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Autore: KiaWolf    14/03/2013    9 recensioni
Edward è un attore di fama internazionale.
Bella è una ragazza normale e sua fan sfegatata.
Edward è famoso.
Bella è malata.
Edward è destinato a restare in eterno nella memoria di tutti per la sua celebrità.
Bella è destinata a morire, lentamente.
Entrambi, però, sono felici della loro vita.
Allora cosa farà incrociare i loro cammini?
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Bene bene, eccomi qui con una nuova storia: vi avevo detto che la mia mente più veloce della luce non riesce a stare calma per molto tempo!
D'accordo, vi lascio al primo capitolo.
Buona lettura.


Just Feel Better


1° Capitolo - Dear Edward


“Edward, girati di qua per favore!”
“Edward, da questa parte!”
“Sorridi Edward!”
Ero accecato dai flash delle macchine fotografiche dell’enorme massa di giornalisti e fan che puntualmente mi stavano alle calcagna e che in questo momento si trovavano fuori dall’hotel in cui alloggiavo. Ogni volta sempre la stessa storia, sorridi all’obbiettivo e scappa a gambe levate.
Ormai ci avevo quasi fatto l’abitudine.
Quasi.
Perché a volte – molto spesso – mi veniva quell’insana voglia di abbandonare tutto, la mia carriera di attore e tutta la fama che ne derivava, per poter ritornare ad essere finalmente un ragazzo normale.
Non che mi dispiacesse l’essere apprezzato da milioni di persone in tutto il mondo e il poter finalmente fare il lavoro che amavo e per giunta ben retribuito, ma il desiderio di ritornare ad essere una persona come tante altre sbucava prepotentemente in qualsiasi occasione.
Vi era un buffo paradosso: un sacco di gente sarebbe voluta essere al mio posto, e invece io non desideravo altro che essere come loro.
Mi chiedevo spesso cosa ci trovassero tutti in me. In fondo ero un attore come tanti altri, molti erano sicuramente più in gamba di me, ma mi era bastato un unico e semplice film per diventare uno dei più apprezzati in tutto il mondo. ‘Edward Cullen, l’attore più sexy di Hollywood’, ‘Edward Cullen, lo scapolo cinematografico più desiderato e amato negli ultimi cinquant’anni’, questi erano alcuni dei titoli più frequenti che occupavano a caratteri cubitali le prime pagine di qualsiasi genere di riviste.
Ma in fondo ero contento: avevo conquistato tutto senza appoggi o raccomandazioni di nessun tipo, avevo fatto molti anni di gavetta e finalmente ero riuscito a mostrare a tutti le mie qualità.
Ogni volta che ripensavo alla mia vita prima dell’immensa fama e dello straordinario successo che avevo avuto, mi sembrava di stare ricordando un sogno, che ad occhi aperti mi occupava la mente.
“Edward, un autografo!”
Ma non mancavo mai l’occasione di far felice i miei fan, in fondo era tutto merito loro se adesso io potevo vantarmi di avere un lavoro così. E quindi spesso mi trattenevo un minuto di più per regalare autografi, foto e sorrisi a chi me lo chiedeva, perché se questo era il sacrificio che dovevo fare per avere tutto quello che possedevo, a me andava più che bene.
“Dai Ed, finisci questi autografi che dobbiamo ancora andare a registrare l’intervista.”
Il mio agente Jasper, nonché mio migliore amico, mi riscosse dai miei pensieri. Cavolo, dovevo fare l’intervista! Ma quanto ancora sarebbe durata questa giornata?

*****
 
“Finalmente, non ne potevo più di tutte quelle domande inopportune sulla mia vita privata!” esclamai, entrando nella mia camera d’hotel seguito da Jasper.
“Vedila su questo piano, almeno hai fatto fare brutta figura alla giornalista!” disse lui ridendo e io lo seguii a ruota.
Già, almeno quell’arpia cotonata aveva avuto quello che si meritava!
Era questo il problema più grande che avevo sempre avuto con la popolarità, ovvero il fatto che non capissi perché la vita privata di una persona famosa doveva essere per forza di dominio pubblico. Ma cosa interessava alla gente se avevo una fidanzata oppure no? Ognuno aveva già i suoi problemi, e chi perdeva tempo dietro i miei lo faceva o per lavoro o per non pensare ai propri.
“Ho voglia di festeggiare: beviamo una birra?”
“Non so, Ed, dovrei ancora organizzarti un sacco di incontri e..”
“E dai, Jazz, non preoccuparti, tanto mica ti licenzio! E poi se non me ne preoccupo io, non dovresti farlo neanche tu! Su,” continuai, quando vidi che stava per cedere, “ci meritiamo un po’ di riposo!”
“D’accordo, vada per la birra!”
 
