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Autore: thecafewriter    14/03/2013    1 recensioni
Quando strani messaggi d'incoraggiamento iniziano ad apparire nella sua cassetta delle lettere, Lay diventa matto chiedendosi chi li stia lasciando per lui. Anche l'impiegato del servizio clienti non è d'aiuto.
Genere: Comico, Mistero, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lay, Lay, Nuovo personaggio
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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T/N: Prima fanfiction di thecafewriter che traduco! Ci tengo quindi a precisare che questa è una TRADUZIONE. Per chi volesse leggerla in lingua originale, la potete trovare su AFF o su Tumblr.
Detto questo, spero che apprezziate la storia tanto quanto l’ho apprezzata io quando l’ho letta per la prima volta. Infine, ne approfitto anche per ringraziare mia sorella per avermi fatto da beta! :D


Angel.

Tra tutte, la cosa a cui Lay non era ancora riuscito ad abituarsi della Corea del Sud, era sicuramente il gelo invernale. Le notti di gennaio tiravano le temperature sotto lo zero e tutto ciò a cui poteva pensare era a quanto più caldo avrebbe avuto se fosse tornato a casa. Ma i pensieri nostalgici portavano a dubbi, preoccupazioni ed esitazioni, pensieri che lui, come trainee della SM, non poteva avere.

Era una domenica mattina, uno dei suoi giorni preferiti. Essendo una compagnia principalmente Cristiana, di norma la SM dava ai trainee e agli idol un giorno libero di domenica, in modo da dar loro il tempo di andare a messa e prendersela comoda. La sua routine era piuttosto ordinaria; si svegliava alle 7 e andava in chiesa con altri trainee e poi si dirigeva verso l’ufficio postale per ritirare la sua posta. I suoi amici in Cina stavano probabilmente studiando, quindi non riceveva molte lettere da parte loro. Sua madre, invece, aveva preso a scrivergli lettere quasi fosse una carriera o qualcosa del genere, ed era capitato che ne avesse mandate quattro in una volta, ognuna delle quali lunga diverse pagine. In più le uniche altre cose che riceveva erano l’estratto conto della carta di credito, pubblicità e lettere di reclutamento.

Quel giorno stava andando all’ufficio postale e il suo umore era pessimo. Non solo era stato recentemente dimesso dall’ospedale per una lesione alla schiena, ma aveva in qualche modo sottovalutato quanto freddo ci fosse realmente all’esterno e aveva già rifiutato il passaggio che il manager gli aveva offerto. Era costretto a camminare nella foschia gelata della domenica mattina e a spendere la maggior parte del suo tempo evitando il ghiaccio per terra.

Raggiunse l’ufficio postale in tempo, ma scivolò sul ghiaccio mentre entrava, il che gli fece provare un improvviso dolore alla schiena già lesa. Ora gli sarebbe toccato anche tornare al pronto soccorso. Riuscì ad entrare al sicuro e si diresse alla sua cassetta postale tirando fuori le chiavi dalla sua tasca.

Il solito: due lettere da sua madre, una dalla banca e un volantino. Li prese e li infilò nella grande tasca della sua giacca. Ma un oggetto rosa attirò il suo sguardo. Era sul fondo della sua cassetta e non era in una busta. Chiedendosi cosa fosse, lo prese e lo tirò fuori.

Era un foglio di carta da lettere arancione chiaro, del tipo che era popolare tra le bambine della scuola elementare, ed era piegato in quattro. Perché sua madre gli avrebbe mandato una lettera su una carta da lettere arancione e senza una busta? Era permesso inviare lettere del genere?

Curioso, la aprì. In una grafia ordinata diceva: “Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo permesso. Eleanor Roosevelt.

Il messaggio era scritto due volte: una in coreano e di nuovo in cinese. Stranamente non c’era alcun nome scritto sopra. Era davvero per lui quel messaggio? Non sapendo cosa fare, rimise la nota nella cassetta, la chiuse e se ne andò.

