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Autore: Nana Kudo    14/03/2013    4 recensioni
“Non puoi capire quanta emozione ti possa trasmettere, Ran!” disse, per la ventesima volta nel giro di pochi minuti il liceale, alludendo al libro di Conan Doyle letto –riletto, la sera prima, con gli occhi che brillavano al pensiero dell’idolo che risolveva l’ennesimo caso; mentre la karateka, accanto a lui, si limitava a guardarlo seccata.
“Ciò non toglie che hai letto quel libro milioni di volte e che dovresti essertene stancato ormai” ribatté sicura la ragazza, continuando a mantenere quella sua espressione scocciata, allungando intanto un braccio verso le converse all’interno del proprio armadietto.
“Stancarmene? Nah” rispose il detective, tirando fuori anche lui le scarpe dall’armadietto e cominciando a togliere quelle che aveva ai piedi. “Vedi Ran, ogni volta che rileggo qualsiasi libro di Holmes, mi rendo conto di particolari che la volta prima non avevo notato o semplicemente avevo trascurato; particolari che se interpretati nel modo esatto, ti fanno capire chi è il colpevole, capisci? E’ impossibile stancarsi di leggerlo a questo punto” le spiegò, richiudendo l’anta con dentro le scarpe scolastiche, e finendo d’indossare le sue converse.
Ran lo guardò con un sopracciglio alzato, per poi sospirare rassegnata.
-Maniaco di gialli-
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♥White Day♥
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Sonoko Suzuki | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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White Chocolate
Capitolo 1
*** 

 

 
 
“Quindi, a prepositional phrase is a phrase that starts with a preposition..” continuò a spiegare la lezione di inglese la professoressa alla classe di alunni che la ascoltavano interessati e silenziosi, o che semplicemente si limitavano a fare silenzio ma a vagare con la mente da tutt’altra parte.
E lo stesso, appunto, facevano Shinichi e Ran, seduti l’uno affianco all’altra, entrambi senza proferire parola, ma che allo stesso tempo erano concentrati su cose completamente diverse.
Lei, con gli occhi fissi davanti a sé, che ascoltava concentrata e interessata la lezione che la professoressa stava spiegando in quel momento, cercando di capirne il più possibile in modo da doverla solamente ripassare una volta a casa.
Lui, invece, con il viso poggiato sulla mano destra, lanciava sguardi annoiati fuori la finestra alla sua sinistra, verso quegli uccellini che da qualche giorno, come iniziata la primavera, cinguettavano e volavano nel cielo, ridando vita a quella natura che per tutto l’inverno si era spenta. E con la mente, invece, in quel momento si divertiva a vagare qua e là tra i ricordi, ma soprattutto, al caso appena svolto il giorno prima.
Sorrise soddisfatto al ricordo di se stesso che risolveva quell’indagine complicata, comunicando il nome dell’assassino all’ispettore Megure, e soprattutto, all’idea di esser riuscito a chiudere un caso nei migliori dei modi per l’ennesima volta.
Continuava a vantarsi e pavoneggiarsi, nella sua mente, lasciandosi però sfuggire sorrisetti e risatine, senza nemmeno accorgersene.
Risatine che, non passarono inosservate agli occhi della professoressa; che difatti, interruppe immediatamente la lezione e si voltò verso di lui.
“Kudo, posso sapere cosa c’è di così divertente in quello che sto dicendo?” gli chiese, poggiando i palmi sulla cattedra, e con tono leggermente alterato, leggermente.
L’intera classe si voltò in direzione del detective, aspettando una sua risposta, risposta che però non arrivò.
Continuava a ridersela sotto i baffi, il detective, mentre la donna a pochi metri da lui incominciava a cambiare colorito per la rabbia.
“Shinichi?” cercò di riportarlo alla realtà Ran, prima che accadesse il fini mondo. Il ragazzo non rispose nemmeno quella volta, così si decise a pestargli un piede.
-A mali estremi, estremi rimedi- pensò la karateka.
“Ahia!” imprecò a bassa voce Shinichi, guardando poi di sottecchi l’amica d’infanzia accanto a lui. “Ran ma dico, sei impazzita?!” sbottò stizzito, facendo sbuffare l’altra.
“Io no, ma la prof tra pochi istanti lo diventerà, pazza, se non ti decidi a voltarti” gli sussurrò con guardandolo con espressione seccata.
“Che?” chiese il detective, confuso. Ma appena portò lo sguardo dinanzi a sé, si ritrovò una professoressa rossa in viso e che a momenti sarebbe potuta esplodere come un vulcano.
Deglutì, Shinichi, a quella vista.
“Kudo…”
“Sì?” disse, riuscendo a sembrare il più naturale possibile. Cosa che, fece incavolare ancora di più la donna, ma proprio leggermente.
“Mi sai dire dove mi sono fermata?” domandò, cercando di calmarsi, raddrizzando la schiena e cingendo le braccia al petto, con fare spavaldo, sicura che il ragazzo non avrebbe saputo rispondere alla sua domanda.
Shinichi lanciò uno sguardo veloce alla lavagna dietro di lei, guardando le scritte lasciate su di essa, per poi riportare lo sguardo alla professoressa e rispondere.
“Stava spiegando come si fa a riconoscere un appositive phrase” rispose tranquillamente il detective, lasciando a bocca aperta la donna e, soprattutto, la ragazza accanto a lui.
“Ma come cavolo.. cioè, volevo dire” si ricompose la professoressa d’inglese. “La prossima volta fa meno rumore” disse, voltandosi di spalle e tornando subito dopo a spiegare dal punto esatto in cui si era fermata prima.
Il ragazzo dalle iridi cobalto sospirò, per poi ritornare ad appoggiare il viso sul palmo della mano e guardare fuori dalla finestra, ancora più annoiato di prima.
Ran, accanto a lui invece, continuava a guardarlo spaesata. Come aveva fatto a capire fin dove erano arrivati se non aveva dato la minima importanza a quella lezione?
Provò a pensarci, ma non arrivando a nessuna conclusione, decise di chiederlo direttamente a lui.
“Come facevi a saperlo?” gli chiese, con tono di voce abbastanza basso.
Shinichi si voltò, guardandola interrogativo.
“A sapere cosa?”
“A che punto si era fermata..”
“Ah beh..” riassunse quel suo modo di fare spavaldo, tornando a guardare di fronte a sé. “Di solito i professori quando spiegano scrivono sempre appunti e cose varie attorno a ciò che avevano scritto in precedenza in modo da far intendere meglio il concetto. Io mi sono semplicemente limitato a cercare il primo punto in cui non c’era alcuno scarabocchio ed ecco che sono arrivato a dov’eravate rimasti” le spiegò, con quel solito sorriso a curvargli le labbra e l’espressione soddisfatta che aveva ogni volta che deduceva qualcosa. “Elementare, Watson!” aggiunse infine, facendo sbuffare la karateka che voltò di scatto il volto dall’altra parte, mentre quello si lasciò sfuggire l’ennesima risata in quell’ultima ora.
“Bravo. Ma ora sarebbe meglio se tu ti concentrassi sulla lezione invece, Holmes” gli sussurrò annoiata, facendo sbuffare l’amico che in meno di dieci secondi tornò con lo sguardo fuori dalla finestra.
 

