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Autore: _Cthylla_    14/03/2013    2 recensioni
Un'astronave spezzata in due, due fratelli, i cui destini si incrociano con quelli di autobots e decepticons. Ma...è davvero tutto come sembra?
I buoni sono davvero buoni? Ed i cattivi...lo sono tutti poi così tanto?
Dal capitolo 1:
"Spectra Specter trovava meravigliosa quella sfera di colore azzurro che, seppure in realtà non fosse così, sembrava risplendere di luce propria invece di scippare senza pudore quella di una grande stella non poi così lontana da lei. La giovane cybertroniana, uno scricciolo blu e bianco con grandi occhi azzurri che sembravano abbracciare l’Universo intero, rivolse una fuggevole occhiata al mech blu e nero seduto accanto a lei, apparentemente impegnato a pilotare l’astronave. - più che un pianeta sembra un gioiello - osservò la ragazza. Il suo compagno di viaggio accolse quell’affermazione con un breve sospiro. - può essere. Ma io e te non siamo qui per la sua bellezza…- il tono dell’uomo si raddolcì un po’ - …sorellina. Lo sai, no?"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arcee, Nuovo personaggio, Soundwave
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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TSB1

Spectra Specter trovava meravigliosa quella sfera di colore azzurro che, seppure in realtà non fosse così, sembrava risplendere di luce propria invece di scippare senza pudore quella di una grande stella non poi così lontana da lei.

La giovane cybertroniana, uno scricciolo blu e bianco con grandi occhi azzurri che sembravano abbracciare l’Universo intero, rivolse una fuggevole occhiata al mech blu e nero seduto accanto a lei, apparentemente impegnato a pilotare l’astronave.

- Più che un pianeta sembra un gioiello - osservò la ragazza. 

Il suo compagno di viaggio accolse quell’affermazione con un breve sospiro. - Può essere. Ma io e te non siamo qui per la sua bellezza, sorellina - il tono dell’uomo si raddolcì un po’ - Lo sai.

- Sì, Spectrus.

Spectrus Specter annuì, soddisfatto della risposta. Nella missione che si apprestavano a compiere Spectra doveva essere più che concentrata, specie nella parte iniziale. 

- Io comunque non vedo l’ora di arrivare laggiù! - esclamò la ragazza con un sorriso dolce ed entusiasta. 

Sul volto del fratello di rimando apparve l’ombra di un sorriso, immediatamente stemperata dal gelo di uno sguardo dal significato indefinito, di cui Spectra avendolo visto tante volte non si curò.

- Magari laggiù troverò l’uomo della mia vita - mormorò speranzosa, tra sé e sé. 

Spectrus la sentì, ed alzò brevemente gli occhi al cielo; tutto quel che avevano da fare, tutto quel che era capitato al loro pianeta e alla loro stessa famiglia non era mai riuscito a demolire quel desiderio di Spectra e quel suo vedere in ogni cosa un lato romantico, ed un lato buono in ogni persona.

Anche quando quel lato non esisteva.

- Chissà, magari lo troverai davvero - disse comunque - Magari potrebbe essere proprio il comandante, Optimus Prime - aggiunse. 

Spectra fece un sorriso malinconico e non rispose, mentre Spectrus era intimamente soddisfatto di averla zittita. Soddisfatto e per niente convinto di quel che aveva detto. In totale sincerità dubitava fortemente che il desiderio di Spectra si sarebbe realizzato a breve, se mai si fosse realizzato, s’intendeva.

- Il tuo comandante, Spectrus. Io non sono né di qua né di là, sbaglio?

- Non sbagli.

Era vero. Pur essendo nata nel bel mezzo della guerra e pur avendo un fratello militante negli Autobots, proprio quest’ultimo aveva sempre impedito a sua sorella di schierarsi.
Spectra non aveva nemmeno conosciuto i loro genitori, morti subito dopo la sua nascita, ed era stato dunque l’allora già adulto e vaccinato Spectrus a crescerla, prendersi cura di lei, tenerla al sicuro d insegnarle ciò che aveva ritenuto opportuno che lei dovesse sapere.

- Quindi… il programma è il solito…

- Certamente. Osservazione. Analisi. Messa in atto dei piani, con tutto ciò che questo comporta. Dovresti saperlo ormai, è così da molto tempo.

Di nuovo Spectra non disse più una parola, osservando con occhi lontani quel pianeta azzurro che diventava sempre più grande man mano che si avvicinavano. Chissà come erano gli abitanti, si domandava, cercando di distrarsi dai pensieri oscuri che la punzecchiavano in misura sempre maggiore a ogni missione.

