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Autore: Anacarnil    14/03/2013    1 recensioni
Altra riflessione paradossale sull'esistenza umana, in chiave (molto) metaforica. Come per tutti i miei scritti, qualche errorino di batttura o refusi vari non li escludo, semplicemente perché non rileggo quasi mai ciò che scrivo... vi chiedo quindi anticipatamente scusa OçO
Per le lettrici: prendetevi pure la briga di modificare il sesso del protagonista, che non è definito ma si dovrebbe adeguare, in teoria, alla vita di ciascuno di noi in maniera più o meno esatta.
Uhm... ah, sì. Sarei contentissimo di ricevere pareri e riflessioni sullo scritto, come sempre, in privato o attraverso le recensioni.
Mi pare di aver detto tutto, spero si tratti di una buona lettura!
Genere: Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando giunge il periodo di Natale, si sa, le cose da fare sono davvero tante. C'è chi si diverte a passare giornate intere tra la casa di un amico e un pub, chi prepara l'albero, chi le più svariate pietanze tipiche della festa, non si ferma nessuno più del minimo indispensabile. Quello che conosci diventa un turbinio folle, un brulicare esagitato di gente tra le vie, un riempirsi delicato e leggero di chiacchiericcio allegro che serpeggia nelle strade, sui balconi, e che pende sui sorrisi della gente. Allora decidi che è il momento giusto per dirigerti al centro commerciale, perché anche tu come gli altri devi fare compere, e per preparare il cenone e rendere il grande momento un momento speciale, c'è bisogno di quel che il centro commerciale può offrirti. Ti muovi spensierato, senza pensare veramente a cosa comprarai, godendoti l'aria permeata dalla magia che solo il Natale può e sa regalarti. Non puoi annoiarti davvero, sai che qualsiasi cosa farai sarà comunque un successo, perché te lo suggerisce, in un angolo remoto della tua consapevolezza, una vocina sommessa e lontana eppure tanto suadente. E tu vuoi crederle, perché chi sei tu per ripudiare la magia del Natale? La confusione in quel colossale complesso commerciale regna sovrana, perciò ti prepari psicologicamente a ciò che ti aspetta. Fai il tuo ingresso e vieni sommerso dalle luci che sfavillano ed ammiccano ovunque intorno  a te, travolto dalla fiumana di bambini urlanti e genitori allegri e della miscela di voci che ti scuote e ti rapisce. Finisce che in pochi attimi sei già parte di quel vortice e ti piace, dopotutto. Cammini col naso per aria, sempre pronto a meravigliarti per la più piccola delle novità, per il saluto di un conoscente e per uno qualsiasi degli articoli scontati che campeggiano sornioni dietro le vetrine. Ti rendi conto così che un Natale non è vero se non passi una buona mezza giornata gironzolando naufrago per i negozi che circondano il complesso principale, adocchiando questo o quell'arnese e questo o quell'oggetto che ti pare di poter scegliere per l'amico Tizio e il parente Caio. Non smetti mai di stupirti davvero di quello che ti aspetta voltato l'angolo, e per una volta l'anno decidi che mantenere un sorriso beato e anche, diciamocelo, un pochino stolido in volto non è poi così male, perché il Natale chiama ed a Natale sono tutti un po' più felici. Così tra un negozio e l'altro, tra l'acquisto azzeccato e un rimorso che ti porterai avanti per i prossimi venti secondi, decidi di fare capolino in uno di quegli esercizi a più piani di abbigliamento casual che tanto apprezzi. I manichini attendono immobili l'arrivo della gente, salutandoli con i loro occhi spenti, pavoneggiandosi in pose bizzarre, consci delle miriadi di attenzioni che vengono loro rivolte. Per un secondo provi a immedesimarti in uno di loro, e ti ritrovi ad occhieggiare la gente con aria divertita, prendendo in giro il tuo amico manichino di fianco perché sai che la scena la stai rubando tu quel giorno, e sei tu il re o la regina del negozio Tal dei Tali. Poi domani toccherà a qualcun altro più fortunato di te, questo lo sai, ma d'altronde conosci le regole: la felicità va assaporata istantaneamente, guai a farsela sfuggire pensando al futuro, o al passato, o al presente come vorresti che fosse e non come sai che è realmente. Scuoti il capo, quel breve momento in cui i tuoi occhi si sono fatti vuoti e la tua immaginazione ti ha proiettato nel corpo inanimato di un pupazzo ti fa sorridere, e nella concitata frenesia del momento ti pare che quel buffo finto uomo abbia ammiccato proprio nell'attimo in cui hai distolto l'attenzione dalla sua figura ben agghindata ed elegante. Ti rendi conto di sostare sulla soglia dell'esercizio da diversi secondi, e qualche altro attimo in attesa rischia di farti perdere di vista i tuoi amici, o magari i tuoi parenti, i tuoi figli, il tuo amore.