***

 
La campanella, finalmente, suonò, segnando la fine della giornata.
La professoressa, quasi dispiaciuta di non essere riuscita a finire la sua lezione che, fosse stato per lei, avrebbe continuato volentieri, si limitò a un sospiro e a riordinare tutte le sue cose.
“Domani interrogazione, non dimenticatevelo” ripeté per l’ennesima volta, ricevendo degli annoiati accenni di capo dalla classe, prima di lasciare l’aula.
Come la porta scorrevole si chiuse dietro la donna, i ragazzi si alzarono quasi esultando per aver finalmente finito quella tortura, per poi affrettarsi a preparare la cartella in modo da uscire il più presto di lì.
Erano usciti quasi tutti ormai, mentre Shinichi e Ran si avviavano agli armadietti all’entrata chiacchierando e scherzando, facendo ovviamente ingelosire qualche ragazzina fan del detective che lanciava sguardi assassini all’amica di quest’ultimo.
“Non puoi capire quanta emozione ti possa trasmettere, Ran!” disse, per la ventesima volta nel giro di pochi minuti il liceale, alludendo al libro di Conan Doyle letto –riletto, la sera prima, con gli occhi che brillavano al pensiero dell’idolo che risolveva l’ennesimo caso; mentre la karateka, accanto a lui, si limitava a guardarlo seccata.
“Ciò non toglie che hai letto quel libro milioni di volte e che dovresti essertene stancato ormai” ribatté sicura la ragazza, continuando a mantenere quella sua espressione scocciata, allungando intanto un braccio verso le converse all’interno del proprio armadietto.
“Stancarmene? Nah” rispose il detective, tirando fuori anche lui le scarpe dall’armadietto e cominciando a togliere quelle che aveva ai piedi. “Vedi Ran, ogni volta che rileggo qualsiasi libro di Holmes, mi rendo conto di particolari che la volta prima non avevo notato o semplicemente avevo trascurato; particolari che se interpretati nel modo esatto, ti fanno capire chi è il colpevole, capisci? E’ impossibile stancarsi di leggerlo a questo punto” le spiegò, richiudendo l’anta con dentro le scarpe scolastiche, e finendo d’indossare le sue converse.
Ran lo guardò con un sopracciglio alzato, per poi sospirare rassegnata.
-Maniaco di gialli-
Chiuse anche lei l’armadietto, ma quando si girò, facendo per dire qualcosa, l’urlo di qualcuno, la impossibilitò dal farlo.
“SPOSINI!!” urlò Sonoko tutta allegra e sorridente dall’altra parte della stanza, guadagnandosi l’attenzione di tutti i presenti che subito dopo risero, realizzando chi fosse la persona a urlare e a chi fosse riferita la frase, e, soprattutto, i volti scarlatti dei diretti interessati.
“Mi sembrava troppo strano che quella non si era ancora fatta viva” sbottò Shinichi, irritato al solo sentire quella voce stridula della giovane ereditiera, sbuffando e assumendo un’espressione più che stizzita.
Ran, accanto a lui, cercò di abbozzare un finto sorriso con la speranza di calmarlo, inutilmente.
“Hey Ran” la richiamò la bionda, una volta accanto a loro, prendendo l’amica per un braccio. “Indovina?”
“Un idiota ti ha chiesto di uscire? Poverino, non sa a cosa sta andando incontro quel ragazzo” ironizzò il detective, ricevendo di tutta risposta un’occhiataccia truce da parte di Sonoko, che però si ricompose subito dopo.
“No Holmes, ti sbagli” disse con fare superiore. “Inizi a perdere colpi?” continuò a schernirlo poi, mentre l’amica accanto a lei cercava di svincolarsi inutilmente dalla sua presa, e allo stesso tempo, le ripeteva continuamente di smetterla.
Fece per replicare, il ragazzo, quando Ran lo precedette.
“Sonoko, perché non ci dici il motivo per cui sei qui?”