Ripeté la stessa routine la settimana seguente, scivolando nuovamente sul ghiaccio. Questa volta si lamentò della pozzanghera ghiacciata vicino alla porta con il direttore e l’uomo gli assicurò che se ne sarebbe occupato. Una nuova lettera da sua madre e sorprendentemente una da parte di un suo vecchio compagno di classe. Un altro volantino… e due fogli di carta da lettere piegati, quello della settimana prima e uno nuovo, anche questo arancione.

Prese il nuovo messaggio arancione e lo aprì. Questa volta era un verso della Bibbia, “Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica”, scritto in coreano e in cinese. Corrugò le sopracciglia interrogativamente, prese entrambi i fogli di carta da lettere e camminò verso l’impiegato.

“Ciao,” disse l’addetto. “Posso aiutarti?” Lay era lievemente infastidito per quanto impaziente sembrasse l’uomo, non che fosse una cosa malvagia, ma c’era qualcosa nel suo tono di voce che non gli piaceva.

Lay gli mostrò i due fogli di carta arancione.

“Penso che qualcuno abbia messo queste note nella buca delle lettere sbagliata,” spiegò. “Queste non sono per me, le ho solo trovate nella mia cassetta.”

Il dipendente prese i fogli, li studiò con cura e chiese all’uomo dietro di lui se sembrassero familiari.

“Non so come ci siano finiti,” disse l’impiegato, di nuovo con un tono di voce troppo impaziente per il gusto di Lay. “Non mi ricordo di aver smistato queste lettere, ma grazie per averlo fatto notare, cercheremo di risolvere il problema.”

L’uomo prese le lettere e le mise in un cassetto. Lay si morse il labbro pensando ai messaggi. Erano scritti in coreano e in cinese. C’erano molti altri cittadini cinesi che avevano una cassetta postale in quel palazzo? Li aveva davvero scritti qualcuno per lui?

“Veramente,” disse. “Posso riaverle indietro?”

L’addetto lo guardò interrogativo. “Pensavo avessi detto che non sono tue.”

“Oh,” disse Lay. “Uh, sì, ma… Non importa.” E con questo si voltò e lasciò l’ufficio, scivolando sul ghiaccio mentre usciva.

Si dimenticò dei messaggi nella cassetta delle lettere durante la settimana, scegliendo invece di immergersi negli allenamenti, almeno in quelli più stancanti. Quando le lezioni divennero insostenibili ed arrivò la spossatezza, divenne così stanco da non riuscire nemmeno a dormire. Queste nottate erano le più pericolose per lui. Nel buio, la mente e il cuore tornavano ai suoi genitori, la sua famiglia a casa. La Corea era stata casa sua per un po’ di tempo, ma niente si poteva comparare alla sua casa lontana.

Qualche volta, questi sentimenti di disperazione e la solitudine che arrivavano quando gli mancavano la famiglia e gli amici erano abbastanza da fargli pensare di abbandonare il programma di training della SM. Ovviamente non aveva mai permesso a questi pensieri di andare molto lontano; desiderava solo che ci fosse un modo per rivedere di nuovo casa sua.

Sabato notte , gli istruttori annunciarono la fine della settimana infernale e tutti erano contenti quando arrivò domenica. Pianificarono di andare a pranzo tutti insieme, lui e gli altri trainee degli EXO. Essendo d’accordo, Lay promise di ritirare la sua posta dall’ufficio postale molto velocemente e incontrare gli altri al ristorante.

Proprio come aveva detto il direttore, si erano occupati della pozzanghera di ghiaccio e Lay entrò nel palazzo incolume dall’asfalto gelato. Una volta dentro corse verso la sua cassetta postale e prese le sue lettere.

