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Autore: Mokona_    14/03/2013    3 recensioni
Buonsalve, Mokona è tornata!
Sapete tutti che giorno è oggi, vero? Ebbene sì, oggi è il white day, per questo ho deciso di scrivere una shot a tema con il mio OTP, la jerza.
Dal capitolo:
"Jellal le sorrise ancora, dolcemente, e le si avvicinò, tirando fuori al contempo una piccola scatolina da sotto il pesante mantello.
“Questa è per mantenere fede a quella promessa.”
Erza afferrò titubante la scatola, e iniziò a sciogliere il fiocco argenteo che copriva la superficie rossa. "
Enjoy!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gerard
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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 Di promesse e cioccolato
 
-premessa: sapete tutti cos'è il white day? se non lo sapete, sprecate qualche minuto a leggere, altrimenti non capite niente =p
Il White day è quel giorno (il 14 marzo) in cui i ragazzi ringraziano le ragazze che hanno regalato loro della cioccolata con del cioccolato bianco.-

 
Erza uscì a passo di marcia fuori dall’omai distrutto negozio dell’Heart Kreuz.
Era andata lì per ritiare la nuova armatura che le avevano promesso, solo per scoprire che non era ancora pronta. I commessi e i malcapitati avventori che si trovavano nel luogo sbagliato al momento sbagliato avevano così potuto appurare cosa succedeva quando si faceva arrabbiare Titania.
Mentre marciava verso le Fairy Hills, maledicendo i ritardatari, quelli che non mantenevano le promesse e il freddo che, nonostante fosse già il 14 marzo, attanagliava la città,  la maga decise di concedersi un piccolo regalo, almeno per aggiustare quella serata. Recuperando il sorriso alla vista della sua pasticceria preferita, iniziò a pregustare quella torta alle fragole che, ne era convinta, avrebbe avuto il magico potere di sollevarla di morale. Entrò nel negozio, inspirando profondamente per cogliere tutti quei dolci aromi che tanto amava, e si diresse verso il bancone, aspettando pazientemente il suo turno.
Fu una vera disgrazia che, quel giorno, tutte le torte alle fragole fossero già finite.
Anche la pasticceria venne distrutta, mentre al contrario la rabbia di Titania non solo era nuovamente integra, ma anzi rinnovata.
Mentre continuava la sua marcia sbattendo i piedi, Erza quasi non si accorse di una presenza alle sue spalle, che dopo essersi avvicinata le chiese:”Brutta giornata?”
Lei, senza neanche rendersi conto con chi stava parlando, ringhiò un:”Pessima.”
“E a cosa è dovuto un giudizio talmente negativo, miss Scarlet?”
“Al tempo che non migliora, agli idioti che non rispettano le consegne, a quelli che non mettono le cose da parte e soprattutto a quelli che non si fanno i loro affari.” Rispose rabbiosamente.
Erza dovette percorrere qualche altro metro per far sbollire la rabbia e, finalmente, associare la voce dell’interlocutore ad un volto, e ad un nome.
Si fermò di botto, voltando lentamente la testa.
Trovò davanti a sé due occhi dorati che la fissavano divertiti, semi-coperti da un cappuccio e qualche ciocca di capelli blu. La maga non riuscì a fare a meno di spalancare gli occhi e arrossire furiosamente. E lui non riuscì a fare a meno di sorridere intenerito e sussurrare:”Sono felice di vederti di nuovo, Erza.”
Lei, non riuscendo più a reggere il suo sguardo, abbassò la testa, cercando al contempo di controllare il sangue che in quel momento sembrava confluire solo e unicamente verso la testa.
Mentre fissava un cespuglio che in quel momento aveva sembrato catturare completamente il suo interesse, chiese:”C-cosa ti ha portato qui, Jellal?”
Il mago, senza smettere di sorridere, iniziò a camminare, facendole cenno di seguirlo.
Lei, seppur confusa, non fece obiezioni. Dopo qualche minuto di silenziosa camminata, però, decise di interrompere quello strano silenzio:”Non hai ancora risposto alla mia domanda.”
Lui, senza voltarsi, rispose con il suo solito tono calmo e profondo:”Devo mantenere fede a una promessa.”
Detto ciò la fece svoltare in una stretta stradina in salita, in cima alla quale si apriva un piccolo terrazzo dal quale si aveva una meravigliosa vista dell’intera città, illuminata dal sole che stava quasi per tramontare.
Jellal allora si permise finalmente di calare il cappuccio, dando come spiegazione allo sguardo interrogativo dell’altra:”Ultear ha detto che questo  è uno dei pochi posti in cui non passa mai nessuno, oltre ad essere uno con la vista più bella della città.”
La ragazza non riuscì a fare a meno di voltarsi, ammirando le sfumature di rosso che avevano assunto i tetti del palazzo. Jellal invece preferì fissare Erza al posto del paesaggio. La leggera brezza che si era alzata contribuiva a dare maestosità alla sua figura; la trovava bellissima, più di qualunque altra cosa avesse mai visto. Il so sguardo intenso, le labbra carnose, in quel momento distese in un sereno sorriso, il suo corpo perfettamente modellato, e i suoi capelli, quei capelli scarlatti che amava dal più profondo del cuore: tutto per lui era meraviglioso, non si sarebbe mai stancato di osservarla. Per non parlare di quanto avrebbe voluto farsi più vicino, stringerla a sé per non lasciarla più andare, avvicinare il volto al suo, baciare quelle labbra e- Jellal fermò i suoi pensieri scuotendo la testa, prima che quelli finissero in una zona pericolosa.
“Hai presente che giorno è oggi, Erza?”
“Sì, è…- la rossa ci pensò su un attimo- il 14 marzo, giusto?”
Jellal annuì “E non ti viene in mente nessuna festa, o evento particolare legato a questo giorno?”
Lei rimase in silenzio per qualche attimo, non riuscendo a capire dove l’altro volesse arrivare:”Oggi in gilda tutte le ragazze farneticavano qualcosa a proposito dei ragazzi, della cioccolata, e del fatto che era arrivato il giorno delle risposte, ma ero troppo presa dalla mia torta alle fragole per curarmene. Perché, oggi è un giorno particolare?”
Jellal era a dir poco basito. Lui era un fuggitivo, e per di più era un ragazzo, eppure sapeva benissimo che giorno fosse quello!
“Erza…la parola ”white day” ti dice niente?”
Lei a quelle parole si irrigidì, non osando lasciare la speranza impossessarsi di lei:”Sì, ma…non mi sembra che abbia niente a che vedere con noi due.”
Lui non riuscì a fare a meno di sorridere.
“Ne sei sicura, Erza? In effetti è passato molto tempo, ma io ricordo ancora bene un certo giorno…E una certa promessa...”
La maga spalancò gli occhi, mentre una serie di immagini e ricordi le affioravano nella mente.

