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Autore: AloneAgainstZombies    14/03/2013    1 recensioni
« Appena Rajah vide piccoli puntini bianchi annebbiarle la vista come lo schermo di un televisore rotto, capì che non avrebbe visto il giorno seguente. Un vampiro gentiluomo la stava prosciugando e lei… non avrebbe mai più visto il sole sorgere. Non sarebbe più tornata nella sua piccola casa a qualche chilometro da Sharm el Sheik. Chiuse gli occhi sperando solo che quella fine arrivasse in fretta. Alla fine capì di non aver nulla da perdere: «Finiscimi…» sussurrò con voce fioca. »
[Interrotta ma possibile ripresa]
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 Nightmare Circus


Erano circa le dieci di sera quando si udiva una melodia allegra, tipica dei luna park cittadini, provenire da un tendone rosso e bianco: il circo era arrivato in città. Genitori e figli vi si stavano recando, lo spettacolo era iniziato già da un'ora. Anche un uomo dai lunghi capelli neri e gli occhi stranamente rossi come il sangue passeggiava per quelle strade. Voleva concedersi una serata diversa dal solito, lontano dalla solita gente. Decise di seguire il viavai di famiglie e varcò l’entrata principale; si sedette sulle gradinate e, comodamente, iniziò a godersi lo spettacolo.
Era quasi a metà serata, ed era arrivato il suo turno: Rajah, la leggiadra danzatrice proveniente dalla terra delle piramidi era intenta a lustrarsi le labbra con un raffinato rossetto nudo. Gli occhi di uno strano colore tra il castano, il verde e l'ambra erano contornati da un ombretto smokey oro e marrone: era davvero esotica e bellissima. Si alzò facendo tintinnare i gioielli che portava sui capelli e sui polsi e si mise in posizione. Il misterioso uomo fissò la ragazza illuminata da un solo riflettore, concentrando così l’attenzione solo su di lei. Si pose una mano sulle labbra per nascondere un sorriso appena accennato e i suoi occhi brillarono come scintille rosse nella notte. Raphael era stupito dalla bellezza di quella donna. Era un vampiro di ormai tre secoli, ma da decenni i suoi occhi non avevano mai visto una donna di tale bellezza.
La musica partì flebile per poi aumentare di volume e Rajah iniziò prima a ballare lentamente sulla corda al suono del flauto che, sofficemente, s’infrangeva nelle menti di tutte le persone in quell'immenso tendone, lei compresa. Era innamorata di quella musica esotica che faceva esprimere tutta la sua voglia di libertà. Ballava, ballava, ballava senza stancarsi e senza reprimersi. Raphael rimase a fissare i suoi movimenti, dolci e sensuali allo stesso tempo. Spostò il peso da una gamba all'altra mentre con gli occhi cremisi scrutava l'intera bellezza di quella misteriosa donna. La musica così soave e straniera gli riempì l'udito facendo si che non sentisse altro che quella melodia, immergendosi nel caldo mondo delle piramidi. Quando quell’angelico suono cessò, un grande applauso crebbe dalla folla, interrompendo così la magia.
La ragazza sospirò facendo un piccolissimo inchino, elegante e fluente, guardando per terra. Non doveva far vedere a nessuno lo sguardo triste e rassegnato che caratterizzava quegli occhi da lupo. Si girò facendo frusciare i capelli ed i vestiti ed uscì, seguita da una musichetta da circo. Il vampiro si alzò, abbandonando il tendone ad ampi passi. Quello spettacolo era stato ciò che gli serviva, non avrebbe aspettato oltre: doveva incontrare quella ragazza. Si sistemò i lunghi capelli neri, raccolti da un nastro rosso in una coda bassa. Alzò la testa, guardò il cielo stellato sopra di lui e fece qualche passo verso la piccola ruota panoramica che completava l’atmosfera circense. Da quell'angolazione il tendone aveva un qualcosa di spettrale a dire il vero, scosse la testa e rimase fermo in quel punto, sperava che quella ragazza esotica si facesse avanti e venisse allo scoperto.
Una volta che si fu cambiata, dopo aver messo nella sua grande borsa da palestra tutto ciò che aveva utilizzato per il numero, uscì dal tendone per tornare a casa. Erano quasi le due di notte e come al solito camminava da sola verso il suo appartamento, ascoltando solo il suono dei suoi passi. Come un'ombra, Raphael la seguì per qualche minuto. Decise di farsi avanti, così si schiarì la voce e le pose una mano sulla spalla: «Mi perdoni.» sussurrò con voce calma e profonda. Fece un piccolo inchino dopo che si fu voltata.
«Volevo farle i miei complimenti, un numero assai squisito. È davvero brava a danzare.» disse galante come era solito fare, piegando le labbra in un lieve sorriso.