Acceleri quindi, lanciando occhiate gravide d'entusiasmo qui e lì, indossando con gli occhi ogni cosa e scartandola o prendendola in considerazione più seriamente nel trascorrere di un battito di ciglia. Ti senti a casa, perché quel negozio, da che ricordi, è sempre stato lì ad accompagnare i tuoi primi passi e poi a vederti crescere e diventare grande, farti la tua vita. In un certo senso, ti pare di conoscere chiunque lì dentro, anche il manichino che hai passato. Talvolta hai deciso anche di conoscere il nuovo personale ed i nuovi pupazzi, e hai sofferto con l'amministrazione i tempi di magra del negozio. Però ricordi altrettanto vividamente quella gioia irrefrenabile che ti colse quando comprendesti che il locale, dopo tutto, sarebbe andato avanti, che il peggio era passato e che i tanti abiti non sarebbero scomparsi. Torni a sorridere ed annuisci tra te e te davanti ad una bella camicia. Sì, sei proprio a casa.

 

Ma il tempo passa e tu vorresti comprare buona parte del negozio, come sempre, perciò sei costretto a prendere una decisione, qualcuno dei tuoi conoscenti ti chiede se vuoi prendere qualcosa. E tu vorresti rispondere "Certo che sì, il negozio intero!", ma preferisci tenere gelosamente per te la gioia della permanenza in quel luogo così usuale e banale eppure così magico, sempre diverso.

 

Passi del tempo ancora a girovagare, e quella bella felpa in fondo al corridoio non fa altro che chiamarti. Ce l'hai fatta, hai trovato il TUO personalissimo regalo a te stesso. Ti muovi così celere che rischi di travolgere qualche incauto bambino che ti passa davanti, e la fiumana di gente non ti ostacola, non quando hai puntato così intensamente quel capo. Ci passi le mani, noti la consistenza, la morbidezza, e già sei catapultato nel camerino a provarlo. Uno stanzino ampio, decisamente comodo, in cui hanno lasciato uno di quei manichini in disuso, pronti ad essere portati in magazzino e ad essere sostituiti. Lì per lì ci fai poco caso, tutto fremente per il nuovo acquisto che ti appresti ad effettuare. Ma poi, con la felpa calata a metà, mentre il tuo viso fa capolino dall'apertura per la testa, ti accorgi con un sorriso che il manichino, cristallizzato in quella posa sempre uguale, indica proprio la tua felpa, quasi a volersi complimentare per la scelta compiuta. Una di quelle per gli amanti del vintage, con disegni trascurabili e vaghi. Annuisci, fai per indossare completamente la felpa, e ti ritrovi ad immaginare a quanto un manichino possa essere testimone del tempo che passa, immobile lì a trastullarsi, chiedendosi il senso della vita, attendendo che i commessi serrino il negozio a sera e lo riaprano il mattino che ancora sei frastornato e vorresti dormire e dormire e dormire. Immagini decine di anni fluire avanti a te senza che tu possa muoverti, sospirando di sollievo nella tua muta gratitudine alla commessa che muove le tue braccia e le tue gambe, ti rende impettito o fiero o sbarazzino, ti fa vivere senza nemmeno saperlo.

 

E ti rendi conto con sorpresa che quelle sensazioni non ti sono poi così estranee. Immagini labili scivolano nella tua mente come foto, scattate da mani inesperte, sfocate, lontane. Ti accorgi di provare la tristezza che proverebbe un manichino e ci rifletti, perché non è poi come tutte le altre volte.

 

D'un tratto comprendi, e la conoscenza si riversa nella tua mente come un maremoto divora inesorabilmente le coste soleggiate di una piccola isoletta sperduta.

 

Il manichino ricorda, perché il manichino ti ammira.

 

Quella è la prima felpa che hai indossato nella tua vita, la primissima con cui hai servito come lui ha servito, ed egli sa, e vuole salutarti un'ultima volta, prima di essere portato via, spezzato, distrutto, annullato, e magari rinascere come è successo a te.

 

Sei così frastornato che il tempo assume connotati buffoneschi, che il Natale ormai non è che una proiezione, una traccia dell'esistenza, un focolare caldo e lontano, così lontano ed invitante da risultare inguardabile, odiato e rifiutato, e così si perde nella foresta, sotto la neve copiosa della tua consapevolezza.

 

In quel frangente non hai la prontezza per augurare la tua stessa fortuna all'altro, dimentico di qualsiasi aspetto tangibile della vita, dimentico delle parole e dei movimenti, paralizzato dalle sfumature di cui si colora in questo momento la tua vita proprio come, buffo a dirsi, immobile è il manichino dinanzi alla tua figura.

 

Che ora ti sta osservando.

   
 
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