 

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“Ne, nonno Rob, perché tante guardie sono così agitate? E perché tutte parlano di cioccolata?”
Rob sorrise davanti all’innocente richiesta dei bambini:”Sapete, oggi è il 14 febbraio.
Il 14 febbraio è un giorno molto importante per gli innamorati, perché hanno la possibilità di dichiararsi alla persona amata, e lo fanno regalando della cioccolata.” Sentiva su di sé lo sguardo curioso dei bambini, non ancora soddisfatti. “Ma, nonno Rob, quand’è che due persone sono innamorate?” Il vecchio si soffermò sul volto leggermente rosso della piccola Erza, per poi correre a quello ancora più rosso di Jellal, che in quel momento fissava un punto imprecisato della cella.
“Bambina mia, capirai da sola quando sarai veramente innamorata. Per ora sappi che è la persona con cui vorresti stare sempre, il cui solo sorriso riesce a scaldarti il cuore, avvolgendolo con un calore unico. Capisci cosa intendo?” Il cuore della piccola Erza iniziò a battere più forte, mentre, dopo aver annuito, i suoi occhi erano corsi a cercare quelli di un certo ragazzino con uno strano tatuaggio, in quel momento girato per nascondere il più completo rossore sul suo volto.
Quella sera Erza, prima di andare a dormire, chiamò Jellal, dicendogli di volergli parlare.
Si infilarono in un piccolo cunicolo che portava in uno spazio ampio abbastanza da fari stare entrambi seduti; avevano scoperto quel posto qualche settimana fa, ed era subito diventato una specie di rifugio esclusivamente loro, dove discutevano i piani di fuga o più semplicemente Erza si sfogava, coccolata e confortata dalle braccia e dalle parole dell’altro.
“Jellal…-iniziò timidamente- io…non ho cioccolata da darti, ma…” Si sporse verso di lui, andando a posare le labbra sulla sua guancia, che si tinse immediatamente di un rosso più intenso persino dei capelli di lei. Erza non sapeva dove aveva trovato il coraggio per farlo; sapeva solo che l’aveva visto particolarmente giù e teso quel giorno, e voleva vederlo sorridere, voleva che il suo sorriso le scaldasse nuovamente il cuore. E voleva averlo vicino a sé. Aveva semplicemente agito d’istinto, senza pensare troppo alle conseguenze.
E solo vedere la faccia imbarazzata che aveva fatto l'aveva convinta che ne era valsa la pena.
Non aveva potuto fare a meno di ridere, e iniziare a prenderlo in giro, mentre lui cercava di sviare il discorso. A un certo punto però il ragazzino era tornato serio, le aveva preso la mano, e le aveva detto:”Erza, un giorno, quando saremo liberi, ricambierò il regalo. Lo prometto.”
Il sorriso che le rivolse quella sera è ancora ben impresso nella mente di Erza.
 