*****
 
“Ehi Ed, tua sorella ti ha mandato queste!” disse Jasper, entrando in camera.
Io stavo facendo colazione, mentre sdraiato comodamente nel letto cercavo qualche programma interessante in tv.
Mi girai verso di lui, che aveva in mano delle buste di varie dimensioni, probabilmente destinate a me. Molte altre volte mi era capitato di ricevere lettere dai miei fan – soprattutto femminili – e spesso rispondevo ad alcune di loro. Erano sempre così gentili ed affettuosi che mi sentivo in colpa a non dare loro importanza.
Alcune venivano spedite all’indirizzo della mia casa a LA, ma la maggior parte arrivavano a casa dei miei a Londra, dove abitavo quando mi trovavo lì. E in quelle occasioni, i miei familiari si premuravano di farmele recapitare negli svariati posti del mondo in cui mi trovavo in quel momento.
Jasper me le lanciò e queste si sparpagliarono nel letto a due piazze e mezza.
“Ehi tu, fa’ un po’ di attenzione!” scherzai.
“E tu invece dovresti ringraziarmi per avertele portate!”
“Grazie mille, mio caro facchino.”
“Ah-ah, non fare lo spiritoso..”
Io mi limitai a fargli una linguaccia.
“Sbrigati, comunque, oggi hai un sacco di cose da fare.” disse, prendendo un cornetto dal mio vassoio e addentandolo.
Depression time, modalità on.
“Grazie della bella notizia.”
“Lo so, io pof-rto sempv-re buonf-e notizie!” rispose, con la bocca piena e uscendo dalla mia camera per andare a prepararsi.
Preferii non pensare alla giornata fitta di impegni che mi aspettava e quindi decisi di dare un’occhiata a quelle lettere. Molte di loro erano colorate, le buste di svariate forme e la grafia tipica delle adolescenti, ma una mi colpì in particolare: era racchiusa da una normale busta bianca ed il destinatario, così come il mittente, era vergato da una grafia prettamente adulta e maschile.
Adulta e maschile?
E quando mai?
Raccolsi tutte le altre, mettendole di lato, e decisi di leggere quella busta misteriosa.
Mi sistemai meglio sul letto e strappai la carta. All’interno si trovavano due pagine fitte di parole, il tutto scritto a mano.
A mano?
Nessuno ormai utilizzava la penna per scrivere una lettera.
Tutto era molto strano ed io ero sempre più curioso.
Mi decisi ed iniziai a leggere.

