Lui,
la sua attenzione, il suo sorriso.]
Ma
sa
anche che il suo padrone non vuole ragazzini deboli.
O
non
lo avrebbe preso.
Miguel
non si accorge di provare questo impetuoso desiderio di possesso.
Non
si
accorge di essere sotto il potere della più vile delle
droghe.
Non
si
accorge di non riuscire più a farne a meno.
Il
vento non ascolta, non vede, non nota.
Ma,
in
fondo, ride di lui e della sua ingenuità.
***
Ilva
è
solo una pedina.
Pedina
di un gioco più grande di lei.
Personaggio
necessario per dare una svolta alla storia.
Miguel
lo intuisce, ma anche per lui lo scenario è immenso.
E,
dunque, non è a conoscenza dei ruoli.
Nemmeno
del suo.
Ma
impara i fatti a memoria.
Nei
suoi libri tutto è già scritto, l'ordine delle
azioni è predestinato ancor
prima che lui possa formulare un solo pensiero.
E'
così.
E'
fato.
E
lui
ne è affascinato.
Pensa
che, se solo scrivesse il suo destino, potrebbe avere potere sul suo
futuro.
E
verrebbe ad apprendere i ruoli.
Miguel
non è un bambino.
Eppure,
lo è.
E'
un
bambino sabishii.
E
non
importa quante pagine di futuro passeranno sotto le sue mani: il vento
le
strapperà tutte.
Per
lui
non ha importanza.
Va
eternamente avanti senza guardare nessuno.
Gioca
le sue pedine per distruggerne altre, all'infinito.
Il
vento conosce il suo ruolo e sa che nessuno può fermarlo.
***
Lo
intende di sera.
Di
colpo, senza preavviso.
Come
quando un malato si accorge che è destinato a morire entro
breve.
Ed
è,
irrimediabilmente, soffocamento.
Miguel
assapora l'aroma secco della carbonella.
Il
suo
sguardo tace; non acconsente, ma tace.
Ilva
ride [ride, ride] e sembra volerlo ridurre in cenere solo con le sue
risate.
Forse
potrebbe riuscirci se solo Miguel non continuasse a sperare.
Nei
suoi libri, nella sua storia e, nel profondo, anche nelle favole.
Ma
la
verità è che i fatti stanno creando una voragine
di vuoto immenso dentro di lui
e, questa volta, i suoi occhi non sanno reagire.
-
Cosa
c'è, piccolo sabishii? - lo deride Ilva, portandosi le
lunghe dita curate al
basso ventre.
E'
rabbia.
Perché,
quello, era il loro segreto.
-
Io ti
odio, Ilva. -
E'
vendetta.
Perché
così è scritto nella sua storia.
-
Ora
anche Rolf ti odia - replica lei, sorniona.
E'
rancore.
Perché
quel dannato gioco - o libro che fosse - è gestito
unicamente da Berg.
Miguel
sa cos'è quel vuoto infinito che lo intrappola fino a
renderlo debole.
E'
solo
sonno.
Un'estenuante
sonno che gli fa conoscere ciò che al mondo è
peggiore della morte.
Gli
effetti dell'illusione uccidono.
La
realtà dei fatti massacra.
L’ambiguo
sta nel fatto che, ad ogni modo, sono la stessa cosa.
Ilva
è
incinta.
La
pedina sta per concludere il suo turno.
Rolf
riprende fra le dita una vecchia sigaretta alla menta e aspira.
Vedere
il piccolo Miguel graffiare è il più eccitante
degli spettacoli.
***
Miguel
urla.
Il
tono
è basso, roco, tirato.
Non
ha
più voce.
Urla
per non essere ascoltato.
Strano,
vero?
Si
grida per attirare l'attenzione, non per essere ignorati.
Ma
lui
sa che lo abbandoneranno: perché urlare è una
debolezza.
E
lui è
fragile e pericoloso.
Rolf,
nel buio, ghigna.
Da
tempo, la sua piccola pedina aveva smesso di portare la maglia ruvida
da lui
regalata.
Gira
affamato, scontroso, cupo.
Ed
è
tornato solo.
Miguel
scrive ancora la sua storia.
I
fogli
su cui lavora sono riempiti della sua scrittura minuta e fitta, e
protetti fra
due strati di cartone.
Su
questi, incisioni di taglierini.
Profondi,
paralleli, perpendicolari.
Impressionanti
se immaginati su carne.
Miguel
incide il cartone dopo aver aggiornato la sua storia, ogni sera.
Infine
una notte nasconde i fogli fra le pagine di giornale e gli stracci
sporchi;
s'incammina per le strade.