L’ereditiera lanciò un ultimo sguardo assassino al detective, ricambiato da un altrettanto scocciato di lui, per poi voltarsi in direzione dell’amica e sorridere, come se nulla fosse.
“Ma come, te lo sei già dimenticata?” le domandò incredula, lasciando confusa la karateka.
“Dimenticata cosa?”
“Domani è il White Day*!” esultò tutta felice saltellando sul posto, facendo nuovamente sbuffare Shinichi, sempre più scocciato dalla presenza della ragazza.
La brunetta ci mise un po’ a capire di che stava parlando, ma quando lo fece, non poté che assumere un’espressione annoiata al solo ricordo di quante paranoie e storie d’amore si era dovuta sorbire negli ultimi giorni, dove l’amica sognava una possibile risposta alla sua cioccolata del mese prima da parte del capitano della squadra di calcio.
Noia che dopo pochi secondi fu mascherata da un finto sorriso, e un’altrettanta risata.
“Ah già, ora ricordo” disse, mentre la presa sul suo braccio si allentava lentamente.
“Già” sospirò Sonoko, con occhi sognanti. “Neh neh, Kudo-kun” si avvicinò subito dopo al ragazzo, dandogli piccole gomitate nello stomaco, guadagnandosi semplicemente un sonoro sbuffo da parte di quello. “Dì la verità, hai già comprato la cioccolata per la tua mogliettina?” a quelle parole, il viso del detective che fino a quel momento era annoiato, si dipinse all’immediato di una colorazione rosso acceso, che prontamente cercò di nascondere voltando il capo dal lato opposto alle due.
“Ma che ti salta in mente, Suzuki?!” sbottò, mentre quella si lasciava a piccole risate divertite, divertite soprattutto del fatto che anche Ran, nel sentire quella frase, arrossì. “E comunque non è la mia mogliettina” aggiunse, ancora più adirato e rosso di prima.
“A-ha, sì certo, come no” lo schernì l’ereditiera, per poi tornare a stuzzicarlo. “Dai, dì la verità: non vedi l’ora che arrivi domani solo per regalarle della cioccolata bianca, neh?” disse, scoppiando a ridere subito dopo.
Shinichi, ormai al limite della sopportazione, si levò di dosso la ragazza con poca delicatezza e sorpassò l’amica, avviandosi verso l’uscita del liceo.
“Che tipo” sentenziò Sonoko, per poi tornare a ridere.
Ran, intanto, aveva osservato la scena senza fiatare, ancora rossa in viso e con la mente che ripeteva come un disco rotto quegli ultimi attimi, prima che l’amico lasciasse quel posto.
Non l’avrebbe mai ammesso all’amica, né tanto meno al detective ma… forse l’idea di ricevere della cioccolata da Shinichi non le sarebbe dispiaciuta, anzi..
Scosse il capo, nel realizzare fin dove era arrivata con i propri pensieri, cercando così di liberarsene.
-In fondo, perché dovrebbe regalarmi della cioccolata… a me… alla sua amica d’infanzia?- pensò, facendosi poi sfuggire un sorriso amaro.



*Il White day è una festa Giapponese che cade il 14 marzo. In teoria, per chi non lo sapesse, i ragazzi devono rispondere alla cioccolata ricevuta a San Valentino con una bianca, ma di solito se la ragazza gli piace, ecco... 


Nana's Corner:
Minna konnichiwa! :D
Ed eccomi di nuovo qui a rompervi con l'ennesima storia su sti due tonni! xD
No, comunque, tornando seri... che ne pensate di questo primo capitolo?
Vi piace o..? ^^
Any way, questa storia è una mini-long di due capitoli... just saying... *si sente un'idiota perché non sa che dire .-.*
Ok, abbiamo capito che è meglio se me ne vado ^^"
Grazie comunque per essere arrivati fin qui a leggere, spero la storia vi sia piaciuta e, se è così o meno, che ne dite di farmelo sapere con una recensione? :D

XXX,
Nana.

   
 
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