La ragazza sobbalzò appena nel sentirsi toccare la spalla da qualcuno nel bel mezzo della notte e in un posto dove fino ad un secondo prima non aveva visto nessuno. Cercò di riportare il respiro alla normalità mentre lo guardava e faceva di tutto per sorridere: «Grazie mille, signor…»
«Claire, Raphael Claire» si presentò; nonostante avesse vissuto tanto tempo in America, quel piccolo accento francese si udiva ancora nella sua pronuncia.
«Mi perdoni, qual è il suo nome?» domandò con un piccolo sorriso. I suoi occhi brillarono appena come rubini, segno che si stava trattenendo dalla sete che provava.
Rajah deglutì con forza guardando quegli occhi rossi che la fissavano come se fosse stata una prelibatezza servita su un piatto d'argento. Si umettò le labbra e rispose: «Rajah.» sussurrò con voce lievemente insicura.
«Rajah… un nome molto musicale.» si pose una mano sotto il mento, gustandosi la sonorità di quel nome. «Davvero tanto.» sorrise verso di lei, attento a non mostrare le zanne acuminate. Si schiarì ancora una volta la voce e le porse la mano: «Di notte la città è un posto pericoloso, pieno di gente non proprio benevola. Posso accompagnarla a casa, se vuole.» domandò cortese.
La ragazza dagli occhi di lupo guardò prima la mano pallida e poi il suo proprietario. Ancora una volta pose la sua attenzione alla mano e infine si concentrò sugli occhi di quell’uomo misterioso. Si morse il labbro carnoso: «Non crede che potrei aver paura anche di lei?»
Raphael fece un leggero passo indietro, alzando le mani in segno di resa.
«Sono solo un gentiluomo che vuole essere di aiuto, cosa potrei farvi?» chiese calmo senza far sparire il sorriso sulle labbra. Dovette trattenere una risata, la reazione di quella ragazza lo stuzzicava ancora di più. Nell’aria si poteva annusare il profumo di quel nettare prelibato che scorreva nelle vene di quella ragazza così esotica. Si avvicinò ancora a lei di qualche passo e le offrì il braccio, questa volta: «Al giorno d'oggi non esistono solo umani a tentare la vita di altri umani.» concluse, pronunciando volutamente quelle parole.
«Non conosco altri pericoli purtroppo.» rispose Rajah prendendosi le mani, insicura se offrirgliene una. «E che mi dice che non sia un fissato?» rise appena, sfidandolo.
«Le do la mia parola, madmoiselle.» disse incrociando le gambe, una davanti all’altra; si inchinò, portandosi anche il braccio destro al petto. «Un gentiluomo non racconta mai bugie.» ammise alzando la testa per guardarla negli occhi con un lieve sorriso.
Lo scrutò per ancora qualche minuto e fece un passo verso il suo appartamento: «La ringrazio. Per di qua.»
Sapeva che non era una buona idea, ma alla fine non aveva davvero nulla da perdere.
Raphael la seguì, camminando insieme a lei per le vie poco illuminate di un quartiere di St. Louis. Erano quasi le due e mezza del mattino, i marciapiedi erano deserti, il vento caldo dell’estate scompigliava i capelli di Rajah mentre camminava. Stavano per giungere in vicolo oscuro e isolato, il vampiro non stava più nella pelle: quella ragazza doveva essere squisita.
Quel buio la terrorizzava ancor più mentre era in compagnia di quello sconosciuto. Strinse appena i pugni e si costrinse a calmarsi mentre sentiva le pulsazioni del cuore nelle orecchie: stava davvero per impazzire dalla paura. A sua insaputa, Raphael riusciva ad udire il battito cardiaco della ragazza accelerare, musica per le sue orecchie; sentiva l’angoscia che provava e ciò lo divertiva.
Il vicolo era sempre più vicino, la sete si faceva sentire come non mai. Come un soffio di vento il vampiro si mosse, bloccando la ragazza contro il muro di mattoni che delimitava quella via. Pose le palme pallide delle mani ai lati del suo viso e la guardò dritta negli occhi, mentre le sue labbra si incresparono in un ghigno diabolico.
«Mai dare ascolto ad uno sconosciuto, chérie.” sussurrò mentre il suo volto mutò in qualcosa di demoniaco, non umano. Aprì le fauci mostrando le zanne appuntite e le affondò nella pelle color caffelatte del suo collo.
Quasi urlò quando il viso di quell'uomo diventò una maschera di orrore e soprattutto quando le sue fauci si incastonarono nel suo collo provocandole un dolore fitto ed insopportabile. Sentiva la vita fluire attraverso i suoi denti e finire nella gola dell'altro con fame. Sì, fame. Si aggrappò a lui cercando di farsi lasciare, presa dal panico.
Tentare di allontanare un vampiro di circa tre secoli, mentre si nutriva, era come spostare un macigno di una tonnellata con la sola forza delle braccia. La sete opprimeva l'intero corpo di Raphael, facendo si che iniziasse a bere il sangue dell'egiziana in modo famelico, stringendola a sé per impedirle altri movimenti.
