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Autore: Sikt    13/03/2013    5 recensioni
Il mondo in cui vive Wayne Gonzales ormai non è più quello di una volta. Le giornate grigie si susseguono le une con le altre in una estenuante monotonia, fino alla giornata del Capodanno del 2094. In quel momento Wayne incomincia veramente a vivere: in una guerra che non credeva potesse esistere, si ritroverà sprofondare in un turbine di bugie, aiutato dai ragazzi della Resistenza nella ricerca di sua figlia.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cronache Del Dopo
“2095”


 

Con il termine “Dopo” si indica un periodo di tempo successivo ad un evento catastrofico non meglio specificato che ha colpito e danneggiato drasticamente il pianeta Terra in un’epoca non conosciuta, modificandola profondamente alla radice. I cambiamenti non hanno solo attaccato l’aspetto “naturale” del pianeta, ma anche quello “caratteriale”, le ripercussioni infatti hanno colpito l’intero genere umano. La storia che viene riportata qui di seguito segue degli eventi situati in un periodo che fa parte appunto del “Dopo” e quindi di come l’umanità e il pianeta Terra cercano di riformarsi dopo i danni subiti.







PROLOGO: NASCERE







 

CAPITOLO UNO
- 31 Dicembre 2094 Ore 23:30 -
“Il dio ordina ai magistrati di sorvegliare attentamente i bambini, di stare bene attenti al metallo che si trova mescolato alla loro anima, e se i loro figli hanno qualche parte di bronzo o di ferro, di essere per loro senza pietà e di assegnare ad essi il tipo d’onore dovuto alla loro natura, regalandoli nella classe degli artigiani e degli agricoltori; ma se da questi nasce un bambino la cui anima contiene dell’oro o dell’argento, il dio vuole che sia onorato elevandolo sia al rango di custode, sia a quello di difensore”(dalla Repubblica di Platone, 415bc)