7  Settembre  2012

Egregio sig. Edward Cullen,
quello che sto facendo in questo momento è la cosa più strana che io abbia mai fatto in vita mia, ma devo pur tentare, quindi spero che questa lettera arrivi al giusto destinatario e che venga almeno letta.
Il mio nome è Charlie Swan, sono lo sceriffo di una minuscola cittadina nello stato di Washington, Forks, che probabilmente non ha mai sentito nominare.
Prima di scriverLe qual è lo scopo di questa mia lettera, avrei il piacere di raccontarLe la storia della mia famiglia.
Sono sposato da venticinque anni con una donna stupenda, si chiama Reneè e il nostro amore è grande come quando eravamo due ragazzini. Ci siamo sposati giovani, andando contro il volere dei nostri genitori, ma questo non ha rilevante importanza. Dopo solo un anno di matrimonio, io e mia moglie ricevemmo la splendida notizia di aspettare un bambino. Non riesco neanche adesso ad esprimere la gioia che provai in quel momento, perché era il coronamento del nostro sogno. Passammo nove mesi ad immaginare come sarebbe potuta essere la nostra vita dopo la nascita di nostro figlio: le prime notti insonni, gli allattamenti, i primi passi, le varie gioie della vita che lui ci avrebbe regalato, come il primo giorno di scuola, il diploma, la laurea, il matrimonio, la possibilità di diventare nonni. In pratica, tutte quelle possibilità che ti si parano davanti agli occhi appena apprendi una simile notizia. Auguro anche a Lei un futuro del genere, perché ne vale davvero la pena.
E all’inizio il nostro futuro fu proprio come l’avevamo immaginato: il nostro bambino era in realtà una bambina, scatenata fin da piccola e di una bellezza che non aveva paragoni. Ma essendo il padre, potrei essere un po’ di parte. Poi, all’età di quattordici anni, quasi per caso, scoprimmo che nostra figlia era affetta da una malattia terminale. A quel punto tutto il nostro futuro si frantumò e andò a pezzi. Non avevamo più certezze, niente era sicuro. Anzi, l’unica cosa sicura era lo sconfinato amore per nostra figlia. Dal quel giorno iniziarono le visite, i controlli, le operazioni, per quanto potessimo permettercelo, ed io e mia moglie eravamo sempre più distrutti. L’unica che riuscì a salvarci fu proprio la nostra bambina. E non nel senso che noi riuscimmo ad andare avanti per lei, ma graziea lei. Aveva accettato questa malattia come se fosse una cosa normale, come se non la scalfisse nemmeno un po’, e non faceva altro che ripeterci che non dovevamo abbatterci perché non era la fine del mondo. In un primo momento confesso che fui pure arrabbiato: insomma, mia figlia era destinata a morire prematuramente e non dovevo pensare che quella fosse la fine del mondo? Era sicuramente la fine del mio mondo. Dopo un po’, però, capii quello che volesse dire e quindi cercammo tutti insieme di vivere come se quella fosse la normalità. Lei era una ragazzina come tutte le altre, aveva le sue amiche, le sue uscite a fare shopping, i compiti e tutti i problemi di ogni comune adolescente. E tra questo è compresa anche l’adorazione verso qualche persona famosa. Dopo il diploma sono iniziati i veri problemi: i sintomi erano sempre più frequenti e le sue condizioni peggioravano, ma lei ha sempre fatto e continua a fare finta di niente. Sì, lo so che dal tempo verbale che ho usato può sembrare che lei non ci sia più. Ma non sono ancora disposto a perderla, e lei non è ancora disposta ad andarsene, per fortuna. Ho utilizzato il passato perché spero che dopo questa lettera qualcosa cambi. Lei, fra una settimana esatta, compirà ventiquattro anni e nonostante tutto continua a comportarsi da ragazza normale, come se la sua malattia non la stesse divorando dall’interno. Si chiama Isabella ed è una Sua grandissima fan. Spesso l’ho presa un po’ in giro per questa sua passione: insomma, a quasi ventiquattro anni non riesco ancora a credere che possa nutrire un così grande interesse verso una persona che segue incessantemente da quasi dieci anni, ma in fondo sono felice quando sorride vedendo una Sua intervista, o quando rimane sveglia tutta la notte per guardare la diretta di una Sua première. Dopo tutto questo tempo, ho finalmente capito che più che ossessione, Bella prova una profonda ammirazione per Lei, per il Suo lavoro e, perché no, anche per il Suo aspetto fisico: d’altronde è pur sempre una donna, anche se per me rimarrà in eterno la mia dolce bambina. Lei non sa di questa lettera e della mia richiesta poiché, se lo sapesse, si arrabbierebbe da morire. Non vuole nessun favoritismo, non vuole che nessuno provi pena per lei e per la sua condizione, e quindi non Le chiedo di compatirla, visto che non è permesso nemmeno a me che sono suo padre, ma solo di darle un piccolo motivo di felicità. So che la mia richiesta può sembrare strana da un lato, ma dall’altro forse molto più comune di quanto io possa immaginare, la Le sarei enormemente grato se potesse inviarle un suo autografo, magari anche con una foto o qualche riga, giusto per convincerla di non stare sognando. La renderebbe la persona più felice della Terra e magari le permetterebbe di accettare più facilmente il suo destino. Non sa quanto io desideri vederla sorridere veramente, non di uno di quei sorrisi tirati che fa solo per non farci stare male, ma di un sorriso reale, puro.
Forse questa mia lettera non avrà l’effetto sperato o probabilmente non verrà nemmeno aperta; ma se così non fosse, se Lei mi avesse dedicato parte del suo tempo e fosse arrivato a leggere fino a qui, non posso fare altro che ringraziarLa comunque per avermi almeno ascoltato.
Le auguro ogni bene possibile ed una lunga carriera perché, anche se non la conosco molto bene se non per delle notizie sparute che mi vengono comunicate da Bella, a mio avviso ogni essere umano ha diritto ad essere felice.
Ancora grazie, sig. Cullen.
Affettuosi saluti,
Charlie Swan
 