Si fermò all’improvviso, guardando di nuovo nella sua cassetta. Al posto della carta da lettere, c’era un pezzo di carta, circa della grandezza della sua mano, con una figura. Prendendolo, la riconobbe. Era una foto, stampata da un computer, della sua città natale. Si vedeva un po’ d’inchiostro dall’altra parte e girò il foglio per trovare un’altro messaggio anonimo, in coreano e in cinese:

Casa è dove c’è il tuo cuore. Ma in caso ti manchi troppo, questo è un piccolo promemoria

Ora era certo che i messaggi anonimi fossero per lui. Come poteva questa persona sapere da dove provenisse? Era forse qualcuno che conosceva?

Lo confortò avere qualcosa di unico solo per lui, ma allo stesso tempo lo spaventava. Chi lo stava facendo? Camminando verso il bancone del servizio clienti, cercò qualche dipendente che gli sembrasse familiare ma non c’era nessuno. L’addetto finì di aiutare una ragazza che voleva inviare un pacco di aiuti per l’Africa e si voltò verso Lay con un altro sorriso viscido.

“Posso aiutarti?” chiese.

“Sì,” disse Lay. “I pezzi di carta che ho lasciato qui la settimana scorsa. Posso riaverli?”

“Pensavo che avessi detto—”

“Lo so! Beh, mi ero sbagliato, sono miei. Posso averli ora?”

“Oh cielo, che atteggiamento. Eccoli qui.” L’impiegato ripescò i fogli dal cassetto e li porse a Lay che se li mise in tasca insieme alle lettere di sua madre.

Si sentì colpevole di essersi sbarazzato di quei messaggi prima, ma non per molto visto che i fogli anonimi continuarono ad arrivare, ogni tanto con lunghi messaggi con pensieri scritti dal cuore e di incoraggiamento, altre volte erano citazioni o versi della Bibbia. Altre volte erano pezzi di carta che dicevano “Hwaiting!*1”. Una volta ricevette persino 10,000 won e una nota che gli diceva di spenderli in qualcosa per sé.

E, siccome erano generosi e gentili, Lay non poteva far altro che chiedersi chi gli stesse mandando quei messaggi. Qualche volta restava sveglio nel letto e ci pensava e ripensava ma non gli veniva in mente nessuno. Proprio nessuno.

Stava iniziando a dargli sui nervi e la cosa continuò per un mese o due. La sua curiosità cresceva ancora di più come la sua speranza a ogni visita all’ufficio postale. La ricerca del mittente anonimo lo faceva impazzire, a volte. Aveva anche provato ad analizzare la grafia degli altri trainee cinesi. Una volta rimase fuori dall’ufficio postale per un giorno intero cercando qualcuno di sospetto, ma incrociò solo un paio di uomini d’affari, la ragazza caritatevole che venne a mandare altri pacchi di aiuti per l’Africa e diverse vecchie ajumma*2. Stava iniziando a pensare che, chiunque fosse, era probabilmente un fantasma.

Raccolse tutte le note e i messaggi che continuavano ad arrivare in una scatola sotto il suo letto e il ciclo continuò finché sua madre iniziò a diminuire le sue lettere e il suo training divenne meno intenso. Si stava avvicinando la data del debutto ora, ed era sia spaventato sia eccitato di vedere finalmente cosa il mondo avrebbe pensato degli EXO e di lui. Si chiese se anche la persona che gli stava mandando quei messaggi l’avrebbe guardato.

Siccome l’abitudine di sua madre di mandargli regolarmente una lettera alla settimana si era interrotta improvvisamente, Lay spostò il giorno in cui andare a ritirare la posta al venerdì, così che le lettere non dovessero stare nella cassetta tutto il finesettimana e lui potesse scriverle una risposta più in fretta. Il ghiaccio e la neve si erano sciolti da tempo ma il freddo rimaneva nell’aria. Quel venerdì pomeriggio si incamminò verso l’ufficio postale.