Appena Rajah vide piccoli puntini bianchi annebbiarle la vista come lo schermo di un televisore rotto, capì che non avrebbe visto il giorno seguente. Un vampiro gentiluomo la stava prosciugando e lei… non avrebbe mai più visto il sole sorgere. Non sarebbe più tornata nella sua piccola casa a qualche chilometro da Sharm el Sheik. Chiuse gli occhi sperando solo che quella fine arrivasse in fretta. Alla fine capì di non aver nulla da perdere: «Finiscimi…» sussurrò con voce fioca.
Il vampiro ansimò appena, staccandosi per leccare quel prezioso liquido rossastro che stava colando dal morso sul collo, non voleva perderne nemmeno una goccia. Udì quella parola pronunciata con così poca voce dalla ragazza; ebbe un sussulto, brividi percorsero la sua intera spina dorsale. Non poteva essere, la storia non si stava davvero ripetendo! Si staccò dal suo collo, il suo viso era sconvolto, gli occhi sgranati mostravano timore. La stessa frase l'aveva pronunciata la sua amata, sua futura sposa.
«Ivonne…» sussurrò, deglutendo poi, tornando alla realtà. Guardò Rajah negli occhi e ci lesse tutta la sua rassegnazione alla vita. Scosse la testa e la strinse a sé, più per sorreggerla che per bloccare i suoi movimenti.
«Finiscimi…» sussurrò ancora con voce raschiata dall'urlo strozzato. «Finiscimi ora che mi… sono rassegnata.» concluse mentre le lacrime cadevano, remissive, dai suoi occhi.
«Non posso farlo.» ammise con tono spezzato, quasi impietosito. Il ricordo della donna dai capelli color dell'oro, quella donna che amava e che rinunciò alla sua vita dopo aver scoperto cosa era diventato il suo futuro sposo, gli annebbiava il cervello. Rajah, sotto i suoi occhi, era un déjà vu. Stava rivivendo la stessa scena, la stessa angoscia. Pose una mano sul collo della ragazza, coprendone il morso onde evitare che il sangue affluisse ancora.
«Allora… va via…» mormorò dandogli un forte spintone perché si staccasse. Tuttavia il ‘forte’ si rivelò essere solo un lieve tocco, dato che la ragazza non aveva più forze. Arrancò qualche passo verso casa sua, ma la vista le si annebbiò e cadde a terra, citando Dante, “come corpo morto cade”.
Raphael riuscì a prenderla prima che crollasse a terra, sul marciapiede. La tenne stretta tra le sue braccia, quasi fosse una principessa, e prese a camminare verso la sua dimora. Il passo dei vampiri poteva coprire diverse miglia in pochi minuti, così in poco tempo raggiunse la propria abitazione.
Bisognava attraversare tutta St. Louis fino all’entrata del bosco, lì vi era una villa nascosta tra le fronde di salici piangenti. Lo stile richiamava molto quello gotico, il frinire dei grilli e il chiurlare di qualche gufo creava un’atmosfera sinistra. I passi di Raphael si fecero lenti, varcò il cancello cigolante e salì gli scalini per giungere alla grande veranda. Aprì il portone principale ed entrò. Dinnanzi all’ingresso s’instaurava una grande scalinata che portava alla zona notte. Salì fino a giungere nella sua camera da letto e si fermò davanti al grande letto a baldacchino dove a volte riposava. Fece stendere la ragazza sulle morbide lenzuola cremisi e, preso un pezzo di stoffa dal mobile accanto al letto, le celò il morso ancora sanguinante.
Quella ragazza gli aveva fatto provare l’angoscia di tre secoli fa; il ricordo dell’ultimo sguardo rivoltogli dalla sua amata, pieno di rassegnazione e dolore, era stato nei suoi pensieri per molto tempo. Era riuscito a dimenticare, seppur con difficoltà, continuando a vivere nella sua eterna dannazione. Non avrebbe mai pensato che una semplice umana come quella egiziana potesse farlo dannare in quel modo. Sospirò sedendosi sul soffice materasso, carezzandole il viso con un dito tiepido, le faceva una gran pena. Ci fu qualcosa, nel suo animo traviato, che lo portò a sentirsi obbligato di proteggerla. Le prese delicatamente il polso con una mano e vi ci appoggiò sopra le labbra: sentiva il cuore battere regolarmente e il profumo metallico del sangue inebriargli le narici.
Si allontanò da lei, non doveva cadere ancora in tentazione. Mosse qualche passo verso la poltrona di pelle nera accanto alla finestra, si sedette scostando la tenda color amaranto. La vista era magica. Tra tutti quegli alberi spuntavano delle montagne da cui ricadeva una cascata d’acqua che, alla luce della luna, trasmetteva qualche scintilla pura. Si sistemò comodo e prese il libro sul tavolino lì accanto: leggere era l’unica cosa che poteva fare per passare quelle notti solitarie.

   
 
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