Ero letteralmente senza fiato.
Cavolo, non avevo mai ricevuto una lettera così… intensa.
La rilessi più e più volte, come se non riuscissi ad assimilare bene ogni singola parola.
Perché, perché al mondo dovevano esistere simili ingiustizie?
Perché alcuni erano così fortunati ed altri così pieni di problemi?
Che diamine avevano mai fatto di male per meritarsi tutto questo?
Restai immobile sul letto, fissando il vassoio con la mia colazione, ancora abbastanza colmo sul comodino.
Non avevo più fame.
Non riuscivo più ad allontanare dalla mia mente le ultime parole di quella lettera: ‘Ogni essere umano ha diritto ad essere felice’.
Ogni essere umano ha diritto ad essere felice.
Ogni. Essere. Umano. Ha. Diritto. Ad. Essere. Felice.
Parole semplici, ma intense.
Molte volte le avevo sentite in vita mia, ma mai come in quel momento mi erano sembrate più azzeccate, più vere.
Mi era stata offerta una possibilità, e chi ero io per rifiutarla?
Non Edward Cullen, l’attore più famoso di Hollywood.
Ero Edward Cullen, una persona come un’altra, un essere umano come un altro.
Riposi la lettera nella busta, ma in quel momento mi accorsi che dentro c’era pure una foto. La didascalia recitava ‘Lei è la mia splendida figlia’.
Guardai la foto e pensai che mai aggettivo potesse essere più azzeccato.
Era davvero splendida.
Il suo sorriso spiccava in tutta la foto e non lasciava per niente immaginare quello che la ragazza stava passando.
Ma ciò che più mi colpì furono i suoi occhi color del cioccolato, così profondi perfino in una foto da riuscire a mostrare tutta la sua bellissima anima.
E in quel momento decisi.
Avrei reso Isabella Swan felice.
Ma non mi sarei limitato ad un autografo.
“Ed, ma sei ancora così? Forza, che facciamo tardi!”
Jasper era appena entrato in camera e, vedendomi ancora in pigiama, aveva urlato risvegliandomi dai miei pensieri.
“Jazz, cosa abbiamo in programma fra una settimana esatta?” esclamai quasi in trance.
Mi era appena venuta un’idea improvvisa e geniale.
“Perché?” chiese sospettoso.
“Tu dimmelo e basta.”
“Ok”
Diede un’occhiata all’agenda sul tablet.
“Allora, hai un servizio fotografico per Vanity Fair, l’intervista con Josh di MTV e poi…”
“D’accordo, annulla tutto. Ho un impegno.”
“COSA?!” urlò, spalancando gli occhi.
Sbuffai: certe volte era davvero duro di comprendonio.
“Ho un impegno, ti ho detto. E a proposito, prenota qualsiasi mezzo di trasporto disponibile per portarmi a Forks, nello stato di Washington. Devo andare a conoscere una persona.”
E sorrisi.
Isabella Swan, sto arrivando.


___________________________________




Allora? Che ve ne pare? Troppo complicata, troppo problematica, troppo... troppo?
Sul serio, fatemi sapere che ne pensate, se vi piace, se vi fa schifo, se vi siete annoiati, se avete fatto i salti di gioia.
Ditemi qualsiasi cosa, io sono qui per voi.
Povera Bellina, chi l'avrebbe mai detto che le avrei fatto passare tutti questi problemi?
Ed il nostro Ed (avete fatto caso al gioco di parole 'Ed il nostro Ed'? Io sto ancora morendo dalle risate! XD Ok, smetto. >.<)
è rimasto, come dire, a bocca aperta per la lettera e soprattutto per la foto...
Ok, non dico più nulla, altrimenti non la finisco di spoilerare.
Fine del mio monologo.
Non so se i prossimi capitoli avranno la stessa lunghezza di questo,
quindi non vi prometto nulla.
Grazie comunque per aver letto fino a qua.
Dedico questa storia a  Clary98, senza la quale il mio umore sarebbe ancora sottoterra.
Baci a tutti, vi voglio bene comunque. :***
La vostra
Kia Wolf

   
 
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