Era vuoto, quel giorno, eccetto per un dipendente che indossava una cravatta viola invece della solita nera o blu. L’impiegato era vicino alle cassette delle lettere, questa volta, e stava lavando il pavimento. Sembrava piuttosto contento di vedere Lay, un fatto che in qualche modo lo infastidì.

“Buon pomeriggio, ragazzo,” disse appena Lay si avvicinò alla sua buca delle lettere, chiavi in mano.

“Hey,” rispose Lay indifferente, solo per essere educato. Le lettere di sua madre erano lì insieme a un nuovo estratto conto della carta di credito e volantini. Ma questa volta nessuna nota.

Lay continuò a guardare nella sua cassetta vuota. Davvero non ci sarebbe stata alcuna nota questa settimana? E’ strano, pensò.

“Non è arrivato nient’altro per me?” chiese all’addetto, che scosse la testa e continuò a lavare il pavimento, tenendo Lay nel suo campo visivo con l’angolo dell’occhio. Lay controllò la posta per essere sicuro che il foglietto non si fosse infilato tra le buste, ma non c’era proprio niente.

Improvvisamente l’impiegato parlò.

“Allora… hai visto il regalo?”

Lay si immobilizzò. Quale regalo? Si voltò lentamente per guardare il dipendente, facendo del suo meglio per nascondere l’espressione terrorizzata che aveva.

“Cosa?” chiese.

“Il regalo!” rispose l’impiegato, appoggiandosi al mocio e inclinando la testa. “L’hai visto?”

“Aspetta,” disse Lay, prendendosi un momento per organizzare i pensieri. “Tu? Regalo?”

L’impiegato annuì nervosamente. “Esatto!”

Gli occhi si Lay restarono spalancati per tutto il tempo. Squadrò l’addetto da capo a piedi. Sembrava un ragazzo giovane, forse tra i venti e i trent’anni, ma i suoi occhiali spessi e i capelli unti lo facevano sembrare più vecchio. Era alto circa quanto Lay, ma Lay si fermò a guardare la sua cravatta, di un colore viola. VIOLA… Cavolo, avrebbe dovuto saperlo.

Lay rise nervosamente. “Woah, hey,” disse. “E’ molto carino da parte tua e tutto ma— “

“Quindi ti piace?”

“Umm,” Lay deglutì. “S-sì, certo, suppongo. Ascolta, hey, sono lusingato, ma io non— “

“Non cosa?”

“Voglio dire che io non sono—”

“Cosa stai dicendo?”

“Lo sai. Io e te. Tu ed io. Quello che intendo è che non ti conosco nemmeno, ma penso che prima che questa cosa vada avanti, più avanti per te intendo, dovresti sapere che io non sono di quella sponda.”

“Di che diavolo stai parlando?”

“Mi hai dato un regalo perché ti piaccio? Giusto?”

“Piacermi? Cosa?! Pensi che io sia gay?”

“Cosa, no! Sto solo dicendo—“

“Allora chi è gay?!”

“Non io!”

“Allora che cavolo stai dicendo?!”

“Cosa stai dicendo TU?!

“Sto solo dicendo che dovresti essere grato per quello che ho fatto!”

“Ma perché mi avresti mandato note motivanti e soldi?”

“Quali soldi? Sto parlando di come ti abbia aggiustato il lucchetto della tua cassetta!”

“Cassetta?”

“Cosa?”

“Cosa?” l’impiegato si grattò la testa frustrato.

“Non mi copiare! Il tuo lucchetto era rotto, non si chiudeva, o non l’avevi notato?” disse.

La serratura non funzionava? Lay guardò la cassetta postale che non si chiudeva bene. Era così che la persona misteriosa ci infilava le note? Ma se non era l’impiegato, allora chi?

“Mio Dio,” disse l’addetto. “Aggiusti una serratura e ti accusano di essere gay. Un po’ di gratitudine, è tutto quello che chiedo qui!”

“…Uh.”