- Quindi ci sono tutti quelli che contano di più, di tutt’e due le fazioni. -

- Le ultime notizie che ho avuto sono queste, sorellina. Optimus Prime e una piccola squadra da una parte, ed un grande dispiegamento di forze Decepticons dall’altra. Avremo a che fare con Megatron, con  Starscream, con Soundwave... Tutti pezzi grossi, senz'altro.

Specie l’ultimo dell’elenco per quanto riguardava Spectrus, se si considerava che fino all’esodo da Cybertron lavoravano più o meno nello stesso campo.

- Sono veramente tanto cattivi? 

La domanda ingenua della sorella gli fece di nuovo alzare gli occhi al cielo. Allora non aveva voluto proprio imparare niente…

- Certo che lo sono, sono Decepticon! Quante volte te lo devo dire, Spectra? - la rimproverò aspramente - Loro sono dalla parte sbagliata, noi dalla parte giusta. Quel che facciamo, di conseguenza, è giusto. Ricordati che è anche colpa loro se i nostri genitori sono morti, e se tu sei stor…- 

Nel bel mezzo della sua tirata Spectrus si interruppe, ma quel che aveva detto era stato più che sufficiente a far si che sua sorella si alzasse bruscamente dalla postazione e se ne andasse con il suo passo zoppicante dall’altra parte dell’astronave. 

Spectrus fece una smorfia. Era stata colpa dei Decepticon se Spectra, nata prematura e quindi più piccola e gracile per questo motivo, aveva la gamba sinistra irrimediabilmente danneggiata.

Ricordava ancora perfettamente ogni dettaglio di quel momento. Un drappello di Decepticon che irrompeva all’improvviso in casa loro, nella casa di una delle famiglia più antiche e potenti della vecchia Cybertron, con la missione di sterminare l’intera famiglia Specter.
Suo padre era stato il primo a cadere.
La seconda, sfinita dal parto appena compiuto ed impossibilitata a reagire, era stata sua madre. Aveva ancora Spectra in braccio, che dopo il primo grido e dopo aver sorriso a tutti si era addormentata subito.
Spectrus ricordava benissimo soprattutto il ghigno soddisfatto del capo di quella spedizione, Starscream, quando dopo aver ucciso i loro genitori aveva afferrato la piccola Spectra per la gamba sinistra… troppo forte. Troppo violentemente.
Era stato il dolore a risvegliare Spectra ed era stato il pianto della sorellina a risvegliare lui dallo shock in cui era precipitato per quel massacro compiuto così freddamente e così all’improvviso. Era riuscito a colpire Starscream, ad afferrare sua sorella e fuggire via, lasciandosi la loro casa e la sua vecchia vita alle spalle. A Spectra  non aveva mai rivelato il nome di chi fosse stato a rovinarle per sempre la gamba.

E dopo tutto questo sua sorella, ogni tanto, gli chiedeva ancora se erano veramente tutti così cattivi! Mah. Quando faceva così proprio non la capiva, ma d’altra parte era quello il suo carattere: dolce, molto ingenua e incapace di voler male a qualcuno a meno che non ci fosse proprio costretta; la dimostrazione che il bene, in quell’Universo, forse non era del tutto morto.

Spectrus Specter però, tutta quella questione, non la vedeva così. Nel tempo aveva imparato a ragionare solo ed esclusivamente in termini di utilità, mandando al diavolo i sentimenti e tutta quella bontà di cui sua sorella era quasi la personificazione, concentrandosi su…altri aspetti.
A tal proposito, forse sarebbe dovuto andare da lei. Stavano per atterrare e comunque Spectra non gli avrebbe tenuto il muso a lungo, non ne era in grado.

Inserì il pilota automatico e si alzò dirigendosi verso la parte posteriore dell’astronave, in cui sua sorella si rifugiava quando voleva stare sola. Anche da lì la giovane Specter osservava il pianeta Terra.

- Sorellina, mi dispiace. Non era mia intenzione ferirti, è solo che…quando sento certi ragionamenti, dopo tutto quel che è successo, ci vedo rosso. Soprattutto per quel che è stato fatto a te.

Spectra si voltò lentamente. - La gamba non è un problema per me - affermò con sicurezza.

“Seh, come no” pensò Spectrus. - Lo so. Però che sia o meno un problema quel che è capitato è capitato, Spectra.

- Appunto, se il passato è passato io non capisco perché continuare a parlarne - disse piano la ragazza - Al limite, se riuscirò a scoprire chi è stato, gli tirerò un paio di ceffoni alla maniera degli Specter Bros’.

Spectrus stava nuovamente per risponderle a tono, quando ci fu l’impatto e l’allarme iniziò a suonare.