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“Hai ricordato?”
Erza annuì piano. Non si aspettava che Jellal avrebbe mai mantenuto fede a quella promessa; non se l’aspettava più dopo che era stato posseduto, e ancora di meno dopo che era diventato un fuggitivo.
Jellal le sorrise ancora, dolcemente, e le si avvicinò, tirando fuori al contempo una piccola scatolina da sotto il pesante mantello.
“Questa è per mantenere fede a quella promessa.”
Erza afferrò titubante la scatola, e iniziò a sciogliere il fiocco argenteo che copriva la superficie rossa. All’interno si trovava un singolo dolcetto a forma di cuore di cioccolato bianco,  su cui delle decorazioni scarlatte andavano a formare la scritta “Thank you.” Erza, dopo aver ammirato il cioccolatino per qualche secondo, da amante dei dolci qual’era non resistette e lo mise in bocca, impaziente di scoprire come sarebbe stato.
Gli occhi della maga si illuminarono non appena mangiò il cioccolatino. Non solo la cioccolata era di ottima qualità, ma per di più quelle decorazioni che pensava fossero di zucchero in realtà erano alla fragola. Erza non avrebbe mai pensato che fragola e cioccolato bianco insieme si sposassero talmente bene.
Dopo aver assaporato quell’angolo di paradiso sotto lo sguardo semi-divertito di Jellal, la maga lasciò che il suo istinto prendesse il sopravvento.
Approfittando della vicinanza, abbracciò forte l’altro, che rimase a dir poco scioccato.
“Arigatou naa, Jellal.” Lui, dopo qualche attimo di smarrimento, iniziò ad accarezzarle la testa.
“Era davvero buono, sai? Il cioccolatino.”
Jellal annuì, senza smettere di far scorrere le mani fra i suoi capelli.
“Ne avresti dovuto prendere un po’ anche tu.”
“Era per te, l’importante è che ti sia piaciuto. Poi ormai è andato.”
“Forse però c’è un modo per rimediare.”
La mafa gli rivolse uno sguardo furbo e al contempo giocoso. Prima di dargli il tempo di replicare, aveva già appoggiato le labbra su quelle del ragazzo.
Un’esplosione. Fu questo tutto quello che Jellal percepì in quel momento.
E il sapore delle sue labbra. E’ vero, si sentiva ancora il sapore del cioccolato, misto a quello più delicato della fragola. Era davvero, davvero buono, e Jellal si scoprì smanioso di volerne assaporare di più. Esercitando una leggera pressione fece schiudere le labbra di Erza; inizò così una danza frenetica, una battaglia di lingua e denti in cui nessuno dei due aveva intenzione di perdere, mentre le mani della maga erano saldamente aggrappate alle ciocche blu di Jellal, che la stringeva a sé come se fosse la sua ancora di salvezza.
Alla fine il bisogno d’aria ebbe la meglio sui due, che furono costretti così ad allontanarsi, ansimando leggermente.
“Ti amo, Erza.” Quelle parole, rimaste imprigionate così a lungo, erano uscirono prima che lui fosse riuscito a fermarle. E ora che finalmente era riuscite a pronunciarle, Jellal sembrava non voler smettere di ripeterle, con lo sguardo pieno di una disperata intensità. “Ti amo davvero, Erza, fin da quando eravamo piccoli, ti amo più della mia vita, più di quanto abbia mai amato qualunque cosa, più-” Erza non gli lasciò finire la frase, ma incatenò nuovamente le labbra con le sue, sperando, baciandolo, di attenuare le fiamme che ardevano dentro di lei. Ma quelle fiamme non potevano essere domate, e così non potevano esserlo i loro baci.
Non videro il sole tramontare, né le stelle farsi luminose nel cielo.
In quel momento il loro, passato, il concilio, nulla importava.
C’erano i loro occhi, i loro respiri intrecciati, i loro baci.
E il loro amore.



   
 
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