“Perché avresti—?” iniziò l’impiegato ma la porta si aprì ed entrò un altro cliente. Oh. Era di nuovo la ragazza caritatevole con (ma che sorpresa!) un altro pacco. Si avvicinò al banco del servizio clienti cercando un impiegato.

“Arrivo subito, signorina!” disse il dipendente. “Solo un momento. Ora, perché pensavi che fossi gay?”

“No, è stato solo un malinteso—“ iniziò a dire Lay, ma l’impiegato si diresse verso il bancone.

“Non importa,” disse e rivolse l’attenzione alla ragazza col pacco. Lay sospirò. Stava iniziando a pensare che non avrebbe mai scoperto chi fosse il mittente. Lay guardò di nuovo la sua cassetta postale vuota e sentì pezzetti della conversazione tra la ragazza e l’impiegato. Ma improvvisamente vide qualcosa di molto più interessante di una cassetta vuota. La ragazza consegnò la scatola all’impiegato ma aveva qualcos’altro con sé.

Nella sua mano sinistra stava stringendo un pezzo di carta arancione piegato in quattro.

Ringraziò l’addetto e si girò verso le buche delle lettere, ma quando lo fece incontrò lo sguardo di Lay. Invece di andare avanti si fermò appena lo vide. I suoi occhi erano spalancati per la sorpresa, mentre quelli di Lay restavano pensierosi. Un pezzo di carta arancione tra le sue mani. La ragazza si schiarì la voce, ringraziò l’impiegato mettendosi la carta arancione in tasca e si voltò per andarsene.

Subito, Lay chiuse la sua cassetta postale, mise il lucchetto e corse fuori dalla porta seguendola.

“Hey, tu!” urlò. “Aspetta!” La pozzanghera ghiacciata non era più lì e ancora si ritrovava a farci attenzione, per abitudine. Raggiunse la ragazza nel momento in cui era arrivata sull’altro marciapiede. Prima che lei potesse fuggire, Lay le afferrò una spalla e la forzò a voltarsi.

“Sei tu che lasciavi le note arancioni nella mia cassetta delle lettere?” chiese. Gli occhi della ragazza si spalancarono di nuovo e rimase a bocca aperta. Sembrava che stesse per dire qualcosa, ma poi decise di dire qualcos’altro.

“Uh,” disse. “Sì, sono io.” Lay corrugò le sopracciglia.

“Beh, perché l’hai fatto? Ci siamo mai incontrati prima d’ora?”

“Beh, no, non proprio,” disse la ragazza. “Voglio dire, ti ho visto in giro, ma non ci siamo mai presentati o niente.”

“Sai il cinese?” le chiese.

“Sì,” rispose la ragazza senza dare alcuna spiegazione su come l’avesse imparato o come lo sapesse. Quindi Lay accettò semplicemente il fatto che lei sapeva il cinese e non le chiese altre informazioni.

“Come hai aperto la mia cassetta delle lettere e come sapevi che stavi dando le note a me?”

La ragazza chiuse la bocca e non disse niente per un po’. Lo guardò con occhi leggermente imploranti. “Sei arrabbiato?” chiese. La sua domanda lo fece sentire in colpa perché non si era proprio accorto di aver alzato di più la voce ad ogni domanda.

“No,” rispose. “Solo curioso, tutto qui. Hai scritto cose molto belle, ma perché darle a me? Mi conosci appena.”

“Sapevo abbastanza di te,” disse. “Anche la mia cassetta è in questo ufficio postale ti ho notato venire ogni domenica a ritirare la tua posta.”

“Quindi?” disse, chiedendole più spiegazioni.

“Probabilmente allora mi avrai notata spesso anche tu lì, giusto?”

“Sì, tu e i tuoi pacchi di alimentari. Ne hai sempre uno con te.”

“Beh, è perché mi piace aiutare le persone. Quei bambini in Africa probabilmente non mi incontreranno mai ma non vuol dire che non possa fare qualcosa d’importante per le loro vite. Non devo conoscere qualcuno per essere gentile con loro. Mi sono sentita così nei tuoi confronti.”