Spectrus corse subito alla sala di pilotaggio. Che diamine stava succedendo?! 
Al primo impatto ne seguirono altri due, Spectrus voltandosi vide l’altra metà dell’astronave staccarsi dalla propria ed in un attimo capì cos’era stato: tre piccoli meteoriti che il radar, forse difettoso, non aveva segnalato. 
Come a dire il colmo della sfortuna, oltretutto erano appena entrati nell’atmosfera del pianeta azzurro e…

Un momento…

- Spectra! - solo in quel momento il mech realizzò che sua sorella si trovava ancora dov’era prima, e quindi nell’altra metà dell’astronave! - SPECTRA!

Non poteva fare niente. L’altra metà dell’astronave era troppo lontana ormai e come la sua aveva iniziato a precipitare, quindi poteva solo pensare ad un modo per salvare sé stesso e sperare bene per sua sorella.

Se l’avesse persa avrebbe perso… tutto. In ogni senso.

La sua metà di astronave si surriscaldava mentre precipitava velocemente, sempre più velocemente…

 

***


Soundwave poteva dirsi soddisfatto. Beh, quasi. Avrebbe dovuto far sistemare il proprio schermo visivo da quello smanettone di Knock Out ma intanto si era assicurato la reliquia che Megatron lo aveva incaricato di andare a prendere. 

Ancora una volta aveva dimostrato di essere il più efficiente tra tutti coloro che erano nella Nemesis, cosa che si sommava al fatto che secondo la sua opinione il lavoro che compieva per i Decepticon fosse più importante di quello di tutti gli altri. 
Chi era che aveva fatto di tutto per mantenere la stabilità nella fazione quando Megatron era scomparso? Lui. 
Chi era definito “gli occhi e le orecchie dei Decepticon”? Lui. 
Chi era che riusciva ad ascoltare la maggior parte delle comunicazioni degli Autobots e contava di trovare a breve il loro avamposto terrestre? Lui. 
E chi era che, oltre a fare tutto questo, decodificava le informazioni contenute nel database di Iacon e si occupava degli incarichi di maggiore importanza? Sempre lui, chiaro!
Era profondamente convinto di essere indispensabile ai Decepticon, e ne aveva ben donde. 

Si rigirò in mano la reliquia, la pisola ad onde sonore. Megatron gliel’avrebbe lasciata tenere, non ne dubitava, d’altronde chi più di lui si meritava un premio? 

Megatron, poi, sapeva che quell’arma non sarebbe mai stata usata contro di lui finché ad averla in mano fosse stato Soundwave.

L’ex gladiatore riconosceva di avere una posizione piuttosto vantaggiosa all’interno della fazione: era in gamba e del tutto leale, di conseguenza, finché avesse continuato a lavorare come faceva, in privato era libero di fare tutto quel che gli pareva.

Non che al momento ce l’avesse un “privato”, se si escludeva la manutenzione periodica dei suoi assistenti. Quella di lavorare di continuo però era una scelta sua, non una costrizione, tant’è vero che qualche volta lo stesso Megatron gli diceva tra le righe di prendersi un attimo di pausa. Chissà, magari quella sera gli avrebbe dato retta, tanto voleva sistemare Laserbeak.

Il destino però aveva altri programmi.

Sentì contemporaneamente un rombo e un fischio acutissimo provenire da un punto poco lontano, e alzando gli occhi al cielo poté vedere un qualcosa di grande e luminoso per il surriscaldamento precipitare giù a tutta velocità. Un pezzo di astronave, non c’erano dubbi, il cui atterraggio fu accompagnato da un grande botto.

Reliquia alla mano pronta per essere usata, perché non si sapeva mai, Soundwave gli si avvicinò con una certa circospezione. Sembrava che fosse stata spezzata in due dall’impatto con qualcosa, presumibilmente nell’orbita terrestre. Quella che aveva davanti era la parte posteriore dell’astronave.

Si avvicinò di più dopo aver verificato che nulla gli sarebbe crollato addosso. Era scettico sul fatto che potesse esserci qualcuno ancora vivo lì dentro, ma magari avrebbe trovato qualcosa di interessante, soprattutto perché l’astronave sembrava non appartenere né all’una né all’altra fazione. Da dove veniva? Chi trasportava, o cosa? E perché?

Avvertì il suono appena udibile di una voce. Toh, invece qualcuno vivo c’era! Seguì la direzione da cui aveva sentito provenire il suono, arrivando in un punto particolarmente disastrato dell’astronave, e…

Era una femme adulta ma minuta, un po' più di quanto lo fosse Arcee e dunque tra le più piccole che a Soundwave fosse mai capitato di vedere, se si escludevano le femme protoforme.