L’orologio segnava poco meno di trenta minuti alla mezzanotte. Svuoto il bicchiere con un ultimo sorso e lo poso sul bancone, pago il barista e esco fuori in strada, rimboccandomi l’impermeabile e alzandomi il colletto. Pensavo che il Capodanno avrebbe giocato a mio favore, che i festeggiamenti nella Grande Piazza avrebbero contribuito alla realizzazione del piano: credevo che anche la scrosciante pioggia che ormai cadeva senza pausa da una settimana sul Quadrante Nove mi avrebbe aiutato. Purtroppo non sapevo che di lì a poco avrei rischiato seriamente la  mia vita, solo per salvarne un’altra. Mi chiamo Wayne Gonzales e ho ventuno anni. Non ricordo neanche più da quanto tempo è che vivo qui. L’unica cosa certa che ricordo è il suo viso prima che impallidisse fra le mie mani, prima che il suo sguardo divenne vitreo per sempre:  nostra figlia era nata da poco, ancora non eravamo riuscite a darle un nome. Mia moglie Daily morì in una manifestazione “pacifica” della Resistenza che si svolgeva nella Piazza. Il suo cadavere si andò ad accumulare a tutti gli altri che si accasciarono sul suolo quel giorno. Le cose brutte alla fine sono quelle che rimangono impresse nella nostra mente per sempre: gli ordini dei Custodi, la carneficina dei Difensori. Il sangue dappertutto, sulla strada e sui miei vestiti. I pensieri mi avevano portato altrove, non mi ero accorto di essermi ritrovate nel mezzo dei festeggiamenti, nella marmaglia di persone pronte ad alzare i bicchieri al cielo: cercai di mischiarmi nella folla. Il Signor Drake aveva avuto una soffiata: tutti i bambini dei dieci Quadranti vengono caricati sui dei camion e trasportati da una città all’altra ogni due anni. In uno degli ultimi carichi partiti dal Quadrante Nove ci sarebbe dovuta essere mia figlia. Li spostano in continuazione, non li fanno mai rimanere nello stesso luogo: è la Legge. Sanno che c’è sempre qualcuno della Resistenza pronti a liberarli. Nessuno è mai stato d’accordo su una cosa così tanto abominevole: in questo modo i bambini non sono rintracciabili dai loro genitori, li fanno viaggiare, li spostano e li educano i Custodi per anni e anni, fino a quando i genitori stessi non si dimenticano di avere dei figli, e così tutto può filare liscio nei Quadranti: nessuno reclamerà nessuno. Mr D. mi aveva confermato con certezza che il camion era partito da questo Quadrante due anni fa e proprio questa sera vi ritornava per dei controlli, evidentemente proprio per approfittare della confusione del Capodanno, per trasferire i bambini in tutta tranquillità. Mia figlia doveva trovarsi nella Costruzione 13B, uno dei palazzi di proprietà del Consiglio. La pioggia mi bagnava il viso e le gocce come un pianto scintillavano sul mio viso. La gente continuava a riversarsi in Piazza. Il portone del palazzo era davanti a me: era chiuso dall’interno, ma scassinarlo fu un gioco da ragazzi. Alla Resistenza ti insegnano questo ed altro. Mi ritrovai davanti un lungo corridoio, ai lati solo porte, di fronte a me una scrivania, probabilmente una sorta di reception. Pareva non esserci nessuno. C’era un computer lasciato accesso, incustodito: sbirciai qualche cartella. L’ultimo carico di bambini si trovava al piano di sopra, stanza Z. Mi incamminai con passo accellerato verso la rampa di scale: tutto quel silenzio e quella tranquillità mi diedero alla testa. Arrivo dal nulla il potente destro di un Difensore, e non riuscii a schivarlo. Con la faccia sul pavimento, rintronato, sentii il sangue caldo iniziare a sgorgarmi dalle labbra: cercai in tutti i modi di rialzarmi il più velocemente possibile, ma mi ritrovai immobile, bloccato dalla presa di due guardie. Un possente Difensore sedeva sopra di me, ebbi un faccia a faccia con le canne mozze di un fucile. L’altra guardia allentò la presa su di me in modo tale da chiamare i rinforzi: sono morto quindi? No. Quello sopra di me si distrasse un attimo spostando la sua attenzione sull’altro suo compagno: ne approfittai per mettere le mani sul collo del fucile, lo tirai verso di me e con tutta la forza che avevo in corpo lo sbattei violentemente sulla fronte del tipo. Il Difensore frastornato, crollò a terra, ma era tenace, stava già per ritornare in piedi. Non gli diedi un attimo di pace, dovevo sfruttare quell’occasione: dovevo liberare mia figlia! Con un’altra botta sullo stomaco, riuscii a farlo sbattere sul suo altro compagno, appena dietro di lui, che nel frattempo era riuscito a legarmi le caviglie. Era il momento buono per tagliare la corda. Scappare mi risultò molto difficile, saltavo sulle scale con i piedi legati il più velocemente possibile. Era come se non riuscissi a muovermi neanche di un millimetro, un solo salto con quelle tenaglie ai piedi era stremante. Sentivo il filo stringersi sempre di più attorno alle caviglie, pensavo che da un momento all’altro sarei crollato con le ossa rotte. Avevo il viso e i vestiti completamente inzozzati del mio sangue. Le tempie mi pulsavano e mi sentivo il cuore in gola. Ero vicino alla fine delle scale quando percepii una terribile fitta alla spalla: un proiettile mi aveva colpito, l’odore della polvere da sparo era ancora nell’aria. Un terzo Difensore era arrivato alle mie spalle. Un’altra decina lo raggiunsero. Mi accasciai sul pavimento senza avere neanche più la forza di respirare…Ricordo solamente il forte sapore di plastica degli anfibi neri dei Difensori sui denti. Le cose brutte alla fine sono quelle che rimangono impresse nella nostra mente per sempre.

  
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