“Ma perché io?”

“Perché sembravi sempre così triste quando venivi nell’ufficio,” disse, una risposta che sorprese Lay. Non si era accorto di come apparisse in pubblico e cosa potessero intuire su di lui persone acute come lei. “E un giorno ti dimenticasti di chiudere la tua cassetta, che comunque è rotta—”

“L’impiegato (etero) l’ha già messa a posto, grazie.”

“Oh, bene. Beh comunque, ti dimenticasti di chiuderla un giorno e vidi dalle tue lettere che vieni dalla Cina, e tua mamma è molto dolce ad indirizzare le sue lettere a ‘Zhang Yixing, figlio mio’. Così ho pensato che tu fossi lontano da casa da diverso tempo e che ti mancassero molto i tuoi. Avevi anche lettere di reclutamento da case discografiche e l’unica qui vicina ad Apgujeong che conosco è la SM. Visto che non ti avevo riconosciuto, ho pensato che tu fossi un trainee e fossi solo stanco per il lavoro.”

Lay la osservò con sguardo assente e sbatté le palpebre una o due volte. “Tutto da una lettera?” chiese. La ragazza annuì. Lay cercò di trattenersi dal ribattere.

“Sei piuttosto strana,” disse. La ragazza fece spallucce.

“Sembra una giusta accusa,” disse. “Meglio di ordinaria.” Lay sorrise alle sue parole… e a tutta la sua stranezza. Stava iniziando a piacergli.

“Scusa se ti ha dato i brividi, comunque,” disse. “Trovare strani messaggi in una cassetta delle lettere che doveva essere chiusa dev’essere stato abbastanza spaventoso. Non è affatto ciò di cui avevo intenzione, volevo solo tirarti su di morale.”

Lay annuì.

“Hai trovato anche i soldi?” gli chiese.

“Sì.”

Lay annuì. “Beh,” disse. “Ok è stato abbastanza sospetto, ma le cose che hai scritto erano molto belle, quindi grazie. Ma ancora, è piuttosto incredibile per me che tu abbia fatto tutto questo per un completo sconosciuto. Che cosa ci guadagni? Niente, è solo uno spreco.”

“Perchè è uno spreco? Cos’hai fatto con quei soldi?”

“Ho comprato una pizza.”

“Era buona?”

Lay sollevò un sopracciglio. “Sì.”

“E ti ha riempito la pancia, vero? Quindi non è stato uno spreco. E la foto di Changsha?”

“Sì, come sapevi che stavo pensando di tornare a casa quando me l’hai mandata?”

“Non lo sapevo,” disse, ma cominciò a sorridere come un’idiota. “Ma sembra che l’abbia mandata al momento giusto, vero?”

Lay guardò la ragazza per molto tempo prima di cominciare a ridere. Non con cattive intenzioni, ma piuttosto perché non riusciva a credere a quello che stava succedendo.

“Sei incredibile,” le disse. “Wow, e pensare che c’è davvero una persona al mondo che mi manda lettere d’incoraggiamento e foto della mia città natale, qualcuno che non ho mai incontrato! Sei incredibile. Lo fai anche per altri trainee? O qualcun altro?”

Lei fece di nuovo spallucce. “L’ho fatto una volta per una ragazza nella mia scuola. Uh, lei stava avendo pensieri suicidi così ho pensato che magari qualche complimento e un po’ d’incoraggiamento potessero farle bene.”

“Cosa sei, una santa o qualcosa del genere?”

“No,” rispose. “Ho detto che mi piace aiutare le persone.”

“Anche gli sconosciuti?”

“Beh, gli sconosciuti per me sono solo amici che non ho ancora incontrato.” Lay annuì di nuovo alla sua spiegazione, ancora incredulo che una persona così buona potesse esistere; una ragazza che inviava pacchi di aiuti ai poveri e aiutava persone che pensavano al suicidio. Era possibile?