Era incastrata sotto un mucchio di lamiere, stava perdendo energon ed era sul punto di svenire. Come l’astronave, Soundwave registrò che anche lei non aveva simboli addosso.

Lei si voltò verso il tecnico per quanto la debolezza e le lamiere glielo permettevano, doveva aver sentito i suoi passi.

Soundwave si scontrò con i suoi occhi dolci e supplicanti, grandi ed azzurri come l'oceano terrestre.

- Aiutami…- la ragazza tese una mano verso di lui prima di chiudere gli occhi e cedere alla stanchezza e alle ferite.

Per qualche istante Soundwave rimase lì ad osservarla. L’attimo in cui lo aveva guardato in quel modo si era sentito come se gli avessero dato una botta in testa tanto forte da sfasarlo, e si che lui di suppliche troppe ne aveva sentite. Ed altrettante ne aveva ignorate…

“Aiutami…”

Quella volta non l’avrebbe fatto.

Si mise di buona lena a sollevare i pezzi di lamiera, così da tirare fuori di lì quella piccola femmina bianca e blu di cui non conosceva la designazione, ma che aveva automaticamente definito tra sé e sé “Scricciolo”. Un modo fin troppo tenero di chiamare una femme che quasi sicuramente, considerata la costituzione, non era una gran combattente e non sarebbe stata molto utile alla causa. Nella migliore delle ipotesi avrebbe finito per diventare una schiava, se non fosse stata terminata subito: piccina com’era, se uno come Megatron ci si fosse connesso senza un po' di attenzione l’avrebbe spezzata in due!

D’altro canto però non poteva e, sorprendentemente anche per lui stesso, non voleva lasciarla lì a morire. Poteva essere a conoscenza di qualche notizia che non era ancora arrivata laggiù, se era venuta lì di certo c’era un motivo.

Fece aprire il Ponte Terrestre…

 

***

Wheel Jack invece, contrariamente a Soundwave, non era contento per niente.

L’unica cosa buona era che lui e Ratchet fossero riusciti ad infettare Laserbeak con un virus che avrebbe trasmesso loro tutti i dati del database di Iacon, se avessero avuto fortuna e Soundwave non si fosse accorto del loro giochetto.

- Che rabbia…l’avevo battuto, ma poi quel bastardo mi ha colto di sorpresa!

- Magari andrà a finire a nostro vantaggio lo stesso - commentò Ratchet - Il virus di Rafael è difficile da individuare, perfino per uno come quel tizio.

- Che poi, avesse detto una parola, una sola, in tutto il combattimento! - esclamò Wheel Jack - Invece no!

Ratchet fece spallucce. 

Entrambi udirono, come l’aveva udito Soundwave, un rombo ed un fischio insieme.

- Ma che..?!

Alzando gli occhi anche loro videro precipitare la metà di un’astronave. L’impatto che seguì fu gigantesco.

- Mi prendesse un cortocircuito se quella non era un’astronave - Wheel Jack, armi alla mano, iniziò a correre verso il punto in cui era avvenuto l’impatto - Andiamo!

Ratchet, anche lui di corsa, lo seguì. Se ci fossero stati dei sopravvissuti, cosa di cui dubitava, avrebbero avuto urgente bisogno di un medico e lui, modestia a parte, era tra i migliori.

- Wow. Che disastro - commentò Wheel Jack. 

Ratchet contattò la base. - Ratchet a base, abbiamo un’astronave qui, appena precipitata.

- Cosa?! - sbottò l’agente Fowler dalla base - Che roba è?! È di voi Autobots? È dei Decepticon?

- Non porta simboli - osservò Wheel Jack, affacciandosi all’interno - Niente di niente…chissà chi…

- Spectra…

Wheel Jack vide un mech blu e nero, col suo stesso simbolo sulle spalle, trascinarsi verso di lui 

- Aiuto…

La perdita di energon era veramente ingente, sarebbe crollato da un momento all’altro.

- Ratchet, corri c’è un ferito!

Il medico Autobot corse immediatamente all’interno, e quando vide l’uomo a terra capì che c’era urgente bisogno delle sue cure, specie perché a quanto pareva era uno dei loro!

Il mech svenne proprio mentre il Ponte Terrestre si apriva.

- Ha detto qualcosa prima di svenire - disse Wheel Jack mentre aiutava Ratchet a trasportare il mech, che era veramente grosso, quasi quanto Megatron! - Non ho capito bene però. “Spectra” o che di simile.

- Lo sapremo alla base, quando l’avrò curato e l’avremo identificato. Accidenti se pesa - borbottò Ratchet.

   
 
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