E'
sabato.
Le
luci
si alternano fra di loro quasi l'intera città fosse solo una
colossale
discoteca piena di nascondigli.
Ilva
è
sempre in giro.
Chiara,
frivola, lucente.
La
curva, sotto il seno e sopra il basso ventre, ha acquisito volume.
Dentro
di lei, c'è una parte di Rolf Berg.
S'incontrano
in periferia.
Miguel
sembra un cane randagio.
Si
molleggia debolmente sulle gambe e la saluta ridendo.
Stessa
arma, forse solo più tagliente.
Lei,
invece, trema.
Il
ragazzino si avvicina. Come nei libri, nessuno dei due ha il tempo di
ragionare.
I
fatti
sfuggono, scivolano e - ogni volta - si compiono.
Ora
Ilva sa perché Miguel ha urlato per giorni.
Non
solo per allontanare tutti da sé - e, dopo, anche da lei -
ma per godere nel
vederla fare lo stesso.
Miguel
è stato uno schiavo, un bambino, un sabishii... ed ora
è diventato un
assassino.
Le
pagine volano. Il vento le porta via.
Quel
destino che lui ha deciso si è compiuto, ma non sa cosa
verrà dopo.
Non
può
sapere cosa dirà Rolf.
Ma
quella notte capisce che il vento non sa leggere.
***
Miguel
riprende a scrivere.
Lo
fa
per pura inerzia, perché sa di non possedere alcun potere
ora che Ilva è morta.
Miguel
indossa la sua vecchia, enorme maglia.
Ed
è un
mero gesto di codardia e mancanza di pentimento.
-
Ciao
Miguel. -
Alza
gli occhi.
E'
terrorizzato. Le iridi si muovono in uno stato semiliquido all'interno
dei suoi
occhi scuri.
-
Rolf
- sussurra il piccolo, nascondendo in fretta i fogli.
L'uomo
scuote la testa, poi sbuffa.
"No,
no, no." - ripete, come se stesse parlando con un neonato.
E'
furioso, Rolf.
-
Fammi
leggere, Miguel - ordina, strappandogli di mano una pagina. - Vediamo
cosa
desideri... -
Miguel
era stato sgridato, umiliato, deriso nel corso degl'anni.
Eppure
sapeva che Berg, in fondo, gli voleva bene.
Doveva
essere così, si convinse.
-
Sai,
- esclama l'uomo, flettendo le ginocchia per scrutare il bambino da
vicino, -
mi sono divertito a vederti trasformare in una belva. -
Lo
carezza.
Passa
i
polpastrelli delle dita sulla pelle delicata del ragazzino, quasi
volesse
consumarla.
-
Ma ti
avevo detto che Ilva sarebbe diventata la mia pupilla, vero? - prosegue
Rolf. -
Ti avevo avvertito, sabishii. -
-
Perché lei? -
Il
sollievo del tocco svanisce.
Miguel
cerca di prendere tempo.
Tempo
che non raggiunge in quanto nemmeno il vento ci è riuscito.
-
Perché Ilva poteva offrirmi una vita fuori dalla strada,
senza voi mocciosi fra
i piedi - ringhia Berg. - E ora siamo punto e a capo. -
[Vento
che spira, che spezza, che persevera.]
-
Qual
è il tuo obiettivo? -
Il f u l c r o.
Possibile
che, per tutto questo tempo, se l'era lasciato sfuggire?
-
Il
potere. -
Il
vento sfrutta, gioca e pretende di vincere.
Il
vento è solo, contro tutti.
Eppure
è capace di muovere ogni cosa a suo piacimento, quasi
l'intero universo fosse
legato a lui tramite milioni di fili invisibili.
E
se
non ottiene, allora ci sono le sue pedine da mettere in pista.
Miguel
capisce, stringe i denti e, silenziosamente, inizia a singhiozzare.
-
Non
piangere, mio piccolo sabishii - lo ammonisce laconicamente lui. - La
tua
storia è commovente. -
Peccato
che il vento non sappia leggere.
-
E...
ora? -
Sorride.
Il suo alito sa di sigarette alla menta.
-
Ora
esci di scena. -
Soffia,
il vento.
Le
pagine si voltano, inesorabili.
E
la
droga cessa di fare effetto.
End
Non
avevo pensato di dedicare questa shot a
qualcuno.
Ma
c'è una persona, fra le tante, a cui non ho
mai realmente dato qualcosa.
A
mio padre, perché sappia che gli voglio un
mondo di bene.
Anche
se solo in questi ultimi anni abbiamo
iniziato a legare davvero.
Giulia