“Sai, “ le disse. “Se non ti avessi conosciuta meglio avrei pensato di piacerti.” Lei spalancò gli occhi di nuovo, come aveva fatto nell’ufficio postale.

“Cosa?” disse.

“Oh, niente,” le disse. “E’ solo che, sai, belle parole su lettere misteriose, note incoraggianti da un mittente segreto nella mia cassetta delle lettere; sembra un po’ una cotta adolescenziale, no?”

Lei arrossì per la prima volta da quando la conversazione era iniziata. “Beh, non farti strane idee. Non fraintendere i miei motivi, volevo davvero solo tirarti su e basta.”

“Mmm, giusto,” disse. Sorrise di nuovo. “Va bene, ti credo. Davvero. Beh, grazie per avermi tirato su allora.”

“Figurati,” gli disse. “Era una cosa divertente per me. Finché è durato.”

“Cosa intendi?” chiese Lay. “Dopo questa, basta?”

“Beh… non sarà la stessa cosa ora che mi hai scoperta,” gli spiegò. “Ma penso che tu abbia abbastanza lettere arancioni per rimanere incoraggiato per molto tempo. Intendevo davvero tutto quello che ho scritto.”

“Cosa c’è allora in quella nella tua tasca? Dammela.” Lay tese la mano per la carta arancione che lei aveva nascosto in tasca prima. Sospirando, la tirò fuori e la poggiò sul suo palmo. Lay la aprì subito.

Non arrenderti. Ne varrà la pena.

Lay sorrise a quelle parole. Ancora una volta aveva scritto in coreano e in cinese. La sua grafia era delicata ma aveva tratti curati. I suoi caratteri erano dritti e… allegri, per qualche ragione. Lay tornò a guardarla e decise che la sua scrittura si adattava molto al suo carattere.

“Quindi questa è l’ultima?” chiese, piegando la carta di nuovo e mettendosela in tasca. La ragazza sorrise e annuì allegramente.

“Sì,” rispose. Lay si mise le mani in tasca e la studiò attentamente. In qualche modo era triste che la loro piccola avventura stesse giungendo al termine. Aveva incontrato questa ragazza solo quel giorno e avevano parlato per meno di mezz’ora. Ma lei divenne già una delle sue persone preferite. C’erano sempre volte in cui si sentiva solo durante gli allenamenti, nel dormitorio, anche quando stava solo camminando per strada. Ma non avrebbe negato che, ogni tanto, scorrendo le letterine arancioni che gli aveva lasciato nella cassetta postale, si sentiva rincuorato. Era come avere un migliore amico. Eccetto per il fatto che questa volta il suo migliore amico poteva avere un volto.

Avrebbe voluto stare lì ad osservarla per il resto della giornata, ma sapeva che se ne sarebbe dovuto andare presto.

“Posso ancora vederti qui ogni settimana però, vero?” le chiese. Lei spostò lo sguardo da lui all’ufficio postale e annuì contenta.

“Certo,” rispose.

“Ok,” le disse. “Questo mi fa sentire un po’ meglio.”

“Sai il mio nome?” chiese. Lay sollevò un sopracciglio.

“Uh, no,” disse. “Qual è?” Lei sorrise di nuovo e glielo disse.

“Chun Sa,” rispose. Lay annuì.

“Beh, ci vediamo, allora,” ed entrambi si voltarono per andare in direzioni opposte. Lay ripeté il suo nome molte volte, chiedendosi perché suonasse così familiare. L’aveva sicuramente sentito prima. Fu solo quando raggiunse il dormitorio che realizzò il motivo.

Chun Sa. Cheonsa. Vuol dire “angelo”.

_____________
*1 Hwaiting è la romanizzazione di 화이팅 , dall’inglese “fighting”. E’ usato come incoraggiamento.
*2 Una ajumma è una donna di mezz’età.

  
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